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L’indennità di anzianità si calcola solo sullo stipendio
Pubblicata il 13/07/2015
Corte di Cassazione, Sezione L civile, Sentenza 22 giugno 2015, n. 12857
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella - Presidente
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere
Dott. TRIA Lucia - Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico - rel. Consigliere
Dott. GHINOY Paola - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22502/2009 proposto da:
- I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 512/2009 della CORTE D'APPELLO di TORINO, depositata il 04/06/2009 R.G.N. 989/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 03/02/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito l'Avvocato (OMISSIS) per delega verbale (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELENTANO Carmelo, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 24.4.2008, il Tribunale di Torino, in accoglimento del ricorso proposto da (OMISSIS) nei confronti dell'INPS, di cui fu dipendente dal 1968 al 1998, condanno' l'Istituto a riliquidare l'indennita' di buonuscita tenendo conto dell'indennita' di funzione, del salario di professionalita' e dell'anticipazione mensile compensi incentivanti, con corresponsione, su tali differenze, degli interessi legali maturati dalla data di cessazione del rapporto al saldo. Avverso tale pronuncia proponeva appello l'INPS; resisteva la (OMISSIS).
Con sentenza depositata il 4 giugno 2009, la Corte d'appello di Torino respingeva il gravame, condannando l'Istituto al pagamento delle spese.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l'INPS, affidato ad unico motivo.
Resiste la (OMISSIS) con controricorso, poi illustrato con memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- L'INPS denuncia la violazione e falsa applicazione della Legge 20 marzo 1975, n. 70, articolo 13, e degli articoli 5 e 34 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale a rapporto di impiego dell'INPS (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3).
Lamenta che, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, la disciplina sulla c.d. omnicomprensivita' dell'indennita' di anzianita' di cui al Regolamento Inps del 12 giugno 1970, approvato con decreto interministeriale del 22.2.71, non era piu' operante a seguito dell'entrata in vigore della Legge n. 70 del 1975, il cui articolo 13, continuava ancora a disciplinare la medesima indennita' (prima dell'entrata in vigore della Legge n. 144 del 1999), stabilendo che in essa rientrano solo la retribuzione base e gli scatti di anzianita' ("un'indennita' di anzianita', a totale carico dell'ente, pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo complessivo in godimento"), con esclusione di altri emolumenti.
2.- Il ricorso e' fondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenze n. 7154 del 25/03/2010 e n. 7158 dello stesso 25/3/2010) hanno affermato che in tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del c.d. parastato, la Legge 20 marzo 1975, n. 70, articolo 13, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 c.c.), non derogabile neanche in senso piu' favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un'indennita' di anzianita' pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all'autonomia regolamentare dei singoli enti solo l'eventuale disciplina della facolta' per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicche' deve ritenersi esclusa la computabilita' di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianita' o componenti retributive similari (nella specie, l'indennita' di funzione Legge n. 88 del 1989, ex articolo 15, comma 2, il salario di professionalita' o assegno di garanzia retribuzione e l'indennita' particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell'INPS e INAIL) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell'Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo.
Il principio e' stato successivamente ribadito da questa Corte con l'ordinanza n. 4749/11 (ove sono stati peraltro esclusi dubbi di legittimita' costituzionale, atteso che, in caso di trattamento globale costituito da piu' componenti, qual e' l'indennita' di buonuscita rispetto al trattamento dei lavoratori pubblici privatizzati, il rispetto dell'articolo 36 Cost., deve essere valutato in relazione alla totalita' dell'emolumento), nonche', ampiamente, con sentenze n. 3755/12 e 21826/14 (quest'ultima, in particolare su esclusione compenso incentivante).
2.1- Ne' puo' essere seguita la tesi svolta dalla (OMISSIS) nel controricorso, secondo cui il divieto in parola riguarderebbe solo i dipendenti INPS ancora in servizio dopo l'entrata in vigore della Legge n. 144 del 1999. Ed invero le citate sentenze rese a sezioni unite riguardavano dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995, restando comunque ininfluente, per i fini in questione, la Legge 17 maggio 1999, n. 144, articolo 64, che aboli' i Fondi integrativi, senza alcuna conseguenza sull'erogazione del trattamento di quiescenza per il personale dell'INPS, per il quale - a differenza della pensione integrativa - tale trattamento e' posto a carico direttamente dell'ente come "spese generali di amministrazione dell'Istituto" e dunque non erogato dal Fondo (Cass. n. 11603/08, da ultimo: Cass. n. 3755/12). Come osservato da Cass. n. 11603/08, la fonte che legittimava l'adozione da parte dell'Inps del regolamento disciplinante il trattamento di quiescenza, era il Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 639, articolo 11, emanato sulla base della delega conferita dalla Legge 30 aprile 1969, n. 153, articoli 27 e 29. Detta legge aveva infatti rimesso al Decreto del Presidente della Repubblica di disciplinare, con norme aventi valore di legge, il riordinamento degli organi di amministrazione dell'Inps. L'articolo 11 del Regolamento delegato n. 639/70, a sua volta, rimetteva la determinazione del trattamento economico "di attivita' e di fine servizio" alle delibere del consiglio di amministrazione dell'Istituto.
L'articolo 5 del Regolamento (deliberazioni del 12.6.1970 e del 18.3.1971), prevedeva che "Agli effetti del presente Regolamento si intende per retribuzione la somma delle seguenti competenze: lo stipendio lordo calcolato per 15 mensilita' annue; eventuali assegni ed altre competenze di carattere fisso e continuativo, con esclusione delle quote di aggiunta di famiglia, che siano riconosciuti utili ai fini del trattamento di previdenza e di quiescenza con delibera del Consiglio di amministrazione approvata dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale di concerto con quello del Tesoro". Con la sentenza n. 120/1980, il Consiglio di Stato aveva pero' annullato tale disposizione "nella parte in cui subordina a delibera del c.d.a. la selezione degli elementi utili agli effetti dei trattamenti di fine rapporto (indennita' di buonuscita e pensione)", dichiarando che: "L'articolo 5 del regolamento per il trattamento di previdenza e di quiescenza del personale dell'Inps, nella parte in cui subordina a deliberazione del consiglio di amministrazione dell'ente l'utilita' degli assegni e delle altre competenze ivi indicati ai fini del trattamento anzidetto, confligge irrimediabilmente con la sostanzialita' dell'indagine circa il carattere che tali competenze devono avere, ai sensi dell'articolo 2121 c.c., e dei principi generali della materia, i quali prevedono che l'utilita' di un certo assegno o competenza ai fini del trattamento di previdenza e quiescenza derivi ex se dalle intrinseche ed obbiettive caratteristiche dell'emolumento in relazione alla normazione legislativa primaria, senza essere subordinata alla emanazione di un provvedimento dell'ente pubblico interessato". Pertanto, in base all'articolo 5 del Regolamento, a seguito della decisione del Consiglio di Stato n. 120/80, per retribuzione doveva intendersi la somma dello "stipendio lordo calcolato per 15 mensilita' annue" e di "eventuali assegni personali ed altre competenze di carattere fisso e continuativo, con esclusione delle quote di aggiunta di famiglia", connessi a tale previsione risultano gli articoli 27 (in tema di pensione integrativa) e 34 (in tema di indennita' di buonuscita, denominata trattamento di quiescenza), che fanno rispettivamente riferimento air'ultima retribuzione spettante" e all'"ultima retribuzione annua spettante".
2.2-L'INPS adottava pertanto la Delibera n. 99 del 1982, secondo cui la base di calcolo dell'indennita' di buonuscita era costituita dallo stipendio lordo per quindici mensilita', oltre che da eventuali assegni personali ed altre competenze di carattere fisso e continuativo.
Tale disciplina non puo' tuttavia ritenersi operante.
Ed invero la Legge n. 70 del 1975, articolo 1, aveva gia' disposto che "Lo stato giuridico e il trattamento economico di attivita' e di fine servizio del personale dipendente degli enti pubblici individuati ai sensi dei seguenti commi sono regolati in conformita' alla presente legge". L'articolo 25 della citata legge imponeva poi a ciascun ente di provvedere a modificare i regolamenti organici vigenti in conformita' della medesima legge entro sei mesi dall'approvazione degli accordi sindacali, che avrebbero dovuto determinare il trattamento economico, mentre l'articolo 26 faceva divieto di attribuire al personale trattamenti economici accessori o integrativi. La nuova disciplina recava quindi un trattamento retributivo omogeneo per i dipendenti di "tutti" gli enti interessati (tramite accordi sindacali, come gia' avveniva per i dipendenti statali) e, quanto al trattamento di quiescenza, si disponeva all'articolo 13 che "all'atto della cessazione del servizio spetta al personale un'indennita' di anzianita', a totale carico dell'ente, pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo complessivo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato". Pertanto, questa divenne ormai, per tutti i dipendenti del parastato, la disciplina applicabile per la quiescenza, con conseguente abolizione di quelle, diversamente stabilite, dalle varie, molteplici delibere dai consigli di amministrazione. Ne', quanto alla quiescenza, vi e' alcuna norma che sancisca la ultrattivita' delle disposizioni regolamentari per il periodo successivo alla entrata in vigore della Legge n. 70 del 1975; al contrario, la perdurante operativita' dei trattamenti previsti dalle singole delibere degli enti, si porrebbe in insanabile contrasto con la lettera e la finalita' della legge di razionalizzazione ed omogeneizzazione, pena, contrariamente opinando, la completa inutilita' della legge medesima.
3.- Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata conseguentemente cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene decisa nel merito direttamente da questa Corte con il rigetto dell'originaria domanda.
Il consolidamento dell'orientamento di legittimita' in epoca successiva al giudizio di merito, giustifica la compensazione delle spese dell'intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dalla (OMISSIS). Compensa le spese dell'intero processo.