A chi esercita funzioni direttive il compenso per il lavoro straordinario non spetta se la prestazione non si protrae oltre il limite della ragionevolezza del normale orario e non sia particolarmente gravosa e usurante

A chi esercita funzioni direttive il compenso per il lavoro straordinario non spetta se la prestazione non si protrae oltre il limite della ragionevolezza del normale orario e non sia particolarmente gravosa e usurante; e questo ad insindacabile valutazione del giudice di merito che è incensurabile in cassazione.
Il danno esistenziale, lamentato dal lavoratore dipendente per essere stato ripetutamente svegliato nel cuore della notte, non può essere risarcito ove questi non abbia indicato seppure minimamente le circostanze di tempo e di luogo in cui si sarebbero verificati gli improvvisi risvegli notturni. (Corte di Cassazione – Sezione lavoro – sentenza 27 marzo 2008, n. 7916).



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Corte di Cassazione –
Sezione lavoro – sentenza 27 marzo 2008, n. 7916
Presidente e Relatore Sciarelli
Svolgimento del processo

Antonio Caputo chiedeva, con ricorso del 23 4 03, la condanna del gruppo Coin spa a pagargli euro 41225,50 per straordinario svolto dal 1981 al 2001, nonché euro 124000 per risarcimento del danno esistenziale ex art. 2043 cc e 32 Cost., ovvero euro 166000 come indennizzo per la gravosità del lavoro cui era stato destinato. Il giudice del lavoro di Taranto rigettava la domanda. La Corte di appello di Lecce confermava detta decisione, ritenendo: per sua stessa ammissione, il Caputo era inquadrato quale capo area operazioni amministrative,quindi ,ai sensi dell'art. 39 del Ccnl del settore, non gli competeva alcun compenso aggiuntivo per il lavoro svolto ,eccedente l'orario ordinario , mentre non erano state fornite indicazioni circa le circostanze di tempo e di luogo , relative ad asseriti, improvvisi risvegli notturni, per l'entrata in funzione degli allarmi,mentre dagli atti risulta un compenso d'insieme per l'attività in questione, oltreché, da alcune buste paga ,il pagamento di compensi per servizi resi.
Il Caputo ha proposto ricorso per cassazione,cui il gruppo Coin ha opposto controricorso con ricorso incidentale ,illustrato da memoria.


Motivi della decisione.

I due ricorsi vanni riuniti ,in quanto avverso la medesima sentenza.
Col primo motivo del ricorso principale si deduce l'inapplicabilità dell'art. 39 del Ccnl per contrasto con l'art. 36 Cost.
Il motivo è infondato. Detto articolo del CC di categoria esclude un compenso per lavoro straordinario per il tempo necessario al regolare funzionamento dei servizi ,per chi esercita compiti direttivi, salvo per i servizi di notte o nei giorni festivi.
Per giurisprudenza costante (Cass. 7201/04 e 12367/03), non spetta compenso per il lavoro straordinario a chi esercita funzioni direttive, se la prestazione lavorativa non si protragga, secondo il giudizio del giudice del merito, insindacabile in cassazione,oltre il limite della ragionevolezza e sia particolarmente gravosa ed usurante. Tale giurisprudenza trae la sua base dall'art. 1,2° co. Rdl n. 692/1923 , che non appare contrasti in alcun modo con l'art. 36 Cost., restando fermo il principio che chi svolge compiti direttivi deve percepire paga adeguata ,dato di fatto che non è in contestazione nella fattispecie ,dove si richiede,soltanto,il compenso per lo straordinario , non differenze sulla retribuzione. E' la suddetta norma ,dunque, prima ancora dell'art. 39 CC, a trovare applicazione nel caso di specie, avallando la piena legittimità della norma contrattuale.
Poiché l'accertamento di fatto della Corte di appello sulla natura direttiva delle funzioni dell'attore non ha trovato valida contestazione nel motivo in esame,deve ritenersi la disciplina citata applicabile alla fattispecie.
Col secondo motivo si lamenta la ritenuta genericità della prova offerta, in particolare sul lavoro di notte, ma, in difetto di autosufficienza del ricorso, non sono state riportate le prove addotte, in particolare sull'asserito impegno notturno, mentre nessuna ammissione in proposito, contrariamente a quanto affermato in ricorso , è ravvisabile nella sentenza che si esamina.
Col terzo motivo si attribuisce alla Corte di appello di avere considerato il lavoro oltre il normale orario come compensato dal c.d. superminimo
Senonché, la Corte di appello si è limitata ad accennare (pag. 10 sentenza) al superminimo nel riportare una doglianza dell'appellante e, quindi,attribuendo detto riferimento all'appellante medesimo,mentre, nella propria motivazione(pag. 17) si è limitata a dire che "dagli atti risulta che l'appellante ha ricevuto un compenso d'insieme per l'attività in questione", il che doveva "spingere l'appellante ad essere ancora più preciso nella formulazione della relativa domanda, allo scopo di evidenziare che i compensi versati riguardavano soltanto una parte del lavora svolto". In altre parole la Corte di Appello ha ritenuto che, tenuta conto dei compensi che l'attore aveva ricevuto quale esercente compiti direttivi,avrebbe,dovuto fornire prove esaustive dell'asserita esorbitanza del lavoro svolto.
Il quarto motivo si riferisce al richiesto risarcimento per il danno esistenziale. Senonché, una volta ritenuto il lavoro svolto nei limiti di quanto era consentito richiedere al lavoratore, in difettosi ogni altra alligazione e prova, anche la domanda in esame appare infondata.
Consegue il rigetto del ricorso esaminato.
Il ricorso incidentale,poiché sostanzialmente condizionato,come ritenuto anche dal Procuratore Generale nelle sue note scritte, perché formulato per l'ipotesi di accoglimento di quello principale, resta assorbito.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente principale alle spese di questo giudizio.



P.Q.M.



Riunisce i ricorsi. Rigetta il principale. Dichiara assorbito l'incidentale. Condanna il ricorrente principale alle spese di questo giudizio di cassazione che liquida in euro 30,00 oltre euro duemila di onorario, oltre le spese generali, Iva e Cpa.



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