La retribuzione concordata al momento dell'assunzione non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore di lavoro e il prestatore di lavoro

Il principio dell'irriducibilità della retribuzione, dettato dall'articolo 2103 del Cc, implica che la retribuzione concordata al momento dell'assunzione non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore di lavoro e il prestatore di lavoro e ogni patto contrario è nullo in ogni caso in cui il compenso pattuito anche in sede di contratto individuale venga ridotto; in caso di legittimo esercizio, da parte del datore di lavoro, dello ius variandi, la garanzia dell'irriducibilità della retribuzione si estende alla sola retribuzione compensativa delle qualità professionali intrinseche essenziali delle mansioni precedenti, ma non a quelle componenti della retribuzione che siano erogate per compensare particolari modalità della prestazione lavorativa, e cioè caratteristiche estrinseche non correlate con le prospettate qualità professionali della stessa e, come tali, suscettibili di riduzione una volta venute meno, nelle nuove mansioni, quelle caratteristiche estrinseche che ne risultavano compensate. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 8 maggio 2008, n. 11362)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore - Presidente

Dott. FIGURELLI Donato - Consigliere

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Consigliere

Dott. MAIORANO Francesco Antonio - rel. Consigliere

Dott. ROSELLI Federico - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SO. AN., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell'avvocato CARBONE NATALE, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato SACCOMANNO GIACOMO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

CO. SCARL;

- intimata -

avverso lai sentenza n. 321/04 della Corte d'Appello di REGGIO CALABRIA, depositata il 21/07/04 - R.G.N. 346/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/08 dal Consigliere Dott. Francesco Antonio MAIORANO;

udito l'Avvocato VALENSISE per delega CARBONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per l'accoglimento del quarto e quinto motivo del ricorso ed assorbiti gli altri.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla Corte d'Appello di Reggio Calabria la Co. soc. coop. a r.l. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Palmi con la quale era stata rigettata la sua domanda e parzialmente accolta quella proposta da So. An. e condannate la societa' al pagamento delle retribuzioni di dirigente amministrativo da calcolarsi in base alle tabelle retributive del CCNL settore industria per il periodo 1/1/1995 al 25/8/96, con gli interessi legali, e dell'indennita' di preavviso nella misura di lire 140.646.759, oltre interessi dalla cessazione del rapporto di lavoro. Chiedeva l'accoglimento della sua domanda ed il rigetto di quella proposta dal So., avanzando anche domanda di inibitoria, che veniva parzialmente accolta limitatamente alla sorte capitale eccedente lire 150.000.000.

Nella trattazione del giudizio d'appello il So. non depositava memoria di costituzione, insistendo per la decisione del gravame, riportandosi implicitamente alle deduzioni e difese depositate in fase di procedura per inibitoria.

Istruita la causa con consulenza tecnica, la Corte d'Appello, in parziale riforma della sentenza, condannava la societa' al pagamento delle differenze retributive per il periodo 1/1/95 - 25/8/96, considerando per tutto l'anno 1995 le retribuzioni spettanti per il settore industria e per il periodo successivo quelle del settore agricoltura, con gli interessi dal maturarsi dei singoli ratei, e condannava il So. al pagamento in favore della societa' dell'indennita' sostitutiva del preavviso in complessivi euro 12.353,07 (pari a lire 23.918.884) con gli interessi legali dalla maturazione al saldo compensando fra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio, tranne quelle di consulenza poste a carico della societa', confermando nel resto, sulla base delle considerazioni che seguono.

Preliminarmente rilevava la Corte territoriale che nessun appello incidentale aveva proposto il So., non avendo lo stesso depositato apposita memoria di costituzione per la fase di merito.

In ordine all'appello della Co. rilevava la Corte d'appello che il Tribunale, con riferimento alla Delib. C.d.A. 19 settembre 1992, con la quale era stata disposta l'applicazione in favore dei dirigenti del CCNL del settore industria, aveva rilevato che le prove assunte non avevano confermato la tesi della societa', secondo cui i consiglieri non avrebbero mai avuto notizia di detta delibera (artatamente fatta approvare dal So.) sia perche' il relativo verbale se non redatto contestualmente alla seduta veniva letto in quella successiva, sia perche' i testi avevano escluso che quanto deliberato in quella occasione fosse riconducibile alla sola volonta' del So., come risultava da un esame dettagliato delle deposizioni, sia infine perche' quella delibera era state di fatto applicata per ben tre anni, fino al dicembre 1995, senza essere impugnala nelle forme di rito.

Il Tribunale pero' non aveva eseguito alcuna valutazione in merito al giusto inquadramento della societa' appellante (se nel settore industria o in quello agricoltura), limitandosi ad affermare che l'inquadramento del dirigente nel settore industria era frutto della libera volonta' della societa', senza poi spiegare perche' itale delibera dovesse essere applicata anche nel 1996 dopo che era stata approvata nel dicembre 1995 una nuova delibera per l'inquadramento del dirigente nel settore agricoltura.

In proposito rileva la Corte che l'inquadramento nel settore agricolo o industriale del consorzio di trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici dipendeva, ai sensi della Legge n. 240 del 1984 articoli 1 e 3 dalla prevalenza dell'approvvigionamento dei prodotti necessari per l'attivita' svolta, nel senso che ove gli stessi provenissero non dai soci ma dal mercato esterno spettava l'inquadramento nel settore industriale, se invece provenissero prevalentemente dai soci la societa' doveva essere inquadrata nel settore agricolo (Cass. 3479/99). Nella specie, in sede giudiziale nessuna prova in proposito era stata fornita dalle parti e quindi doveva farsi riferimento soltanto alla libera volonta' manifestata datila societa' attraverso le delibere del C.d.A., insindacabile in sede giudiziaria, per cui irrilevante era anche una contestazione che sarebbe stata mossa, per il mancato versamento delle retribuzioni dell'industria, dall'INPDAI, sulla base peraltro di elementi che non risultavano dalla documentazione prodotta. Non restava quindi che prendere atto delle due decisioni, del 1992 di corrispondere i compensi dell'industria e del dicembre 1995 di "ritenere inefficace" quella decisione e di procedere anzi al recupero delle maggiori somme versate. La pretesa inefficacia in realta' doveva essere interpretata come annullabilita' (ex articolo 2377 c.c.) dell'atto precedente con salvezza dei diritti dei terzi (e quindi del So.) e di volonta' di riparametrare i compensi sulla base del trattamento economico previsto per l'agricoltura. Sulla base della Delib. del 1992, al So. spettava il compenso per i dirigenti dell'industria per tutto il 1995, mentre in base alla successiva delibera del dicembre 1995 spettava il compenso per l'agricoltura nel periodo successivo fino alla cessazione del rapporto nell'agosto 1996. In questi termini doveva essere riformata la decisione. Sulle somme dovute spettavano i soli interessi legali dalla maturazione dei singoli ratei al saldo, come previsto nella decisione impugnata per il giudicato implicito formatosi sul punto in assenza di impugnazione incidentale da parte del So..

Quanto all'indennita' sostitutiva del preavviso, l'applicazione della delibera del 1995 non costituiva contegno vessatorio da parte del datore di lavoro e non giustificava le dimissioni in tronco del So., il quale nel suo interrogatorio libero aveva riconosciuto di avere ricevuto le ultime retribuzioni sulla base del CCNL "dirigenti dell'industria (oltre 5 milioni al mese netti) fatta eccezione per i mesi di gennaio, febbraio, marzo, aprile e maggio 1996" calcolate sulla base del contratto agricoltura, "in quest'ultimo periodo ho ricevuto piu' di quattro milioni al mese netti"; per l'anno 1996 aveva quindi ricevuto quanto gli spettava, mentre per il periodo precedente non c'era stato il puntuale pagamento delle retribuzioni per crisi aziendale, per cui le parti stavano tentando di stipulare accordi per il pagamento differito. Non era quindi assistito da giusta causa il recesso senza preavviso del dirigente, che doveva essere condannato al pagamento della relativa indennita' in favore della societa', secondo le regole ed il parametro del contratto agricoltura (tre mesi), nella misura di euro 12.353.07 (pari a lire 23.918.884, come determinato dal CTU), oltre interessi dalla data del recesso; restava assorbito l'altro motivo relativo alla contestazione del quantum, mentre per quanto riguarda il numero degli scatti d'anzianita' su cui il primo giudice non aveva pronunciato non c'era uno specifico motivo di gravame e quindi per questa parte il ricorso era inammissibile. Spese compensate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

E' domandata ora la cassazione di detta pronuncia con sei motivi: col primo si lamenta vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto legittimo il pagamento dei compensi per l'anno 1996 sulla base del contratto agricoltura, trascurando di esaminare l'atto costitutivo e lo statuto della societa' da cui risulta che lo scopo sociale non ricomprende attivita' di coltivazione e produzione di prodotti agricoli, ma la costruzione e gestione di impianti per la "lavorazione, la conservazione e la trasformazione dei prodotti agrumari-ortofrutticoli" che e' attivita' tipicamente industriale. Tale attivita' ed i relativi servizi erano "ampiamente estesi ai non soci" e quindi corretto era l'inquadramento del settore industriale.

Col secondo motivo si lamenta violazione dell'articolo 2697 c.c., in quanto la societa' aveva l'onere di provare l'erroneita' dell'inquadramento nel settore industria; una volta accertato il volontario inquadramento dei dirigenti secondo il CCNL dell'industria con la Delib. del 1992, e ritenuta la mancanza di prova circa il settore di inquadramento della societa', con conseguente rigetto della domanda di restituzione delle somme avanzata dalla societa', spettava alla stessa dimostrare la legittimita' della riduzione della retribuzione per l'anno 1996.

Col terzo motivo si lamenta violazione della Legge 15 giugno 1984, n. 240, articolo 6, che ha equiparato i dirigenti del settore agricolo ai lavoratori dipendenti da aziende industriali di trasformazione di prodotti agricoli, sia sotto il profilo contributivo, che sotto quello retributivo.

Col quarto motivo si lamenta violazione del divieto di reformatio in peius, perche', anche ritenendo non provato l'inqiuadramento della societa' nel settore industriale, resta il fatto che per circa tre anni il ricorrente e' stato retribuito con gli emolumenti previsti per i dirigenti di tale settore e quindi illegittima e' la Delib. del dicembre 1995, per intangibilita' dei diritti gia' acquisiti dal lavoratore sotto il profilo economico.

Col quinto motivo si lamenta vizio di motivazione per avere il giudice ritenuto l'insussistenza della giusta causa di recesso del lavoratore, sia perche' gli spettava il trattamento dell'industria come in precedenza dedotto, sia perche' dal gennaio 1995 e fino all'agosto 1996 gli erano stati versati solo dei "parzialissimi acconti sulla retribuzione" come emergente dalla documentazione in atti. La circostanza che per una parte del 1996 abbia ricevuto il compenso secondo il parametro del settore agricoltura non vale ad escludere la giusta causa di recesso, in quanto per l'anno 1995 su un credito complessivo di oltre lire 100.000.000 il ricorrente aveva ricevuto lire 3.000.000.

Col sesto motivo si lamenta violazione dell'articolo 91 c.p.c., per avere il giudice d'appello compensato le spese pur in presenza di un parziale accoglimento della sua domanda. I motivi sono illustrati con memoria.

L'intimato non si e' costituito in giudizio.

Il quarto motivo di ricorso e' fondato con conseguente assorbimento di tutti gli altri.

Pregiudiziale e' l'esame del quarto motivo, il cui accoglimento travolge tutta la sentenza e consente anche la decisione nel merito da parte della Corte, ex articolo 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. In proposito si osserva che la Corte ha gia' precisato che "il principio dell'irriducibilita' della retribuzione, dettato dall'articolo 2103 c.c., implica che la retribuzione concordata al momento dell'assunzione non e' riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore e il prestatore di lavoro ed ogni patto contrario e' nullo in ogni caso in cui il compenso pattuito anche in sede di contratto individuale venga ridotto, salvo che, in caso di legittimo esercizio, da parte del datore di lavoro, dello "ius variandi", la garanzia della irriducibilita' della retribuzione si estende alla sola retribuzione x' compensativa delle qualita' professionali intrinseche essenziali delle mansioni precedenti, ma non a quelle componenti della retribuzione che siano erogate per compensare particolari modalita' della prestazione lavorativa, e cioe' caratteristiche estrinseche non correlate con le prospettate qualita' professionali della stessa e, come tali, suscettibili di riduzione una volta venute meno, nelle nuove mansioni, quelle caratteristiche estrinseche che ne risultavano compensate" (Cass. n. 16106/03).

Nella specie, non vi e' stato legittimo uso dello "jus variandi" del datore di lavoro, dato che e' pacifico in causa che il dipendente ha continuato ad esercitare le sue mansioni dirigenziali gia' espletate in precedenza, senza alcuna variazione; e' stata rigettata dal giudice di merito la tesi principale della societa' secondo cui l'inquadramento del dirigente nel settore industriale era frutto non della libera volonta' degli amministratori, ma dei raggiri dello stesso lavoratore e quindi, disattesa la domanda di restituzione delle maggiori somme indebitamente percepite; e' stata accertata in via definitiva (per mancata impugnazione sul punto) la corresponsione volontaria di una retribuzione maggiorata in favore del dipendente per ben tre anni; e' pacifico in causa che il dipendente non ha aderito alla riduzione delle sue competenze, deliberata unilateralmente dalla societa' nel dicembre 1995, ed anzi ha reagito con le dimissioni in tronco. Non vi e' quindi alcuna ragione che possa giustificare la riduzione dello stipendio e la violazione del principio di irriducibilita' della retribuzione, pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte come garanzia autonoma rispetto a tutte le altre previste dall'articolo 2103 c.c.. Il quarto motivo va quindi accolto e la sentenza cassata.

Sussistono le condizioni per la pronuncia nel merito da parte della Corte non essendo necessari nuovi accertamenti sul dovuto, ne' valutazioni di merito in ordine alla legittimita' del recesso in tronco, in quanto anche questo giudizio e' gia' stato implicitamente emesso dal giudice d'appello che ha ritenuto illegittimo quel recesso sol perche' il So. avrebbe percepito il dovuto nel 1996; questo non e' esatto per l'irriducibilita' della retribuzione e quindi la domanda del So. va accolta nei termini di cui alla sentenza di primo grado, con rigetto della domanda avanzata dalla societa'. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese dell'intero processo in considerazione delle alterne soluzioni adottate in sede di merito.

P.Q.M.

LA CORTE

Accoglie il quarto motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da Co. soc. coop. a r.l. contro So. An.; condanna detta societa' al pagamento in favore del So. delle retribuzioni spettanti quale dirigente amministrativo da calcolarsi sulla base delle tabelle retributive contenute nel CCNL del settore industria per il periodo dal 1/1/95 al 25/8/96, oltre interessi da calcolarsi dalla data di maturazione dei singoli crediti al saldo effettivo, nonche' al pagamento dell'indennita' di preavviso pari ad euro 72.638,00 (lire 140.646.759) oltre interessi legali dalla cessazione del rapporto di lavoro al saldo effettivo. Rigetta le altre domande del So. e compensa interamente le spese di lite fra le parti.

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