Facoltà del conduttore di recedere anticipatamente dal contratto e termine di preavviso

In tema di locazione di immobili urbani, qualora le parti abbiano previsto, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 392 del 1978, la facoltà del conduttore di recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione, l'avviso di recesso diretto dal conduttore al locatore, che indichi un termine inferiore a quello convenzionalmente stabilito dalle parti stesse o inferiore a quello minimo fissato dalla legge, conserva validità ed efficacia ma il termine di esecuzione deve essere ricondotto a quello convenzionalmente pattuito o a quello minimo semestrale fissato dalla legge. (Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza del 16 gennaio 2007, n. 831)






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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Vittorio DUVA - Presidente

Dott. Mario FINOCCHIARO - Consigliere

Dott. Donato CALABRESE - Consigliere

Dott. Angelo SPIRITO - Consigliere Relatore

Dott. Luigi Alessandro SCARANO - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Br.Si., Mo.Fa., elettivamente domiciliate in Ro., presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, difese dall'avvocato Si.Pa., con studio in (...) - Ci.Di.Ca. (PG), via Ma. n.(...), giusta delega in atti;

ricorrenti

contro

Bu.Da.;

intimata

avverso la sentenza n. 184/03 della Corte d'Appello di Perugia, emessa l'8/05/03, depositata il 23/07/03, 1407 r. g. 5/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/10/06 dal Consigliere Dott. Angelo SPIRITO;

udito il P. M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MARINELLI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In relazione al contratto di locazione stipulato l'il aprile 1991, la conduttrice Bu. comunicò alle locatrici Br. e Mo., con lettera del 7 dicembre 1998, il recesso per la data del 10 marzo 1999. A seguito delle rimostranze delle locatrici, la Bu., confermando la validità della propria disdetta del dicembre 1998, si dichiarò disposta al pagamento dei canoni per il semestre successivo alla stessa (come previsto dall'art. 27 della legge n. 392 del 1978, nonché dal contratto), ossia fino a giugno del 1999.

Le locatrici, ritenendo inefficace il recesso della conduttrice, perché formulato per un periodo inferiore a quello semestrale (legalmente e contrattualmente stabilito), proposero azione per la morosità relativa ai ai canoni successivi a quelli di giugno 1999.

La domanda fu respinta dal Tribunale di Perugia, con sentenza poi confermata dalla Corte d'appello della stessa città. In particolare, quest'ultima ha ritenuto: che il termine semestrale summenzionato era stato rispettato, avendo la locatrice versato i canoni fino al giugno del 1999; che la riconsegna dei locali era ritualmente avvenuta già nel marzo del 1999.

Propongono ricorso per cassazione la Br. e la Mo., svolgendo due motivi in via principale ed uno in via subordinata. Non si difende la Bu. nel giudizio di cassazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo (insufficiente motivazione) le ricorrenti censurano la sentenza per non avere motivato né in ordine alla data di cessazione del rapporto, né in ordine alla "ritualità" della riconsegna delle chiavi dell'immobile locato.

Con il secondo motivo (erronea interpretazione della legge - erronea ed omessa valutazione degli atti di causa) esse sostengono l'assoluta inefficacia della dichiarazione di recesso del dicembre 1998, in quanto resa con riferimento ad un termine inferiore a quello stabilito dalla legge e dal contratto, ed affermando che "i termini di preavviso non possano essere indicati a rate per formare poi una sommatoria delle diverse comunicazioni" (riferendosi a quella succitata del 7. 12. 1998, a quella del 9. 3. 1999 con la quale la Bu. comunicava di voler rispettare i termini contrattuali e si dichiarava disposta a pagare i canoni per il semestre successivo al recesso, a quella del 20. 5. 1999 con la quale il legale della Bu. ribadiva al legale della controparte l'intenzione di determinare la data di cessazione del rapporto al 9 giugno 1999).

I motivi, che possono essere congiuntamente esami-. nati, sono infondati e vanno respinti.

Alla Corte viene chiesto di stabilire se la comunicazione di recesso del conduttore, che contenga il riferimento ad un termine inferiore a quello semestrale stabilito dalla legge (nella specie, coincidente con quello contrattualmente stabilito), non abbia alcun effetto, oppure abbia effetto ma nel termine stabilito dalla legge (o dal contratto, se coincidente o superiore a quello legale).

A norma dell'art. 27 della legge n. 392 del 1978 "è in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione".

Le parti sono libere, dunque, di convenire che il conduttore receda in qualsiasi momento dal contratto, addossandogli il mero onere di avvisare il locatore, mediante lettera raccomandata, della sua intenzione. È poi stabilito che il recesso avrà esecuzione almeno sei mesi dopo l'avviso, intervenendo qui una presunzione legale che quel periodo di tempo è il minimo (ma le partì ne potrebbero convenire uno maggiore) del quale ha necessità il locatore per provvedere all'utilizzazione dell'immobile quando, successivamente all'esecuzione del recesso, ne avrà la disponibilità.

In questa logica, pertanto, l'unico elemento indispensabile per il perfezionamento della vicenda è costituito dal fatto che il conduttore abbia ritualmente dato avviso al locatore della sua intenzione di recedere dal contratto, posto che l'esecuzione del recesso avverrà nel termine semestrale fissato dalla legge o in quello uguale o eventualmente maggiore stabilito dalle parti.

Di qui il duplice rilievo che, per un verso, è valido l'avviso di recesso pur privo di riferimento al momento in cui esso avrà esecuzione (posto che questo momento è integrato dalla volontà della legge o delle parti) e che, per altro verso, l'avviso contenente (come nella specie) una data di esecuzione inferiore a quella stabilita nel contratto o a quella minima stabilita dalla legge conserva la sua validità, benché il momento della relativa esecuzione debba essere ricondotto al termine convenzionale o a quello minimo legale (come pure è avvenuto nella specie).

Sicché, può essere enunciato il principio secondo cui a norma dell'art. 27 della legge n. 392 del 1978 (in base al quale "è in facoltà delle parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, mediante lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione"), nel caso in cui le parti abbiano convenuto tale facoltà, l'avviso di recesso diretto dal conduttore al locatore, facente riferimento ad un termine inferiore a quello convenzionalmente stabilito dalle parti stesse o inferiore a quello minimo fissato dalla legge, conserva validità ed efficacia, benché il termine di esecuzione debba essere ricondotto a quello convenzionalmente pattuito o a quello minimo semestrale fissato dalla legge.

Nella specie non è in discussione che la conduttrice abbia ritualmente dato avviso di recesso alle locatrici, così come è incontroverso che la prima, a seguito dell'altrui contestazione dell'avvenuta indicazione nell'avviso di un termine inferiore a quello stabilito in contratto (coincidente con quello semestrale fissato dalla legge), abbiano fatto decorrere la relativa esecuzione alla scadenza del semestre, provvedendo al pagamento dei canoni per tutto quel periodo. La conduttrice ha, posto, dunque, in essere un comportamento conforme al principio sopra enunciato, restando priva di qualsiasi rilevanza, in quest'ordine di idee, la questione dell'invalidità dell'indicazione "a rate" dei termini di preavviso. In quanto - lo si ribadisce - l'unico elemento indispensabile per il perfezionamento della fattispecie è costituito dalla ritualità dell'avviso di recesso, per essere poi integrato il relativo termine d'esecuzione dal contratto o dalla legge.

Quanto all'avvenuta consegna dell'immobile alle locatrici, esiste un accertamento dì fatto incensurabile in questa sede, in relazione al quale, peraltro, le ricorrenti neppure svolgono specifica impugnazione.

Infondato è pure il terzo motivo, con il quale le ricorrenti lamentano che il giudice d'appello non si i sia pronunziato sulla domanda di compensazione delle spese di primo grado. La sentenza impugnata, infatti, ha dato atto che le spese di primo grado erano state "regolarmente liquidate in omaggio al principio della soccombenza" (cfr. pag. 4), così respingendo il relativo motivo di gravame. In base allo stesso principio ha pure disposto riguardo alle spese dell'appello.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, senza alcun provvedimento in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in considerazione della mancata difesa dell'intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, senza nulla provvedere riguardo alle spese.

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