Il locatore di un immobile ad uso abitativo può esercitare il diritto di recesso ex art. 3 primo comma Legge 431/98 ogno volta che si presentino particolari esigenze di carattere economico o personale mertitevoli di protezione

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso abitativo, il fatto volontario che preclude al locatore la possibilità di far valere la propria necessità abitativa come motivo legittimo di recesso ai sensi dell'art. 3, primo comma, lett. a), della legge 9 dicembre 1998, n. 431, è costituito soltanto dal comportamento maliziosamente preordinato a creare uno stato di necessità. Al di fuori di tale ipotesi, il locatore può agire liberamente, ogni qual volta si presentino particolari esigenze di carattere economico o personale che appaiano, in base ad un'equa valutazione, meritevoli di protezione secondo la comune esperienza e nel normale svolgimento dei rapporti familiari, umani e giuridici. In tal caso, il relativo accertamento va compiuto prescindendo dalla valutazione comparativa con le esigenze del conduttore e senza poter pretendere giustificazioni di ordine economico e sociale che limiterebbero la libertà di scelta di ogni cittadino.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 19 marzo 2012, n. 4367



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco - Presidente

Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere

Dott. UCCELLA Fulvio - rel. Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14960/2010 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) con procura speciale del Dott. Avv. (OMISSIS), Notaio in (OMISSIS), del 13/04/2010, rep. 57675;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 898/2009 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 26/11/2009; R.G.N. 1302/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2012 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso per rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il 21 marzo 2008 il Tribunale di Cosenza, ritenuto che l'immobile locato da (OMISSIS) a (OMISSIS) non fosse stato destinato ad abitazione del locatore, come da disdetta del relativo contratto alla prima scadenza, accoglieva la domanda di risarcimento danni proposta dal (OMISSIS) e condannava il (OMISSIS) al pagamento in favore dell'attore - ex conduttore - della somma di euro 13.140 oltre interessi dalla domanda e spese.

Su gravame principale del (OMISSIS) ed incidentale del (OMISSIS) la Corte di appello di Catanzaro riformava integralmente la sentenza di primo grado il 26 novembre 2009 rigettava l'appello incidentale e compensava in ragione della meta' le spese dei due gradi del giudizio.

Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il (OMISSIS), affidandosi a due motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il (OMISSIS).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo (insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5, in ordine al fatto che l'immobile sia stato ritenuto condotto da locatore per sua abitazione) il ricorrente lamenta che il giudice dell'appello non abbia ritenuto sufficientemente dimostrato che la destinazione dell'appartamento a sede dell'Associazione territoriale (OMISSIS) - Patronato Informa - famiglia avesse determinato l'esclusivo godimento da parte di quest'ultima dell'intero appartamento in modo tale da pregiudicare ogni possibilita' di contemporanea abitazione da parte del (OMISSIS).

Rileva il ricorrente che la motivazione sarebbe contraddittoria, ove si consideri la natura stessa del patronato, che e' persona giuridica di diritto privato, che svolge un servizio di pubblica utilita' per una categoria di soggetti e non solo per i propri aderenti ex D.Lgs.C.P.S. 29 luglio 1947, n. 804, e Legge 30 marzo 2001, n. 152. Solo attraverso un attento esame delle produzioni documentali dell'attore, ora ricorrente, allegate alla citazione introduttiva ed, in particolare, di alcune fotografie, nonche' del fatto che a prescindere dal documento formale di residenza, il (OMISSIS) sarebbe sempre convissuto con la famiglia di origine ed, inoltre, che le utenze dei servizi erano tutte intestate all'Associazione (OMISSIS) e non gia' al locatore, la Corte territoriale avrebbe potuto giungere ad una soluzione diversa.

Non avendolo fatto, la decisione sarebbe affetta dal vizio sopra indicato.

2. - Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto, in particolare della Legge 9 dicembre 1998, n. 431, articolo 3 comma 1 lettera a) nn. 3 e 5, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3) il ricorrente lamenta che sarebbe impropria l'applicazione di un risalente principio affermato da questa Corte - sent. n.7974/97 -, secondo cui alla prima scadenza, come nella specie, l'effettiva utilizzazione del bene da parte del locatore, atta ad evitare l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 31 della citata legge, e' da ritenersi rispettata anche nel caso in cui esso si riveli solo parziale perche' la ratio dell'articolo 3 citato e' quella di consentire la disdetta alla prima scadenza onde non privare il proprietario dell'immobile di abitarlo per ragioni personali o dei suoi familiari, ma non per finalita' di pubblico interesse (e richiama Cass. n. 4050/09).

3. - Le due censure vanno esaminate congiuntamente per la loro interconnessione che ne fanno, in sostanza, un unico motivo. Al riguardo il Collegio osserva quanto segue.

In linea di principio va affermato che solo quando il recesso del locatore e' costituito da malizioso comportamento, preordinato a creare una stato di necessita', tale recesso non si configura legittimamente esercitato ai sensi della Legge n. 431 del 1998, articolo 3.

Al di fuori di tale ipotesi, il locatore puo' agire liberamente ogni qual volta si presentino particolari esigenze di carattere, come in questo caso, personali che appaiono, in base ad un'equa valutazione, meritevoli di protezione secondo la comune esperienza e nel normale svolgimento dei rapporti umani, personali e giuridici.

In tal caso, il relativo accertamento va compiuto prescindendo dalla valutazione comparativa con le esigenze del conduttore e senza pretendere giustificazioni di ordine sociale che limiterebbero la liberta' di scelta di ogni cittadino (Cass. n. 26526/09; v. anche per quanto valga Cass. n. 10127/10).

Nel caso in esame, il giudice dell'appello, alla luce di quanto sopra evidenziato in linea di principio, ha emesso una decisione che non puo' non trovare conferma e va rilevato che tutto il ricorso, sembra partire da una presupposto eccentrico rispetto all'argomentare del giudice dell'appello, in quanto questi non ha ritenuto sufficientemente provato l'uso esclusivo da parte dell'Associazione, in virtu' di elementi documentali e fattuali rispetto ai quali il ricorrente richiede una diversa lettura.

Di vero, in base all'istruttoria condotta in primo grado, il giudice dell'appello ha esaminato:

1) le fotografie delle targhe apposte all'edificio di cui fa parte l'immobile, dalle quali effettivamente risulta la "domiciliazione" dell'Associazione (OMISSIS) e dell'ente Partecipazione - Verso il Partito Democratico;

2) le dichiarazioni dei testi escussi;

3) il certificato di residenza del Comune di (OMISSIS);

4) il verbale dell'assemblea dei soci della (OMISSIS) del (OMISSIS) nel quale si da atto che il (OMISSIS) abita in quell'appartamento.

In virtu' di questi elementi, di cui alcuni offerti dallo stesso (OMISSIS), che era tenuto a provare proprio la serieta' della disdetta (Cass. n. 977/10), il giudice dell'appello ha potuto ritenere che effettivamente l'Associazione (OMISSIS), di cui il Patronato era una articolazione, avesse la propria sede nell'appartamento del (OMISSIS), ma che non fosse stato in alcun modo provato che cio' conseguisse ad un contratto di locazione con esclusivo godimento e detenzione da parte di essa associazione.

Cosi come non era stato dimostrata ne' dedotta quale fosse la tipologia di attivita' in concreto svolte dal associazione ed, in particolare, se si trattava di attivita' aperta al pubblico o che riguardava solo riunioni di soci o altre attivita' intrinsecamente compatibili con la contestuale destinazione abitativa del locatore, all'epoca celibe e studente.

Ne ha, quindi, dedotto una intrinseca insufficienza delle prove poste a sostegno della domanda, che, peraltro, era a carico del (OMISSIS) offrire, e, in concreto, ha concluso che si trattava di un uso promiscuo dell'appartamento, perche' si trattava di indizi univoci e concludenti e riteneva che quantomeno dal settembre 2005, e, quindi, entro l'anno dal rilascio avvenuto nel maggio 2005 il (OMISSIS) abitava nell'appartamento de quo.

In altri termini, la prova circa la prevalenza delle attivita' svolte dalla Associazione rispetto al fatto che il (OMISSIS) abitasse l'appartamento, che era a carico del (OMISSIS), quale conduttore, e' stata ritenuta insufficiente (Cass. n. 10962/10).

Si tratta di argomentare appagante sotto ognuno dei vizi denunciati e pienamente rispondente ai criteri ermeneutici di questa Corte, cosi' come sopra indicati, e, quindi, le censure del ricorrente non ne scalfiscono la logica articolazione, anche sotto il profilo, rinvenibile nel ricorso, dell'errore di diritto.

Infatti, cosi' come prospettato con questo ultimo vizio, da cui sarebbe affetta la sentenza impugnata, il ricorrente sembra contestare al giudice del merito di avere erroneamente ravvisato nella situazione di fatto in concreto accertata la ricorrenza degli elementi costitutivi di una fattispecie normativamente regolata e, quindi, comporta non un giudizio di diritto, ma un giudizio di fatto da impugnarsi, se del caso sotto il vizio di motivazione, che essendo stato dedotto gia' con il primo motivo, si appalesa come duplicato dello stesso (v. Cass. n. 10385/05; Cass. n. 9185/11).

In altri termini, la sentenza impugnata non si e' espressa, cosi' come sembra evidenziare il ricorrente, nel senso di non disconoscere all'appartamento anche la funzione di sede dell'associazione, lo svolgimento di una sua attivita', ma dovendo prendere atto delle risultanze processuali iuxta alligata et probata ha disatteso la domanda del (OMISSIS) perche' gli elementi da lui addotti e/o allegati, nonche' le deposizioni testimoniali non integravano una probatio piena ma, al contrario, deponevano per un uso promiscuo dell'appartamento, pienamente legittimo dal punto di vista normativo.

Conclusivamente il ricorso va respinto, ma soccorrono giusti motivi, atteso l'alterno esito delle fasi di merito e il nucleo centrale della decisione impugnata, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

 

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