In presenza di locali comunicanti con immobile utilizzato solo in parte per lo svolgimento di attività comportanti contatto diretto con il pubblico dei consumatori o degli utenti, l'indennità di avviamento è dovuta quando tale ultima attività sia da ritenersi prevalente

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, quando i locali con diversa destinazione commerciale siano tra loro comunicanti ed il canone risulti unico ed indistinto, al locatore non è consentito sottrarsi a pagamento dell'indennità di cui all'art. 34 della legge n. 392/1978 commisurata all'intero canone deducendo che solo una parte dell'immobile strutturalmente unitario (al di là delle indistinte indicazioni catastali) era destinato al contatto diretto con il pubblico, venendo in tale ipotesi esclusivamente in rilievo la prevalenza dell'attività del conduttore comportante quel contatto; e cioè nel senso che, a seconda che prevalente essa fosse o non fosse, l'indennità sarà rispettivamente dovuta o meno. In ordine al principio secondo il quale, in presenza di locali comunicanti con immobile utilizzato solo in parte per lo svolgimento di attività comportanti contatto diretto con il pubblico dei consumatori o degli utenti, l'indennità per la perdita dell'avviamento risulta dovuta quando tale ultima attività sia da ritenersi prevalente, dovendo in tal caso essere la stessa sempre commisurata all'intero canone e non già alla parte del canone riferibile alla sola superficie utilizzata con il contatto diretto con il pubblico, vedi, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 20 aprile 1995, n. 4474, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 25 febbraio 1997, n. 1700, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 10 febbraio 1997, n. 1232, Cassazione civile, Sez. III, sentenza 24 marzo 1999, n. 2792.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 16 febbraio 2010, n. 3592



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco - Presidente

Dott. AMATUCCI Alfonso - rel. Consigliere

Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

F. LA. EN. E. BR. S.N.C. (OMESSO) nella persona dei Sig.ri LA. Al. e LA. Pa. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 7, presso lo studio dell'avvocato TONUCCI MARIO, rappresentata e difesa dall'avvocato CESARINI GIANLUCA giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

BU. S. OR. ME. gia' OF. OR. BU. (OMESSO) in persona del legale rappresentante pro tempore Sig.ra BU. Fi. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLA RICCIOTTI 9, presso lo studio dell'avvocato COLACINO VINCENZO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 265/2004 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, emessa il 30/9/2004, depositata il 10/12/2004, R.G.N. 391/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 21/01/2010 dal Consigliere Dott. AMATUCCI Alfonso;

udito l'Avvocato MARIO TONUCCI per delega dell'Avvocato GIANLUCA CESARINI;

udito l'Avvocato VINCENZO COLACINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del 1 motivo, accoglimento nel resto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. A seguito di disdetta per il (OMESSO), da parte della locatrice s.n.c. F. La. En. e. Br. , della locazione di due locali comunicanti siti in (OMESSO) e, secondo quanto previsto in contratto, adibiti rispettivamente a magazzino e negozio, la conduttrice Of. Or. Bu. (di Bu. Ma. ) richiese il pagamento dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale e, a fronte del mancato versamento da parte della locatrice, con ricorso del 12.2.1998 la convenne in giudizio chiedendone la condanna al pagamento di lire 24.678.000, corrispondenti a diciotto mensilita' del canone versato al termine del rapporto.

La convenuta resistette, assumendo che il requisito del contatto diretto col pubblico era ravvisabile solo in riferimento al locale adibito a negozio, sicche' l'indennita' andava correlata alla quota di canone imputabile a tale locale (da determinarsi tramite consulenza tecnica d'ufficio).

Cosi' ritenne il tribunale di Perugia con sentenza del 20.2.2002, peraltro astenendosi dall'emettere sentenza di condanna.

2.- La decisione e' stata riformata dalla corte d'appello di Perugia che, decidendo con sentenza n. 265 del 2004 sull'appello della conduttrice, ha accolto integralmente la relativa domanda ed ha condannato la locatrice al pagamento di euro 12.745,12 sul rilievo che l'indennita' dovesse commisurarsi all'intero canone locativo, essendo unico il contratto e comune la destinazione dei due locali, anche materialmente collegati.

3.- Avverso la sentenza ricorre per Cassazione la s.n.c. F. La. En. e. Br. , affidandosi a quattro motivi, illustrati anche da memoria, cui resiste con controricorso la Bu. s. Or. Me. (gia' Of. Or. Bu. ).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Del tutto infondatamente la ricorrente assume, deducendo col primo motivo violazione del giudicato in relazione alla statuizione del primo giudice secondo il quale l'indennita' era dovuta solo in riferimento al locale sito al numero civico (OMESSO) (adibito a negozio), che la corte d'appello non avrebbe potuto determinarla commisurandola al canone complessivo.

La sentenza era stata, infatti, appellata sul punto ed il senso dell'affermazione iniziale della sentenza di secondo grado e' esclusivamente che quella questione (che, cioe', l'indennita' fosse dovuta per il locale adibito a negozio) non era piu' controversa. Rimaneva invece controverso se l'indennita' per la perdita dell'avviamento dovesse o no commisurarsi all'intero canone locativo, come ab origine sosteneva la conduttrice. E tale questione e' stata appunto decisa in senso affermativo dalla corte territoriale, in senso conforme alla domanda dell'appellante conduttrice.

2.- Con gli altri tre motivi la sentenza e' censurata in relazione alla intervenuta commisurazione dell'indennita' in parola all'intero canone locativo.

La ricorrente si duole in particolare:

- col secondo motivo (deducendo violazione dell'articolo 1363 c.c., nonche' ogni possibile tipo di vizio della motivazione) che la corte d'appello abbia opinato che, in mancanza di prova contraria, ogni locale dovesse ritenersi destinato all'esercizio di un'attivita' commerciale e che addirittura si trattasse di una struttura unitaria, benche' la planimetria versata in atti attestasse una diversa individuazione catastale (cosi' rendendo palese la volonta' dei contraenti di considerare due distinte unita', con differenti utilizzazioni) e le risultanze testimoniali avallassero la tesi della diversa destinazione dei due locali;

col terzo motivo e col quarto motivo (deducendo violazione e falsa applicazione della Legge n. 392 del 1978, articolo 35 in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3 e, rispettivamente, n. 5,) che si sia dato rilievo alla pattuizione di un canone unitario, sebbene la citata disposizione preveda che l'indennita' spetta al conduttore solo in relazione a immobili utilizzati per lo svolgimento di attivita' che comportino contatto diretto col pubblico degli utenti e dei consumatori; e per aver inoltre erroneamente ritenuto che "scopo dell'indennita' e' quello di compensare il conduttore della perdita derivante dallo spostamento dell'attivita' altrove", mentre la funzione dell'indennita' e' invece quella di fornire una compensazione per la perdita del bacino di clientela gravitante intorno al luogo dove il conduttore abbia esercitato la propria attivita' commerciale, sicche' l'indennita' stessa va determinata in misura corrispondente al solo ambito spaziale in cui si realizza il contatto diretto col pubblico.

3.- Le censure, che per la loro intima connessione possono essere congiuntamente esaminate, sono infondate.

Con sentenza n. 11596 del 2005 questa corte ha chiarito che quando, con unico contratto, sia stato locato un immobile diviso in due parti tra loro comunicanti, di cui una adoperata come magazzino, non trova applicazione il principio secondo il quale l'indennita' compete, anche per l'immobile destinato a deposito o ad esposizione, solo quando esso sia, per un verso, liberamente accessibile da parte del pubblico e, per altro verso, in grado di esercitare di per se' un richiamo sulla generalita' dei consumatori, diventando un collettore di clientela ed un fattore locale di avviamento (Cass. 20.2.1999, n. 1435; Cass. 10.8.2000, n. 10598). La regola concerne, infatti, l'ipotesi di locazione di immobili separati, di cui uno adibito all'esercizio di attivita' che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e l'altro a deposito o ad esposizione (o a laboratorio).

Se invece, come nella specie, i locali siano appunto comunicanti e l'immobile sia solo in parte utilizzato per lo svolgimento di attivita' che comporti contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori, l'indennita' per la perdita dell'avviamento spetta quando questa ultima attivita' sia prevalente (Cass. 25.2.1997, n. 1700; Cass. 10.2.1997, n. 1232; Cass. 24.3.1999, n. 2792, con riferimento all'ipotesi di riscatto), ma va sempre commisurata all'intero canone e non gia' alla parte di canone riferibile alla sola superficie utilizzata per il contatto diretto col pubblico (Cass. 28.10.1995, n. 11301).

Dall'applicazione di tali principi consegue che, quando i locali con diversa destinazione commerciale siano comunicanti ed il canone sia unico ed indistinto, al locatore non e' consentito sottrarsi al pagamento dell'indennita' (di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 34) commisurata all'intero canone nell'assunto che solo una parte dell'immobile strutturalmente unitario (al di la' delle distinte indicazioni catastali) era destinato al contatto diretto col pubblico, venendo esclusivamente in rilievo la prevalenza dell'attivita' del conduttore comportante quel contatto; e cio' nel senso che, a seconda che prevalente essa fosse o non fosse, l'indennita' sara' rispettivamente dovuta o no.

La societa' ricorrente non si e' doluta neppure in questa sede della mancata applicazione del criterio della prevalenza dell'uso (cui ha fatto riferimento solo in memoria, alle pagine 14 e 15), ma ha anzi sempre impostato la sua difesa sulla richiesta di consulenza al fine di determinare la parte di canone riferibile al locale locato come negozio. Il che non e' compatibile con il caso di locali tra loro comunicanti.

Il ricorso va dunque respinto per tale assorbente ragione.

4.- Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in euro 3.200,00, di cui 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

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