In tema di locazione commerciale basta il nome sulla porta per far scattare l'indennità

Condizione per il riconoscimento dell'indennità di avviamento è soltanto l'effettiva destinazione dell'immobile ad attività che comporti il contatto con il pubblico dei clienti, essendo irrilevante che i locali non siano in alcun modo evidenziati mediante insegne pubblicitarie, comparendo solo il nominativo della ditta nel campanello d'ingresso dello stabile. Questo perché, il punto che qualifica l'uso dell'immobile ai fini dell'indennità non è l'entità numerica della cerchia di avventori raggiunta o il reperimento di essa tra i passanti della pubblica via antistante l'immobile locato, quanto il fatto che i locali in cui si svolge l'attività vengano aperti alla frequentazione diretta dei clienti che abbiano necessità e interesse ad entrare in contatto con l'impresa. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile
Sentenza del 29 febbraio 2008, n. 551)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista - Presidente

Dott. DURANTE Bruno - Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere

Dott. CALABRESE Donato - Consigliere

Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

FR. FL., titolare della impresa individuale F. FRANCALANCI NTER-EUROPA SPEDIZIONI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio dell'avvocato ANTONELLI PATRIZIA, difeso dagli avvocati CASSI Giampiero, ALBERTO SCATIZZI, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

MA. MA. GR., FO. IL., FO. PI. AN.;

- intimati -

e sul 2 ricorso n. 09777/04 proposto da:

MA. MA. GR., FO. IL., FO. PI., elettivamente domiciliati in ROMA VIA PROPERZIO 32, presso lo studio dell'avvocato MAURIZIO CECCONI, difesi dall'avvocato SERGIO PAPARO, giusta delega in atti;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -

e contro

FR. FL.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 33/04 della Corte d'Appello di FIRENZE, SEZIONE SECONDA CIVILE EMESSA IL 27/11/03, depositata il 14/01/04; rg. 8328/A/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 12/12/07 dal Consigliere Dott. Pasquale D'ASCOLA;

udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso previa riunione il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A seguito di licenza per finita locazione di immobile adibito ad uso diverso da abitazione, convalidata per la scadenza del 30 maggio 1998, Fr.Fl., titolare dell'impresa individuale Inter-Europa Spedizioni chiedeva il riconoscimento dell'indennita' per la perdita di avviamento commerciale. Sulla resistenza dei locatori Ma.Ma. Gr., Fo.Il. e Fo.Pi., il Tribunale di Firenze accoglieva la domanda con sentenza del 9 dicembre 2002. Il gravame di parte locatrice veniva accolto dalla Corte d'Appello fiorentina il 14 gennaio 2004.

Rilevato che il Fr. F. svolgeva attivita' di spedizioniere internazionale e non soltanto di spedizioniere doganale, il giudice di secondo grado riteneva che questi non dovesse limitarsi a provare il contatto con i clienti presso la sede della ditta nell'immobile locato, ma dovesse dimostrare che quel sito fosse "imprescindibile luogo di incontro con un indistinto pubblico di tenti o consumatori". In mancanza di tale prova e ritenendo che i clienti si rivolgessero allo spedizioniere indipendentemente dalla sua sede, come avviene per i clienti di un professionista, la Corte ne escludeva il diritto all'indennita' di avviamento e, riformando la sentenza impugnata, respingeva la domanda.

Avverso questa sentenza, parte conduttrice propone otto motivi di ricorso per cassazione. I Ma. - Fo. hanno resistito con controricorso; hanno spiegato ricorso incidentale condizionato, volto a far affermare l'inesistenza del diritto del conduttore a percepire l'indennita'.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c..

a) Con il primo e secondo motivo di ricorso, denunziando violazione di legge e vizio del procedimento, il Fr. F. lamenta che presupposto della sentenza sarebbe stata l'assenza di prova in ordine alla dimostrazione che nell'immobile locato vi fossero richiami o insegne tali da attirare la clientela, profilo che non sarebbe stato sollevato davanti al giudice d'appello, il quale avrebbe ampliato il tema del decidere, come invano eccepito nella memoria di costituzione nel secondo grado di giudizio. La lettura del ricorso in appello proposto dai locatori, consentita in sede di legittimita' perche' la doglianza attiene a un vizio procedimentale, permette di rilevare che non soltanto venne censurata la mancanza di prova in ordine alla frequentazione dei locali da parte di una generalita' indifferenziata dei destinatari dei beni o servizi commerciali, sottolineando che uno dei testi, pur cliente da sei anni, non ne conosceva l'ubicazione, ma venne anche sollecitata una revisione dei presupposti per conseguire l'indennita'. Nell'interpretare la normativa sul punto, alla Corte d'appello era quindi consentito ricostruire sia la natura dell'attivita' svolta sia se fosse stata offerta la prova qualificante del contatto diretto con il pubblico degli utenti, individuando le caratteristiche della categoria degli utenti e l'atteggiarsi della conduzione dell'immobile al fine di provocare il contatto con gli stessi. Ne consegue che i motivi non sono fondati.

b) Con il terzo motivo il conduttore critica la sentenza di merito per aver negato l'indennita' di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 35 adducendo la mancanza di prova sul fatto che l'immobile, quale "imprescindibile luogo di incontro tra imprenditore e pubblico degli utenti" fosse individuato da un'insegna o da un cartello o da altro mezzo idoneo a richiamare l'attenzione del pubblico. Questi presupposti - e in particolare la pretesa di una prova ulteriore rispetto all'esistenza del contatto con la clientela - sarebbero stati erroneamente richiesti dalla Corte d'appello, sia male interpretando la norma (violazione di legge), sia scorrettamente valutando le prove testimoniali (vizio di motivazione), sia perche' non oggetto di ricorso in secondo grado. Salvo che per quest'ultimo profilo, gia' esaminato nel paragrafo precedente, il motivo di ricorso coglie nel segno.

La Legge n. 392 del 1978, articolo 35 nega il diritto all'indennita' di cui all'articolo precedente ai rapporti di locazione relativi ad attivita' "che non comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, nonche' destinati all'esercizio di attivita' professionali, ad attivita' di carattere transitorio" etc..

La Corte d'appello ha interpretato questa norma, citando un precedente della Corte di Cassazione, nel senso che i clienti dell'imprenditore debbano essere una collettivita' indeterminata di fruitori finali dei beni e servizi dell'azienda, per attirare la quale debbano quindi esservi, in corrispondenza della sede dell'impresa, insegne o altri mezzi di richiamo, atti a convogliare il casuale cliente. Piu' esplicitamente il giudice d'appello ha sostenuto che "puo' tranquillamente considerarsi provata" la circostanza che i clienti del Fr. F. "si recavano presso la sede della ditta, nella quale trattavano e concludevano i singoli affari", ma che tale prova sarebbe insufficiente, necessitando "un di piu'" costituito da mezzi di richiamo della clientela, in mancanza dei quali non vi potrebbe essere "attivita' a diretto contatto con il pubblico".

Questa lettura della norma e' errata. Il legislatore ha posto come condizione per il riconoscimento del diritto all'indennita' soltanto la effettiva destinazione dell'immobile ad attivita' che comporta il contatto con il pubblico dei clienti, contatto che e' stato considerato pacificamente provato dal giudice d'appello, essendo risultato che presso quei locali l'imprenditore riceveva i clienti e con essi concludeva gli affari. La circostanza che i locali non fossero particolarmente evidenziati, salvo il nominativo sul campanello d'ingresso dello stabile, e' irrilevante, poiche' non solo l'accesso all'attivita' dello spedizioniere Fr. F. non era precluso a chi per la prima volta volesse avvalersi dei suoi servizi, ma in nulla incide che la generalita' dei clienti venga raggiunta avvalendosi di insegne pubblicitarie o con altri mezzi di offerta dei beni o dei servizi (si veda, per un caso affine, Cass. n. 2646/98 rv. 513555). E' normale che molte attivita', che si rivolgono a una fascia di clienti numericamente ristretta, che abbisogna di particolari servizi, (come quelli dello spedizioniere), non affrontino inutili costi di insegne per pubblicizzarsi presso la clientela, preferendo altre vie per acquisirla. Il punto che qualifica l'uso dell'immobile ai fini dell'indennita' non e' l'entita' numerica della cerchia di avventori raggiunta o il reperimento di essa tra i passanti della pubblica via antistante l'immobile locato:

cio' che rileva e' che quei locali in cui si svolge l'attivita' vengano aperti alla frequentazione diretta dei clienti che abbiano necessita' e interesse ad entrare in contatto con l'impresa. La clientela, nel caso di specie, in considerazione dell'attivita', poteva essere stabile e limitata, ma nulla impediva che vi fossero mutamenti di essa, con l'acquisizione di nuovi soggetti e la perdita di altri, a conferma del carattere "indifferenziato" del pubblico dei consumatori, che non e' da confondere, come ha fatto la sentenza d'appello, con il concetto di cliente occasionale. Giova in proposito ricordare che questa Corte (Cass. n. 11896/98 rv. 521053; n. 11865/98 rv. 521023; 1304/89 rv. 598928) ha affermato che l'immobile - inserito nell'organizzazione aziendale e, pertanto, funzionale alla produttivita'' dell'impresa e suscettibile di influire nel volume degli affari - assume anche il valore di un fattore di avviamento, la cui perdita deve essere indennizzata, a nulla rilevando che i beni offerti in vendita, per la loro natura strumentale, possano interessare in concreto soltanto un numero limitato di clienti per la loro attivita' lavorativa.

Terzo e quarto motivo vanno pertanto accolti.

Con il quinto motivo il conduttore critica la sentenza d'appello per non aver dichiarato inammissibile, perche' nuova, la doglianza circa la "qualifica della propria attivita' come professionale anziche' imprenditoriale", quale "fatto non dedotto in primo grado". La censura e' infondata. Il denunziato vizio di ultrapetizione, correttamente presentato, non sussiste perche' smentito dall'esame degli atti. In particolare va riletto l'ultimo capoverso di pag. 4 (e la seguente pag. 5 primo rigo) della memoria difensiva depositata dai locatori il 24 maggio 2000, ove essi esponevano al tribunale che "l'elemento che veniva in rilievo" era "la stima e la fiducia nella capacita' dell'operatore o del professionista quale sicuramente il sig. Fr. F. ". Si invocava per questo motivo l'esclusione dell'indennita', non sussistendo collegamento con l'utilizzazione dell'immobile.

Queste considerazioni valgono a respingere anche il sesto motivo di ricorso, con cui, ritornando sulla novita' della doglianza circa la natura dell'attivita' svolta, il Fr. F. censura la Corte gigliata per non aver considerato che era generica la confutazione, esposta dai locatori in memoria difensiva, circa il carattere non imprenditoriale dell'attivita'. La tesi non e' fondata, perche' inequivocabile e puntuale era il ragionamento della parte locatrice, che aveva insistito, nelle righe della memoria sovraindicate, nell'assimilare la figura dello spedizioniere alle "attivita' professionali anch'esse escluse dall'indennita'".

Il settimo motivo di ricorso, con cui si chiede di affermare che la natura dell'attivita' svolta consentiva il sorgere il diritto all'indennita' di cui all'articolo 35, e' invece fondato. Il ricorrente lamenta la violazione della normativa di cui alla Legge n. 392 del 1978 in tema di indennita', nonche' delle norme del codice che descrivono l'imprenditore e della normativa speciale in materia di spedizionieri.

In senso opposto a questo motivo, i Ma. - Fo. con il ricorso incidentale criticano la sentenza d'appello per non aver configurato l'attivita' svolta nell'immobile quale attivita' professionale.

Il doppio contrapposto ricorso si spiega con la intrinseca contraddittorieta' della pronuncia impugnata, la cui parte motiva (pag. 7 e 8) esordisce assumendo che all'appellato, in quanto spedizioniere internazionale e non solo doganale, non poteva attribuirsi la semplice qualifica di professionista. Nella parte finale pero' si' assimila il contatto dei clienti con il conduttore, presso l'immobile locato, a quello che si svolge di regola con uno specifico professionista, cosi' in qualche modo evocando gli effetti di tale qualificazione.

Fondatamente il Fr. F. sostiene che lo spedizioniere rientra nella nozione di imprenditore di cui all'articolo 2082 c.c., poiche' esercita professionalmente un'attivita' economica organizzata al fine dello scambio di servizi. E' da ritenere che l'attivita' dello spedizioniere sia tale: essa infatti, essendo caratterizzata dalla intermediazione tra cliente e vettore al fine della conclusione del contratto di trasporto, e quindi alla circolazione dei beni, e' attivita'' commerciale e non industriale, senza che la eventualita', ancorche'' ricorrente, del compimento di operazioni accessorie, possa valere a snaturare tale connotato primario di detta attivita'. Cosi' questa Corte ha ritenuto (Cass. 7484/96 rv. 499183) a proposito dell'applicabilita'' degli sgravi contributivi previsti per le imprese industriali, ma la definizione e' qui utilizzabile, perche' ha colto gli inequivocabili caratteri essenziali dell'attivita' in esame. Ne' rileva l'iscrizione dell'imprenditore in albi o l'esistenza di normative speciali che dettano regole particolari per lo svolgimento di essa in materia tributaria, come sottolineato dai locatori. Rileva infatti, ai fini del diritto all'indennita' per cui e' causa, che non si tratti di attivita' caratterizzata dalle prestazioni di un professionista, ma dall'organizzazione per l'esercizio di impresa, circostanza che e' riconosciuta da quella stessa giurisprudenza comunitaria citata dai controricorrenti a pag. 20 del ricorso incidentale. Peraltro la migliore definizione si ritrova proprio nella sentenza del Tribunale comunitario di primo grado, che conferma quanto si' viene affermando. Nella sentenza 30 marzo 2000, resa nella causa n. 513/93 pendente tra il Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali e la Commissione Europea, si legge che "Secondo una giurisprudenza costante, la nozione d'impresa abbraccia qualsiasi entita' che eserciti un'attivita' economica, a prescindere dallo status giuridico della detta entita' e dalle sue modalita' di finanziamento (sentenze della Corte 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner e Elser, Racc. pag. 1-1979, punto 21; 16 novembre 1995, causa C-244/94, Federation frangaise des societes d'assurance e a., Racc. pag. I-4013, punto 14, e 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre, Racc. pag. 1-7119, punto 21), e che costituisce un'attivita' economica qualsiasi attivita' che consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato (sentenza 18 giugno 1998, punto 36). Orbene, come la Corte ha statuito nella sentenza 18 giugno 1998 (punto 37), l'attivita' degli spedizionieri doganali presenta natura economica. Infatti, questi offrono, contro retribuzione, servizi che consistono nell'espletare formalita' doganali, concernenti soprattutto l'importazione, l'esportazione e il transito di merci, nonche' altri servizi complementari, quali i servizi appartenenti ai settori monetario, commerciale e tributario. Inoltre, essi assumono a proprio carico i rischi finanziari connessi all'esercizio di tale attivita' (sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punto 541). In caso di squilibrio fra uscite ed entrate, lo spedizioniere doganale deve sopportare direttamente i disavanzi." E aggiunge il tribunale: "La Corte ha parimenti ritenuto, nella sentenza 18 giugno 1998 (punto 38), che "di conseguenza, il fatto che l'attivita' di spedizioniere doganale sia intellettuale, richieda un'autorizzazione e possa essere svolta senza la combinazione di elementi materiali, immateriali e umani non e' tale da escluderla dalla sfera di applicazione degli articoli 85 e 86 del Trattato CE".

Respinto il ricorso incidentale, non resta che esaminare l'ottavo motivo del ricorso principale, con il quale parte conduttrice discute del riparto dell'onere della prova circa il contatto con il pubblico dei constimatori, sostenendo di non essere soggetta a tale onere perche' una clausola contrattuale prevedeva che l'immobile sarebbe stato destinato ad attivita' avente contatto con il pubblico. La tesi non e' da condividere, perche' l'onere che grava sul conduttore al fine di conseguire l'indennita' per la perdita di avviamento commerciale non e' solo quello di dimostrare le condizioni iniziali della locazione, ma di provare che l'attivita' sia stata effettivamente svolta fino al momento della cessazione del rapporto (cfr per riferimenti Cass. n. 9789/98 rv. 519345). Peraltro la circostanza, come detto, e' stata ritenuta provata dal giudice d'appello nei termini idonei al fine perseguito dal ricorrente.

L'accoglimento delle ragioni del Fr. F. consente alla Corte di tassazione di decidere la controversia nel merito, poiche' risultano positivamente sussistenti i due presupposti controversi per il riconoscimento dell'indennita' di cui alla Legge n. 392 del 1978 articolo 35: la natura imprenditoriale (nella specie commerciale) dell'attivita' svolta e il contatto diretto con il pubblico, inteso nei termini accertati dalla sentenza d'appello a pag. 8. L'appello dei locatori risulta conseguentemente infondato e da cio' deriva anche la condanna dei soccombenti alla refusione delle spese dei giudizi di appello e di cassazione, liquidate come in dispositivo, avendo riguardo alla notula depositata in secondo grado.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi. Accoglie il terzo, quarto e settimo motivo del ricorso principale. Rigetta gli altri motivi ed il ricorso incidentale. Cassa in relazione ai motivi accolti e, pronunciando nel merito, rigetta l'appello. Condanna i controricorrenti al pagamento solidale delle spese del giudizio d'appello e di Cassazione, che liquida quanto all'appello in euro 700,0 per spese, 3.000,00 (tremila) per onorari e quanto al giudizio di Cassazione in euro 2.100,00, di cui duemila per onorari oltre spese generali e accessori di legge.

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