L'abuso del conduttore nel godimento del bene locato legittima la risoluzione del contratto

L'abuso del conduttore nel godimento del bene locato, non postula necessariamente il concreto verificarsi di danni materiali, con conseguente alterazione degli elementi strutturali del bene in modo da renderlo diverso da quello originario, potendo l'abuso in questione sostanziarsi in innovazioni e modifiche strutturali che non incidano direttamente sulla cosa locata in sè, ma si traducano, in ogni caso, in condotte abusive e lesive di concreti interessi del locatore, idonee ad alterare l'equilibrio economico-giuridico del contratto in danno del locatore stesso.
(Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 11 maggio 2007, n. 10838)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Gaetano NICASTRO - Presidente -

Dott. Francesco TRIFONE - Consigliere -

Dott. Giovanni Battista PETTI - Consigliere -

Dott. Giovanni FEDERICO - Rel. Consigliere -

Dott. Maurizio MASSERA - Consigliere -

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Ra.Is.In. SRL (già Ra.Is.In. sas di Ag. Ma. & Co. sas), in persona del legale rappresentante sig. Ma.Ag., elettivamente domiciliata in Ro. VIA Pa. n. (...), presso lo studio dell'avvocato Gi.Ma., difesa dall'avvocato Br.Ro., giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

In.Au., in persona del Presidente Ge.Se., elettivamente domiciliata in Ro. P.ZZA De.Fa. n. (...), presso lo studio dell'avvocato Br.Bo., che la difende unitamente all'avvocato Fr.P.Ma., giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 65/02 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di BOLZANO, emessa il 27/02/02, depositata il 15/03/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/03/07 dal Consigliere Dott. Giovanni FEDERICO;

udito l'Avvocato Al.Di.Gi. (per delega avv. Br.Bo.);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio UCCELLA, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con ricorso 27.10.98 l'In.Au. chiedeva al Pretore di Brunico che venisse dichiarata la risoluzione del contratto di locazione stipulato con Ra.Is.In. s.a.s. il 16.12.93 ed avente ad oggetto una malga di proprietà di essa esponente e che la conduttrice venisse condannata al rilascio dell'immobile ed al risarcimento dei danni quantificati in L. 20 milioni per effetto di gravi inadempienze contrattuali della conduttrice stessa (installazione di una base in cemento ed erezione di una antenna alta 25 metri).

La convenuta si costituiva contestando la fondatezza dell'avversa domanda.

Con sentenza del 30.6.01 il Tribunale di Bolzano sezione distaccata di Brunico accoglieva la domanda relativamente alla risoluzione contrattuale e la respingeva quanto al richiesto risarcimento del danno.

La soc. Ra.Is.In. proponeva appello avverso tale decisione, mentre l'appellata proponeva a sua volta appello incidentale in ordine alla richiesta rigettata di danni.

Con sentenza depositata il 15.3.02 la Corte di appello di Bolzano respingeva l'appello principale e, in accoglimento di quello incidentale, condannava l'appellante a pagare a controparte la somma di E. 3.000,00.

Avverso detta sentenza ha proposto quindi ricorso per cassazione la Ra.Is.In. s.r.l.
(già Ra.Is.In. s.a.s.), con quattro motivi, mentre l'intimata In. ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'art. 112 c.p.c., nella parte in cui la sentenza gravata ha ravvisato l'inadempimento della conduttrice non già nella realizzazione dello zoccolo in sé, come richiesto nella domanda introduttiva, quanto invece per l'interramento del cavo necessario allo zoccolo stesso con conseguente rovina del manto erboso circostante la baita per 800 metri.

Con il secondo motivo denuncia l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, laddove i giudici di appello hanno omesso ogni valutazione circa l'incidenza delle opere ritenute abusive sugli elementi strutturali dell'immobile ovvero hanno ritenuto che il semplice interramento di un cavo potesse alterarne l'originaria consistenza, mentre con il terzo motivo lamenta gli stessi vizi motivazionali nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto provato il danno derivante dall'interramento del cavo senza che l'ente abbia provato sia l'esatto tracciato del cavo che la proprietà dei fondi interessati.

Con il quarto motivo infine si duole della violazione dell'art. 18 L. 8.7.86 n. 349, oltre che di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, laddove la sentenza gravata ha riconosciuto alla locatrice un danno paesaggistico (e precisamente al manto erboso) che la medesima non era legittimata a richiedere ai sensi della norma sopra citata, in quanto di esclusiva competenza dello Stato e degli enti territoriali sui quali incidono i beni oggetto del fatto lesivo.

Il primo motivo è infondato.

Ed invero, va escluso che nella specie si ravvisi la violazione del principio della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, giacché dall'esame della sentenza impugnata si evince chiaramente che i giudici di appello non hanno inteso affatto sostituire alla realizzazione di una nuova base in cemento ed all'innalzamento dell'antenna, ritenute dal primo giudice quali circostanze determinanti un così grave inadempimento della conduttrice tale da giustificare la risoluzione del contratto di locazione, una nuova e diversa circostanza costituita, invece, dall'interramento del cavo necessario allo zoccolo medesimo.

Infatti, quest'ultimo elemento risulta utilizzato in aggiunta e completamento di quelli individuati dal giudice di prime cure (v. in particolare a pag. 4 della sentenza gravata, laddove, riguardo alla gravità dell'inadempimento e precisato che l'oggetto del contratto è esclusivamente quanto già costruito e non l'intera particella, si rileva espressamente: "Se lo zoccolo preesistente poteva considerarsi facente parte del già costruito, non così può essere affermato riguardo il nuovo zoccolo").

Anche il secondo motivo non è fondato.

L'art. 1587 n. 1 c.c. sancisce l'obbligo del conduttore di servirsi della cosa locata per l'uso determinato in contratto e ciò significa che il diritto di godimento non è illimitato, ma va esercitato entro l'ambito delle singole e specifiche facoltà che risultano in modo espresso dalle norme pattizie o che comunque si desumono in modo implicito dalle circostanze esistenti al momento della stipula del contratto.

Ciò premesso, si rileva che la violazione dell'obbligo suddetto, e cioè l'abuso da parte del conduttore nel godimento della cosa locata, non implica necessariamente il concreto verificarsi di danni materiali, con conseguente alterazione degli elementi strutturali del bene in modo da renderlo diverso da quello originario, potendo l'abuso in questione sostanziarsi - come si riscontra nel caso in esame - in innovazioni e modifiche strutturali che non incidano direttamente sulla cosa locata in sé, ma si traducano comunque in condotte abusive e lesive di concreti interessi del locatore, idonee in ogni caso ad alterare l'equilibrio economico-giuridico del contratto in danno del locatore stesso.

Deve, dunque, escludersi che possa ravvisarsi il denunciato vizio motivazionale nella sentenza impugnata in quella parte in cui la medesima ha ritenuto che l'interramento del cavo necessario allo zoccolo di nuova costruzione, con la conseguente rovina del manto erboso circostante la baita per ottocento metri, abbia costituito una utilizzazione del terreno assolutamente preclusa al conduttore e, quindi, un fatto abusivo in grado di alterare quell'equilibrio in danno del locatore, di cui prima si discuteva.

Il terzo motivo non è fondato.

Infatti, come si evince dalla semplice lettura del motivo in questione, dalle stesse deduzioni della ricorrente risulta espressamente che la sua contestazione che il terreno, in cui venne collocato il cavo per lo zoccolo in cemento, fosse di proprietà dell'In., è stata proposta tardivamente e cioè soltanto con la comparsa conclusionale nel giudizio di appello.

Anche il quarto motivo è infondato.

Deve, infatti, escludersi che la sentenza impugnata, laddove ha riconosciuto il diritto della locatrice al risarcimento del danno cagionato al manto erboso, abbia violato la disposizione normativa richiamata nel titolo del motivo di ricorso o sia incorsa nel denunciato vizio motivazionale, atteso che, anche se compete allo Stato ed agli enti territoriali sui quali insistono i beni paesaggistici la loro tutela pubblicistica, ciò non esclude però che possa riconoscersi al loro proprietario il danno cagionato da terzi nell'ambito di rapporti di diritto privato.

Il ricorso va, perciò, rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, che liquida in E. 3.100,00, di cui E. 3.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

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