L'errata indicazione della data di cessazione del rapporto nell'intimazione non osta all'accoglimento della domanda di rilascio

In tema di locazione, la circostanza che il locatore abbia chiesto la convalida ed abbia indicato nell'intimazione una data di cessazione del rapporto erronea non osta né all'accoglimento della domanda di rilascio, sotto il profilo della fondatezza del diniego di rinnovo, quando la convalida sia stata domandata per uno dei motivi legittimanti l'esercizio della facoltà di diniego e questo sia stato specificamente indicato, né all'accoglimento per la scadenza effettiva, convenzionale o legale, in quanto il predetto errore non vale ad escludere l'inequivoca volontà del locatore di riottenere la disponibilità del bene.
(Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 30 maggio 2008, n. 14486)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FANTACCHIOTTI Mario - Presidente

Dott. FICO Nino - rel. Consigliere

Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere

Dott. LEVI Giulio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CA. MA., elettivamente domiciliato in ROMA LARGO C. GOLDONI 47, presso lo studio dell'avvocato PUCCI Fabio, che lo difende unitamente all'avvocato MARIANELLI CLAUDIO, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

CA. SA., PE. FR., elettivamente domiciliati in ROMA LUNGO TEVERE FLAMINIO N. 46 PALAZZO 4 SCALA D, presso STUDIO GREZ, difesi dall'avvocato VADALA' ANNUNZIATO, giusta delega in atti;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 696/04 della Corte d'Appello di GENOVA, Sezione Prima Civile emessa il 13/10/2004, depositata il 10/11/04; RG. 820/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 07/05/08 dal Consigliere Dott. Nino FICO;

udito l'Avvocato FABIO PUCCI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato nel marzo 2003 Ca.Sa. e Pe. Fr. hanno intimato a Ca.Ma. licenza per finita locazione per la scadenza del 31 dicembre 2002, contestualmente citandolo per la convalida.

Su opposizione del Ca. M., il quale ha dedotto che il contratto di locazione, stipulato per uso abitativo l'1 gennaio 1988, rinnovatosi tacitamente di quattro anni in quattro anni, da ultimo dal 31.12.1999 al 31.12.2003 ai sensi della Legge n. 431 del 1998 articolo 2 si era ulteriormente rinnovato al 31.12.2007 in mancanza di disdetta a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera a), della medesima Legge, il Tribunale di La Spezia, ritenuto che la volonta' dichiarata dai locatori nella licenza di voler destinare l'immobile a propria abitazione integrasse la disdetta prevista da tale norma e che questa, come la licenza in cui sia contenuta, quando sia intimata per un termine di scadenza anteriore, vale per il termine successivo, ha condannato il Ca. M. al rilascio dell'immobile previa declaratoria della cessazione del contratto alla data del 31.12.2003.

La sentenza e' stata appellata dal Ca. M. e la Corte d'appello di Genova ha rigettato l'impugnazione.

Avverso quest'ultima decisione il Ca. M. ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a tre motivi, illustrati da memoria.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo (violazione e falsa applicazione della Legge n. 431 del 1998 articolo 3) il ricorrente ha dedotto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, l'intenzione manifestata dai locatori, di riottenere l'immobile "anche per stretta necessita' abitativa", non potesse integrare la condizione prevista dalla norma per la cessazione del contratto alla prima scadenza successiva alla sua entrata in vigore, sia per la sua laconicita', sia perche' non contenuta in un atto stra-giudiziale, antecedente al giudizio, ma nell'atto introduttivo del giudizio stesso, peraltro formato con riferimento ad una scadenza gia' verificatasi.

La censura e' inammissibile e infondata: inammissibile perche' l'accertamento della volonta' del locatore di porre fine al rapporto per una delle ipotesi a tal uopo espressamente e tassativamente previste dalla legge si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimita' se congruamente motivato, ovvero, come pure nella specie, se mancano specifiche doglianze di incongruita' e illogicita' della motivazione; infondata perche', come da giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, al di fuori del caso di forma scritta convenzionale (articolo 1352 c.c.), vige il principio della liberta' di forma, da cui consegue che la disdetta puo' essere contenuta anche in un atto processuale che logicamente e giuridicamente presupponga la volonta' del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o che, comunque, nel caso concreto, esprima anche tale volonta', quale l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione (Cass. n. 9666/97 e Cass. n. 843/95) o la citazione in giudizio (Cass. n. 2415/51); ne' rileva che non sia stata seguita sin dall'inizio la procedura di diniego di rinnovo di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 30, prevista dalla Legge n. 431 del 1998 articolo 3, e che l'atto processuale sia stato formato per una scadenza gia' verificatasi, vigendo altresi' il principio che la disdetta e l'intimazione in cui essa e' contenuta, che non siano idonee, per inosservanza del termine, a produrre la cessazione della locazione per la scadenza indicata dal locatore, hanno efficacia di produrla per la scadenza successiva (Cass. n. 5541 e 1601/79, n. 4301/81, n. 7352/97).

E' pertanto da ritenere infondato anche il secondo motivo, col quale, sotto il profilo della violazione del principio della domanda di cui all'articolo 99 c.p.c., il ricorrente ha dedotto che i locatori non avrebbero potuto domandare la convalida, ma il riconoscimento della fondatezza del diniego di rinnovo alla scadenza indicata, e il giudice non avrebbe potuto sostituirsi ai medesimi individuando d'ufficio un'altra scadenza o altra possibile causa di cessazione del rapporto.

La circostanza che il locatore abbia chiesto la convalida ed abbia indicato nell'intimazione una data di cessazione del rapporto erronea, infatti, non osta ne' all'accoglimento della domanda di rilascio sotto il profilo della fondatezza del diniego di rinnovo, quando la convalida sia stata domandata per uno dei motivi legittimanti l'esercizio della facolta' di diniego, e questo sia stato specificatamente indicato, ne' all'accoglimento per la scadenza effettiva, convenzionale o legale, in quanto l'indicato errore non vale ad escludere l'inequivoca volonta' del locatore di riottenere la disponibilita' dell'immobile.

D'altra parte, la domanda di convalida e' stata dai giudici di merito interpretata nel senso che contenesse in se' la domanda di accertamento della cessazione della locazione alla prima scadenza per uno dei motivi indicati nella Legge n. 431 del 1998 articolo 3, e tale interpretazione non e' stata censurata dal ricorrente, sicche' sotto tale profilo la doglianza e' anche inammissibile.

Col terzo motivo (violazione ed erronea applicazione della Legge n. 431 del 1998 articolo 3 in relazione alla Legge n. 392 del 1978, articolo 30, e all'articolo 115 c.p.c., nonche' contraddittorieta' della motivazione) il ricorrente ha dedotto che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d'appello, peraltro in contraddizione con se stessa, avendo egli contestato specificamente la serieta' dell'intenzione dei locatori di adibire l'immobile a propria abitazione, sin dall'atto di costituzione in giudizio, e ancora successivamente con la memoria integrativa, offrendosi di fornire provai, contraria e riproponendo tale prova in grado di appello, i locatori avrebbero dovuto dimostrare tale serieta' e non limitarsi ad asserire di versare nella condizione di avere necessita' di riottenere la disponibilita' dell'immobile in quanto vivevano in abitazione condotta in locazione.

La censura e' inammissibile sia perche' manca della necessaria autosufficienza, non avendo il ricorrente riportato il contenuto degli atti su cui si fonda (comparsa di costituzione in giudizio, memoria integrativa e richiesta di prova, da cui si desumerebbe la specificita' della contestazione della serieta' dell'intento manifestato dai locatori), sia anche perche' il valutare che non si configuri in concreto un onere a carico del locatore di prova della effettivita' della condizione prospettata, nella ritenuta mancanza di una contestazione specifica da parte del conduttore, non solo non integra la contraddittorieta' dedotta, essendo l'una considerazione consequenziale all'altra, ma si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, insindacabile in sede di legittimita' in mancanza di specifiche doglianze di incongruita' e illogicita' della motivazione.

Il ricorso va dunque respinto, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione che liquida in euro 2600,00, di cui euro 2500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

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