L'inidoneità dell'immobile locato alla destinazione commerciale non comporta l'obbligo per il proprietario di apportare modifiche che non siano state espressamente poste a suo carico dal contratto.

Nel caso di immobile locato per una particolare destinazione commerciale, tale da richiedere che esso sia dotato di determinate caratteristiche e che vengano altresì rilasciate apposite autorizzazioni amministrative, non basta la sola specificazione in contratto di tale particolare destinazione dell'immobile locato a far nascere l'obbligo del locatore di eseguire le adeguate modificazioni o trasformazioni, ma occorre invece che le stesse siano state poste espressamente a suo carico dal contratto di locazione.(Corte di Cassazione Sezione 3 Civile
Sentenza del 26 marzo 2009, n. 7347)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo - Presidente

Dott. FEDERICO Giovanni - rel. Consigliere

Dott. FICO Nino - Consigliere

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 19573/2005 proposto da:

CE. IO. , elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 12, presso lo studio dell'avvocato AGOSTA GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GORI MASSIMO giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

VA. GI. , elettivamente domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avvocato BOCCACCINI STEFANIA con studio in 51100 - Pistoia, Via Carducci 3, giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1159/2004 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, seconda sezione civile, emessa il 18/02/2004, depositata il 16/08/2004, R.G. 1743/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/01/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso o la rimessione alle SS.UU..

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 4.7.97 Ce. Io. , premesso che Va. Gi. le aveva locato, con decorrenza dal 13.2.93, un immobile sito in (OMESSO), da adibire al commercio di generi alimentari e che il Comune di (OMESSO) aveva subordinato la concessione della licenza all'espletamento di opere di adeguamento senza le quali non poteva essere riconosciuta l'agibilita' commerciale (lavori che il locatore si era rifiutato di eseguire e che erano stati eseguiti dalla conduttrice con una spesa di lire 56.868.481, per cui l'immobile era stato pronto per l'uso pattuito solo nel (OMESSO), mentre il canone era stato corrisposto sin dal (OMESSO)), conveniva in giudizio il Va. dinanzi al Tribunale di Pistoia per sentirlo condannare al pagamento dei lavori di ristrutturazione che gli facevano carico, nonche' delle somme versate come canone di locazione per il periodo in cui l'immobile non era agibile.

Il convenuto si costituiva, contestando l'avversa domanda ed eccependo che i lavori in questione non erano mai stati autorizzati da esso locatore e che la domanda era comunque infondata, trattandosi di migliorie ed addizioni per le quali l'attrice avrebbe rinunciato al rimborso.

Con sentenza 6 - 14.11.02 il Tribunale adito condannava il Va. a pagare alla Ce. la somma di euro 24.493,63 a titolo di rimborso delle spese di ristrutturazione, nonche' quella di euro 4.131,66 a titolo di restituzione di canoni locatizi indebitamente percepiti, oltre interessi legali dalla domanda al 9.7.97.

Avverso tale sentenza proponeva appello il Va. , mentre la Ce. , costituitasi in giudizio, contestava il gravame.

Con sentenza pubblicata il 16.8.04 la Corte d'appello di Firenze, accogliendo il gravame, rigettava la domanda della Ce. .

Avverso detta sentenza ha, quindi, proposto ricorso per cassazione la Ce. , affidandosi a tre motivi, mentre il Va. ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha depositato in atti anche una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta il vizio di omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, avendo la Corte di merito tralasciato di esaminare un documento attestante l'inadempimento del locatore all'obbligo di consegnare alla conduttrice la cosa locata in buono stato di manutenzione.

Con il secondo motivo deduce la violazione dell'articolo 1575 c.c., derivando l'inadempimento del locatore dall'inosservanza degli obblighi di cui ai nn. 2) e 3) della norma anzidetta, per non avere il medesimo consegnato l'immobile in stato da servire all'uso convenuto ne' garantito il suo pacifico godimento nel corso della locazione.

Con il terzo motivo denuncia infine la violazione dell'articolo 1577 c.c., avendo la Corte di merito completamente omesso l'esame della doglianza riguardante il fatto che, avendo la cosa locata bisogno di lavori urgenti senza i quali non sarebbe stato rilasciato il nulla osta necessario per la sua destinazione ad uso commerciale, fosse in facolta' della conduttrice eseguire direttamente tali lavori, salvo l'obbligo di avviso al locatore ed il rimborso a suo favore.

1. Il primo motivo e' infondato.

Esso risulta, infatti, privo del requisito dell'autosufficienza, in quanto "la parte che denunci con ricorso per cassazione la mancata o inadeguata valutazione, da parte del giudice di merito, di prove documentali ha l'onere di riprodurre nel ricorso il tenore esatto del documento il cui omesso o inadeguato esame e' censurato; cio' al fine di rendere possibile al giudice di legittimita' (al quale e' istituzionalmente vietato di ricercare direttamente le prove negli atti di causa o di compiere indagini integrative rispetto ai fatti prospettati dalla parte) di valutare, anzitutto, la pertinenza e la decisivita' dei fatti medesimi" (Cass. Civ., Sez. lav., 26.9.2002, n. 13953; v. anche Sez. 3, 10.8.2004, n. 15412).

2. Anche il secondo motivo non e' fondato.

La Corte di merito ha correttamente evidenziato come l'inidoneita' dell'immobile all'esercizio di una determinata attivita' commerciale o industriale per la quale e' stato locato (che puo' consistere anche nella mancanza dei requisiti all'uopo prescritti dalla pubblica autorita') non comporta per il locatore l'obbligo di operare modificazioni o trasformazioni che non siano state poste a suo carico dal contratto, poiche' al locatore incombe l'obbligo di conservare, non gia' di modificare, lo stato esistente al momento della stipula della locazione, che il conduttore ha riconosciuto idoneo all'uso pattuito (Cass. civ., sez. 3, 7.3.2001, n. 3341), ed ha, quindi, riaffermato giustamente il principio che dalla sola specificazione dell'uso della cosa, contenuta nel contratto di locazione, non puo' ricavarsi l'obbligo del locatore di operare le adeguate modificazioni o trasformazioni, occorrendo che quest'ultime siano state espressamente poste a suo carico dal contratto stesso.

La sentenza impugnata ha pure rilevato che nel caso di specie non solo il contratto non accolla al locatore l'onere di tali modificazioni o trasformazioni, anzi contiene una clausola, quella n. (OMESSO), nella quale viene precisato che la conduttrice accetta l'immobile locato nello stato di fatto in cui viene consegnato, trovandolo di suo gradimento, ed ha, pertanto, concluso correttamente nel senso che la conduttrice ha in sostanza accettato, dopo aver preso visione dello stato dei locali, il rischio economico connesso alla possibile loro inidoneita' all'uso pattuito.

Assolutamente corretta risulta, pertanto, la conclusione dei giudici d'appello secondo cui non era addebitabile al locatore alcun inadempimento ex articolo 1575 c.c..

Tale conclusione va condivisa non solo in relazione all'ipotesi di cui all'articolo 1575 c.c., n. 1), ma anche in relazione a quelle di cui ai successivi nn. 2) e 3) della stessa norma, non essendo configurabile nel caso di specie la violazione, da parte del locatore, degli obblighi di cui ai suddetti nn. 2) e 3).

Si imputa alla Corte di merito, con la censura in questione, l'aver omesso di verificare se l'immobile locato fosse idoneo all'uso convenuto e se potesse essere goduto.

Ma tali asserite violazioni non sono in realta' ravvisabili nel caso in esame.

Ed invero, l'astratta idoneita' del bene locato all'uso pattuito non puo' essere ricondotta alla fattispecie di cui all'articolo 1575 c.c., n. 2), che ha per oggetto l'obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione, in modo da mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso pattuito, e correttamente, quindi, essa e' stata esaminata dalla Corte territoriale, come e' stato in precedenza rilevato, in relazione alla fattispecie di cui all'articolo 1575 c.c., n. 1).

Cosi' come l'obbligo del locatore di garantire il pacifico godimento della cosa locata durante la locazione, ove venga inteso nel senso di estendersi anche alla sua destinazione particolare (tale da richiedere che l'immobile stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative), non puo' essere ricondotto puramente e semplicemente all'ipotesi di cui all'articolo 1575 c.c., n. 3), non potendosi prescindere dall'esigenza che in tanto tale destinazione puo' diventare rilevante quale contenuto di quell'obbligo solo in quanto, come ha correttamente ritenuto la sentenza gravata, abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione nel contratto che la locazione sia stipulata per un certo uso e l'attestazione del riconoscimento dell'idoneita' dell'immobile da parte del conduttore (v. Cass. civ., sez. 3, 11.4.2000, n. 4598).

3. Anche il terzo motivo e' infondato.

Il richiamo alla normativa di cui all'articolo 1577 c.c., e', infatti, del tutto fuori luogo nel caso di specie, in quanto tale norma fa espresso riferimento al caso in cui la cosa locata ha bisogno di riparazioni che non siano a carico del conduttore e viene cosi' ad integrare le precedenti disposizioni di cui all'articolo 1575 c.c., n. 2), e articolo 1576 c.c., le quali sanciscono l'obbligo per il locatore di mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto e di eseguire conseguentemente le riparazioni che si rendessero a tal fine necessarie.

Del tutto diverso e', invece, il caso che qui ci occupa e che concerne un immobile locato per una particolare destinazione commerciale, tale da richiedere che esso sia dotato di determinate caratteristiche e che vengano altresi' rilasciate apposite autorizzazioni amministrative.

In questo caso, come e' stato gia' chiarito al punto 2, non basta la sola specificazione in contratto di tale particolare destinazione dell'immobile locato a far nascere l'obbligo del locatore di eseguire le adeguate modificazioni o trasformazioni, ma occorre invece che le stesse siano state poste espressamente a suo carico dal contratto di locazione.

Cio' che, come ha correttamente sottolineato la sentenza gravata, e' stato decisamente escluso nella specie, non risultando dal contratto alcuna clausola che ponga a carico del locatore l'onere di siffatte modificazioni o trasformazioni ed anzi rinvenendosi in esso una clausola, nella quale si da atto che la conduttrice ha trovato di suo pieno gradimento l'immobile locato, accettando cosi' il rischio economico della sua possibile inidoneita' all'uso pattuito.

4. Il ricorso va, quindi, rigettato, con la conseguente condanna della Ce. alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore del Va. delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 1.600,00, di cui euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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