La convivenza col conduttore-defunto che fa scattare il subentro deve essere pregressa, stabile e abituale

La convivenza col conduttore-defunto che fa scattare il subentro deve essere pregressa, stabile e abituale: si esclude il diritto per il figlio che si è trasferito nell'abitazione condotta in locazione dalla madre, poi deceduta, solo per assisterla. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 27 gennaio 2009, n. 1951)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio - Presidente

Dott. TALEVI Alberto - rel. Consigliere

Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12542/2007 proposto da:

BE. GI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 59, presso lo studio dell'avvocato STEFANO Giorgio, che lo rappresenta e difende giusta mandato in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

ENASARCO - ENTE NAZIONALE ASSISTENZA AGENTI E RAPPRESENTANTI DI COMMERCIO, in persona del commissario straordinario Dr. Po. Gi. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. BAIAMONTI 4, presso lo studio dell'avvocato CLAUDIO COLOMBO, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso:

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 5439/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, Sezione Terza Civile, emessa il 6/12/2006, depositata il 30/01/2007, R.G. 5113/05;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 22/10/2008 dal Consigliere Dott. ALBERTO TALEVI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell'impugnata decisione lo svolgimento del processo e' esposto come segue.

"Con ricorso depositato il 16 ottobre 2002, l'ENASARCO - Ente Nazionale Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio - premesso che aveva concesso in locazione a Ci. Re. l'appartamento sito in (OMESSO); che, deceduta la conduttrice, l'immobile era stato occupato da Be. Gi. ; che quest'ultimo non aveva titolo per succedere nel contratto di locazione, ai sensi della Legge n. 392 del 1978, articolo 6; ricorreva al Tribunale di Roma perche' tosse fissata l'udienza di discussione della controversia e, quindi accertata l'illegittima occupazione del Be. , con la conseguente condanna del resistente al rilascio dell'immobile e al pagamento dell'indennita' di occupazione.

Convocate le parti, il Be. , costituitosi, contestava la domanda attrice, invocando la propria successione nel contratto di locazione, a seguito della morte dell'originario conduttore.

Nel corso dell'istruttoria si procedeva all'espletamento della prova testimoniale e all'udienza del 17 marzo 2005 la causa era decisa, dando lettura del seguente dispositivo: "1) condanna il resistente all'immediato rilascio, in favore del ricorrente, dell'immobile sito in (OMESSO); 2) condanna, il resistente al pagamento di euro 2.498,49 per il periodo 1/1/96-30/6/99, della somma mensile di euro 217,23 a decorrere dal 1/7/99 e della somma mensile di euro 302,15 a decorrere dal 17/1/04; 3) condanna il resistente al pagamento in favore dell'Enasarco, sino al rilascio, della somma mensile di euro 302,15 con rivalutazione annua come da parte motiva; 4) condanna il resistente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di lite che liquida in euro 1200,00 per onorari, euro 720,00 per competenze ed euro 70,00 per esborsi, oltre IVA e CPA come per legge".

Avverso tale pronuncia proponeva appello il Be. , con ricorso depositato il 5 luglio 2005, chiedendo, in riforma dell'impugnata sentenza (n. 8655 del 2005), il rigetto della domanda di rilascio. A sostegno della richiesta lamentava l'erronea valutazione, da parte del primo giudice, delle risultanze istruttorie, e la mancata ammissione della propria prova per testi.

La parte appellata si costituiva ed instava per il rigetto del gravame, in quanto infondato. All'udienza del 6 dicembre 2006 la causa era decisa, dando lettura del dispositivo".

Con sentenza 6.12 - 30.1.2007 la Corte d'Appello di Roma, definitivamente pronunciando, cosi' provvedeva: "...1) rigetta l'appello; 2) condanna l'appellante al pagamento delle spese processuali, che liquida complessivamente in euro 2.200,00 di cui euro 800,00 per competenze ed euro 1.200,00 per onorari, oltre IVA e CPA, come per legge".

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione Be. Gi. .

L'Ente Nazionale Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio ENASARCO ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la parte ricorrente denuncia "Violazione ed erronea interpretazione dei principi disciplinanti le prove (articoli 115 e 184 c.p.c.) nonche' illogicita' e contraddittorieta' intima della motivazione interpretativa della prova testimoniale assunta; omessa valutazione a tal fine delle prove documentali agli atti. Il tutto in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5" esponendo doglianze che vanno riassunte come segue. L'Enasarco nel ricorso introduttivo chiedeva ammettersi prova per testi sulle seguenti circostante: 1. "Vero che in data antecedente il decesso della conduttrice il sig. Be. non risultava vivere stabilmente nell'appartamento di (OMESSO)". Il convenuto nella comparsa di costituzione e risposta chiedeva "in via istruttoria A) la citazione di Vi.Al. e Pa.Lu. sulle circostanze contenUte nei rispettivi atti notori (all. 2 e 3) assolutamente antitetiche rispetto all'ambigua prospettazione devoluta al portiere Pa.An. "non risultava vivere stabilmente nell'appartamento de quo" ne depositava i due atti notori nei quali uniformemente i due indicati testi avevano attestato anni prima dell'inizio di questa causa (e cioe' nel 1996) "che il sig. Be. G. e' tornato al suo vecchio domicilio di (OMESSO) gia' dall'(OMESSO) per assistere la madre (non perfettamente autosufficiente) Ci.Re. vedova Be. deceduta in data (OMESSO)". Dopo l'escussione del teste di controparte il Giudice non ha ammesso i testi di parte convenuta. I Giudici di merito hanno omesso di qualificare e correttamente inquadrare la richiesta del Be. . Si trattava all'evidenza di testi a controprova su di una prova che controparte si era accollata: quella di dimostrare la inesistenza di un rapporto abitativo anteriore al decesso della conduttrice. L'oggetto della prova era quello di dimostrare se il BE. era tornato o meno a convivere con la madre prima del suo decesso. L'identita' dell'oggetto probatorio non consente quindi dubbi sulla qualificazione di controprova da darsi alla deposizione dei testi invocati dal convenuto. Gia' nell'originaria laconica affermazione del Giudice "ammette la prova dell'Enasarco" e' implicita l'ammissione anche dei testi a controprova in quanto la "prova" rimane la stessa e pertanto su quella dovevano e debbono essere sentiti anche i testi di parte convenuta.

"QUESITO DI DIRITTO.

Se una volta disposta la prova dal Giudice questi possa non ammettere i testi a controprova ritualmente e tempestivamente indicati da una parte. Se si', a quali condizioni".

Il motivo e' privo di pregio in quanto la motivazione esposta nell'impugnata decisione e' immune dai vizi denunciati.

In particolare va precisato che con riferimento a detto provvedimento di non ammissione (palesemente priva di base e quindi di pregio e' la tesi secondo la quale si sarebbe avuta una implicita ammissione dei "testi a controprova") si e' di fronte ad una interpretazione del Giudice di merito (in ordine all'oggetto ed al contenuto della prova dedotta dal Be. ) che si sottrae al sindacato di legittimita' in quanto del tutto immune dai vizi denunciati. Parimenti ineccepibile (dal punto di vista logico e giuridico) e' "...il giudizio di irrilevanza...." delle prove in questione ribadito dal Giudice di secondo grado.

Con il secondo motivo la parte ricorrente denuncia "erronea interpretazione ed applicazione della Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 6 - illogicita' e contraddittorieta' della motivazione sul punto, il tutto in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5" esponendo doglianze che vanno riassunte nel modo seguente. Il Be. ha vissuto nell'appartamento de quo con i genitori, titolari del contratto di locazione. Raggiunta una certa eta' nel (OMESSO) e' andato a vivere per conto proprio. Successivamente la mamma si e' ammalata in maniera grave e veniva ovviamente accudita dal padre. Senonche' questi decedeva improvvisamente il (OMESSO). Al figlio non rimase che trasferirsi nella casa della madre per assisterla. La Corte assume che il Be. quando si trasferi' alla morte del padre nell'abitazione della madre non era "accompagnato dalla seria intenzione di abitarvi permanentemente".

Una sorta di dolo specifico di continuazione nella locazione. Queste affermazioni incorrono in due ordini di errori giuridici e logici. A) Il primo e' quello di attribuire una qualsivoglia rilevanza a questo specifico "intendimento". Gli intendimenti originari del Be. sulla durata della occupazione sono assolutamente irrilevanti. B) comunque e' contraddittoria, illogica, omissiva la motivazione attraverso la quale si esclude l'intendimento di rendere abituale e definitivo il trasferimento de quo. Il fatto di essere rimasto nella casa materna e' per forza espressione di un atto volitivo, quindi razionale. Ergo di un "intendimento". Cio' e' suffragato anche dal puntuale pagamento dei canoni mensili e dalla richiesta di effettuare lavori di miglioria di ingente spesa a fondo perduto alla fine del (OMESSO).

QUESITO DI DIRITTO.

"1. NEL CASO di un figlio uscito dalla casa dei genitori che anni dopo per accudire la madre malata ed inferma vi rientri appena deceduto il padre che quella assistenza le forniva e alla morte della madre avvenuta un anno e quattro mesi dopo permanga nell'abitazione ricorrono o meno tutti i presupposti per l'applicabilita' della Legge n. 392 del 1978, articolo 6.

2. NEL CASO di risposta negativa ritenendosi in aggiunta necessaria la prova che l'intenzione di succedere nella locazione sussista al momento del rientro nell'appartamento sono o no elementi di fatto oggetto di valutazione per stabilire quella sussistenza o meno la ininterrotta continuita' dell'occupazione per oltre cinque anni, la comunicazione immediata alla locatrice del proprio subingresso mediante costante e puntuale invio dei canoni e richiesta di consenso all'esecuzione di importanti opere di miglioria a fondo perduto sull'immobile locato?

In caso affermativo la omissione valutativa di tali elementi inficia il convincimento espresso sulla sola base del solo fatto che l'annotazione anagrafica del trasferimento dell'abitazione e' stata richiesta sei mesi dopo la morte della madre.

3. E' logico o illogico desumere dal fatto che il figlio e' stato visto entrare ed uscire dall'appartamento con frequenza maggiore dopo la morte della madre rispetto all'anno e quattro mesi antecedenti che l'occupazione avvenuta in quest'ultimo periodo era "soltanto in via transitoria per assistere la madre?".

Il motivo e' privo di pregio. Occorre anzitutto precisare che la Corte di merito non ha affatto limitato la sua motivazione al sopra citato "intendimento", detto Giudice ha invece esposto una motivazione su tutti i punti rilevanti che e' non solo esauriente in fatto, ma pure giuridicamente corretta in diritto in quanto del tutto aderente ai principi esposti in materia da questa Corte Suprema (v. le sentenze Cass. 8652/86 e 11328/90 citate nella sentenza e v. anche la piu' recente Cass. Sentenza n. 3251 del 11/02/2008: "La convivenza con il conduttore defunto, cui, ai sensi della Legge n. 392 del 1978, articolo 6, e' subordinata la successione nel contratto di locazione di immobile adibito od uso di abitazione, costituisce una situazione complessa caratterizzata da una convivenza "stabile ed abituale", da una "comunanza di vita" preesistente al decesso non riscontrabile qualora il pretendente successore si sia trasferito nell'abitazione locata soltanto per ragioni transitorie (Nella specie, in applicazione di tale principio. la S.C. ha escluso che potesse riscontrarsi una pregressa abituale convivenza tra l'anziana nonna e il nipote trasferitosi nell'abitazione da questa condotta in locazione per assisterla)"). E' evidente (anche se emerge in modo essenzialmente implicito) che il sopra citato "intendimento" e' citato in sentenza solo come uno degli elementi da cui desumere la sussistenza o meno di detta abituale convivenza; si e' dunque di fronte ad una tesi del tutto immune dai vizi (logici e giuridici) denunciati.

Sono invece le tesi della parte ricorrente ad essere prive di pregio (tra l'altro anche nella parte in cui danno rilevanza alla situazione successiva alla morte della conduttrice; cfr. Cass. sentenza n. 10034 del 01/08/2000: "A norma della Legge n. 392 del 1978, articolo 6, in caso di morte del conduttore succedono nel contratto di locazione il coniuge, gli eredi i parenti ed affini con lui abitualmente conviventi, nonche', dopo la sentenza costituzionale n. 404 del 1988, il convivente "more uxorio"; ai fini della disciplina soprarichiamata l'abituale convivenza con il conduttore definito va accertata alla data del decesso di costui, a nulla rilevando che gli aventi diritto alla successione nel contratto siano o meno rimasti nell'alloggio locato dopo la morte del dante causa, giacche' la successione "mortis causa" nel contratto di locazione e' fatto giuridico istantaneo che si realizza (o non si realizza) all'atto stesso della morte del conduttore, restando insensibile agli accadimenti successivi").

Non rimane dunque che respingere pure il secondo motivo.

Con il terzo motivo la parte ricorrente denuncia "Violazione dell'articolo 112 c.p.c., per pronuncia ultra petitum articolo 360 c.p.c., n. 3" esponendo doglianze che vanno riassunte nel modo seguente la domanda svolta dall'Enasarco e' stata: "Voglia dichiarare l'illegittima occupazione dell'immobile.... Da parte del sig. Be.Gi. e... condannare lo stesso a liberare e a consegnare alla Fondazione Enasarco l'appartamento libero da persone e cose... e al pagamento dell'indennita' di occupazione pari al canone mensile versato fino ad oggi e agli oneri ed accessori oltre agli interessi e alla svalutazione e al risarcimento del maggior danno per la mancata restituzione dell'immobile da valutarsi in corso di causa". La sentenza, invece,... "condanna il resistente al pagamento della somma di euro 2.498,49 per il periodo 1/1/96 - 30/6/99, della somma mensile di euro 217,23 a decorrere dall'1/7/99 e della somma mensile di euro 302,15 a decorrere dall'1/1/04 e condanna il resistente al pagamento in favore dell'Enasarco al rilascio della somma mensile di euro 302,15 con rivalutazione annua come da parte motiva". Fra il richiesto e il deciso vi e' stata un'inspiegabile eccedenza da parte del Giudice in quanto la domanda era limitata alla richiesta di condanna di una somma per il periodo intercorrente fra l'azione ed il rilascio pari al "canone mensile versato fino od oggi" (inoltre il Be. aveva sempre puntualmente corrisposto il canone di affitto).

QUESITO DI DIRITTO: "Se il pronunciare una condanna per titolo e quantita' superiore al domandato dalla parte integri o no la violazione dell'articolo 112 c.p.c.".

Anche il terzo motivo non puo' essere accolto; esso e' infatti inammissibile per due ragioni, ciascuna delle quali decisiva anche da sola: - A) anzitutto va rilevato che il brano di dispositivo sopra citato non fa parte della sentenza di secondo grado ma (palesemente) di quella di primo grado; dato che il Giudice di secondo grado si e' limitato a rigettare l'appello e quindi a confermare la decisione di merito di primo grado senza affrontare il punto de quo, la parte ricorrente avrebbe dovuto precisare se ed in quale atto le problematiche in questione erano era state ritualmente prospettate in sede di appello ("I motivi del ricorso per Cassazione devono investire, a pena d'inammissibilita', questioni che siano gia' comprese nel tema del decidere del giudizio d'appello, non essendo prospettabili per lo prima volta in sede di legittimita' questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio. Pertanto, ove il ricorrente proponga detta questione in sede di legittimita', al fine di evitare una statuizione di inammissibilita' per novita' della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare "ex actis" la veridicita' di tale asserzione, prima di esaminarne il merito"; Cass. n. 05150 del 03/04/2003; v. tra le successive conformi: Cass. Sentenza n. 13958 del 14/06/2007; Cass. Sentenza a 5836 del 13/03/2007, Cass. Sentenza n. 18499 del 25/08/2006; Cass. 1101 del 20/01/2006; e Cass. n. 21497 del 07/11/2005); - B) anche a prescindere da quanto ora esposto, la parte ricorrente espone una tesi interpretativa (essenzialmente in fatto) concernente la domanda svolta dall'Enasarco, consistente in affermazioni sostanzialmente apodittiche.

Con il quarto motivo la parte ricorrente denuncia "violazione per omessa applicazione della Legge 24 dicembre 1993, n. 537, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, esponendo doglianze che vanno riassunte nel modo seguente. L'abile difesa della parte, attrice ha oscillato nell'uso promiscuo della dizione Enasarco da una parte e Fondazione Enasarco dall'altra. Nella prima pagina del ricorso introduttivo nella premessa si legge: "La fondazione Enasarco e' proprietaria di un appartamento... ecc..". Nell'intestazione del soggetto agente e' invece Ente Nazionale Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio - ENASARCO.. La Legge n. 537 del 1993, volendo far cessare l'unico ente previdenziale non pubblico determino' la trasformazione dell'Enasarco in Associazione di diritto privato e in Fondazione. Da quel momento pertanto si verifico' la strana figura della incorporazione dell'Ente Enasarco nella Fondazione Enasarco confondendosi e divenendo unici i due soggetti fino a quel momento esistenti. Nella presente controversia non vi e' dubbio che il soggetto di riferimento e' costituito dalla Fondazione e quindi ad essa non sono applicabili i principi di impossibilita' di stipula di un contratto per manifestazione tacita di volonta' nel regolamento dei rapporti fra le parti intervenuto dal (OMESSO) in poi. Pertanto non poteva essere accolta neppure la domanda di merito riguardante, l'ordine di rilascio dell'immobile per illegittimita' dell'occupazione quando questa derivava da un rapporto consensuale regolarmente formatosi con fatti concludenti quali il pagamento dei canoni di affitto e le autorizzazioni all'esecuzione dei lavori.

QUESITO DI DIRITTO: "Quelle norme impeditive agli Enti Pubblici di stipulare contratti locativi con il procedimento previsto per tali Enti sia o no applicabile a una Fondazione avente natura privata e alla stessa Enasarco dopo la sua trasformazione in applicazione della Legge n. 537 del 1993".

Il motivo e' inammissibile per le seguenti ragioni (ciascuna delle quali decisiva anche da sola): - 1) la parte controricorrente osserva che la propria denominazione e' "Ente nazionale Assistenza Agenti e Rappresentanti di Commercio ENASARCO" mentre "...quella di fondazione ne e' semplicemente la natura giuridica..."; su cio' (e cioe' sul fatto che la natura giuridica dell'attuale controricorrente e' quella di fondazione) sembra concordare anche la parte ricorrente, proprio sulla base di quanto affermato circa la suddetta legge ("...La Legge n. 537 del 1993, volendo far cessare l'unico ente previdenziale non pubblico determino' la trasformazione dell'Enasarco in Associazione di diritto privato e in Fondazione...); ma a questo punto non si capisce in che consista (in concreto) la censura dato che sia la predetta denominazione sia la predetta natura non sembrano esser mai state oggetto di effettive, concrete e rituali contestazioni; ne' tanto meno si afferma (ritualmente) che vi sia stata una qualche lesione di diritti processuali della parte ricorrente; - 2) comunque il punto non e' stato oggetto dell'impugnala sentenza e la parte ricorrente non precisa se cd in quale atto sarebbe stato prospettato al Giudice di secondo grado (v. la sopra citata giurisprudenza: Cass. N. 05150 del 03/04/2003; Cass. Sentenza n. 13958 del 14/06/2007; Cass. Sentenza n. 5836 del 13/03/2007, Cass. Sentenza n. 18499 del 25/08/2006; Cass. n. 1101 del 20/01/2006; e Cass. n. 21497 del 07/11/2005); - 3) incomprensibile (proprio in base al contestuale contenuto del motivo) e' (tra l'altro) l'affermazione: .....legale non essendo dopo il 1993 la Fondazione Enasarco... "(v. alla riga 17 di pag. 16 del ricorso); - 4) in ogni caso, con riferimento all'ipotesi che (secondo la tesi in esame) la predetta asserita illegalita' sia destinata a suffragare l'asserita impossibilita' di "...invocare ed applicare i principi che assistono i soggetti "Enti Pubblici"..." (e tale mancanza di chiarezza e' gia' sufficiente causa di inammissibilita' della censura); e con riferimento a qualsivoglia altra esplicita od implicita tesi esposta dal ricorrente relativamente a tale punto, e' facile rilevare che comunque tali (vagamente indicati) principi certamente non sono stati invocati nell'impugnata sentenza; si e' quindi di fronte (comunque si voglia interpretare la censura) ad una argomentazione del tutto priva di rilevanza (e dunque inammissibile pure per tale ragione).

Sulla base di quanto sopra esposto il ricorso va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del giudizio di cassazione liquidate in euro 1.500,00 (millecinquecento euro) per onorario, oltre euro 100,00 (cento euro) per spese vive ed oltre spese generali ed accessori come per legge.

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