La disdetta della locazione (come anche dell'affitto di fondo rustico), comunicata a fini di diniego della rinnovazione tacita alla scadenza del rapporto stesso deve necessariamente pervenire al conduttore nella forma della lettera raccomandata

La disdetta della locazione (come anche dell'affitto di fondo rustico), comunicata a fini di diniego della rinnovazione tacita alla scadenza del rapporto stesso deve necessariamente pervenire al conduttore nella forma della lettera raccomandata, ma non anche obbligatoriamente provenire dal locatore, che puo' legittimamente incaricare, all'uopo, un diverso soggetto (in qualita' di mandatario) in forma anche soltanto verbale, poiche' l'onere dell'avviso al conduttore per il tramite della raccomandata e' sancito (attesa la natura recettizia dell'atto) unicamente al fine di garantire a quest'ultimo una tempestiva conoscenza dell'intenzione della controparte. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 31 ottobre 2008, n. 26282)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto - Presidente

Dott. FINOCCHIARO Mario - rel. Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27898/2005 proposto da:

BA. BR. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAMPO DI MARZIO 69, presso lo studio dell'avvocato D'ALESSANDRO Vinicio, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BARTOLINI GIUSEPPE, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

BA. GU. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINEROLO 22, presso lo studio dell'avvocato PALATTA ERNESTO, rappresentato e difeso dall'avvocato ANDREUCCI Giorgio (avviso postale C.so U. Comandini n. 80 C - 47023 Cesena - CF), giusta procura speciale a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 664/2005 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA del 9.6.05, depositata l'11/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/09/2008 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO FINOCCHIARO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonietta CARESTIA che ha concluso per il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso 5 settembre 2003 BA. Gu. ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Forli', sezione specializzata agraria, BA. Br. .

Premesso che il convenuto deteneva senza alcun titolo un fondo di sua proprieta' in (OMESSO), il BA. G. ha chiesto che il BA. B. fosse condannato all'immediato rilascio.

Ha esposto l'attore, da un lato, che gia' il 16 settembre 1998 il proprio dante causa aveva agito in tale senso poiche' il contratto inter partes sorto il 1 settembre 1975 era cessato alla fine della annata agraria 1997 e a seguito della morte dell'attore il processo si era estinto, dall'altro, che da anni il BA. B. era privo di capacita' lavorativa adeguate alla conduzione del fondo in questione.

Costituitosi in giudizio il BA. B. ha eccepito, in rito, la improponibilita' della domanda per la non corretta esecuzione del tentativo di conciliazione (atteso che non aveva ricevuto la preventiva raccomandata con l'intenzione del BA. G. di dare avvio alla vertenza), nel merito che non era stata inviata alcuna disdetta per la scadenza del 1997 e il contratto si era quindi rinnovata.

Poiche' nel corso del precedente giudizio era stata espletata consulenza tecnica che aveva accertato la e-secuzione, da parte sua di miglioramenti al fondo il convenuto ha chiesto - in via subordinata al rigetto della domanda attrice - l'indennizzo spettantegli ex lege per i miglioramenti apportati, pari euro 100 mila.

Svoltasi la istruttoria del caso l'adita sezione con sentenza 27 settembre 2004 ha accolto la domanda attrice di rilascio e dichiarato improponibile quella riconvenzionale.

Gravata tale pronunzia dal soccombente BA. B. , nel contraddittorio del BA. G. che, costituitosi in giudizio, ha chiesto il rigetto della avversa impugnazione, la Corte di appello di Bologna, sezione specializzata agraria, ha rigettato il gravame, con sentenza 6-11 ottobre 2005.

Per la cassazione di quest'ultima sentenza, non notificata, ha proposto ricorso, affidato a 2 motivi, BA. Br. .

Resiste, con controricorso, BA. Gu. .

Il P.G. ha chiesto la trattazione della causa in Camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia "violazione dell'articolo 345 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3", atteso che "illegittimamente il collegio di secondo grado ha concesso all'appellato di produrre la missiva che dovrebbe attestare la regolare convocazione del tentativo di conciliazione solo dopo che la causa era gia' stata trattenuta in decisione".

2. Il motivo - oltre che inammissibile, atteso che la deduzione doveva, se del caso, essere fatta valere, denunziando la violazione dell'articolo 360 c.p.c., n. 4, e non, certamente dell'articolo 360 c.p.c., n. 3) - e' manifestamente infondato.

Come assolutamente pacifico (cfr. sentenza di appello, p. 5) nella specie la "cartolina di ricevimento, riguardante la comunicazione di cui alla Legge n. 203 del 1982, articolo 46, comma 1" e' stata prodotta gia' in primo grado "all'udienza del 23 febbraio 2004".

E' palese, per l'effetto, che la stessa non e' stata prodotta, per la prima volta, in grado di appello, come del tutto apoditticamente si assume in ricorso.

Specie tenuto presente che la stessa sentenza impugnata ha dato atto, nella parte espositiva, di avere invitato come era sua facolta' il BA. G. a depositare i documenti gia' prodotti in primo grado e che lo stesso vi ha ottemperato.

Riferendosi l'articolo 345 c.p.c., peraltro non applicabile nella specie, atteso che la controversia e' stata trattata con il rito del lavoro di cui all'articolo 409 c.p.c. e segg., si' che, ha trovato applicazione l'articolo 437 c.p.c., ai nuovi documenti e non ai documenti gia' ritualmente prodotti in primo grado, e' palese la manifesta infondatezza della censura.

2. Avendo accertato i giudici del merito che sia la lettera del maggio 1989 sia quella del 19 ottobre 1991 contenevano una valida disdetta, alla prima scadenza, del contratto di affitto inter partes, con il secondo motivo il ricorrente censura nella parte de qua la sentenza gravata denunziando "violazione e falsa applicazione della Legge n. 203 del 1982, articoli 4 e 42, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3".

Si osserva, infatti:

- la raccomandata del 19 ottobre 1991 non e' mai pervenuta a esso BA. B. essendo sicuramente falsa la sottoscrizione che appare sull'avviso di ricevimento;

- la stessa non proviene dal concedente e, quindi, e' priva di effetti;

- il rilascio del fondo e' stato chiesto a norma della Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 42, e la raccomandata non integra, pertanto una valida disdetta.

3. Il motivo a manifestamente infondato, sotto tutti i profili in cui si articola.

Infatti:

- ancorche' gia' nel giudizio di merito l'odierno ricorrente abbia dedotto di avere presentato querela di falso, quanto alla firma che appare sull'avviso di ricevimento della raccomandata 19 ottobre 1991, la circostanza e' rimasta sfornita di qualsiasi riscontro probatorio (ancorche' siano previste, ex lege, forme puntuali per la proposizione di tale querela, in via principale o incidentale) e i giudici del merito hanno - comunque - accertato, altresi', che la firma appare vergata con caratteri grafici compatibili con altre sottoscrizioni senza ombra di dubbio provenienti dall'odierno ricorrente;

- contrariamente a quanto, ancora una volta del tutto apoditticamente assume parte ricorrente, per intimare la disdetta per conto del concedente a norma della Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 4, non e' in alcun modo necessaria una procura per atto scritto. Deve, infatti, ulteriormente, ribadirsi - in conformita' a quanto ripetutamente affermato da questa Corte regolatrice - che la disdetta della locazione (come anche dell'affitto di fondo rustico), comunicata a fini di diniego della rinnovazione tacita alla scadenza del rapporto stesso deve necessariamente pervenire al conduttore nella forma della lettera raccomandata, ma non anche obbligatoriamente provenire dal locatore, che puo' legittimamente incaricare, all'uopo, un diverso soggetto (in qualita' di mandatario) in forma anche soltanto verbale, poiche' l'onere dell'avviso al conduttore per il tramite della raccomandata e' sancito (attesa la natura recettizia dell'atto) unicamente al fine di garantire a quest'ultimo una tempestiva conoscenza dell'intenzione della controparte (in termini, ad esempio, Cass. 16 marzo 2005, n. 5695; Cass. 28 giugno 1997, n. 5802; Cass. 23 maggio 1997, n. 4605; Cass. 19 settembre 1995, n. 9890; Cass. 22 marzo 1995, n. 3265; Cass. 7 marzo 1992, n. 2763). Sempre al riguardo, non puo' tacersi, ancora, che la disdetta del contratto di locazione, o di affitto, proveniente dal falsus procurator del locatore puo' essere da quest'ultimo ratificata, ai sensi dell'articolo 1399 c.c., con effetto retroattivo nei confronti del conduttore, sicche', ai fini dell'operativita' della disdetta, nonche' ai fini della legittimazione processuale del falsus procurator, ove questi abbia altresi' promosso il procedimento di sfratto per finita locazione, non rileva che la ratifica sia intervenuta dopo la scadenza del termine utile per la comunicazione della disdetta e dopo l'inizio del giudizio di rilascio dell'immobile locato (in termini, ad esempio, Cass. 16 marzo 2005, n. 5695; Cass. 30 maggio 1995, n. 6075; Cass. 28 ottobre 1998 n. 10760);

- i giudici del merito hanno tenuto presente che la disdetta faceva riferimento alla Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 42: gli stessi, peraltro, hanno evidenziato come il richiamo alla detta norma (specie considerato che non erano contenuti altri riferimenti alle condizioni perche' possa trovare applicazione la riferita disposizione) fosse "non pertinente" e, quindi, privo di effetti, atteso che - comunque - la comunicazione in questione non puo' che "leggersi come invito rivolto all'affittuario a andarsene quanto prima, perche' perfettamente comprensivo della volonta' di non rinviare l'affitto alla scadenza di legge";

- certo quanto sopra e' palese la inammissibilita' della censura nella parte in cui (prospettando violazione della Legge 3 maggio 1982, n. 203, articoli 4 e 42, sotto il profilo di cui all'articolo 360, n. 3 c.p.c.) parte ricorrente sollecita una diversa lettura della ricordata raccomandata;

- deve ribadirsi, infatti, al riguardo, che in materia di interpretazione del contratto, come degli atti unilaterali, l'accertamento della volonta' degli stipulanti, in relazione al contenuto del negozio, si traduce in una indagine di fatto affidata in via esclusiva al giudice di merito, onde la possibilita' di censurare tale accertamento in sede di legittimita', a parte l'ipotesi in cui la motivazione sia cosi' inadeguata da non consentire la ricostruzione del percorso logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all'atto negoziale un determinato contenuto, e' limitata al caso di violazione delle norme ermeneutiche, violazione da dedursi, peraltro, con la specifica indicazione nel ricorso per Cassazione del modo in cui il ragionamento del giudice si sia da esse discostato, poiche', in caso contrario, la critica alla ricostruzione del contenuto della comune volonta' si sostanzia nella proposta di una interpretazione diversa (Cass. 23 agosto 2006, n. 18375).

4. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso deve rigettarsi, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimita' liquidate in euro 100,00 per spese, euro 2,500,00 per onorari, e oltre rimborso forfetario delle spese generali e accessori come per legge.

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