Le parti possono inserire all'interno del contratto di locazione una clausola risolutiva espressa

Le parti possono inserire all'interno del contratto di locazione una clausola risolutiva espressa, ovvero, un accordo da cui scaturisce la risoluzione del contratto al verificarsi di un certo evento. L'operatività della clausola può discendere da espressa iniziativa della parte che rileva l'inadempimento, oppure, può essere automatica, ovvero scaturire direttamente da un evento (mancato pagamento del canone). Nella seconda ipotesi, l'effetto risolutivo si produce anche se la parte che vuole beneficiare della risoluzione non ha effettuato alcuna comunicazione. (Fonte: Diritto e Giustizia.it, Giuffrè Editore)

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 29 settembre 2015, n. 19230



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RUSSO Libertino Alberto - Presidente

Dott. FRASCA Raffaele - rel. Consigliere

Dott. SESTINI Danilo - Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso 11753/2012 proposto da:

(OMISSIS) SRL UNIPERSONALE, in persona del suo amministratore unico Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) SRL in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, Sig.ra (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore pro tempore, Sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale dell'Ambasciata d'Italia in Beirut del 14/05/2010 rep. n. 31/2010 in calce al controricorso;

- controricorrente -

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS) SRL;

- intimate -

avverso la sentenza n. 4540/2012 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 22/03/2012 R.G.N. 9498/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/06/2015 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p.1. La (OMISSIS) s.r.l. unipersonale ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell'articolo 391 bis c.p.c., contro lasentenza della Corte di cassazione n. 4540 del 22 marzo 2012, con la quale e' stato deciso il ricorso, iscritto al n. r.g. 9498 del 2010, da essa proposto avverso la sentenza resa in grado di appello dalla Corte di Appello Firenze il 7 ottobre 2009 in una controversia locativa.

Con la sentenza di legittimita' qui impugnata per revocazione il suddetto ricorso e' stato dichiarato inammissibile nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., della (OMISSIS) s.r.l. e di (OMISSIS), mentre e' stato rigettato nei confronti della s.r.l. (OMISSIS).

p.2. Il ricorso per revocazione e' stato proposto nei confronti di tutti i soggetti contro i quali era stato proposto il ricorso ordinario, ma con l'unico motivo con il quale deduce un preteso errore di fatto in cui la Corte di cassazione sarebbe incorsa, esso impugna soltanto la statuizione di rigetto del ricorso nei confronti della s.r.l. (OMISSIS).

p.3. Quest'ultima ha resistito con controricorso.

p.4. La ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

p.1. Con l'unico motivo di ricorso per revocazione si denuncia "errore risultante dagli atti e documenti di causa sul ritenere inesistente un fatto la cui esistenza era positivamente stabilita e non costituente un punto controverso, vale a dire il fatto che (OMISSIS) aveva manifestato alla controparte la volonta' di avvalersi della clausola risolutiva espressa in riferimento all'articoli 391 bis c.p.c., e articolo 395 c.p.c., n. 4".

Il motivo di revocazione si duole che la sentenza impugnata, dopo avere ritenuto erronea la sentenza della Corte d'Appello di Firenze, la' dove essa aveva considerato priva di effetti in quanto di mero stile la clausola risolutiva espressa sulla base della cui invocazione era stata proposta dalla qui ricorrente l'azione di risoluzione per inadempimento del contatto locativo corrente fra le parti, conseguentemente riformando la pronuncia del Tribunale di Firenze con cui detta domanda era stata accolta, avrebbe, tuttavia, reputato che il dispositivo della sentenza della Corte fiorentina fosse giuridicamente corretto e che dunque la sentenza de qua non dovesse essere cassata e se ne dovesse soltanto correggere la motivazione, in quanto il detto dispositivo, siccome determinate il rigetto della domanda di risoluzione, risultava giustificato dalla circostanza che la (OMISSIS) non avesse mai dedotto e provato di aver assolto l'onere di comunicare alla conduttrice la dichiarazione, ai sensi dell'articolo 1456 c.c., comma 2, di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa. Si sostiene, quindi:

a) che "il fatto storico che la (OMISSIS) avesse fatto tale dichiarazione era, oltre che allegato e provato, del tutto pacifico tra le parti e no era neanche un fatto controverso", giacche' la relativa dichiarazione di volersi avvalere della clausola era contenuta nella citazione per convalida di sfratto per morosita' con cui in primo grado era stata introdotta la controversia: detta citazione era contenuta nel fascicolo di primo grado, che era stato oggetto di indicazione ai sensi dell'articolo 366 c.p.c., n. 6, ed alla pagina 3 di essa si leggeva la deduzione "che il contratto si e' dunque risolto per morosita', anche in virtu' della clausola risolutiva espressa (articolo 7 contratto), di cui il locatore manifesta la volonta' di avvalersi con la notifica del presente atto";

b) che il fatto della dichiarazione di avvalimento della clausola non era stato contestato dalla controparte, come emergeva dalla comparsa di risposta della medesima in primo grado, dove si dava atto che "la ricorrente ha manifestato la volonta' di avvalersi della clausola risolutiva espressa proprio con l'atto introduttivo del presente giudizio";

c) che la sentenza i primo grado, del resto, pur non essendovi controversia sul punto, aveva dato atto "che la domanda proposta da parte attrice in linea di tesi ha ad oggetto la declaratoria dei risoluzione del contratto inter partes e si fonda su una clausola risolutiva espressa di cui parte intimante ha dichiarato in citazione di volersi avvalere (dichiarazione certamente efficace, avendo il legale rappresentante della societa' attrice sottoscritto la procura ad litem posta a margine della citazione...";

d) che nel suo atto di appello la controparte aveva dato per pacifico l'essere stata dichiarata la volonta' di avvalersi della clausola risolutiva, come emergeva dalle pagine 2 e 24 del medesimo e non aveva svolto alcun motivo di impugnazione sul punto, che era pacifico fra le parti.

e) che parimenti la circostanza che nell'atto di citazione per convalida di sfratto vi fosse stata la dichiarazione di volersi avvalere ella clausola risolutiva espressa risultava dedotta sia nel ricorso per cassazione della (OMISSIS) sia nel controricorso della (OMISSIS).

Sulla base del rilievo di tali emergenze dell'iter processuale antecedente alla decisione impugnata per revocazione, si assume che "quindi e' indubbio che nella specie il fatto storico della dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa c'e' stato, risultava dagli atti e documenti di causa e che tale fatto e' incontroverso" onde detta decisione andrebbe revocata perche' "ha invece ritenuto, errando e senza alcun riferimento agli atti di causa, che non fosse mai stato dedotto e provato il fatto che ci fosse stata una siffatta dichiarazione". Tanto sarebbe "sufficiente per addivenire alla revocazione e quindi per un nuovo esame del ricorso, ingiustificatamente rigettato solo per tale erronea percezione materiale di un fatto risultante diversamente dagli atti di causa, con su accoglimento, del che si fa istanza".

Si svolgono, quindi, considerazioni che sarebbero idonee, una volta accolto il ricorso per revocazione, a giustificare la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di Firenze con rinvio perche' si esamini la sussistenza di un inadempimento giustificativo della risoluzione sulla base della clausola risolutiva espressa.

p.3. Il motivo di ricorso per revocazione non e' fondato.

Esso si basa sulla supposizione che la sentenza n. 4540 del 2012 di questa Corte sia pervenuta alla correzione della motivazione della sentenza d'appello su cui rese la sua decisione assumendo come fatto storico rilevante e decisivo che non vi fosse stata la dichiarazione della societa' locatrice qui ricorrente di volersi avvalere della clausola risolutiva espressa, mentre essa vi era stata nella citazione introduttiva della convalida di sfratto per morosita'.

Secondo la ricorrente la sentenza impugnata avrebbe, cioe', supposto erroneamente l'inesistenza di un fatto storico, l'essere intervenuta detta dichiarazione, che, invece, era non solo esistente come accadimento della vita, ma che era anche esistente come fatto introdotto nel processo.

Se tale prospettazione trovasse riscontro nel tenore della sentenza il motivo di revocazione sarebbe fondato.

Senonche' essa non trova questo riscontro nella sentenza impugnata.

p.3.1. Queste le ragioni, che suppongono preliminarmente la considerazione del tenore della sua motivazione, che, dunque, conviene qui riportare per la parte che interessa:

"Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1364, 1366, 1367, 1325, 1372, 1456 e 1587, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto la clausola risolutiva espressa contemplata nel contratto di locazione in argomento come meramente di stile, laddove ad essa non puo' non riconoscersi natura precettiva tra le parti, in base sia al tenore testuale che all'interpretazione secondo buona fede e funzionale del contratto, avuto riguardo alla forza di legge che esso ha tra le parti e all'obbligo normativo per il conduttore di corrispondere il canone nei termini convenuti. Con il 2 motivo denunzia insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ravvisato trattarsi di clausola di stile argomentando dall'essere le parti contrattuali soggetti qualificati, e cioe' in ragione della loro professionalita', trattandosi di due societa' di capitali. Con il 3 motivo denunzia insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lamenta che, prendendo esclusivamente in considerazione il ritardato pagamento dell'ultimo trimestre, la corte di merito ha erroneamente escluso la ricorrenza nel caso del requisito della gravita' dell'inadempimento richiesto dall'articolo1455 c.c., non assegnando rilievo ad una pluralita' di comportamenti anticontrattuali e non potendo invero valorizzarsi la prassi invalsa di differire il pagamento anticipato del canone trimestrale alla ricezione della fattura (in effetti pervenuta alla conduttrice in data 9.7.2007), in mancanza dell'indicazione degli elementi da cui la stessa sia stata invero desunta, e che si appalesa in ogni caso per converso inconcepibile, attesa la raccomandata di contestazione e invito al rigoroso rispetto dei termini contrattuali. Con il 4 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta che l'accoglimento del presente ricorso travolge ovviamente anche la statuizione in appello sulle spese del doppio grado di giudizio. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte infondati - nei termini e limiti di seguito indicati - e in parte inammissibili. Ai sensi dell'articolo 1456 cc i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva qualora una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalita' stabilite. Trattasi di patto accessorio al contratto principale, stipulato tra le medesime parti, con il quale si attribuisce al creditore il potere di far valere la risoluzione del contratto al verificarsi del fatto d'inadempimento convenzionalmente elevato a condizione risolutiva, dichiarando all'altro contraente che intende avvalersi della clausola risolutiva (articolo 1456 c.c., comma 2). A tale stregua, da un canto, l'operativita' della clausola non e' rimessa alla valutazione della non scarsa importanza dell'inadempimento ex articolo1455 c.c., da parte del giudice; e, per altro verso, al verificarsi del fatto d'inadempimento previsto dalle parti la risoluzione del contratto non puo' essere dichiarata d'ufficio, ma solo se la parte nel cui interesse la clausola e' stata inserita nel contratto dichiara di volersene avvalere (cfr.Cass., 1/8/2007, n. 16993). Giusta l'interpretazione legale della clausola, e pertanto anche in assenza di specifica previsione delle parti al riguardo, l'interessato che intende avvalersi della clausola risolutiva espressa ha l'onere di manifestare alla controparte inadempiente (cfr. Cass., 11/5/1973, n. 1275), con stragiudiziale atto negoziale recettizio avente la stessa forma del contratto risolto, la propria volonta' di avvalersi della risoluzione del contratto operante di diritto, in tal caso la sentenza del giudice essendo di mero accertamento, dichiarativa dell'avvenuto scioglimento del rapporto. Le parti possono invero anche convenire che il contratto si risolva senza l'onere della preventiva comunicazione della dichiarazione richiesta dall'articolo 1456 c.c., comma 2 (c.d. clausola risolutiva automatica), ma in tal caso l'esclusione di siffatto onere deve risultare espressamente. Il riferimento alla scadenza di un termine non e' allora di per se' sufficiente a deporre per la relativa essenzialita', e la conseguentemente ineluttabile risoluzione del contratto. In tal senso non puo' invero nemmeno valorizzarsi la previsione negoziale della risoluzione del contratto all'esito dell'inutile decorso del termine. Laddove il carattere di essenzialita' del medesimo non risulti altrimenti, la risoluzione del contratto di norma consegue in realta' solamente all'esito dell'assolvimento da parte del creditore dell'onere di comunicazione in argomento al debitore inadempiente. In mancanza, quest'ultimo puo' invero utilmente adempiere anche tardivamente, successivamente cioe' alla scadenza del termine (cfr. Cass., 30/9/1954, n. 3175. V. anche Cass., 9/11/1976, n. 4098; Cass., 8/7/1983, n. 4591; Cass., 27/6/1987, n. 5710; Cass., 22/7/1993, n. 8195). La clausola risolutiva espressa (da interpretarsi non gia' in base al relativo rigoroso tenore formale bensi' in senso rispondente al ragionevole affidamento delle parti, particolare rilievo al riguardo assumendo il criterio interpretativo della buona fede ex articolo 1366 c.c.: cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 15/2/2007, n. 3462; Cass., 27/10/2006, n. 23273;Cass., 20/2/2006, n. 3651. E gia' Cass., 5/1/1966, n. 89) di norma non comporta dunque la risoluzione del contratto in ragione del mero avvenuto decorso del termine, ma a tal fine assume pur sempre rilievo la condotta colposa del debitore (cfr.Cass., 6/2/2007, n. 2553), per la cui configurabilita' non puo' non tenersi conto - a fortiori ove come nella specie trattisi di contratto di durata - del contegno dalle parti mantenuto anche durante l'esecuzione del contratto (articolo 1375 c.c.). Orbene, a fronte di una clausola del tenore le parti convengono espressamente che il mancato pagamento del canone; o dell'acconto per gli oneri accessori entro i termini di legge costituisce motivo di risoluzione del contratto, a norma dell'articolo 1456 c.c., e in presenza di un adempimento della prestazione effettuato con minimo ritardo, giacche' nella specie il canone scadente il 5.7.2007 fu pagato con bonifico bancario del 20.7.2007, nel considerare siffatto ritardo giustificato dalla prassi invalsa di differire il pagamento anticipato del canone trimestrale alla ricezione della fattura (in effetti pervenuta alla conduttrice in data 9.7.2007), e nel dare atto che le fatture venivano emesse prima del pagamento, la corte di merito ha ravvisato la sussistenza nella specie di una deroga di fatto accordata dalla locatrice circa il termine di adempimento indubbiamente rilevante quanto meno sul piano della buona fede in fase esecutiva; tenuto anche conto che il differimento del pagamento alla ricezione della fattura non era mutile ma funzionale all'esatto Adempimento, variabile in ragione della variabilita' degli oneri accessori. Ed e' pervenuta a ritenere la clausola in argomento come vuota formula di stile, invero irrilevante nel contesto del regolamento pattizio perche' priva di concreto significato. Alla stregua dei valorizzati elementi, nonche' in base ai criteri dell'interpretazione secondo buona fede dell'interpretazione letterale e di quella funzionale della clausola, siffatta affermazione si appalesa invero illogica e contraddittoria, chiaramente per converso emergendo non gia' la mancanza di contenuto precettivo della stessa ma solo l'impossibilita' di qualificarsi essenziale il termine di scadenza ivi indicato, come risulta sintomaticamente confermato dalla riscontrata ed evidenziata prassi invalsa di differire il pagamento anticipato del canone trimestrale alla ricezione della fattura. Non risultando in base ad elemento alcuno che nella specie le parti abbiano inteso stipulare una clausola risolutiva automatica, decisivo rilievo viene allora ad assumere la circostanza che la ricorrente non ha in effetti provato (e in realta' nemmeno allegato) di avere assolto l'onere, su di essa incombente, di comunicare al debitore inadempiente la dichiarazione ex articolo1456 c.c., comma 2, di volersi avvalere della risoluzione. L'inoperativita' della clausola risolutiva espressa in argomento discende allora nel caso non gia' dal palesarsi essa quale meramente di stile, come illogicamente e contraddittoriamente affermato dalla corte di merito, bensi' in ragione della mancata prova del ricorrere nella specie dei relativi presupposti. Ne', vale ulteriormente sottolineare, puo' al riguardo in qualche modo valorizzarsi l'evocata lettera raccomandata di contestazione e invito al rigoroso rispetto dei termini contrattuali a data 24.1.2007, giacche' (a parte il rilievo del mancato rispetto del principio di autosufficienza: v. oltre) la dichiarazione di cui trattasi deve sostanziarsi nella manifestazione della volonta' di avvalersi della risoluzione del contratto, e non gia' in un mero invito al puntuale adempimento della prestazione (a fortiori se come nella specie periodica). Attesa l'inoperativita' della clausola risolutiva espressa in argomento, correttamente la corte di merito ha allora fatto luogo alla valutazione dell'importanza dell'inadempimento, pervenendo (nell'esercizio dei poteri ad essa al riguardo spettanti: v. Cass., 8/10/2008, n. 24799;Cass., 25/10/2006, n. 22899; Cass., 29/11/2004, n. 22415) ad escludere il carattere di gravita' richiesto dall'articolo1455 c.c. per potersi nella specie emettere declaratoria (costitutiva) di risoluzione del contratto in ragione del tardivo adempimento del debitore. Ne' rilievo alcuno puo' d'altro canto al riguardo riconoscersi alla piu' sopra indicata lettera raccomandata di contestazione e invito al rigoroso rispetto dei termini contrattuali a data 24.1.2007 giacche', a parte ogni considerazione in merito alla relativa valenza ai fini della valutazione della gravita' del ritardo ex articolo 1455 c.c., essa e' stata dall'odierna ricorrente evocata in violazione del principio di autosufficienza, non risultando debitamente riportata - per la parte d'interesse in questa sede - nel ricorso, ne' puntualmente indicato in quale sede processuale, pur individuata in ricorso, risulti prodotta, e, ai sensi dell'articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4, se sia stata prodotta anche in sede di legittimita' (v. Cass., 23/9/2009, n. 20535; Cass., 3/7/2009, n. 15628; Cass., 12/12/2008, n. 29279), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., 19/9/2011, n. 19069; Cass., 23/9/2009, n.20535; Cass., 3/7/2009 n. 15628). Corretta - ricorrendone i presupposti - la motivazione ex articolo 384 c.p.c., nei sensi fatti sopra palesi, i primi tre motivi vanno dunque rigettati, inammissibile essendo invece il 4 motivo, non contemplante in realta' una censura dell'impugnata sentenza ben comprensibile nella sua formulazione, ne' risultando spesi argomenti a relativo sostegno".

p.3.2. Ora, il Collegio rileva che, ai fini dello scrutinio del ricorso per revocazione, e' necessario preliminarmente considerare, perche' di importanza decisiva nell'intendere la ratio decidendi che indusse la sentenza qui impugnata a far luogo a semplice correzione della motivazione della decisione della Corte fiorentina, quella parte della motivazione nella quale la sentenza stessa, dopo avere asserito che i motivi del ricorso per cassazione potevano essere esaminati congiuntamente, ha enunciato i principi a suo dire regolatori dell'azione di risoluzione del contratto per inadempimento in quanto basata sulla norma dell'articolo 1456 c.c..

Ebbene tra tali principi la sentenza ha enunciato (pagina 7 in fine e inizio della pagina 8), quello secondo cui "Giusta l'interpretazione legale della clausola, e pertanto anche in assenza di specifica previsione delle parti al riguardo, l'interessato che intende avvalersi della clausola risolutiva espressa ha l'onere di manifestare alla controparte inadempiente (cfr. Cass., 11/5/1973, n. 1275), con stragiudiziale atto negoziale recettizio avente la stessa forma del contratto risolto, la propria volonta' di avvalersi della risoluzione del contratto operante di diritto, in tal caso la sentenza del giudice essendo di mero accertamento, dichiarativa dell'avvenuto scioglimento del rapporto".

Ha, quindi, (di seguito nella pag. 8) ricordato come principio derogatorio di quello cosi' enunciato l'altro secondo cui le parti possono convenire "che il contratto si risolva senza l'onere della preventiva comunicazione della dichiarazione richiesta dall'articolo 1456 c.c., comma 2, (c.d. clausola risolutiva automatica), ma in tal caso l'esclusione di siffatto onere deve risultare espressamente".

Ebbene, l'affermazione che secondo quella che si definisce "interpretazione legale della clausola, e pertanto anche in assenza di specifica previsione delle parti al riguardo", l'interessato ha l'onere di manifestare alla controparte inadempiente "con stragiudiziale atto negoziale recettizio avente la stessa forma del contratto risolto, la propria volonta' di avvalersi della risoluzione del contratto operante di diritto", sottende manifestamente, pur nell'assenza di spiegazioni, l'idea - per la verita' contraddetta dalla giurisprudenza di questa Corte, ma sostenuta da parte della dottrina - che la dichiarazione di volersi avvalere della clausola risolutiva debba essere necessariamente dichiarazione che dev'essere veicolata in via stragiudiziale e che, invece, non possa esserlo in via giudiziale, cioe' con l'atto introduttivo del giudizio di risoluzione, sia esso atto ordinario sia esso atto introdotto con le forme speciale del procedimento per convalida come nella vicenda oggetto di giudizio.

Ne segue allora che, quando successivamente la sentenza impugnata, dopo aver rilevato e spiegato che erroneamente la Corte fiorentina aveva considerato priva di efficacia la clausola risolutiva espressa presente nel contratto inter partes, ha osservato che nella specie (p. 10-11) non risultava che le parti avessero pattuito una clausola risolutiva automatica (il che implicava la necessita' della dichiarazione di volersi avvalere dell'effetto risolutivo provocato dalla clausola) ed ha, poi, soggiunto che assumeva rilievo "decisivo rilievo.....la circostanza che la (OMISSIS) non aveva provato ed anzi neppure allegato di avere assolto l'onere, su di essa incombente, di comunicare al debitore inadempiente la dichiarazione ex articolo 1456 c.c., comma 2, di volersi avvalere della risoluzione", per poi concludere che "L'inoperativita' della clausola risolutiva espressa in argomento discende allora nel caso non gia' dal palesarsi essa quale meramente di stile, come illogicamente e contraddittoriamente affermato dalla corte di merito, bensi' in ragione della mancata prova del ricorrere nella specie dei relativi presupposti", si deve ritenere - per un evidente principio di coerenza con la premessa - che non abbia affatto inteso negare il fatto storico dell'inserimento della dichiarazione di volersi avvalere della clausola nella citazione per convalida e l'essere tale dato pacifico, ma abbia, in realta', inteso dare rilevanza al precedentemente proclamato principio per cui sarebbe necessario che la dichiarazione di avvalersi della clausola risolutiva espressa, in mancanza di pattuizione di clausola automatica, venga fatta stragiudizialmente, dovendosi escludere invece che possa inserirsi nell'atto introduttivo giudiziale, come emergeva pacificamente dagli atti.

p.3.3. La ratio decidendi di Cass. n. 4540 del 2012 in funzione della disposta correzione della motivazione e' stata, dunque, che nella specie non risultava ne' provata ne' allegata l'esistenza di una comunicazione stragiudiziale prima dell'introduzione del giudizio di convalida di sfatto della volonta' di volersi avvalere della clausola risolutiva.

Chi legge la sentenza, nell'intendere il significato dell'affermazione di decisivita' del mancato assolvimento da parte della (OMISSIS) ed anzi della mancata allegazione da parte sua di avere assolto all'onere di comunicare alla controparte la dichiarazione di cui al secondo comma dell'articolo 1456 c.c., dovendovi procedere alla lettura non gia' sulla scorta di quello che e' l'orientamento consolidato di questa Corte circa la possibilita' che la dichiarazione di avvalimento possa inserirsi anche nell'atto introduttivo del giudizio, bensi' sulla base di quanto enunciato dalla sentenza stessa circa la necessita' di una dichiarazione stragiudiziale, cioe' fatta prima del giudizio, non ha in alcun modo un'opzione esegetica diversa da quella che induce a ritenere che la sentenza stessa abbia ritenuto corretto il dispositivo della sentenza fiorentina in quanto di rigetto della domanda, sovrapponendovi come motivazione "giusta" in iure quella che nella specie risultava indimostrata ed anzi neppure allegata la formulazione stragiudiziale della dichiarazione di volersi avvalersi della clausola risolutiva espressa.

In alcun modo - sebbene debba concedersi che il risultato esegetico appena indicato supponga una lettura attenta e sistematica della sentenza - si giustifica una lettura come quella ipotizzata dalla qui ricorrente, atteso che essa si porrebbe in manifesto contrasto con la premessa in iure enunciata circa il necessario carattere stragiudiziale e, quindi, anteriore al giudizio, della comunicazione di volersi avvalere della clausola risolutiva.

3.4. La prospettata ricostruzione della ratio della motivazione della sentenza impugnata risulta confermata anche dalla parte di essa (p. 11) in cui di seguito al passo sopra riportato si scrisse quanto segue: "Ne', vale ulteriormente sottolineare, puo' al riguardo in qualche modo valorizzarsi l'evocata lettera raccomandata di contestazione e invito al rigoroso rispetto dei termini contrattuali a data 24.1.2007, giacche' (a parte il rilievo del mancato rispetto del principio di autosufficienza: v. oltre) la dichiarazione di cui trattasi deve sostanziarsi nella manifestazione della volonta' di avvalersi della risoluzione del contratto, e non gia' in un mero invito al puntuale adempimento della prestazione (a fortiori se come nella specie periodica)".

E' palese che queste considerazioni sono funzionali proprio rispetto alla logica decisionale basata sulla pregressa proclamata necessita' del carattere stragiudiziale della dichiarazione di volersi avvalere della clausola.

p.4. Il preteso errore di fatto che denuncia il ricorso in esame risulta, dunque, insussistente, perche' si fonda su una lettura della ratio decidendi della sentenza qui impugnata per revocazione che non ha fondamento.

Il ricorso e', pertanto, rigettato in quanto il prospettato errore di fatto non risulta in alcun modo esistente nella motivazione della sentenza impugnata, essendo basato su una lettura di essa priva di fondamento.

p.5. La segnalata e dimostrata necessita' di una lettura attenta e sistematica della sentenza, congiunta al dato che l'assunto di essa in ordine al necessario carattere stragiudiziale della dichiarazione di volersi avvalere della clausola non e' accompagnato da una motivazione esplicativa (il che puo' indurre il lettore in prima battuta a non percepirne la rilevanza e, quindi, a prospettare la lettura della sentenza che ha fatto la ricorrente, specie se si considera che quell'assunto si configurava come si configura contrario alla consolidata giurisprudenza di questa Corte: si vedano: Cass. n. 1653 del 1973; n. 3575 del 1975; n. 2143 del 1977; n. 2129 del 1978; n. 5436 del 1995; n. 9275 del 2005; si veda anche n. 7178 del 2002), giustifica la compensazione delle spese integrando il presupposto dei giusti motivi ai sensi del testo dell'articolo 92 c.p.c., comma 2, applicabile al processo (che e' quello in vigore prima della modifica apportata dallaLegge n. 69 del 2009): la proposizione erronea della revocazione appare, in sostanza, per certi versi scusabile.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

 

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