Licenza finita locazione ed eccezione del conduttore di esistenza di un successivo contratto

Qualora venga intimata licenza per finita locazione ad una certa data e l'intimato si opponga deducendo l'esistenza di altro contratto con scadenza posteriore, il locatore può proporre con la memoria integrativa, successiva all'ordinanza ex art. 426 cod. proc. civ. (che dispone la prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena), domanda di risoluzione alla stregua del secondo contratto, trattandosi di "emendatio libelli", cioè di mera specificazione dell'originaria domanda di risoluzione avanzata in sede sommaria.(Corte di Cassazione Sezione 3 Civile
Sentenza del 19 giugno 2008, n. 16635)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele - Presidente

Dott. FILADORO Camillo - Consigliere

Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere

Dott. CHIARINI Margherita M. - Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PI. MA., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DARDANELLI 21, presso lo studio dell'avvocato VAGLIO MAURO, che lo difende, giusta delega, in atti;

- ricorrente -

contro

CI. VA., elettivamente domiciliato in ROMA VIA VITTORIO VENETO 146, presso lo studio dell'avvocato GRASSO VIRGINIA, che lo difende unitamente all'avvocato CAPORALE ANTONIO MICHELE, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 19S6/04 della Corte d'Appello di ROMA, Sezione Quarta Civile, emessa il 22/04/04, R.G.N. 19254/04, depositata il 14/07/04, R.G. 8696/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 13/05/08 dal Consigliere Dott.ssa VIVALDI Roberta;

udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Ci.Va. conveniva, davanti al tribunale di Roma, Pi. Ma. intimandogli la licenza per finita locazione dell'appartamento, sito in (OMESSO) via (OMESSO), allo stesso concesso in locazione in forza di contratto ad uso abitativo, ai sensi della Legge n. 392 del 1978 con decorrenza dall'1.12.1937.

Chiedeva, quindi, la convalida della licenza per finita locazione ed, in caso di opposizione, che il giudice emettesse ordinanza provvisoria di rilascio o, in subordine, dichiarasse risolto il contratto.

Si opponeva alla convalida il Pi., il quale chiedeva il rigetto delle domande proposte, sostenendo che il contratto vigente fra le parti non era quello per il quale era stata richiesta la convalida, concluso ai sensi della Legge n. 392 del 1978 ma un nuovo contratto di locazione concluso il 29.11.1999, ai sensi delle Legge n. 431 del 1998.

Nel corso della stessa fase sommaria, il Ci. chiariva che intendeva esercitare il diniego di rinnovo per la prima scadenza di tale ultimo contratto, comunque coincidente con la data del 30.11.2003.

Chiusa la fase sommaria e disposta la trasformazione del rito ordinario in quello locativo, ex articoli 667 c.p.c. e 426 c.p.c., il ricorrente, nella memoria integrativa depositata, nell'ammettere la esistenza del secondo contratto - con riferimento al diniego di rinnovo nel frattempo inviato al conduttore con lettera in data 27.11.2002 - chiedeva che fosse convalidata la licenza per finita locazione come intimata od, in subordine, la risoluzione dello stesso contratto, per la sua prossima scadenza.

Il resistente, eccepiva l'inammissibilita' della domanda, per il mutamento della sua causa petendi, essendo tale modifica intervenuta in un momento successivo alla instaurazione del giudizio.

Il tribunale, con sentenza del 25 - 26.6.2003, dichiarava il contratto concluso fra le parti in data 29.11.1999 cessato alla data del 30.11.2003 per diniego di rinnovo, esercitato dal locatore alla prima scadenza e, per l'effetto, condannava il Pi. al rilascio dell'immobile, fissando la data del 31.5.2004 per l'esecuzione.

La sentenza era confermata dalla Corte d'Appello di Roma che, con sentenza del 14.7.2004, rigettava l'impugnazione proposta dal Pi..

Quest'ultimo ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi.

Resiste con controricorso il Ci..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 e 5, e nullita' della sentenza in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4.

Il motivo non e' fondato.

La Corte di merito non e' incorsa nel denunciato vizio di ultrapetizione ritenendo - in sintonia con quanto affermato dal primo giudice - che la domanda proposta dall'attuale resistente dovesse intendersi volta ad ottenere la declaratoria di cessazione del contratto in data 29.11.1999 per diniego di rinnovo alla scadenza del primo quadriennio.

Cio' tenendo conto del tenore complessivo dell'atto "nel quale si menziona espressamente il secondo accordo perfezionatosi in data 29.11.99 e viene altresi', specificata la esigenza di soddisfacimento delle proprie esigenze abitative (allegando la lettera di diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza Legge n. 431 del 1998 articolo 3) ", concludendo che, da tali elementi, si ricavava che la cessazione degli effetti del contratto dovesse essere riferita al contratto concluso nel 1999, per diniego di rinnovo alla scadenza del primo quadriennio.

A tal proposito deve, in primo luogo, rilevarsi che l'interpretazione della domanda e l'apprezzamento della sua ampiezza, oltre che del suo contenuto, costituiscono (anche nel giudizio di appello, ai fini della individuazione del devolutimi un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, e, pertanto, insindacabile in sede di legittimita', se non sotto il profilo dell'esistenza, sufficienza e logicita' della motivazione (Cass. 6.10.2005 n. 19475).

Inoltre, va anche sottolineato che, nel giudizio di legittimita', va tenuta distinta l'ipotesi in cui si lamenti l'omesso esame di una domanda da quella in cui si censuri l'interpretazione che ne ha dato il giudice del merito.

Nel primo caso, infatti, si verte propriamente in tema di violazione dell'articolo 112 c.p.c., e si pone un problema di natura processuale, per la soluzione del quale la Corte di cassazione ha il potere - dovere di procedere all'esame diretto degli atti, al fine di acquisire gli elementi di giudizio necessari per la pronuncia richiestale.

Nel secondo caso, invece, poiche' - come gia' detto - l'interpretazione della domanda e l'individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, in sede di legittimita' va solo effettuato il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. 26.6.2007 n. 14784; Cass. 21.6.207 n. 14486; Cass. 7.7.2006 n. 15603).

Ora, nella specie, il ricorrente denuncia la violazione dell'articolo 112 c.p.c., imputata al giudice di merito in relazione, non ad una omissione di pronuncia - nel qual caso la violazione avrebbe dovuto essere denunciata ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 4 e non nn. 3 e 5 -, ma ad una interpretazione della domanda che, correttamente ed adeguatamente motivata, non e' censurabile in sede di legittimita'.

Con il secondo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione degli articoli 665, 667, 426 c.p.c. e dell'articolo 420 c.p.c., comma 1, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 e 5.

Il motivo non e' fondato per le ragioni che seguono.

La Corte di merito, - dopo avere rilevato che nel procedimento per convalida di sfratto, l'opposizione dell'intimato, ai sensi dell'articolo 665 c.p.c., determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di un nuovo ed autonomo procedimento con rito ordinario, nel quale le parti possono esercitare tutte le facolta' connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa, per il locatore, la possibilita' di porre a fondamento della domanda una causa petendi diversa da quella originariamente formulata - ha ritenuto che la domanda subordinata di risoluzione del contratto contenuta nella memoria integrativa costituisse soltanto una modificazione, consentita, della causa petendi.

Ha, infatti, sul punto affermato che "nella fattispecie l'intimante Ci., a seguito della opposizione, ha legittimamente insistito nella domanda di risoluzione formulata, e cioe' nella volonta' di voler far cessare il rapporto locatizio, modificando la causa petendi".

Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte, in ordine all'ammissibilita' di una modificazione della originaria causa petendi della domanda proposta nel procedimento per convalida di sfratto, all'esito della conversione del rito da sommario in ordinario, ai sensi dell'articolo 667 c.p.c. - in particolare con la memoria integrativa di cui all'articolo 426 c.p.c. - potrebbe sembrare ad una prima approssimazione, contrastante.

Alcune pronunce, infatti, affermano che nel procedimento per convalida di sfratto, l'opposizione dell'intimato ai sensi dell'articolo 665 c.p.c. determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l'instaurazione di un nuovo ed autonomo procedimento con rito ordinario, nel quale le parti possono esercitare tutte le facolta' connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa, per il locatore, la possibilita' di porre a fondamento della domanda una causa petendi diversa da quella originariamente formulata, e, per il conduttore, la possibilita' di dedurre nuove eccezioni e di spiegare domanda riconvenzionale (Cass. 29.9.2006 n. 21242; Cass. 30.6.2005 n. 12121; Cass. 30.6.2005 n. 13963; Cass. 5.7.2004 n. 12228; Cass. 3.5.2004 n. 8336; Cass. 18.6.1993 n. 6806).

Altra decisione - Cass. 27.5.2003 n. 8411 - ha, invece, ritenuto che, nel rito delle locazioni di cui alla Legge n. 353 del 1990 che ne ha disciplinato il procedimento secondo il rito speciale del lavoro, per il combinato disposto degli articoli 667 e 426 c.p.c., una volta che il giudice abbia pronunciato (o negato) i provvedimenti previsti dagli articoli 665 e 666 c.p.c., il giudizio, che e' unico ed inizia con l'esercizio da parte del locatore di un'azione di condanna nella forma speciale della citazione per la convalida, prosegue davanti allo stesso giudice con la facolta' per le parti di depositare memorie integrative, che non possono contenere domande nuove, a pena di inammissibilita' rilevabile anche d'ufficio dal giudice, non sanata neppure dall'accettazione del contraddittorio sul punto, col solo limite della formazione del giudicato.

Ancora, Cass. 9.11.2006 n. 23908 ha stabilito che, nel rito del lavoro, la disciplina della fase introduttiva del giudizio risponde ad esigenze di ordine pubblico attinenti al funzionamento stesso del processo, in aderenza ai principi di immediatezza, oralita' e concentrazione che lo informano, con la conseguenza che non e' proponibile, non solo alcuna domanda nuova, ma non e' consentita neanche la formulazione di una emendatio, se non nelle forme e nei termini previsti.

E conclude con la inammissibilita' - rilevabile d'ufficio e non sanabile neppure dall'accettazione del contraddittorio - di qualsiasi modificazione della domanda che non sia stata operata - con riferimento al giudizio locatizio a cognizione piena conseguente al superamento della fase speciale del procedimento per convalida - ai sensi dell'articolo 426 c.p.c., attraverso l'integrazione dell'atto introduttivo, nel termine perentorio fissato dal giudice.

Inoltre, Cass. 5.8.2004 n. 15021 ha evidenziato che le memorie integrative delle parti, pur non potendo contenere domande nuove (la cui inammissibilita' e' rilevabile d'ufficio e non e' sanabile neppure in virtu' dell'accettazione del contraddittorio, salvo il limite della formazione del giudicato), sono pur sempre idonee ad introdurre tutte le consentite modificazioni del petitum (vertendosi in tema di domande autodeterminate), con l'allegazione di fatti secondari costitutivi del diritto o, comunque, con la prospettazione di una diversa strategia difensiva.

Da ultimo, Cass. 14.1.2005 n. 674, - ribadendo che si ha domanda nuova, inammissibile in appello, quando gli elementi dedotti in secondo grado comportano il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, integrando una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado -, ha stabilito che tale non puo' ritenersi la domanda avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di locazione per cessazione del contratto nel corso del giudizio e formulata all'esito della conversione del rito da sommario in ordinario, ai sensi dell'articolo 667 c.p.c..

In questo caso, ha ritenuto trattarsi di semplice specificazione dell'originaria domanda di condanna in futuro azionata con il procedimento sommario per convalida di licenza per finita locazione.

Ora, se si esaminano analiticamente le decisioni menzionate, deve segnalarsi l'insussistenza di un effettivo contrasto fra le stesse decisioni.

Se, infatti, si considerano le fattispecie che hanno dato luogo a tali giudizi, si puo' agevolmente cogliere una comune impostazione, con riferimento all'ammissibilita' di una emendatio della domanda in sede di memoria integrativa ex articolo 426 c.p.c..

In particolare, riguardo alle decisioni che sembrano di segno contrario rispetto alla piu' consistente giurisprudenza di legittimita' - come sopra evidenziata - va sottolineato che la Corte, con la sentenza n. 8411 del 2003, ha ritenuto costituire una mutatio libelli, non consentita, il mutamento del petitum, ossia l'aggiunta di un ulteriore, diverso petitum (la condanna al pagamento di una somma di denaro nella specie) al provvedimento richiesto con la citazione introduttiva (la condanna al rilascio dell'immobile), ribadendo, peraltro, che e' consentita soltanto la modificazione della domanda (emendatio libelli), e che le memorie integrative previste dall'articolo 426 c.p.c., non possono contenere, unicamente, domande nuove.

Con la sentenza n. 23908 del 2006, la Corte ha poi, ritenuto non ammissibile la domanda di pagamento dei canoni scaduti in corso di causa, avanzata dopo la conversione del rito, disposta ai sensi dell'articolo 667 c.p.c., considerata quale emendatici libelli, soltanto perche' tale domanda non era stata proposta nei termini utili fissati con l'ordinanza di cui all'articolo 426 c.p.c., attraverso l'integrazione dell'atto introduttivo.

Ora, deve rilevarsi che si ha mutatio libelli quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel processo un petitum diverso e piu' ampio oppure una causa petendi fondata su situazioni giuridiche non prospettate prima e, particolarmente, su di un fatto costitutivo radicalmente differente, di modo che si ponga al giudice un nuovo tema d'indagine e si spostino i termini della controversia, con l'effetto di disorientare la difesa della controparte ed alterare il regolare svolgimento del processo.

Si ha, invece, semplice emendatio quando si incida sulla causa petendi, sicche' risulti modificata soltanto l'interpretazione o qualificazione giuridica del fatto costitutivo del diritto, oppure sul petitum, nel senso di ampliarlo o limitarlo per renderlo piu' idoneo al concreto ed effettivo soddisfacimento della pretesa fatta valere (Cass. 28.3.2007 n. 7579).

Nella specie, l'attuale resistente Ci. - come emerge dalla sentenza impugnata - acquirente dell'immobile in oggetto, aveva intimato lo sfratto per finita locazione dell'immobile concesso in locazione dal suo dante causa all'attuale ricorrente Pi., con contratto decorrente dal 1.12.1987, ed avente scadenza al 30.11.2003, contestualmente citandolo per la convalida; in subordine aveva chiesto che fosse dichiarato risolto, in ogni caso, stante la prossima scadenza, il contratto stesso".

All'opposizione del conduttore, che aveva sostenuto di avere concluso, con il precedente proprietario, un nuovo contratto di locazione, in data 29.11.1999, con decorrenza dall'1.12.1999 e conseguente scadenza, in forza di disdetta al 30.11.2007, il Ci., nel corso della fase sommaria, dichiarava che intendeva esercitare il diniego di rinnovo per la prima scadenza di tale contratto, comunque coincidente con la data del 30.11.2003.

Nella memoria integrativa, poi, nell'ammettere la sussistenza del secondo contratto, chiedeva, facendo riferimento al diniego di rinnovo nel frattempo inviato al conduttore con lettera del 27.11.2002, che fosse convalidata la licenza per finita locazione cosi' come intimata od, in subordine, che fosse dichiarato risolto, stante la prossima scadenza, il contratto stesso.

La Corte di merito - cui spetta di interpretare la domanda - dopo avere valutato l'atto nel suo complesso, ritenendo che gli elementi acquisiti consentissero di ritenere che la domanda dovesse intendersi volta ad ottenere la declaratoria di cessazione della pattuizione contenuta nel contratto 29.11.1999 per diniego di rinnovo alla scadenza del primo quadriennio - ha, quindi, correttamente ritenuto - con cio' escludendosi le violazioni contestate - che la domanda di risoluzione contenuta nella memoria integrativa, con riferimento al contratto 29.11.1999, costituisse esclusivamente una emendatici libelli, consentita per le ragioni piu' sopra esposte.

A seguito dell'opposizione, infatti, il locatore, con la memoria integrativa non ha formulato una nuova domanda, ma ha soltanto specificato l'originaria domanda di condanna in futuro azionata con il procedimento sommario per convalida di licenza per finita locazione, chiarendo che la domanda di risoluzione esposta nell'atto introduttivo del giudizio dimostrava la sua volonta' di impedire la rinnovazione del contratto del 29.11.1999 e riottenere la disponibilita' dell'immobile (v. in questo senso Cass. 14.1.2005 n. 674).

Le conclusioni raggiunte consentono di enunciare, con riferimento al caso concreto, il seguente principio di diritto: "Qualora venga intimata licenza per finita locazione ad una certa data e l'intimato si opponga deducendo l'esistenza di altro contratto con scadenza posteriore, il locatore puo' proporre con la memoria integrativa, successiva all'ordinanza ex articolo 426 c.p.c. (che dispone la prosecuzione del giudizio secondo le regole della cognizione piena), domanda di risoluzione alla stregua del secondo contratto, trattandosi di emendatio libelli, cioe' di mera specificazione dell'originaria domanda di risoluzione avanzata in sede monitoria".

Con il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione della Legge n. 431 del 1998 articolo 3 e Legge n. 392 del 1978, articoli 29 e 30, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 e 5.

Anche questo motivo non e' fondato.

Le conclusioni raggiunte, nella specie, in ordine alla ammissibilita' - quale semplice emendatio libelli -della domanda di risoluzione del secondo contratto, contenuta nella memoria integrativa, consente di ritenere che a questa e' necessario fare riferimento per stabilire il rispetto della norme di cui si denuncia la violazione.

I tempi e le modalita', prescritti da tali norme, per l'invio della comunicazione da parte del locatore - come ha correttamente rilevato la Corte di merito, con la conseguente insussistenza della invocata improcedibilita' - risultano essere stati rispettati, posto che l'invio della raccomandata, in data 27.11.2002, contenente la comunicazione della volonta' di conseguire la disponibilita' dell'immobile, risulta essere pervenuta al destinatario antecedentemente (in data 2.12.2002) alla formulazione della relativa domanda giudiziale, contenuta nella memoria integrativa depositata in data 28.2.2003, oltre che nel rispetto del termine semestrale fissato dalla legge.

Nessuna violazione, pertanto, puo' essere imputata alla Corte di merito.

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

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