Quando viene pronunciata la risoluzione del contratto di locazione (o di affitto), avente a oggetto un bene comune locato a uno dei proprietari, per inadempimento del conduttore non può essere condannato al rilascio del bene medesimo all'altro compro

Anche quando venga pronunciata la risoluzione del contratto di locazione (o di affitto), avente a oggetto un bene comune locato a uno dei proprietari, per inadempimento del conduttore, questi, avendo diritto al godimento dello stesso in proporzione della sua quota, non può essere condannato al rilascio del bene medesimo all'altro comproprietario, restando invece ai comunisti di disciplinare l'ordinaria amministrazione della cosa comune senza privare alcuno dei contitolari del bene delle sue facoltà di godimento e così eventualmente di ricorrere, in caso di persistente disaccordo, all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 1105 ultimo comma, del Cc, per la nomina di amministratore. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 5 giugno 2007, n. 13087)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto - Presidente

Dott. VARRONE Michele - Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario - rel. Consigliere

Dott. FICO Nino - Consigliere

Dott. LEVI Giulio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (R.G. 9937/03) proposto da:

RA. Lu.; PE. Gi., elettivamente domiciliati in Roma, via Pierluigi da Palestrina n. 63, presso l'avv. Contaldi Mario, che li difende unitamente agli avvocati Giovanni Aramini e Riccardo Ravignani, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

RA. An. Ma.;

- intimata -

nonche' sul ricorso (R.G. 13824/03) proposto da:

RA. An. Ma., elettivamente domiciliata in Roma, Via Carlo Poma n. 2, presso l'avv. Pitro Romano Orlando, che la difende unitamente all'avv. G. Giorgio Casarotto, giusta delega in atti;

- controricorrente ricorrente incidentale -

contro

RA. Lu.; PE. Gi., elettivamente domiciliati in Roma, via Pierluigi da Palestrina n. 63, presso l'avv. Contaldi Mario, che li difende unitamente agli avvocati Giovanni Aramini e Riccardo Ravignani, giusta delega in atti;

- controricorrenti al ricorso incidentale -

avverso la sentenza della Corte d'Appello di Venezia, sezione specializzata agraria, n. 22/02 agr. dell'8 maggio - 22 novembre 2002 (R.G. 27/01).

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 16 maggio 2007 dal Relatore Cons. Mario Finocchiaro;

Lette le conclusioni scritte del P.M., Dott. MARTONE Antonio, che ha chiesto il rigetto del primo motivo del ricorso principale, l'accoglimento del secondo, con assorbimento del ricorso incidentale e cassazione senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, conclusioni confermate in Camera di Consiglio dal P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Russo Rosario Giovanni.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso 14 maggio 1999 RA. Lu. in proprio e quale rappresentante della famiglia colonica composta dalla moglie SC. Pi. e dai figli RA. Fl. e Ma. ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Vicenza, sezione specializzata agraria, RA. An. Ma. nonche' PE. Gi., rispettivamente sorella e madre di esso ricorrente chiedendo venisse accertato che esso attore, a far tempo dal (OMESSO), data della morte di R. L., padre di esso attore e della convenuta RA. An. Ma., nonche' coniuge di PE. Gi., era affittuario - a norma della Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 49 - dei fondi gia' di proprieta' del defunto, in comune di (OMESSO).

Ha esposto, al riguardo, l'attore, da un lato, di avere sempre coltivato detti terreni, atteso che la sorella abitava altrove e che il padre esercitava, in vita, l'attivita' di commerciante, dall'altro, che con contratto (OMESSO) R. L. gli aveva concesso in affitto una porzione di tale fondo, in parte venduto a lui e alla moglie l'anno successivo, da ultimo, che con atto (OMESSO) la madre gli aveva ceduto la propria quota ereditaria riservandosene l'usufrutto, che esso concludente aveva versato alla sorella il canone di locazione per l'annata agraria successiva alla morte del padre, mentre i canoni per le annate successive erano stati conguagliati con gli esborsi da lui sostenuti per imposta di successione, che la sorella - infine - gli aveva, in data (OMESSO), inviato disdetta.

Costituitasi in giudizio la RA. An. Ma. ha eccepito, in limine, la improponibilita' della domanda attrice, atteso che la PE., ancorche' firmataria della richiesta di tentativo di conciliazione (a norma della Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 46) unitamente al figlio non lo aveva promosso, ne' vi aveva partecipato, nel merito la infondatezza della domanda attrice non potendo trovare, nel caso concreto, applicazione la Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 49, atteso che tra le parti era in essere - alla data della aperta successione - un contratto di affitto (il quale, benche' limitato alla porzione contraddistinta con il mappale n. (OMESSO) si era esteso alla intera proprieta' per comportamento concludente delle parti, con modifica oggettiva del contratto stesso).

Tutto cio' premesso RA. An. Ma. ha chiesto, in via principale, il rigetto della domanda attrice, in via riconvenzionale, la declaratoria di risoluzione del contratto di affitto inter partes per grave inadempimento del conduttore, tenuto presente che questi le aveva sempre impedito, nonostante le numerose richieste, di accedere al fondo, in via subordinata, fosse accertato che il contratto sarebbe cessato al (OMESSO) o al (OMESSO), cioe' alla scadenza del quindicennio previsto dalla Legge n. 203 del 1982 decorrente dalla stipulazione del contratto (OMESSO), registrato il (OMESSO).

Costituitasi in giudizio anche la PE. questa ha dichiarato di aderire alle conclusioni dell'attore.

Svoltasi l'istruttoria del caso l'adita sezione, con sentenza (OMESSO) ha dichiarato che alla morte di R. L. l'attore RA. Lu. era da considerarsi affittuario, a norma della Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 49, dei fondi oggetto di contestazione e improponibili le domande riconvenzionali della RA. An. Ma..

Gravata tale pronunzia dalla soccombente RA. A. M. la Corte di appello di Venezia, sezione specializzata agraria, con sentenza 8 maggio - 22 novembre 2002 in parziale accoglimento della proposta impugnazione ha rigettato la domanda proposta da RA. Lu. nei confronti di RA. An. Ma. e in contraddittorio con PE. Gi., nonche' la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto condannando l'appellato RA. Lu. al rilascio del fondo al termine della annata agraria (OMESSO).

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, notificata il 4 febbraio 2003, hanno proposto ricorso, affidato a due motivi e illustrato da memoria, RA. Lu. e PE. Gi., con atto notificato il 3 aprile 2003.

Resiste con controricorso e ricorso incidentale subordinato, affidato a un unico motivo illustrato da memoria, RA. An. Ma., con atto notificato il 14 maggio 2003.

RA. Lu. e PE. Gi. resistono, con controricorso, al ricorso incidentale di controparte.

Il P.G. ha chiesto la trattazione della causa in Camera di Consiglio ai sensi dell'articolo 375 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I vari ricorsi avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c..

2. Come accennato in parte espositiva i Giudici del merito hanno escluso che RA. Lu., conduttore in morte del proprio genitore, di tutti i terreni di proprieta' di quest'ultimo, potesse invocare la tutela di cui alla Legge 3 maggio 1982, n. 203, articolo 49, comma 1.

Contemporaneamente, accertato che il rapporto di affitto con R. L. era sorto all'inizio della annata agraria (OMESSO) hanno dichiarato quest'ultimo cessato al (OMESSO) (e condannato il RA. Lu. al rilascio).

3. Con il primo motivo il ricorrente principale censura la sentenza gravata lamentando "nullita' della sentenza e del procedimento ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e, comunque, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio".

Si duole, infatti, il ricorrente che i Giudici del merito sulla base di quanto dichiarato da esso concludente nell'atto notarile intercorso con la madre ("di acquistare nell'esercizio del diritto di prelazione quale fittavole da oltre il biennio retro dei cespiti in oggetto") con una espressione costituente mera clausola di stile, abbiano ritenuto che esso concludente conducesse in affitto tutti i fondi di proprieta' del proprio genitore.

4. La censura e', per alcuni versi, inammissibile, per altri manifestamente infondata.

In merito alla denunziata "violazione e falsa applicazione di norme di diritto" sotto il profilo di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 3, norme di diritto, peraltro neppure indicate nella parte espositiva del ricorso e non identificabili dalla lettura di questa - salvo che per quanto riguarda il riferimento ai criteri legali di ermeneutica - preme evidenziare, in limine, la manifesta inammissibilita' della deduzione.

In conformita', in particolare, a una giurisprudenza piu' che consolidata di questa Corte regolatrice, da cui totalmente prescinde parte ricorrente e che nella specie deve ulteriormente ribadirsi - infatti - il ricorso per Cassazione deve contenere, a pena di inammissibilita', i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificita', completezza e riferibilita' alla decisione impugnata.

Il ricordato principio comporta - in particolare - tra l'altro che e' inammissibile il ricorso nel quale non venga precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la pronunzia di merito, non essendo al riguardo sufficiente un'affermazione apodittica non seguita da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente porre la Corte di legittimita' in grado di orientarsi tra le argomentazioni in base alle quali si ritiene di censurare la sentenza impugnata (Cass. 15 febbraio 2003, n. 2312).

In altri termini, quando nel ricorso per cassazione, pur denunciandosi violazione e falsa applicazione della legge, con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate - o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita' o dalla prevalente dottrina - il motivo e' inammissibile, poiche' non consente alla Corte di Cassazione di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. 20 gennaio 2006, n. 1108; Cass. 29 novembre 2005, n. 26048; Cass. 8 novembre 2005, n. 21659; Cass. 18 ottobre 2005, n. 20145; Cass. 2 agosto 2005, n. 16132).

3.2. Quanto alle censure sollevata dal ricorrente sotto il profilo di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5, si osserva - in termini opposti, rispetto a quanto presuppone la difesa della ricorrente e alla luce di quanto assolutamente pacifico, presso una giurisprudenza piu' che consolidata di questa Corte regolatrice, che in questa sede non puo' che ulteriormente ribadirsi - che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del Giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.

Detti vizi non possono, peraltro, consistere nella difformita' dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal Giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perche' spetta solo a quel Giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilita' e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova (Cass. 21 aprile 2006, n. 9368; Cass. 20 aprile 2006, n. 9234; Cass. 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass. 20 ottobre 2005, n. 20322).

L'articolo 360 c.p.c., n. 5 - infatti - contrariamente a quanto suppone l'attuale ricorrente non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensi' solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione compiuti dal Giudice del merito, cui e' riservato l'apprezzamento dei fatti.

Ne deriva, pertanto, che alla cassazione della sentenza, per vizi della motivazione, si puo' giungere solo quando tale vizio emerga dall'esame del ragionamento svolto dal Giudice, quale risulta dalla sentenza, che si rilevi incompleto, incoerente e illogico, non gia' quando il Giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte.

Certo quanto sopra si osserva che il ricorrente lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita - in buona sostanza - a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimita'.

3.3. Ne', da ultimo, la sentenza della Corte di Appello di Venezia e' censurabile per avere dato rilevanza a quanto dichiarato dal ricorrente "con una clausola di stile volta ad escludere la prelazione dei terzi confinanti, priva quindi, di qualsiasi significato giuridico sostanziale".

A prescindere dal considerare che l'espressione non appare in alcun modo "clausola di stile", in quanto integra il riconoscimento di una situazione di diritto e di fatto ben precisa (essere esso dichiarante fittavolo da oltre un biennio dei fondi in discussione), si osserva che con la deduzione in parola, in buona sostanza, il ricorrente assume la natura "simulata" nella parte de qua del contratto intervenuto con la propria madre senza - peraltro - in alcun modo suffragare il proprio assunto da alcun elemento probatorio (non essendo, palesemente, sufficiente, al riguardo, il riferito intento di arrecare pregiudizio a terzi).

Comunque non solo la valutazione espressa al riguardo, come esposto sopra, dal Giudice del merito integra un apprezzamento di fato non sindacabile in questa sede, ma e' pacifico in causa che RA. Lu. ha da sempre condotto i terreni del proprio genitore (che non svolgeva attivita' agricola), conduzione che correttamente i Giudici di merito hanno affermato avvenire in esecuzione del contratto di affitto del (OMESSO) (originariamente stipulato solo con riferimento ad alcune porzioni del fondo e, successivamente, esteso anche alle altre).

4. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, ancora "nullita' della sentenza e del procedimento ex articolo 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto" per avere la Corte di Appello condannato esso concludente, proprietario pro quota dei terreni oggetti di controversia, al loro rilascio.

5. Il motivo e' manifestamente fondato.

E' principio di diritto piu' volte affermato da questa Corte Suprema che, anche quando venga pronunciata la risoluzione del contratto di locazione (o di affitto), avente ad oggetto un bene comune locato ad uno dei proprietari, per inadempimento del conduttore (e a maggior ragione, quando di tale rapporto si debba semplicemente dichiarare la cessazione per la scadenza del termine), questi, avendo diritto al godimento dello stesso in proporzione della sua quota, non puo' essere condannato al rilascio del bene medesimo all'altro comproprietario, restando invece ai comunisti di disciplinare l'ordinaria amministrazione della cosa comune senza privare alcuno dei contitolari del bene delle sue facolta' di godimento e cosi' eventualmente di ricorrere, in caso di persistente disaccordo, all'autorita' giudiziaria, ai sensi dell'articolo 1105 c.c., u. c., per la nomina di amministratore (in termini, ad esempio, Cass. 23 giugno 1999, n. 6405, specie in motivazione, nonche' Cass. 20 luglio 1991, n. 8110 e Cass. 22 maggio 1982, n. 3143).

6. Quanto al ricorso condizionato di RA. An. Ma. - con il quale la stessa, denunziando "violazione e falsa applicazione di norme di diritto, articolo 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla Legge n. 203 del 1982, articolo 5, articoli 1453 e 1455 c.c., (nonche') omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, articolo 360 c.p.c., n. 5" si duole che non sia stata pronunziata la risoluzione, per inadempimento di controparte del contratto di affitto inter partes - lo stesso rimane assorbito per effetto del rigetto del primo motivo di ricorso, atteso, alla luce delle considerazioni sopra svolte, che comunque non poteva essere emessa pronunzia di condanna del ricorrente principale al rilascio del terreno anche nella eventualita' fosse stata pronunciata la risoluzione, per inadempimento, del contratto di affitto per cui e' controversia.

7. In conclusione, rigettato il primo motivo del ricorso principale e dichiarato assorbito il ricorso incidentale, deve essere accolto il secondo motivo del ricorso principale con cassazione, in relazione al motivo accolto, senza rinvio, della sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto il rilascio del fondo da parte di RA. Lu..

Atteso l'esito del giudizio, sussistono giusti motivi onde disporre, tra le parti, la totale compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio di merito nonche' di questo giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE

riunisce i ricorsi;

rigetta il primo motivo del ricorso principale;

dichiara assorbito il ricorso incidentale;

accoglie il secondo motivo del ricorso principale;

cassa, per l'effetto, in relazione al motivo accolto, senza rinvio, la sentenza impugnata nella parte in cui ha disposto il rilascio del fondo da parte di RA. Lu.;

compensa integralmente, tra le parti, le spese dei giudizi di merito e di questo giudizio di cassazione.







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