Scaduto il contratto, il conduttore è esonerato dal risarcimento ex articolo 1591 Cc per il rifiuto di riconsegnare l'immobile quando il locatore non corrisponde l'indennità dovuta

L'esecuzione del provvedimento di rilascio di immobile ad uso diverso da quello abitativo e' condizionata all'avvenuta corresponsione dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale (Legge n. 392 del 1978 articolo 34 comma 3). Secondo l'interpretazione della corte tale disposizione deve essere interpretata, nel senso che, venuto a cessare il contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, tra le reciproche obbligazioni a carico dei contraenti (di riconsegna dell'immobile per il conduttore e di pagamento dell'indennita' d'avviamento per il locatore) si e' venuta a creare un rapporto di reciproca interdipendenza che rende la prima inesigibile in caso di difetto di contemporaneo adempimento o di offerta di adempimento dell'obbligazione dell'altra parte (Cass. n. 1930/2003) : con la conseguenza che il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la riconsegna dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennita' per la perdita dell'avviamento, resta obbligato al solo pagamento del corrispettivo pattuito per la locazione, e non anche al risarcimento del maggior danno ex articolo 1591 c.c. Infatti, l'obbligo di risarcire il maggior danno presuppone la mora del conduttore a restituire la cosa locata, ma il medesimo non puo' essere ritenuto in mora sino a tanto che non gli sia stata pagata l'indennita' d'avviamento. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile,Sentenza del 20 aprile 2009, n. 9353)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele - Presidente

Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere

Dott. FEDERICO Giovanni - rel. Consigliere

Dott. AMBROSIO Annamaria - Consigliere

Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8237/2005 proposto da:

PE. CA., MI. SNC, GE. AN. MA., in persona dei soci Sig. St. Ge. elettivamente domiciliati in ROMA, VIA NOMENTANA 299, presso lo studio dell'avvocato DE TILLA Roberto, che li rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

CI. NI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARCHIMEDE 145, presso lo studio dell'avvocato STANIZZI ANTONIO, rappresentato e difeso dall'avvocato INDOLFI Nicola giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 21/2005 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, Sezione Quarta Civile depositata il 11/01/2005, RG. 2513/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/03/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l'Avvocato NICOLA INDOLFI;

udito il P.M., in persona dell'Avvocato Generale Dott. IANNELLI Domenico, che ha chiesto l'accoglimento del 1 motivo assorbiti gli altri motivi di ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 9.11.92 Ci. Ni., proprietario dei locali commerciali in (OMESSO), conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli Pe. Ca. e la snc Mi. in persona dei soci St. Ge. e Ge. An. Ma., deducendo che detti locali erano stati condotti in locazione inizialmente dalla Pe., la quale aveva poi comunicato di aver ceduto l'attivita' alla Mi., e che esso attore aveva pero' dichiarato, con lettera raccomandata dell'1.3.88, di non accettare tale cessione in quanto il contratto doveva ritenersi gia' risolto.

Aggiungeva il Ci. che la Corte di Appello di Napoli, con sentenza n. 2584/91, aveva condannato la Pe. al rilascio degli immobili da lei condotti, essendo il contratto di locazione gia' scaduto il (OMESSO).

Cio' premesso, il Ci. concludeva per sentir dichiarare che la Pe. e la Mi. erano in mora nella restituzione dei locali e sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti nella misura di lire 127.260.000 o in quella maggiore o minore da determinarsi in corso di causa.

I convenuti si costituivano eccependo l'infondatezza ed inammissibilita' dell'avversa domanda e rilevando, in particolare, che il locatore non aveva corrisposto l'indennita' per l'avviamento commerciale,, per cui era inconfigurabile sia l'illegittima detenzione dei locali che l'esistenza di un danno.

Con sentenza n. 6223/00 il Tribunale adito condannava le convenute in solido al pagamento in favore dell'attore della somma di lire 173.941.000 a titolo di risarcimento danni per ritardata consegna dell'immobile in relazione al periodo 4.5.86/14.10.99, con gli interessi legali dalle singole scadenze.

Proposto da parte della Pe. e della Mi. appello, resistito dal Ci., con sentenza n. 21/05 la Corte di Appello di Napoli rigettava l'appello.

Avverso detta sentenza gli appellanti hanno proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, mentre il Ci. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato in atti una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell'articolo 1591 c.c. e Legge n. 392 del 1978 articolo 34 avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto che il diritto del locatore al risarcimento del danno per il mancato rilascio dell'immobile dopo la scadenza del contratto o dopo la data fissata dal giudice per l'esecuzione non viene meno per effetto della disposizione che condiziona l'esecuzione del rilascio all'avvenuta corresponsione dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale.

Con il secondo motivo lamentano la violazione dell'articolo 1591 c.c. ed omessa ed insufficiente motivazione, per avere la Corte di merito quantificato il suddetto risarcimento senza il suffragio di una prova concreta e senza adeguata motivazione.

Con il terzo motivo denunciano insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto della sentenza impugnata in cui si qualifica come eccezione sollevata per la prima volta in appello quella secondo cui l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile era subordinata alla previa corresponsione dell'indennita' di avviamento.

1. Va esaminato innanzitutto, secondo l'ordine in senso logico-giuridico di priorita', il terzo motivo.

Come si evince dall'esposizione della censura, sopra riassunta, la medesima e' stata rappresentata dai ricorrenti sotto forma di vizio della motivazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, che attiene alla ricostruzione della concreta fattispecie e puo' dar luogo solo al controllo della giustificazione del giudizio sulla ricostruzione del fatto (v. Cass. 10.1.1995, n. 228), mentre la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, ricorre quando si prospetta l'errata applicazione di una norma ad un fatto sulla cui fissazione non v'e' discussione.

In altri termini, i ricorrenti hanno contestato quanto sostenuto dalla Corte di merito circa la novita' dell'eccezione de qua, in quanto non proposta in primo grado, neppure in sede di precisazione delle conclusioni, precisando di aver sempre dedotto sin dal primo atto di difesa nel giudizio di primo grado l'inerzia del Ci. a corrispondere l'indennita' d'avviamento.

Ma la censura difetta del requisito di autosufficienza, non avendo i ricorrenti specificato in quale atto difensivo ed in quali termini fossero state articolate le suddette deduzioni, giacche' non e' consentito a questa Corte di ricercare direttamente negli atti di causa (e cioe' fuori del contenuto del ricorso per Cassazione) la conferma delle deduzioni stesse, per cui essa va disattesa.

Va peraltro osservato, per completezza di motivazione, che la questione dell'eccezione e della sua novita' o meno, per le considerazioni che saranno svolte nel paragrafo che segue, non risulta decisiva, cosi' come ritenuto dalla Corte di merito.

Non senza rilevare ulteriormente che, essendo il presente giudizio gia' pendente alla data del 30.5.95, per effetto della norma di cui alla Legge n. n. 253 del 1990, articolo 90, ad esso andava applicato l'articolo 345 c.p.c., comma 2, testo vigente anteriormente alla riforma, che consentiva la proposizione di nuove eccezioni nel giudizio d'appello: ma tale errata applicazione della norma in oggetto, non risultando dedotta con il motivo del ricorso per cassazione, che qui si esamina, che si limita - come si e' visto - a denunciare il vizio motivazionale e non quello di violazione di legge, non puo' allo stato costituire oggetto di disamina nel presente giudizio di legittimita'.

2. Il primo motivo e', invece, fondato.

Secondo la Legge n. 392 del 1978 articolo 34 comma 3, l'esecuzione del provvedimento di rilascio e' condizionata all'avvenuta corresponsione dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale.

Tale disposizione deve essere interpretata, secondo l'indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, nel senso che, venuto a cessare il contratto di locazione di immobile adibito ad uso diverso da quello abitativo, tra le reciproche obbligazioni a carico dei contraenti (di riconsegna dell'immobile per il conduttore e di pagamento dell'indennita' d'avviamento per il locatore) si e' venuta a creare un rapporto di reciproca interdipendenza che rende la prima inesigibile in caso di difetto di contemporaneo adempimento o di offerta di adempimento dell'obbligazione dell'altra parte (Cass. n. 1930/2003) : con la conseguenza che il conduttore che, alla scadenza del contratto, rifiuti la riconsegna dell'immobile, in attesa che il locatore gli corrisponda la dovuta indennita' per la perdita dell'avviamento, resta obbligato al solo pagamento del corrispettivo pattuito per la locazione, e non anche al risarcimento del maggior danno ex articolo 1591 c.c. (v. Cass. SS.UU. 15.11.2000, n. 1177).

Infatti, l'obbligo di risarcire il maggior danno presuppone la mora del conduttore a restituire la cosa locata, ma il medesimo non puo' essere ritenuto in mora sino a tanto che non gli sia stata pagata l'indennita' d'avviamento.

Deriva necessariamente da questa interpretazione del dettato della citata Legge n. 392 del 1978 articolo 34 che, nelle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, l'indagine del giudice di merito sulle concrete modalita' d'attuazione di quel rapporto d'interdipendenza tra le obbligazioni del locatore e del conduttore, nell'occasione in cui si discuta dell'esecuzione di un provvedimento di rilascio ovvero di altre questioni ad esse connesse (quale, appunto, il richiesto risarcimento del maggior danno, ai sensi dell'articolo 1591 c.c., in conseguenza dell'asserita mora del conduttore nella restituzione dell'immobile locato), debba essere svolta d'ufficio, anche indipendentemente da una eccezione in senso formale, da parte del conduttore, che faccia valere in modo espresso la suddetta subordinazione dell'esecuzione alla corresponsione dell'indennita' d'avviamento, bastando all'uopo la semplice contestazione, anche generica, della pretesa fatta valere ex adverso.

Ed e' pacifico che nel caso di specie gli odierni ricorrenti abbiano resistito alla domanda di risarcimento danni per ritardata restituzione dell'immobile, avendo impugnato la domanda ed avendone richiesto il rigetto, come ammesso dalla stessa controparte.

3. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento del secondo motivo.

4. Il ricorso va, percio', accolto in relazione al primo motivo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di Cassazione, dinanzi alla Corte d'appello di Napoli in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo, rigetta il terzo motivo, assorbito il secondo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione.

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