Se il conduttore aderisce alla sospensione dell'esecuzione del provvedimento di rilascio non può pretendere l'indennità di avviamento

Con riferimento all'art. 7 del d.l. 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 1989, n. 61 (che in relazione alle locazioni ad uso diverso dall'abitazione di cui all'art. 27 della legge n. 392 del 1978 dispone, nel primo comma, la sospensione sino al 31 dicembre 1989, dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione alla scadenza del periodo transitorio, prevedendo - inoltre - nel secondo comma, che, per il periodo di sospensione, la somma dovuta ai sensi dell'art. 1591 cod. civ. è pari all'ultimo canone corrisposto, aumentato del 100 per cento), la percezione da parte del locatore dell'aumento del canone è condizionata alla previa offerta, da parte sua ed in favore del conduttore, dell'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, sicchè, una volta avvenuta tale offerta, il conduttore, versando in mora nella restituzione della cosa locata, può scegliere se percepire l'indennità e restituire la cosa, così rinunciando alla sospensione legale del provvedimento di rilascio, oppure rimanere nella detenzione della cosa stessa fino alla sospensione della cessazione legale, corrispondendo al locatore il raddoppio del canone. Tale soluzione, da un lato, non determina alcuna ingiustificata disparità di trattamento, rilevante ai sensi dell'art. 3 Cost., tra conduttori aventi diritto all'indennità e quelli che non possono invocare tale tutela, versandosi in situazioni oggettivamente diverse; dall'altro, non comporta la sovrapposizione della disciplina della sospensione "ex lege" a quella generale di cui alla legge n. 392 del 1978, avendo la prima efficacia strettamente processuale.

Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile, Sentenza del 3 novembre 2009, n. 23198



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo - Primo Presidente

Dott. GEMELLI Torquato - Presidente Aggiunto

Dott. VITTORIA Paolo - Presidente di sezione

Dott. VIDIRI Guido - Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio - Consigliere

Dott. SALME' Giuseppe - Consigliere

Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17209/2004 proposto da:

CA. MA. ((OMESSO)), CA. AN. , CA. SA. , tutti nella loro qualita' di eredi di CA. BA. elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE CARSO 71, presso lo studio dell'avvocato ARIETA Giovanni, che li rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

PI. AN. , PI. GI. , PI. MA. TE. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MOCENIGO 26, presso lo studio dell'avvocato MONACCHIA Umberto, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato PASSINO LUIGI, per procura in calce al controricorso;

- controricorrenti -

e contro

DA. AN. vedova PI. ;

- intimata -

avverso la sentenza n. 252/2004 della CORTE D'APPELLO di Cagliari - Sezione distaccata di SASSARI, depositata il 29/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 29/09/2009 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

uditi gli avvocati Giovanni ARIETA, Luigi PASSINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso enunciando il principio che nel periodo di operativita' della sospensione della esecuzione degli sfratti disposta dal Decreto Legge n. 551 del 1988, articolo 7, comma 1, come convertito dalla Legge n. 61 del 1989, il locatore e' tenuto a corrispondere l'indennita' di occupazione nella misura ivi indicata indipendentemente dalla corresponsione o dalla offerta dell'indennita' per la perdita dell'avviamento, atteso anche che la sospensione ex lege dell'esecuzione non fa venire meno la mora del locatario che rimane nella detenzione dell'immobile nonostante la cessazione del rapporto e, quindi, e' obbligato alla restituzione anche se tale obbligo non puo' temporaneamente essere oggetto di esecuzione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I locatori Pi. citarono in giudizio il conduttore Ca. perche' fosse condannato a risarcire i danni cagionati all'immobile commerciale locato, nonche' a pagare una somma di danaro a titolo di canoni o indennita' di locazione. Il Tribunale di Sassari accolse la domanda, rilevando: che il Ca. per il periodo 1 gennaio 1989 - 31 dicembre 1990 aveva corrisposto ai locatori la somma di lire 8 milioni, mentre ai sensi della Legge n. 61 del 1989, articolo 7, egli avrebbe dovuto corrispondere un canone doppio nel periodo di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, essendo dunque tenuto al pagamento dell'ulteriore somma di lire 16 milioni; che il conduttore stesso era tenuto a versare ai locatori la somma necessaria per l'integrale ripristino del locale rilasciato in condizioni precarie; che un'ulteriore somma di danaro era dal medesimo dovuta per il valore delle migliorie illegittimamente asportate.

L'appello proposto dal Ca. e' stato respinto dalla Corte di Cagliari - sez. distaccata di Sassari, la quale, confermando la prima sentenza:

a) ha respinto l'eccezione pregiudiziale di nullita' degli atti istruttori compiuti nel primo grado del giudizio conseguente al tardivo mutamento del rito senza concessione del termine per l'eventuale integrazione degli atti introduttivi (in particolare il giudice ha ritenuto che siffatto vizio del procedimento non e' di per se' motivo di nullita' ma puo' diventarlo solo nel caso in cui ne siano derivati pregiudizi o limitazioni al diritto di difesa; i quali, nel caso in esame, non erano ravvisabili);

b) ha respinto le doglianze relative alla condanna al pagamento delle somme necessarie per il ripristino dei locali e di quelle corrispondenti al valore delle migliorie illegittimamente asportate (ritenendo che gli accertamenti del merito avevano dimostrato la fondatezza delle relative pretese);

c) circa la pretesa del doppio del canone per il periodo di sospensione legale dell'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile, ha dato atto dell'esistenza di due diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimita' ed ha accolto quello secondo cui, ai fini della corresponsione del menzionato aumento del canone nella misura del 100%, e' irrilevante la circostanza che sia stata preventivamente offerta e corrisposta l'indennita' per la perdita di avviamento commerciale (ritenendo che le disposizioni contenute nella Legge n. 61 del 1989, articolo 7 e nella Legge n. 392 del 1978, articolo 34 operano sotto diversi profili che non si trovano in reciproco conflitto ed imporre al locatore l'anticipato versamento dell'indennita' per la perdita dell'avviamento senza poter ottenere in cambio la disponibilita' dell'immobile di fatto vanificherebbe il compenso patrimoniale che la prima delle menzionate disposizioni intende accordargli).

Gli eredi del Ca. , frattanto defunto, propongono ricorso per la cassazione della sentenza d'appello mediante quattro motivi. Rispondono con controricorso gli intimati Pi. . Accogliendo l'istanza di questi ultimi, il Primo Presidente ha disposto la rimessione della causa alle sezioni unite della S.C..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 - I primi tre motivi del ricorso.

Infondato e' il primo motivo con il quale i ricorrenti denunziano la nullita' della sentenza perche' sul dispositivo compare il nome di un giudice (Dr. Au. ), originariamente astenutosi, "interlineato" e sostituito con il nome di un altro giudice (Dr. D. ). Dalla circostanza deducono: che il primo giudice abbia illegittimamente partecipato alla decisione, che, riguardo alla composizione del collegio, vi sia contrasto tra il dispositivo e la sentenza; che, anche a voler considerare quello in questione un mero errore materiale, non sarebbe stata seguita la prescritta procedura.

Nella specie non e' ravvisabile ne' un'ipotesi di nullita', ne' la violazione del procedimento per la correzione dell'errore materiale. Cosi' come esposto dagli stessi ricorrenti, nella redazione del dispositivo vi e' stata la mera sostituzione di uno dei giudicanti che non ha partecipato alla decisione con quello che vi ha effettivamente partecipato, attraverso l'utilizzazione del modulo gia' predisposto secondo la precedente formazione del collegio, l'interlineatura di un nome e la sovrascrittura dell'altro nome. Prassi questa assolutamente frequente presso gli uffici giudiziari, rispetto alla quale non e' dato ravvisare profili di illegittimita' (per difettosa costituzione del collegio o per contrasto tra dispositivo e sentenza) e che non e' neppure identificabile come errore materiale, il quale, come e' noto, si sostanzia in una mera svista del giudice che non incide sul contenuto concettuale della decisione, ma si concretizza in una divergenza tra l'ideazione e la sua materiale rappresentazione grafica (tra le varie in tal senso, cfr. Cass. 9 settembre 2005, n. 17977).

1.2 - Il secondo motivo censura la sentenza d'appello per avere respinto l'eccezione di nullita' della sentenza di primo grado, derivante dal fatto che era stato tardivamente mutato il rito senza l'assegnazione alle parti del termine espressamente previsto dall'articolo 426 c.p.c., comma 1.

La sentenza non e' censurabile sul punto, per essersi correttamente adeguata al consolidato principio (che occorre qui ribadire) in ragione del quale la doglianza relativa alla mancata adozione di un diverso rito, dedotta come motivo di impugnazione, e' inammissibile per difetto di interesse qualora non si indichi uno specifico pregiudizio processuale che dalla sua mancata adozione sia concretamente derivato, in quanto l'esattezza del rito non deve essere considerata fine a se stessa, ma puo' essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subita in relazione alla determinazione della competenza ovvero al contraddittorio oppure al diritto di difesa (tra le varie, cfr. Cass. 17 maggio 2005, n. 10341; 18 settembre 2003, n. 13351). Premesso siffatto principio, il giudice ha rilevato non solo che, nel procedimento in trattazione, non era ravvisabile (per ragioni che qui non e' neppure il caso di ribadire) alcun nocumento alla difesa (concreto nocumento al quale neppure il ricorso oggi in esame fa specifico riferimento), ma che, peraltro, la questione posta dalla parte era superabile dall'ulteriore e decisiva considerazione che il mutamento di rito puo' essere disposto anche in appello.

1.3 - Con il terzo motivo i ricorrenti censurano la sentenza nel punto in cui ha condannato il conduttore al pagamento della somma corrispondente al valore delle migliorie asportate, nonche' al pagamento della somma necessaria al ripristino dei locali. Essi sostengono che il giudice avrebbe errato laddove, nel distinguere tra migliorie ed addizioni, ha tenuto conto della destinazione economica del locale e non della utilizzazione specifica delle addizioni e della materiale enucleabilita' di queste rispetto all'immobile. Siffatto errore (ossia, ritenere le addizioni apportate dal conduttore alla stregua di migliorie) avrebbe, dunque, comportato l'altro, consistito nella condanna del conduttore al ripristino dei danni arrecati per il legittimo asporto di quelle opere.

Il motivo e' in parte inammissibile ed in parte infondato. E' inammissibile sia nella parte in cui lamenta l'errata interpretazione della clausola contrattuale in questione, senza neppure enunciare i canoni interpretativi legali che sarebbero stati violati (limitandosi, piuttosto, a contrapporre la propria tesi interpretativa a quella adottata in sentenza), sia laddove introduce la questione della materiale enucleabilita' dei beni, la quale presuppone uno specifico accertamento di merito che non e' consentito al giudice di legittimita'. E' infondato nella parte in cui attribuisce alla sentenza la violazione di legge ed il vizio della motivazione, dei quali non risulta affetta il provvedimento impugnato.

2.1 - Il quarto motivo di ricorso - Indennita' per l'occupazione dell'immobile ed indennita' per perdita di avviamento commerciale.

Il quarto motivo di ricorso coinvolge la questione per la quale la causa e' stata rimessa al giudizio di queste sezioni unite, ossia quella relativa alla rilevanza (o meno) dell'offerta e della corresponsione da parte del locatore dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale, ai fini del conseguimento del doppio dell'ultimo canone nel periodo di sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, come previsto dal Decreto Legge n. 551 del 1988, articolo 7 (convertito nella Legge 21 febbraio 1989, n. 61) con riferimento all'articolo 1591 c.c..

Le disposizioni normative alle quali occorre far riferimento nell'affrontare la questione sono i seguenti:

a) Il Decreto Legge 30 dicembre 1988, n. 551, articolo 7, conv. in Legge 21 febbraio 1989, n. 61, testualmente recita: "1. L'esecuzione delle sentenze di condanna al rilascio di immobili urbani di proprieta' privata e pubblica, adibiti ad una delle attivita' indicate alla 665 cod. proc. civ., per finita locazione alla scadenza del medesimo periodo e relativa a detti immobili, e' sospesa sino al 31 dicembre 1989. 2. Per il periodo di sospensione la somma dovuta ai sensi dell'articolo 1591 cod. civ., e' pari all'ultimo canone corrisposto, aumentato del 100 per cento";

b) l'articolo 1591 c.c., recita: "Il conduttore in mora a restituire la cosa e' tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno";

c) la Legge 27 luglio 1978, n. 392, articolo 34, dopo aver disposto che in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all'articolo 27, che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o a una delle procedure fallimentari, il conduttore ha diritto, per le attivita' indicate ai numeri 1) e 2) dell'articolo 27, ad una indennita' pari ad un certo numero di mensilita' dell'ultimo canone corrisposto, al terzo comma recita che "l'esecuzione del provvedimento di rilascio dell'immobile e' condizionata dall'avvenuta corresponsione dell'indennita' di cui al comma 1...".

Nulla dicono le norme sopra richiamate sull'effettiva correlazione tra il pagamento del doppio del canone in caso di sospensione legale ed il pagamento dell'indennita', ne' alcuna indicazione utile al riguardo si ricava dalla Relazione preliminare al Decreto Legge n. 551 del 1988, la quale, nell'illustrare la ratio dell'ennesimo provvedimento legislativo chiaramente finalizzato a fronteggiare la carenza di disponibilita' abitative, da un lato osservava che il comma 2, dell'articolo 7 servisse "a fornire una quantificazione legale del dovuto ex articolo 1591 cod. civ.".

Come s'e' visto in precedenza, la sentenza impugnata ha ritenuto che, ai fini della quantificazione dell'indennita' di occupazione dell'immobile per il periodo rientrante nella sospensione degli sfratti, di cui al Decreto Legge n. 551 del 1998, articolo 7, conv. in Legge n. 61 del 1989, fosse indifferente la circostanza della preventiva offerta o corresponsione al conduttore, da parte del locatore, dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 34.

Sul punto i ricorrenti segnalano un contrasto di giurisprudenza ed argomentano la loro propensione per la tesi secondo la quale il Decreto Legge n. 551 del 1988, articolo 7, comma 2, convertito nella Legge n. 61 del 1989, non ha inteso sopprimere la tutela assicurata al conduttore dalla Legge n. 392 del 1978, articolo 34, che condiziona il rilascio dell'immobile locato alla corresponsione in favore del conduttore dell'indennita' di avviamento, sicche' esso deve ritenersi applicabile nelle sole ipotesi in cui l'esecuzione del rilascio abbia trovato ostacolo esclusivo nella sospensione di tutti i provvedimenti di rilascio di cui al predetto comma 1 dell'articolo 7 e non anche nei casi in cui l'esecuzione del rilascio non avrebbe potuto comunque avere luogo a causa del mancato pagamento dell'indennita' di avviamento.

2.2 - La giurisprudenza e la dottrina sul tema.

Occorre subito dire che sul tema non e' dato riscontrare un contrasto giurisprudenziale, bensi', come si vedra' meglio in seguito, un consapevole ripensamento della questione, fondato su un diverso e maggiormente approfondito esame del dibattito.

In un primo approccio all'argomento la terza sezione civile di questa Corte ha ritenuto che il conduttore fosse tenuto, per tutto il periodo di operativita' della predetta sospensione, a corrispondere al locatore l'indennita' di occupazione, nella misura prevista dal comma 2 del citato articolo 7, a nulla rilevando che non gli fosse ancora stata corrisposta, ne' offerta, l'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale, spettantegli a norma della Legge n. 392 del 1978, articolo 34. Tale indirizzo e' cristallizzato in due sole pronunce.

Con la prima, sentenza, n. 3813 del 30 marzo 1995, la Corte -premettendo che secondo la Legge n. 392 del 1978, articolo 34, comma 3, l'esecuzione del provvedimento di rilascio e' condizionata all'avvenuta corresponsione dell'indennita' di avviamento e che il locatore il quale intenda porre in esecuzione il provvedimento di rilascio ha l'onere di pagare tale indennita' se vuole agire in executivis, e cio' sul presupposto che, a pagamento avvenuto, non sussistono ostacoli legali di altra natura all'esecuzione del rilascio - ha osservato che se, invece, il provvedimento di rilascio non e' eseguibile per cause diverse ed indipendenti dalla mancata corresponsione dell'indennita', non puo' ritenersi che gravi sul locatore l'onere in parola, altrimenti verrebbe meno il collegamento tra indennita' ed esecuzione esplicitamente posto dalla citata disposizione. Pertanto, nella specie, avendo il Decreto Legge n. 551 del 1988, articolo 7, comma 1, sospeso per l'intero anno 1989 l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, durante tale periodo non gravava sul locatore munito di sentenza di rilascio esecutivo l'onere di corrispondere l'indennita', come mezzo al fine dell'esecuzione della sentenza stessa, la quale non avrebbe comunque potuto avere attuazione durante il 1989. Ne consegue che, vigente la sospensione dell'esecuzione ex articolo 7, comma 1 citato, il conduttore non puo' opporre alla richiesta del locatore di ottenere il pagamento dei canoni ex articolo 7, comma 2, l'eccezione del mancato pagamento dell'indennita'.

Questo concetto risulta ribadito da Cass. 10 dicembre 1998, n. 12419.

Ulteriori argomenti a sostegno di detta impostazione sono forniti proprio dalla sentenza della Corte di Appello di Cagliari, attualmente oggetto di impugnazione. Secondo il giudice di merito le due categorie, pagamento dell'indennita' di avviamento e dell'indennita' di cui all'articolo 7, ben possono ritenersi scindibili atteso che la prima non comporta il disconoscimento, la soppressione o la decurtazione della seconda. Sotto il profilo teleologico, non direttamente affrontato della Cassazione, inoltre, la sentenza osserva che, mentre l'indennita' di cui all'articolo 7 mira a compensare il locatore dell'impossibilita' del recupero immediato dell'immobile ed a riequilibrare in questo modo la tutela offerta al conduttore mediante la sospensione dell'esecuzione, l'indennita' di avviamento tutela unicamente il conduttore, impedendo il rilascio del locale prima dell'incameramento dell'indennita'. Tali tutele non si troverebbero in reciproco conflitto, operando in due momenti storici diversi: la prima, durante il periodo in cui, indipendentemente dalla volonta' del locatore, l'esecuzione del provvedimento di rilascio sarebbe in ogni caso impossibile, stante l'operativita' della sospensione legale; la seconda quando, al contrario, l'esecuzione e' rimessa proprio ed unicamente alla volonta' del locatore, il quale, per porla in atto, dovra' preventivamente assolvere l'onere di corrispondere la dovuta indennita'.

In terzo ed ultimo luogo la sentenza di merito osserva che l'imposizione al locatore dell'onere di versare anticipatamente l'indennita' di avviamento rischierebbe di frustrare quel riequilibrio patrimoniale che, attraverso la previsione di un canone maggiorato, il legislatore ha voluto espressamente accordargli.

Un secondo indirizzo della giurisprudenza di legittimita', invece, ponendosi con il primo in consapevole contrasto, ritiene che, per il periodo di sospensione, nei riguardi dei conduttori titolari di locazioni di immobili adibiti ad attivita' che comportano contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori l'esecuzione del provvedimento di rilascio e' condizionata dalla previa corresponsione dell'indennita' per la perdita dell'avviamento ai sensi della Legge n. 392 del 1978, articoli 34 e 69, sicche', in carenza di corresponsione di quest'ultima, detti conduttori non dovrebbero il pagamento della somma di cui all'articolo 1591 c.c., e della relativa maggiorazione prevista dal Decreto Legge 30 dicembre 1988, n. 551, articolo 7, convertito, con modificazioni, nella Legge 21 febbraio 1989, n. 61.

Siffatto indirizzo, inaugurato da Cass. 22 gennaio 1999, n. 587, e' stato poi costantemente ribadito dal giudice di legittimita' (cfr. Cass. 26 maggio 1999, n. 5098; 1 settembre 2000, n. 11491), restando sopito il dibattito in quest'ultimo decennio.

Il contrasto di orientamenti sopra menzionato ha trovato terreno fertile anche in dottrina, ove negli anni addietro si e' registrato un acceso dibattito a favore dell'uno o dell'altro o-rientamento, oramai anch'esso del tutto sopito.

2.3 - La soluzione della questione.

Le sezioni unite intendono aderire al secondo indirizzo sopra illustrato, che (lo si e' detto) e' frutto di un piu' approfondito ripensamento interpretativo, apportando, tuttavia, una necessaria precisazione rispetto a quanto li' affermato.

Il Decreto Legge n. 551 del 1988, articolo 7, comma 2, qualifica espressamente l'importo dovuto dal conduttore (pari al doppio dell'ultimo canone corrisposto) durante il periodo di sospensione dell'esecuzione come "somma dovuta ai sensi dell'articolo 1591 c.c." Come s'e' visto, l'articolo 1591 c.c., la cui rubrica recita "Danni per ritardata restituzione", dispone che "Il conduttore in mora a restituire la cosa e' tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno".

Consegue che l'articolo 7 cit., richiamando espressamente l'articolo 1591 c.c., postula inequivocabilmente che la posizione del conduttore deve essere caratterizzata da "mora nella restituzione".

Questa S.C., ha tuttavia gia' statuito, in varie pronunce, che i conduttori che beneficiano del condizionamento dell'esecuzione del rilascio ai sensi della Legge n. 392 del 1978, articoli 34 e 69, non trova fondamento nell'attribuzione al conduttore di un "diritto di ritenzione" (cfr. Cass. n. 5579/88), ma nell'instaurazione ex lege di una relazione di interdipendenza tra l'obbligazione del conduttore di restituire la cosa locata e l'obbligazione del locatore di corrispondere l'indennita', prevedendosene la reciproca inesigibilita' in difetto di previo o contestuale adempimento della speculare obbligazione della controparte, mediante eccezione riconducibile nell'ambito della previsione dell'articolo 1460 c.c., con conseguente esclusione della mora del conduttore, ai sensi dell'articolo 1591 c.c., e di quella del locatore, ai sensi dell'articolo 1224 c.c., poiche' entrambi i rifiuti ad adempiere, se non in presenza del previo o contemporaneo adempimento della controparte, trovano titolo giustificativo nella legge (sent. n. 10820/95; in senso conforme: sent. n,2910/96; n. 7288/96; n. 9747/96; in senso contrario: sent. n. 6270/97).

Da questa premessa Cass. n. 587 del 1999 (che, come s'e' visto ha introdotto il nuovo orientamento contrapposto al recedente) fa coerentemente derivare che l'insussistenza della mora nella restituzione in capo al conduttore (che, essendo titolare del diritto all'indennita' per la perdita dell'avviamento, permanga nella detenzione della cosa locata successivamente alla scadenza in difetto di corresponsione della suddetta indennita') determina quindi l'inapplicabilita' dell'articolo 7, comma 2, cit., per mancanza del presupposto normativamente previsto, mediante espresso richiamo all'articolo 1591 c.c., concernente la "mora nella restituzione della, cosa locata".

Tuttavia, occorre porre in evidenza (e' questa la precisazione preannunziata rispetto a quanto hanno affermato Cass. n. 587 del 1999 ed i conformi arresti che le hanno fatto seguito) che la corresponsione dell'indennita' per la perdita dell'avviamento presuppone la precedente offerta della stessa. Offerta che, gia' di per se', pone il conduttore in situazione di mora e gli conferisce la scelta se accettare l'indennita' stessa e restituire la cosa locata, rinunziando dunque al beneficio della sospensione dell'esecuzione del provvedimento di rilascio, oppure rimanere nella detenzione dell'immobile e corrispondere al locatore il raddoppio del canone. Nel primo caso il locatore dovra' far fronte alla propria obbligazione e concretamente corrispondere l'indennita' per ottenere la restituzione dell'immobile; nel secondo caso l'offerta rimarra' anch'essa sospesa fino alla cessazione della sospensione legale dell'esecuzione del provvedimento di rilascio e, mentre il conduttore godra' di un ulteriore periodo di detenzione, il locatore beneficera' del raddoppio del canone.

Questa precisazione offre un giusto equilibrio all'interesse economico delle parti contrapposte e, soprattutto, risolve il dubbio (sollevato dalla stessa sentenza impugnata e dalla dottrina che s'e' opposta a questo indirizzo) che l'imposizione al locatore dell'onere di versare anticipatamente l'indennita' di avviamento rischi di frustrare quel riequilibrio patrimoniale che, attraverso la previsione di un canone maggiorato, il legislatore ha voluto espressamente accordargli.

Per il resto, e' sufficiente ribadire l'inutilita' di opporre che, cosi' interpretando il ridetto articolo 7 (nel senso cioe' che si applica soltanto in presenza di una situazione di mora, sicche' non opera nei confronti dei conduttori che non si trovano in tale condizione in virtu' della 3 Cost., tra conduttori aventi diritto all'indennita' e conduttori che siffatta tutela non possono invocare, per i quali soltanto la sospensione dell'esecuzione sarebbe subordinata all'offerta ed al pagamento di una somma pari al doppio del canone. E' infatti del tutto evidente che si tratta di situazioni oggettivamente differenziate, in ragione della diversa meritevolezza di tutela delle attivita' esplicate nell'immobile, che costituisce la ratio della distinta disciplina di maggior favore riservata dal legislatore alle locazioni di immobili adibiti ad attivita' aventi contatti diretti con il pubblico.

Neppure puo' essere condiviso l'assunto secondo il quale la sospensione ex lege dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio si sovrapporrebbe, elidendone l'operativita', alla disciplina dettata dalla Legge n. 392 del 1978, articoli 34 e 69, e sospensione ex lege dell'esecuzione (o in forza di dilazioni concesse dal giudice) e' inversa a quella suindicata. Le sospensioni ex lege (o le dilazioni) hanno invero valore strettamente processuale, in quanto attengono all'esecuzione, senza riflessi sul piano sostanziale, nel senso che non incidono sulla avvenuta cessazione del rapporto e sulle conseguenze che da essa scaturiscono in ordine alla mora a restituire ai sensi dell'articolo 1591 c.c. (fatta salva diversa disposizione di legge: sent. n. 86621/91; n. 4429/89). Il condizionamento ex articoli 34 e 69 cit., opera invece anche sul piano sostanziale, nel senso che esclude la mora nella restituzione.

Condizionamento e sospensione ex lege possono tuttavia coesistere, in relazione ad ipotesi di cessazione di locazioni presidiate dalla tutela dell'avviamento, ed in tal caso sara' il condizionamento a regolare, con forza assorbente, in ragione della sua piu' ampia ed incisiva efficacia, non solo processuale, ma anche sostanziale, la situazione di fatto susseguente alla cessazione del rapporto. Sara' in tal caso rimessa alla volonta' del conduttore e del locatore, che offrano, rispettivamente, il primo la riconsegna dell'immobile (certamente non preclusa dalla sospensione ex lege dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio, avendo il conduttore piena facolta' di non avvalersene, anche se e' evidente che trattasi di ipotesi del tutto marginale), ed il secondo il pagamento dell'indennita', la facolta' di determinare la cessazione del condizionamento, con conseguente applicazione della disciplina della sospensione ex lege del provvedimento di rilascio (e del raddoppio del canone, secondo quanto prevede l'articolo 7 cit., nell'ipotesi che ha dato origine alla presente controversia) nel caso di iniziativa del locatore non accolta dal conduttore (per l'affermazione del principio, v. sent. n. 10820/95).

Infine, non vale opporre che il locatore, con riferimento alle locazioni soggette al regime transitorio, per le quali l'indennita' per la perdita dell'avviamento si' determina, ai sensi della Legge n. 392 del 1978, articolo 69, sulla base del canone corrente di mercato, non sarebbe in condizioni di quantificare esattamente la somma da offrire a titolo di indennita' (a differenza di quanto avviene per le locazioni soggette al regime ordinario, per le quali l'indennita' e' legalmente quantificata dall'articolo 34 Legge cit. con riferimento alla misura dell'ultimo canone corrisposto), al fine di costituire in mora il conduttore e pretendere, nel caso di rifiuto, il raddoppio del canone ai sensi dell'articolo 7, comma 2, cit..

Al riguardo (a parte la considerazione che una quantificazione del canone corrente di mercato, con sufficiente approssimazione, e' consentita da agevoli indagini presso gli operatori professionali del settore delle locazioni commerciali) soccorre invero la nuova disciplina introdotta dal medesimo Decreto Legge n. 551 del 1988, articolo 9, in tema di condizionamento, in virtu' della quale il locatore, proponendo domanda giudiziale di determinazione dell'indennita', ed indicando, come la norma impone, l'importo dell'indennita' ritenuta dovuta, ha facolta' di procedere all'esecuzione corrispondendo la somma offerta, ovvero quella che il conduttore ha l'onere di contrapporre, salvo conguaglio. In conclusione, deve essere affermato il principio secondo cui: "Con riferimento al Decreto Legge 30 dicembre 1988, n. 551, articolo 7, convertito, con modificazioni, nella Legge 21 febbraio 1989, n. 61 (che dispone, nel comma 1, la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio per finita locazione alla scadenza del periodo transitorio in relazione alle locazioni ad uso diverso dall'abitazione di cui alla Legge n. 392 del 1978, articolo 27, sino al 31 dicembre 1989, prevedendo, inoltre, nel comma 2, che per il periodo di sospensione la somma dovuta ai sensi dell'articolo 1591 c.c., e' pari all'ultimo canone corrisposto, aumentato del 100%), la percezione, da parte del locatore, dell'aumento del canone e' condizionata alla previa offerta, da parte sua ed in favore del conduttore, dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale. Sicche', una volta avvenuta tale offerta, il conduttore, versando in mora nella restituzione della cosa locata, puo' scegliere se percepire l'indennita' e restituire la cosa (cosi' rinunziando agli effetti della sospensione legale del provvedimento di rilascio), oppure rimanere nella detenzione della cosa stessa fino alla cessazione della sospensione legale, corrispondendo al locatore il raddoppio del canone".

3. - La fattispecie trattata.

Nella causa in trattazione i giudici del merito hanno, tra l'altro, riconosciuto ai locatori il diritto a percepire dal conduttore il raddoppio del canone durante il periodo di sospensione legale dell'esecuzione del provvedimento di rilascio, benche' i primi non avessero offerto al secondo il pagamento dell'indennita' per la perdita dell'avviamento commerciale.

In ragione di quanto premesso, la sentenza deve essere cassata sul punto, restando, cosi', accolto il quarto motivo di ricorso e respinti i primi tre.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa puo' essere decisa nel merito, ai sensi dell'articolo 384 c.p.c., e la sentenza di primo grado deve essere riformata nel punto in cui ha condannato il conduttore a corrispondere al locatore il doppio del canone di locazione per la durata della sospensione dell'esecuzione del provvedimento di rilascio.

La complessita' della questione impone la totale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta i primi tre motivi del ricorso, accoglie il quarto, cassa in relazione a quest'ultimo la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigetta la domanda dei locatori di percezione del raddoppio del canone per il periodo di sospensione legale del provvedimento di rilascio. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

 

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