Contratti: Guide e Consulenze Legali

Chiedi un contratto

Redigiamo il tuo contratto sulle tue esigenze
in 48 ore a soli 98 euro!

Atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c. e condizioni di separazione

Con decreto 23/3/2007, il Tribunale di Reggio Emilia, Sezione Prima Civile, si è pronunciata sul nuovo istituto degli atti di destinazione ex art . 2645 ter. Il Tribunale di Reggio Emilia ha accolto la domanda di modifica delle condizioni di separazione, consensualmente decise dalla parti, giudicando legittimo il trasferimento immobiliare ivi previsto con l’imposizione del vincolo di destinazione ex art. 2645 ter per la realizzazione dell’interesse della prole.
Il Tribunale ha così rilevato con la trascrizione nei Registri Immobiliari ex art. 2645-ter cod. civ. il vincolo di destinazione risulta opponibile erga omnes, offrendo così ai minori una significativa tutela, sia con riguardo ai frutti dei beni (da destinare al mantenimento), sia con riguardo all’inalienabilità.
Il giudice adito ha, altresì, precisato che poiché per la realizzazione degli interessi ai quali è preposto il vincolo può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato (e, quindi, anche il Pubblico Ministero o un tutore o un curatore speciale), l’intestatario dei beni non potrà essere completamente libero di godere e disporre dei cespiti dovendo salvaguardare l’esigenza di mantenimento della prole.



- Leggi la sentenza integrale -

IL TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA
SEZIONE PRIMA CIVILE
riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei seguenti Magistrati:
- Dr. Roberto Piscopo PRESIDENTE
- Dr. Stefano Scati GIUDICE
- Dr. Giovanni Fanticini GIUDICE RELATORE

nel procedimento n. 1407/2006 Reg. N.C. ex art. 710 cod. proc. civ., promosso da Caia e Tizio
 esaminata la documentazione e i verbali del- 30/11/2006 e del 22/3/2007,
 udita la relazione svolta dal Giudice Relatore Dr. Giovanni Fanticini,

osserva quanto segue

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 27/7/2006 i coniugi hanno adito il Tribunale per la modifica delle condizioni di separazione: chiedevano, in particolare, la sostituzione della condizione sub E) del verbale di separazione consensuale del 22/11/2005 (omologato in data 9/2/2006) – la quale prescriveva a Tizio l’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli minori versando alla Caia un assegno mensile di Euro 400,00 (comprensivo di spese straordinarie; somma rivalutabile secondo indici Istat dall’1/10/2006) – con il trasferimento alla Caia, “in adempimento all’obbligo di mantenimento dei figli minori”, di immobili (terreni agricoli e fabbricati), ubicati in Alfa, in titolarità del Tizio per l’intero o in quota del 50%.

Interveniva, in data 16/8/2006, il Pubblico Ministero

Con provvedimento del 30/11/2006, sentite le parti, il Tribunale osservava che la concorde richiesta di modifica non appariva rispondente all’interesse della prole: difatti, l’obbligo di mantenimento dei figli minori, precedentemente assunto dal padre con il pagamento di una somma mensile, veniva – nella domanda – sostituito con il trasferimento alla madre (affidataria della prole) del compendio immobiliare, ma senza alcuna garanzia sulla destinazione dei cespiti e dei loro frutti (naturali e civili) al mantenimento della prole.

Il Collegio suggeriva alle parti l’apposizione sugli immobili trasferendi di un vincolo di destinazione (art. 2645-ter cod. civ.) che consentisse di sottrarre i beni alla libera disponibilità della madre e impegnasse gli stessi al preminente interesse dei figli (peraltro, attenuando il rischio di espropriazione da parte di eventuali creditori); conseguentemente, rimetteva i coniugi innanzi al Giudice Relatore.

All’udienza del 22/3/2007 Tizio e Caia modificavano l’originaria domanda e, previa produzione di un aggiornato certificato di destinazione urbanistica relativo ai terreni (in atti), così concludevano:

“insistono per la modifica consensuale delle condizioni della separazione richiesta con ricorso congiunto ex art. 710 c.p.c. e dichiarano di concordare la modifica della condizione E) del verbale di separazione coniugi sostituendola con quelle qui di seguito indicate:

1) Il Sig. Tizio trasferisce la quota pari al 50% dell’immobile indicato ai punti a), b) e c) e il 100% dell’immobile indicato al punto d) del presente atto, con questo verbale, alla moglie Caia, la quale accetta, in adempimento all’obbligo di mantenimento dei figli minori, i seguenti beni immobili:

a) casa di civile abitazione posta in Comune di Alfa (Re), località X, con circostante area cortiliva di pertinenza in proprietà esclusiva, composta da: al piano terra cucina, pranzo, camera da letto, bagno, locale caldaia e studio; al primo piano soggiorno, tre camere da letto, ripostiglio, bagno e terrazzo;al secondo piano un sottotetto. Il tutto con scala interna di collegamenti confina con via Y. Agli effetti dell’art. 40, 2 comma della Legge 28/2/1985 n. 47 e sue modificazioni, la parte cedente dichiara che il fabbricato è stato edificato in base a licenza edilizia n. 80/1970 rilasciata dal Comune di Alfa (Re) il 29/09/1970 e successiva licenza per ristrutturazione n. 49 dell’11/08/1998 con certificazione di abitabilità del 4/06/1999, prot. 8077;

b) al piano terra, quali accessori della casa di cui alla lettera a) un’autorimessa, una cantina ed un ripostiglio, al primo piano un vano ad uso ripostiglio, confinanti nell’insieme con cortile, con ragioni Z. Detto immobile(compreso quello sub a) risulta censito nel Catasto Fabbricati del Comune di Alfa;

c) appezzamento di terreno esteso circa are novantuno e centiare diciannove,avente la destinazione urbanistica di cui all’allegato certificato, confinante con ragioni ZZ. Detto terreno risulta censito nel Catasto terreni del Comune di Alfa;

d) Terreno agricolo senza fabbricati della superficie catastale complessiva di HA 1.17.46 (ettari uno are diciassette e centiare quarantasei), censito nel C.C.T. di detto Comune;

2) che i presenti trasferimenti vengono fatti ed accettati a corpo con tutti i diritti, ragioni, azioni, accessioni, dipendenze e pertinenze, usi, servitù inerenti a quanto costituito, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano e così come è stato pacificamente posseduto dal sig. Tizio, ad esso pervenuto per gli immobili di cui ai punti a,b e c. per atto a ministero Dott. Sempronio;

3) che il Sig. Tizio per quanto occorrer possa, garantisce la piena proprietà di quanto oggi assegnato e la sua libertà alla data odierna da pesi, vincoli, privilegi, anche di natura fiscale, sequestri, pignoramenti e/o da oneri comunque pregiudizievoli, ad eccezione della ipoteca iscritta dal Gruppo Bancario Bipop-Carire a carico degli immobili indicati alla condizione n. 1 punti a) b) e c) a garanzia del mutuo ipotecario stipulato da entrambi i coniugi che rimane a carico esclusivo della Sig.ra Caia già dalla sottoscrizione del presente atto sino all’estinzione dello stesso, in data 12/11/1999, con formalità eseguita presso la conservatoria dei Registri Immobiliari di Reggio Emilia in data 3/12/1999, R.G. 23904, R.P. 6124;

4) Il predetto mutuo gravante sull’immobile sopra descritto viene immediatamente assunto da Caia che fin d’ora libera il coniuge da ogni inerente e conseguente obbligazione dando atto di rimanere la solo obbligata all’estinzione del mutuo e alla conseguente cancellazione di ipoteca ed impegnandosi a notificare il presente accollo all’istituto mutuante cui seguirà la notifica del presente verbale che recepirà l’intervenuto accollo;
-
- che il Sig. Tizio Marco, per quanto occorrer possa, presta le più ampie garanzie di legge per il caso di evizione e/o di molestie;
-
- Il Sig. Tizio dichiara, per quanto occorrer possa, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2834 c.c., di rinunciare alla ipoteca legale di cui all’art. 2817 comma 1 n. 1 c.c.;

5) che gli effetti utili ed onerosi del presente trasferimento decorreranno dalla data del presente verbale;

6) che le parti chiedono che agli effetti fiscali i predetti trasferimenti di quota di proprietà dei predetti immobili vengano dichiarati esenti da ogni imposta e tassa ai sensi dell’art. 19 L. 898/70 e succ. modif. (Corte Cost. N. 154/99);

7) ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2645-ter c.c. la sig.ra Caia si obbliga ad impiegare i frutti degli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e d) per il pagamento del mutuo ipotecario iscritto dal Gruppo Bancario Bipop-Carire a carico degli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e, una volta estinto detto mutuo, ad impiegare i frutti degli immobili per il mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del più giovane dei figli;

8) ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2645-ter c.c. la sig.ra Caia si impegna, altresì, a non alienare gli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e d) sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del più giovane dei figli;

9) La Sig.ra Caia dà atto che Tizio ha versato con assegno bancario ricevuto in data 26/07/2006 la somma di euro 1.400,00, di cui euro 400,00 relativa al mantenimento dei figli minori per il mese di Luglio 2006, ed euro 1.000,00 a saldo di tutti i crediti vantati dalla Sig.ra Caia nei confronti del Sig. Tizio Marco;

10) I canoni di locazione percepiti per l’immobile indicato al punto n. a) b) e c) spetteranno per intero alla Sig.ra Caia;

11) Le parti dichiarano reciprocamente di nulla più pretendere per qualunque titolo o ragione,fatta eccezione degli adempimenti indicati nelle premesse del presente atto;

12) Le spese del presente procedimento sono compensante tra le parti;

13) restano ferme e confermate le condizioni di cui ai punti A), B), C), D), F), G), H), L), M) e N) del verbale di separazione del 22/11/2005”.

§ § §

MOTIVI DELLA DECISIONE

Al negozio traslativo degli immobili (sostitutivo della condizione E del verbale di separazione omologato) i coniugi hanno aggiunto le seguenti pattuizioni:
 “… ai sensi e per gli effetti di cui all’art.- 2645-ter c.c. la sig.ra Caia si obbliga ad impiegare i frutti degli immobili indicati alla condizione n. 1 punti a), b), c) e d) per il pagamento del mutuo ipotecario iscritto dal Gruppo Bancario Bipop-Carire a carico degli immobili indicati alla condizione n.1 punti a), b), c) e, una volta estinto detto mutuo, ad impiegare i frutti degli immobili per il mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del più giovane dei figli”;
- “… ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2645-ter c.c. la sig.ra Caia si impegna, altresì, a non alienare gli immobili indicati alla condizione n. 1 punti a), b), c) e d) sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica del più giovane dei figli”.

Spetta ora al Collegio valutare se l’interesse della prole è stato sufficientemente salvaguardato attraverso le pattuizioni suddette e, per fare ciò, occorre esaminare l’applicabilità dell’art. 2645-ter cod. civ. e gli effetti del vincolo impresso.

La menzionata disposizione fa riferimento agli “atti in forma pubblica”.

Poiché è impensabile che il legislatore abbia voluto “esautorare” il contratto (apparentemente escluso dalla norma che riguarda esplicitamente i soli “atti”) e, cioè, lo strumento principe attraverso il quale si esprime l’autonomia negoziale, il riferimento letterale (“atti”) dell’art. 2645-ter cod. civ. deve intendersi limitato al requisito formale richiesto per la trascrizione, la quale deve essere effettuata sulla scorta di un “atto pubblico” ai sensi dell’art. 2699 cod. civ. Proprio per la centralità riconosciuta all’autonomia negoziale privata, la locuzione impiegata all’inizio dell’articolo 2645-ter cod. civ. deve, perciò, essere riferita al genus dei negozi (atti e contratti) volti ad imprimere vincoli di destinazione ai beni, purché stipulati in forma solenne; del resto, il successivo richiamo all’art. 1322, comma 2°, cod. civ. dimostra che la norma concerne certamente anche i contratti.

Nel caso di specie, il verbale dell’udienza del 22/3/2007 costituisce atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 cod. civ. e (previa omologazione dell’accordo) è titolo idoneo alla trascrizione nei Registri Immobiliari, a norma dell’art. 2657 cod. civ., del negozio di trasferimento di diritti reali immobiliari ivi contenuto (come espressamente riconosciuto da Cass., 15/5/1997, n. 4306; analogamente, Cass., 30/8/1999, n. 9117).

È soddisfatto, pertanto, il requisito formale.

È evidente, inoltre, che il negozio ha ad oggetto il trasferimento e la destinazione di beni immobili, come prevede la disposizione (che limita il suo ambito di applicazione agli immobili e ai beni mobili registrati).

L’art. 2645-ter cod. civ. si riferisce a negozi atipici (ma – si deve ritenere – anche a contratti con causa normativamente disciplinata) che destinano i beni alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322, comma 2° cod. civ.: occorre perciò esaminare la natura dell’accordo raggiunto dai coniugi Tizio e Caia sotto i profili della causa e della validità di questa in relazione alla meritevolezza degli interessi perseguiti.

In giurisprudenza, l’accordo col quale si prevede la corresponsione del contributo al mantenimento dei figli con un trasferimento immobiliare una tantum anziché con un assegno periodico è stato considerato, dopo qualche esitazione giurisprudenziale (Trib. Catania, 1/12/1990, in Dir. Fam. Pers., 1991, pag. 1010: “Poiché la legge sul divorzio non prevede la corresponsione in unica soluzione del contributo per il mantenimento della prole e poiché del diritto della prole minorenne al mantenimento da parte dei genitori, questi ultimi non possono disporre a loro piacimento, non è ammissibile l’assolvimento dell’obbligo di mantenimento, da parte del genitore non affidatario, mediante donazione di un cespite immobiliare; legittimamente pertanto il giudice può determinare, in virtù dei poteri d’ufficio che gli competono, la misura del contributo (periodico) dallo stesso genitore dovuto in favore della prole”), pienamente lecito e ammissibile (Corte App. Milano, 6/5 1994, in Fam. Dir., 1994, pag. 667; Trib. Vercelli, 24/10/1989, in Dir. Fam. Pers., 1991, pag. 1259; Trib. Siracusa, 14/12/2001, in Arch. Civ., 2002, pag. 728).

Il Tribunale osserva che, per quanto attiene alle modalità di adempimento dell’obbligo di contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli minorenni, prima della riforma dell’art. 155 cod. civ. disposta dalla Legge 8/2/2006, n. 54, era consueta l’imposizione al genitore non affidatario dell’obbligo di corrispondere all’altro una somma periodica di denaro; la dottrina, invero, si era interrogata sulla possibilità per il Giudice di prevedere modalità divergenti da questa, spingendosi ad ammettere, per esempio, la “destinazione dei frutti di beni e capitali al mantenimento del minore”.

Oggi, il comma 4° dell’art. 155 cod. civ. non sembra lasciare adito a dubbi sul fatto che la sola modalità di fonte giudiziale per la determinazione del contributo di uno dei genitori al mantenimento della prole sia costituita dalla previsione, “ove necessario”, della “corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità”.

Affatto diverso è il discorso, però, per quanto attiene alle intese delle parti, in relazione alle quali il Giudice deve limitarsi ad una mera “presa d’atto” qualora le medesime non appaiano in contrasto con l’inderogabile principio dell’interesse del minore.

Si deve perciò concludere sul punto ritenendo che non vi siano, in linea di principio, ostacoli ad un accordo che preveda la corresponsione del contributo al mantenimento della prole in un’unica soluzione anziché con assegni periodici. Restano i dubbi (espressi in dottrina e in giurisprudenza, ma non strettamente attinenti al presente procedimento) sulla riconducibilità di effetti preclusivi alla prestazione una tantum, in relazione all’inderogabile principio di proporzionalità espresso nell’art. 148 cod. civ.: solo incidentalmente, si osserva che nessuna rinunzia, espressa o tacita, potrebbe escludere la facoltà, per il genitore affidatario/convivente o per lo stesso figlio maggiorenne ma non ancora autosufficiente, di far valere le eventuali sopravvenienze per effetto delle quali la prestazione effettuata non dovesse più rispondere ai canoni ex art. 148 cod. civ.

Riguardo alla causa, si rileva che le predette pronunce riguardavano il trasferimento, o la promessa di trasferimento (qualificata come contratto a favore di terzo), direttamente dal coniuge separando/divorziando ai figli, mentre nel caso de quo il trasferimento avviene tra i coniugi, seppure con vincolo di destinazione a favore della prole e a titolo di mantenimento di questa: deve comunque essere riconosciuta la meritevolezza degli interessi perseguiti.

Si tende a ravvisare la causa dei trasferimenti in favore della prole nella funzione solutoria dell’obbligo di mantenimento, sebbene i prevalenti riferimenti giurisprudenziali richiamino la causa atipica (ex art. 1322 cod. civ.).

Scartata la tesi della causa solutionis (per difetto di una preventiva predeterminazione quantitativa dell’obbligazione che il trasferimento andrebbe, in tutto o in parte, ad estinguere), nonché della causa transactionis (per la mancanza di un aliquid datum contrapposto ad un aliquid retentum ed inoltre per l’indisponibilità dei diritti in gioco, attinenti alle prestazioni ex artt. 30 Cost., 147 e 148 cod. civ.), si può riconoscere nel negozio stipulato dai coniugi Tizio e Caia un contratto con causa atipica, tesi richiamata pure dalla Suprema Corte proprio con riguardo ai negozi relativi alla prole (Cass., 21/12/1987, n. 9500, in Giust. Civ., 1988, I, pag. 1237; Cass., 17/6/2004, n. 11342, in Giust. civ., 2005, I, pag. 415; Cass., 8/11/2006, n. 23801).

La stessa Corte ha poi statuito che “la configurabilità di negozi traslativi atipici, purché sorretti da causa lecita, trova fondamento nello stesso principio dell’autonomia contrattuale posto dall’art. 1322 comma 2° cod. civ.” (Cass. civ., 9 ottobre 1991, n. 10612, in Riv. Not., 1991, fasc. 6, pag. 1413).

La causa del trasferimento immobiliare de quo – se inteso come contratto atipico – deve essere esaminata sotto l’aspetto della meritevolezza degli interessi sottesi.
In proposito, il Tribunale osserva che l’ “immeritevolezza” degli interessi perseguiti è quasi divenuta “ipotesi di scuola” (tra gli ultimi esempi: Cass., 5/1/1994, n. 75, in Giust. Civ., 1994, I, pag. 1230 e Cass., 20/9/1995, n. 9975, in Giust. Civ., 1996, I, pag. 73) e che, al contrario, la “meritevolezza” è stata ampiamente riconosciuta perché “il fondamentale principio dell’autonomia contrattuale consente alle parti di stipulare, nei limiti imposti dalla legge, tutte quelle intese negoziali, riconosciute dall’ordinamento giuridico, che vengano ritenute idonee alla tutela dei rapporti in continua evoluzione” (così Cass., Sez. Un., 1/10/1987, n. 7341, pluriedita); peraltro, “nella più modesta cornice che, dopo l’adozione della Costituzione, le compete … una volta abbandonato quel criterio dell’ «utilità sociale» che, nella relazione al codice civile, aveva giustificato la pur contestata adozione della norma, il giudizio di meritevolezza degli interessi perseguiti col negozio atipico si riduce, in realtà, ad una valutazione di non illiceità, in cui l’interprete deve limitarsi all’esame della non contrarietà del negozio alle norme imperative, all’ordine pubblico ed al buon costume” (recentemente, Trib. Trieste 23/9/2005, in Guida Dir., 2005, n. 41, pag. 57). Anche alla luce di quanto ora esposto, non può quindi dubitarsi della liceità della causa (il mantenimento della prole) che sorregge il trasferimento immobiliare dal Tizio alla Caia (inoltre, la già menzionata pronuncia di Cass., 17/6/2004, n. 11342 ha espressamente statuito che “l’accordo di separazione che contenga l’impegno di uno dei coniugi, al fine di concorrere al mantenimento del figlio minore, di trasferire, in suo favore, la piena proprietà di un bene immobile, trattandosi di pattuizione che dà vita ad un contratto atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, [è] volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ai sensi dell’art. 1322 cod. civ.”).

Non manca, poi, dottrina che rinviene nei negozi traslativi in sede di separazione/divorzio una causa tipica: se si tiene conto del carattere di “negoziazione globale” che la coppia in crisi attribuisce al momento della “liquidazione” del rapporto coniugale, di fronte alla necessità di valutare gli infiniti e complessi rapporti di dare-avere che la convivenza protratta per anni genera, si può riconoscere un vero e proprio “contratto di definizione della crisi coniugale” (o, più esattamente, dei suoi aspetti patrimoniali), un negozio tale da abbracciare ogni forma di costituzione e di trasferimento di diritti patrimoniali compiuti, con o senza controprestazione, in occasione della crisi coniugale.

La ricostruzione dottrinale sembra avvalorata dalla terminologia impiegata dal legislatore, laddove esso si riferisce alle “condizioni della separazione consensuale” (art. 711 cod. proc. civ.) e alle “condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici” in sede di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 4, comma 16°, Legge Divorzio): la lettura coordinata delle predette disposizioni – alla luce della giurisprudenza secondo cui ciascun coniuge ha il diritto di condizionare il proprio assenso alla separazione a un soddisfacente assetto dei rapporti patrimoniali (Cass., 24/2/1993, n. 2270, in Dir. Fam. Pers., 1994, pag. 563; Cass., 22/1/1994, n. 657, in Dir. Fam. Pers., pag. 868) – consente di attribuire a quel complemento di specificazione (“della separazione”) un valore non più soltanto soggettivo ma anche oggettivo. In altri termini, “condizioni della separazione” non sono soltanto quelle “regole di condotta” destinate a scandire il ritmo delle reciproche relazioni per il periodo successivo alla separazione o al divorzio, bensì anche tutte quelle pattuizioni alla cui conclusione i coniugi intendono comunque ancorare la loro disponibilità per una definizione consensuale della crisi coniugale. Sotto il profilo causale, dunque, i contratti della crisi coniugale (e, segnatamente, i negozi traslativi di diritti tra coniugi in crisi) si caratterizzano per la presenza della causa tipica di definizione della crisi stessa.

La tesi è stata recentemente accolta dalla Suprema Corte: “Gli accordi di separazione personale fra i coniugi, contenenti attribuzioni patrimoniali da parte dell’uno nei confronti dell’altro e concernenti beni mobili o immobili, non risultano collegati necessariamente alla presenza di uno specifico corrispettivo o di uno specifico riferimento ai tratti propri della “donazione”, e … rispondono, di norma, ad un più specifico e più proprio originario spirito di sistemazione dei rapporti in occasione dell’evento di “separazione consensuale” … il quale, sfuggendo – in quanto tale – da un lato alle connotazioni classiche dell’atto di “donazione” vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sé, ad un contesto – quello della separazione personale – caratterizzato proprio dalla dissoluzione delle ragioni dell’affettività), e dall’altro a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l’assenza di un prezzo corrisposto), svela, di norma, una sua “tipicità” propria la quale poi, volta a volta, può … colorarsi dei tratti dell’obiettiva onerosità piuttosto che di quelli della “gratuità”, in ragione dell’eventuale ricorrenza – o meno – nel concreto, dei connotati di una sistemazione “solutorio-compensativa” più ampia e complessiva, di tutta quell’ampia serie di possibili rapporti (anche del tutto frammentari) aventi significati (o eventualmente solo riflessi) patrimoniali maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale” (Cass., 14/3/2006, n. 5473; analogamente, Cass., 23/3/2004, n. 5741, in Arch. Civ., 2004, pag. 1026).

A maggior ragione, perciò, riconoscendo al negozio traslativo in esame una causa tipica non può dubitarsi della sua liceità.

Resta da analizzare la questione (essenziale nel procedimento de quo) relativa alla salvaguardia dell’interesse della prole: difatti, come nel procedimento di separazione consensuale seguita da omologazione (sostanzialmente assimilabile alla presente richiesta di modifica, avanzata congiuntamente dai coniugi), il controllo giudiziale si traduce in una verifica della legittimità/opportunità delle condizioni pattuite dai coniugi soprattutto rispetto all’interesse dei figli, che funge da parametro di valutazione anche per le clausole relative a rapporti patrimoniali.

In linea generale, si rileva che, con la trascrizione nei Registri Immobiliari ex art. 2645-ter cod. civ. (sulle modalità con cui eseguire la formalità si richiama la Circolare dell’Agenzia del Territorio n. 5 del 7/8/2006), il vincolo di destinazione risulta opponibile erga omnes, offrendo così ai minori una significativa tutela, sia con riguardo ai frutti dei beni (da destinare al mantenimento), sia con riguardo all’inalienabilità.

Inoltre, poiché per la realizzazione degli interessi ai quali è preposto il vincolo può agire, oltre al conferente (il Tizio), qualsiasi interessato (e, quindi, anche il Pubblico Ministero o un tutore o un curatore speciale), l’intestatario dei beni (la Caia) non potrà essere completamente libero di godere e disporre dei cespiti dovendo salvaguardare l’esigenza di mantenimento della prole.

Infine, è prevista una piena ed efficace garanzia sui beni rispetto agli atti di esecuzione, addirittura superiore alla previsione di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale: infatti mentre l’impignorabilità per debiti contratti per scopi estranei o differenti rispetto a quelli individuati nell’atto di destinazione dei beni (e dei relativi frutti) conferiti ai sensi del nuovo art. 2645-ter cod. civ. appare assoluta, l’art. 170 cod. civ. assoggetta ad esecuzione i beni del fondo patrimoniale anche per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, a condizione che il creditore non sia a conoscenza di tale ultima circostanza.

Più specificamente, si osserva che il primo vincolo impresso sui beni trasferiti alla Caia riguarda i loro frutti (che, a norma dell’art. 2645-ter cod. civ., “possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione”) e prevede che gli stessi siano destinati – dopo l’estinzione del mutuo che grava sugli immobili – al mantenimento della prole sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica.

Si tratta, con ogni evidenza, di una pattuizione favorevole per la prole: dopo la liberazione del bene dai gravami relativi al mutuo stipulato dai coniugi acquirenti (e proprio a questo fine devono in primis essere destinati i frutti), è assicurata ai figli – sino al raggiungimento della loro autosufficienza economica – una fonte sicura di reddito (peraltro non aggredibile da eventuali creditori della Caia).

Il secondo vincolo è strettamente connesso al primo (l’impiego dei frutti è garantito anche dalla conservazione della titolarità dei cespiti, la quale consente di goderne e disporne) e prevede l’inalienabilità del bene sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica della prole: a riguardo, si osserva che l’articolo 2645-ter cod. civ. (norma successiva e speciale), nel prevedere l’opponibilità ai terzi della predetta inalienabilità (ove trascritta nei RR.II.), scardina il disposto dell’art. 1379 cod. civ. (“Divieto di alienazione”), il quale sancisce (rectius, sanciva) che “il divieto di alienare stabilito per contratto ha effetto solo tra le parti”.

Concludendo, la domanda di modifica congiuntamente avanzata dai coniugi Tizio e Caia può essere accolta, risultando legittimo il trasferimento e rispondendo all’interesse della prole l’imposizione del vincolo ex art. 2645-ter cod. civ.

P.Q.M.

Il Tribunale

accoglie l’istanza e modifica la condizione sub E) del verbale di separazione consensuale del 22/11/2005 (omologato in data 9/2/2006) conformemente alla domanda avanzata dei coniugi nel verbale dell’udienza del 22/3/2007.

Così deciso il 23/3/2007 nella camera di consiglio della Sezione I del Tribunale di Reggio Emilia.

Il Presidente
Dott. Roberto Piscopo

Il Giudice Estensore
Dott. Giovanni Fanticini

INDICE
DELLA GUIDA IN Contratti

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 2585 UTENTI