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Contratto di assicurazione

La Corte di Cassazione con sentenza n. 494 del 12.01.2007 ha stabilito che “qualora l'assicuratore lasci trascorrere il termine di sei mesi dalla scadenza del premio (o della rata di premio) ed agisca successivamente per il pagamento non solo del premio relativo al periodo assicurativo in corso al momento del decorso di quel termine e, quindi, della risoluzione di diritto del contratto ai sensi dell'art. 1901, comma 3, c.c. ma anche di premi dovuti per periodi successivi, l'avvenuta verificazione della risoluzione, quale fatto impeditivo del diritto dell'assicuratore alla corresponsione dei premi per i detti periodi successivi, costituisce un fatto integratore di un'eccezione in senso lato e, conseguentemente, può essere rilevata d'ufficio dal giudice”.



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Svolgimento del processo 1. Con citazione notificata il 4 novembre 2002 la s.p.a. Generali Assicurazioni conveniva innanzi al Giudice di Pace di Roma R. M.A., per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 997,50, oltre interessi e rivalutazione monetaria, siccome dovuta per sei ratei di premio annuale, due per le scadenze del 20 maggio 2001 e 2002, riguardo alla polizza n. (OMISSIS) (ramo responsabilità civile per rischi diversi) del 20 maggio 1998, due per le scadenze del 16 maggio 2001 e 2002, riguardo alla polizza n. (OMISSIS) (ramo furti) del 16 maggio 1997 e due per le scadenze del 16 maggio 2001 e 2002, riguardo alla polizza n. (OMISSIS) (ramo incendi) del 16 maggio 1997. Nella contumacia della convenuta il Giudice di Pace adito ha parzialmente accolto la domanda limitatamente ai tre ratei scaduti nel maggio 2001, cioè per l'importo di Euro 492,50, oltre interessi dalla domanda al saldo. Ciò, nel presupposto che i tre ratei scaduti nel maggio 2002 non fossero dovuti, per essersi i tre contratti assicurativi risolti di diritto con il decorso del termine di sei mesi da ognuna delle scadenze non onorate nel 2001, in ragione dell'inerzia nell'azione da parte della società assicuratrice. 2. Contro questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo la s.p.a. Assicurazioni Generali. Non ha resistito l'intimata, ancorchè sia stata ritualmente intimata. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta "violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3", adducendosi che il giudice di merito sarebbe pervenuto al rigetto parziale della domanda in implicita applicazione della norma dell'art. 1901 c.p.c., comma 3, cod. proc. civ., ma lo avrebbe fatto in violazione della regola, di cui all'art. 112 cod. proc. civ., cioè dando rilievo ad un fatto che avrebbe potuto essere rilevato soltanto ad istanza di parte e precisamente della R., trattandosi di eccezione costituente un controdiritto della convenuta. 2. Preliminarmente va rilevato che il motivo rientra tra quelli deducibili in sede di ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, a prescindere dalla declaratoria di incostituzionalità dell'art. 113 c.p.c., comma 2, operata dal Corte costituzionale n. 206 del 2004. Il motivo, infatti, deduce la violazione di una norma di diritto di natura processuale, cioè dell'art. 112 cod. proc. civ. per essersi rilevata d'ufficio un'eccezione che si sarebbe dovuta rilevare soltanto ad istanza di parte. Tale sarebbe la deduzione della verificazione della fattispecie di risoluzione di diritto del contratto assicurativo prevista dall'art. 1901 cod. civ., comma 3 e dei suoi effetti, cioè della permanenza del diritto dell'assicuratore di esigere il premio scaduto soltanto per il periodo di durata convenzionale in corso al momento del decorso di un semestre dalla scadenza del premio stesso, senza che l'assicuratore abbia agito per ottenere il relativo pagamento. Detta deduzione, cioè, sarebbe da considerare un'eccezione in senso stretto e non in senso lato, cioè rilevabile anche d'ufficio. Ora, la deduzione della violazione da parte del giudice di pace di una regola di rilevazione di un'eccezione in senso stretto, attraverso l'erroneo esercizio del potere di rilevazione d'ufficio dell'esistenza in atti del fatto storico che la integra, si concreta certamente in una erronea applicazione della norma che regola gli effetti di quel fatto, e, quindi, di una norma sostanziale, ma, prima ancora in una violazione della norma processuale di cui all'art. 112 c.p.c. in coordinazione con essa, là dove evidenzia se il fatto considerato dalla norma sostanziale è rilevabile in giudizio soltanto ad istanza di parte. Venendo, dunque, in rilievo in primo luogo la violazione di una norma processuale, il motivo è ammissibile, atteso che la violazione di norme processuali è - secondo costante giurisprudenza di questa Corte - sempre deducibile contro la sentenza d'equità. 2.1. Il motivo non è fondato. La questione che esso pone non risulta specificamente affrontata da questa Corte, almeno sotto l'angolo visuale della contrapposizione fra eccezione in senso lato ed eccezione in senso stretto. Tuttavia, si possono cogliere degli utili riferimenti per risolverla in due decisioni. La prima è Cass. n. 6022 del 1980, secondo la quale "la risoluzione del contratto di assicurazione, secondo la previsione dell'art. 1901 c.c., comma 3, si verifica immediatamente ope legis, indipendentemente da iniziative od attività di parte, per effetto del protrarsi dell'inadempimento dell'assicurato per sei mesi dalla scadenza del premio o della rata di premio e della mancata proposizione da parte dell'assicuratore, nello stesso termine, di azione giudiziaria per il recupero del credito, tale risoluzione, pertanto, non trova ostacolo nel comportamento dei contraenti dopo la scadenza del suddetto termine, quale il pagamento e la riscossione del premio maturato e scaduto, che può essere rilevante solo al diverso fine dell'eventuale stipulazione di un nuovo accordo". In tale principio è da rimarcare l'affermazione della verificazione dell'effetto risolutorio indipendentemente "da iniziative od attività di parte". La seconda decisione è Cass. n. 6157 del 1992, secondo la quale "nel contratto di assicurazione, il mancato pagamento del premio, o della prima rata di esso, determina, a norma dell'art. 1901 cod. civ., comma 1, la sospensione immediata dell'efficacia del contratto, mentre, ove il pagamento sia effettuato e l'assicurazione, secondo le intese contrattuali, abbia avuto regolare corso per un certo periodo di tempo, il mancato pagamento delle rate successive costituisce inadempimento sopravvenuto e comporta l'applicabilità del citato art. 1901 c.c., comma 2, per il quale l'assicurazione resta sospesa dalle ore ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza. La protrazione dell'inadempienza dell'assicurato e la mancata proposizione da parte dell'assicuratore dell'azione giudiziaria per la riscossione, a norma del terzo comma dello stesso articolo, determinano "ope legis" la risoluzione del contratto, indipendentemente da iniziative od attività di parte". Anche in tale decisione si segnala l'affermazione della operatività ope legis della fattispecie risolutoria, senza bisogno di iniziative di parte. Ritiene il Collegio che queste affermazioni vadano ora esplicitate con le seguenti considerazioni. La fattispecie prevista dall'art. 1901 cod. civ., comma 3, nel prevedere che il contratto è risoluto di diritto, palesa l'intenzione del legislatore di qualificare il fatto integratore della risoluzione come un effetto, la cui rilevazione in giudizio non è affidata al potere esclusivo della parte contraente con l'assicuratore (o di costui, qualora in un giudizio abbia interesse a dedurre la risoluzione, ad esempio per respingere pretese dell'assicurato che si pretenda di fondare sulla perdurante vigenza del contratto), bensì consegue in modo automatico al verificarsi del fatto generatore. E', naturalmente, ben possibile che tale fatto e la verificazione del conseguente effetto risolutorio possano essere oggetto di una domanda di accertamento della intervenuta risoluzione del contratto, ma ciò rientra nel generale potere che la parte di un rapporto contrattuale ha, nella logica dell'ammissibilità dell'azione di mero accertamento condizionatamente alla ricorrenza di un interesse ad agire, di chiedere l'accertamento del modo di essere, della validità o della invalidità (secondo le sue varie figure) del contratto. Ne consegue che, in assenza della previsione della riserva alla parte del potere di rilevazione dell'effetto risolutorio ed in considerazione della espressa previsione della verificazione dell'effetto "di diritto", cioè senza che la legge preveda una qualche manifestazione di volontà di uno dei due contraenti, la mera circostanza che il fatto possa essere oggetto eventualmente anche di un'azione di mero accertamento non è in alcun modo sufficiente a configurare una riserva del potere di rilevazione dell'effetto alle parti. Questi rilievi non fanno altro che esplicitare, con riguardo al caso di specie, le conseguenze del criterio distintivo fra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato di recente enunciato dalle SS.UU. di questa Corte nella sentenza n. 15661 del 2006, la quale ha statuito che "nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell'eccezione corrisponde all'esercizio di un diritto potestativo azionatale in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l'efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale)". Il giudice di pace ha, pertanto, correttamente fatto applicazione del potere di rilevazione d'ufficio e non ha violato l'art. 112 cod. proc. civ.. 3. Il ricorso è, dunque, rigettato sulla base del seguente principio di diritto: "qualora l'assicuratore lasci trascorrere il termine di sei mesi dalla scadenza del premio o della rata di premio ed agisca successivamente per il pagamento non solo del premio relativo al periodo assicurativo in corso al momento del decorso di quel termine e, quindi, della risoluzione di diritto del contratto ai sensi dell'art. 1901 c.c., comma 3, ma anche di premi dovuti per periodi successivi, l'avvenuta verificazione della risoluzione, quale fatto impeditivo del diritto dell'assicuratore alla corresponsione dei premi per i detti periodi successivi, costituisce un fatto integratore di un'eccezione in senso lato e, conseguentemente, può essere rilevata d'ufficio dal giudice". Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di Cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di Cassazione. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 1 dicembre 2006. Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2007

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