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E' specifico obbligo dell'appaltatore realizzare l'opera a regola darte, né la sua responsabilità può essere limitata da scelte del committente

E' specifico obbligo dell'appaltatore realizzare l'opera a regola darte, né la sua responsabilità può essere limitata da scelte del committente, salvo un' espressa dichiarazione di non poter garantire il risultato a causa delle indicazioni fornite, divenendo solo allora mero esecutore. (Tribunale Genova, Sezione 6 Civile, Sentenza del 4 gennaio 2008, n. 29)



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SENTENZA

Nella causa n. 62/2002 R. G., promossa da Avvocato Gi.Fr.Vi. in proprio, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Genova;

attore in opposizione ed in riconvenzionale; contro

Sa.Sa., titolare dell'impresa omonima, rappresentato e difeso dall'avv. Em.La., presso lo studio in Genova, elettivamente domiciliato, giusto mandato a margine del ricorso per decreto ingiuntivo;

convenuto in opposizione;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 28 dicembre 2001, in opposizione a decreto ingiuntivo n. 3133 del 31.10.2001 relativo al pagamento della somma di Lire 6.123.172 IVA compresa, oltre interessi legali e spese di procedura, a favore di Sa.Sa. nella qualità di titolare dell'omonima impresa individuale, da ora Sa., l'avv. Vi. in proprio esponeva che: il decreto, ingiuntivo era stato emesso in carenza dei presupposti di legge non essendo stato rispettato il disposto dell'art. 634 c.p.c., comunque il credito vantato non esisteva o almeno non nella totalità facendo interamente carico all'opposto dimostrare di aver eseguito opere per tutte le ore richieste e di aver fornito il materiale per la somma indicata; l'impresa Sa. aveva eseguito una parte dei lavori interni ristrutturazione di un immobile di (omissis) nell'interesse dell'esponente per i quali aveva ricevuto oltre 130 milioni ed a seguito di alcuni lavori esterni si era convenuto di non proseguire il rapporto a cagione di alcuni fatti, in particolare l'impresa aveva eseguito opere contro la volontà del committente per le quali si erano rese necessarie opere di demolizione; dopo la ricezione della nota del 1.12.2000 l'esponente andava nel gennaio 2001 ad abitare nell'immobile e verificava la presenza di vizi anche nelle opere interne contestati con missiva del 19 gennaio 2001; nella stessa lettera venivano indicati anche i difetti di opere esterne quali la necessità di demolire un basamento in cemento posto all'ingresso del giardino, ed altro basamento in cemento costruito dinanzi alla sala da pranzo, inoltre si erano resi necessari lavori di ripristino con riferimento ad una buca nel quale erano stati posti detriti e cementate due luci mentre doveva trovarvi alloggio una pianta; l'impresa aveva poi rotto pietre di luserna presenti nel giardino ed a lei doveva essere addebitato il costo delle stesse per le sostituzioni; a fronte del ricorso presentato all'ordine degli avvocati di Genova l'esponente veniva a sapere dalle imprese che avevano lavorato alla medesima ristrutturazione quali modalità operative scorrette l'impresa avesse posto in essere. Concludeva chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo ed in via riconvenzionale la condanna al pagamento delle somme sborsate per l'eliminazione dei manufatti in cemento non ordinati, la sistemazione della buca nel giardino, la spese per le pietre di luserna ed a titolo di risarcimento dei danni le somme per i ripristini dei vizi afferenti le opere interne. Si. costituiva l'impresa contestando la ricostruzione dell'opponente e rilevando che dopo aver preso in consegna i lavori nell'ottobre 2000, solo il 19 gennaio 2001 i coniugi Vi. contestavano alcune opere ma era già intervenuta decadenza; opponeva punto per punto la ricostruzione dell'attore rilevando comunque che la stessa difesa, se pure tendenziosa, dava atto della realizzazione dei lavori per i quali era stata emessa la fattura posta a fondamento del decreto ingiuntivo; chiedeva dichiararsi l'inammissibilità della domanda riconvenzionale per accettazione dei lavori all'interno della villa, come da lettera del 13.09.2000, e per la diversità del titolo rispetto alla domanda principale, la decadenza dalla garanzia per mancata denuncia nei termini di cui, all'art. 1667 c.c., l'incompetenza per il valore indeterminato della riconvenzionale del giudice adito e la necessità della separazione delle domande. Attesa la formulazione della domanda di risarcimento dei danni, non idonea ad escludere il credito dell'impresa per le opere eseguite, chiedeva pronunciarsi la provvisoria esecutorietà del decreto ingiuntivo opposto.

In memoria autorizzata parte opponente respingeva le difese ed in particolare osservava come la lettera del 13 settembre 2000 non potesse configurare una accettazione dei lavori essendo diretta ad escludere la responsabilità dell'impresa in termini ristretti ricollegandosi alla denuncia di inizio lavori alla ASL nella quale era stata indicata quale responsabile la Sa., impresa la quale non aveva poi in realtà eseguito tutti gli interventi di ristrutturazione. Effettuati due rinvii per pendenza di trattative, concessi termini per memoria istruttorie, con ordinanza 19 luglio 2003 il giudice ammetteva le prove orali, assunte nelle successive udienze 26 febbraio e 29 settembre 2004, 17 febbraio e 20 luglio 2005 e 24 gennaio 2006. All'esito, atteso il già intervenuto deposito di ATP richiesto dall'opponente per l'individuazione degli asseriti vizi indicati dall'opponente come afferenti le opere interne all'immobile, il giudice disponeva procedersi alla valutazione economica dei difetti individuati. Depositata consulenza tecnica, contestate le valutazioni da parte della difesa del Sa., in udienza 2 luglio 2007 le parti precisavano le conclusioni come in epigrafe ed il Giudice, all'esito della scadenza dei termini massimi di legge per memorie difensive finali, tratteneva la causa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare deve essere respinta l'eccezione di inammissibilità formulata da parte opposta con riferimento alla domanda riconvenzionale svolta. In realtà il titolo dal quale la stessa origina è il medesimo in forza del quale l'impresa Sa. ha richiesto il decreto opposto, precisamente un rapporto di appalto per la ristrutturazione di un immobile sito in (omissis) in Genova; assolutamente inconferente poi l'indicata incompetenza.

Nel merito, appare opportuno esaminare prima di ogni altra la domanda di credito dell'impresa portata dal decreto ingiuntivo opposto, la riconvenzionale di parte Vi. per somme asserite come dovute per la demolizione di opere non ordinate e per altri difetti inficianti le opere esterne, nonché l'eccezione di decadenza dall'azione di garanzia formulata da parte Sa. In merito alla sussistenza delle opere, la fattura n. 1 del 9.5.2001 indica genericamente "Prestazione di manodopera per i lavori, da voi ordinati, eseguiti all'esterno dell'appartamento. Sono compresi tutti i materiali occorrenti per l'esecuzione dei lavori e il relativo trasporto sul posto di lavoro"; non è però contestato che Sa. abbia eseguito lavori all'esterno dell'immobile, nel giardino, come indirettamente risulta dalle stesse contestazioni mosse dal Vi. relative a difetti afferenti le opere realizzate. L'assenza di contestazione può pacificamente ritenersi con riguardo alla realizzazione di tre basamenti in cemento, uno vicino al cancello di entrata nel giardino, altro vicino all'ingresso A della sala sul quale sono state posate pietre di luserna, l'altro, mantenuto benché contestato, destinato ad ospitare un pesante tavolo da esterno;, ancora, pacificamente Sa. ha provveduto ad effettuare gli scavi necessari per gli alloggiamenti delle condutture destinate all'illuminazione del giardino nonché le altre opere relative ai pozzetti per l'impianto elettrico esterno ed è intervenuto su un marciapiede posto all'esterno. Se si esamina l'elenco contenuto nella comparsa di costituzione e risposta si può verificare che le uniche opere per le quali non è stata introdotta prova specifica attengono alle voci E) - sistemazione di tubo per l'erogazione acqua potabile-, M) - base di cemento per la posa di centralina -, N) - rimozione di due gradini di ardesia - e O) - tinteggiatura cantina -, voci di ben poca rilevanza economica. In merito ai costi indicati, appare di estrema rilevanza come nella lettera del 19 gennaio 2001, nella quale, l'attore in opposizione contestava tutte le opere ritenute difettose ed eseguite in carenza delle regole dell'arte, sia esterne sia interne, la somma richiesta non sia contestata, limitandosi il committente a rilevare come gli interventi per la demolizione degli interventi eseguiti contro la volontà dello scrivente superassero quanto domandato. Ne segue che può ritenersi, atteso il comportamento del committente, non contestato l'importo di Lire 5.566.520, erroneamente riportato come 4.566.520, contenuto nella nota di Sa. del dicembre 2000 in risposta alla quale la missiva ricordata veniva inviata. Per altro anche le contestazioni sull'ammontare della somma effettuate in corso di giudizio sono apparse generiche, legate ad affermazioni asseritamene riportate da "altre imprese" e comunque prive di riscontro probatorio a fronte della precedente accettazione. La difesa Vi., esplicitata in maniera specifica nella comparsa conclusionale e legata alla non debenza delle somme per essere stati i lavori esterni affermati come svolti nell'ottobre 2000 ma in realtà risalenti a periodi precedenti non appare fondata in quanto dall'esame di tutte le fatture pagate da Vi. a Sa. emerge come mai siano stati fatturati gli interventi all'esterno dell'immobile e dunque l'esatta tempistica dei medesimi non appare dirimente, se pure potrebbe avere influenza sui tempi indicati nella specifica delle ore dall'impresa. Si tratta comunque di opere pacificamente realizzate, con esclusione appunto di alcuni interventi di poco momento e mai richiesti in pagamento prima della fattura posta a fondamento del decreto ingiuntivo. Ne segue che può ritenersi provato il credito del Sa. per Lire 5.566.520 oltre IVA di cui alla fattura 1/2001.

L'attore opponente ha contestato la presenza di difetti nelle opere, in particolare ha affermato avere l'impresa realizzato due basamenti in cemento, il primo vicino al cancello di ingresso ed il secondo nella parte dinanzi alla sala, mai ordinati ed ha chiesto il pagamento delle somme corrisposte per la demolizione dei manufatti, inoltre ha domandato quanto indicato nel preventivo della ditta Ma. per l'eliminazione dei detriti presenti in una buca destinata ad alloggiamento di una pianta e la corresponsione dell'importo delle pietre di luserna rotte dal Sa. nel corso dei lavori. L'opposta ha sollevato eccezione di decadenza la quale, in merito ai profili sopra ricordati e nei limiti nei quali può ritenersi la presenza di richiesta di garanzia, deve essere accolta: invero, quanto alla realizzazione dei basamenti in cemento, per quello posto al cancello di ingresso è risultato provato quanto affermato dalla difesa Sa., precisamente che era stato ordinato dalla Direzione Lavori nella persona del geom. Mo. Lo stesso geometra, sentito come testimone, ha dichiarato: "...Con riferimento al giardino, posso dire che avevo effettuato alcuni interventi all'inizio dei lavori, avevo fatto i muri di contenimento nella zona verso la ferrovia, mentre con riguardo alla parte di fronte al cancello di ingresso ho fatto mettere il cancello ed ho fatto sistemare dal Sa. la zona antistante l'ingresso ed ho fatto sistemare una situazione di dissesto del terreno, ho insomma provveduto a rinforzare la zona di giardino antistante l'ingresso sulla quale era presumibile sarebbero passate macchine e mezzi, anche perché il cancello era carrabile... Come ho già detto, ho dato ordine io a Sa. di costruire all'ingresso la soletta in cemento, sulla quale andava posato un pavimento in pietra, con all'interno griglia elettrosaldata perché, come ho sopra riferito, ho ritenuto necessario l'intervento perché quella zona fosse in grado di reggere il passaggio di mezzi, in quanto, lo ripeto, il cancello era carrabile; preciso che comunicai questa che io ritenevo una necessità alla signora Vi...", dunque la committenza, nella persona della moglie dell'attore la quale seguiva il cantiere, era a conoscenza della realizzazione di quest'opera fin dall'inizio e ben avrebbe dovuto denunziarne la necessaria demolizione nei sessanta giorni successivi al termine degli interventi, scadenti alla fine di dicembre 2000. Egualmente deve argomentarsi in merito all'altro basamento in cemento posto vicino all'ingresso della sala, in relazione al quale fin dal suo getto la moglie del committente aveva manifestato disaccordo, come ha ricordato la testimone Na.Ma. "...Rammento che un giorno arrivammo e gli operai stavano facendo una gettata di cemento nella zona davanti alla sala da pranzo dove dovevano essere posati piastrelloni di lucerna a palladiana, la mia amica chiese cosa stessero facendo e si stupì in quanto non le risultava dovesse essere fatta in quel modo la posa che aveva ordinato; non sono in grado di rammentare esattamente cosa abbia risposto il sig. Sa. che per quanto ricordi era sempre sul cantiere, anche perché devo dire che a volte alle rimostranze della mia amica neppure rispondeva, ricordo che la signora Vi. espressamente disse che il lavoro così non andava bene e doveva essere rifatto..." non potendosi ritenere tale indicazione generica di rifacimento prova della denuncia del difetto. Per quanto riguarda poi gli interventi della ditta Ma., è stato prodotto un preventivo datato 20.11.2000: poiché evidentemente prima della formulazione del preventivo doveva esserci stata una visita di verifica, il committente conosceva già in precedenza il problema legato alla presenza di due lampade cementate unitamente a lastre di pietra - nel buco destinato ad alloggiare una pianta e dunque se anche si volesse porre la conoscenza soltanto due/tre giorni prima della formulazione del preventivo, nella data del 19 gennaio 2001 era già maturato il termine decadenziale di sessanta giorni. Per quanto attiene alla rottura delle pietre presenti nel giardino, il testimone Mo. ha parlato dell'utilizzo di quello spazio nel corso dei lavori di ristrutturazione ed appare tra i testimoni assunti il più attendibile in quanto rappresentante tecnico dell'attore in opposizione; sul punto il geometra ha riferito: "...Con riferimento ai mezzi che sono entrati nel giardino, nel periodo nel quale io sono stato in cantiere, preciso che vi erano quelli del sig. Sa., quelli utilizzati dalla ditta di Re. che io avevo chiamato per costruire i muri a vista nella zona, confinante con la ferrovia, nonché quelli del giardiniere che in quel periodo curava l'arredo delle piante; per altro sulla soglia vicino all'ingresso arrivavamo tutti in quanto era noto che il giardino avrebbe dovuto essere ristrutturato. Quando il Sa. ha iniziato con le opere previste, che naturalmente riguardavano le demolizioni ed il trasporto con automezzi alla discarica, il giardiniere di cui sopra ho parlato c'era già in quanto lavorava nel giardino. Non ricordo quando venne posizionata una pianta di magnolia, quello che posso dire è che la zona antistante il cancello era considerata da tutte le persone che lavoravano alla ristrutturazione, da Sa. al giardiniere all'elettricista, zona di cantiere con tutte le normali conseguenze... ricordo che anche la signora si era lamentata perché il giardiniere o chi da lui delegato aveva trasportato questa grande pianta di magnolia fino in fondo al giardino, in prossimità di dove poi fu messa a dimora, posizionandola poi con la gru posta sul mezzo; per altro non c'era altra soluzione attesa la dimensione del ceppo della pianta. Preciso che non ero presente al momento dell'arrivo del mezzo, ricordo però che i solchi erano visibili sul terreno e che mi era stato riferito, per altro ho sentito la signora appunto lamentarsi di questo modo di procedere...". Se dunque nel periodo dei lavori vi erano più imprese che entravano e uscivano dal cantiere non può ritenersi raggiunta la prova della rottura a carico esclusivamente del Sa. Deve allora concludersi per il riconoscimento delle somme chieste dall'impresa per i lavori esterni, essendo intervenuta decadenza o non essendo stata fornita prova idonea a sostegno delle domande di pagamento formulate dall'attore in opposizione. In merito alla difesa legata alla asserita carenza dei requisiti di prova individuati nell'art. 634 c.p.c. per la concessione del decreto ingiuntivo, questa deve essere respinta poiché Sa. aveva prodotto anche la nota delle ore suddivise per giorni lavorativi e dei materiali portati in fattura, ritenendo il giudice in questo modo integrata una prova idonea.

Il decreto ingiuntivo, deve trovare conferma.

La domanda riconvenzionale di risarcimento danni, formulata dalla difesa Vi. con riferimento alle opere interne deve essere accolta. In questo caso l'eccezione di decadenza deve essere respinta in quanto il documento, ricordato dall'impresa del 13 settembre 2000 non configura accettazione poiché va letto in unione con la comunicazione effettuata in data 2 marzo 2000 dal committente alla ASL 3 Genovese; nella quale si legge l'assunzione di responsabilità per gli adempimenti in materia di sicurezza, e di contribuzione del lavoro, a carico dell'impresa Sa., indicata quale appaltatrice delle opere. La lettera del settembre 2000 aveva appunto la finalità di rendere nota la cessazione, della responsabilità per la sicurezza e la contribuzione. Le testimoni Sc.Fr. e Cr. hanno riferito come l'attore e la moglie siano andati ad abitare, nell'immobile oggetto della ristrutturazione subito dopo le vacanze di Natale del 2000/2001: trattandosi di opere interne deve ritenersi come appena sistemati nella casa i coniugi Vi. abbiano avuto modo di verificare l'insieme degli interventi; già il 19 gennaio 2001 il committente provvedeva alla denuncia dei vizi in relazione ai quali è stata formulata in causa domanda riconvenzionale. Il nominato consulente geom. Pr. ha prima in ATP individuato la presenza dei difetti denunciati ed in fase successiva li ha quantificati in termini di costi necessari per la realizzazione dei locali nel rispetto delle regole dell'arte. In merito al locale bagno individuato come n. 1, il consulente ha concluso per la necessità di un totale rifacimento a cagione della pessima posa delle piastrelle, particolari perché destinate a creare motivi di arredo; la difesa dell'impresa ha contestato la valutazione ricordando come il materiale e le modalità di posa fossero state scelte ed indicate dai committenti ma le osservazioni non hanno pregio posto che è specifico obbligo dell'appaltatore realizzare l'opera nel pieno rispetto della buona regola dell'arte, non risultando limitata la sua responsabilità né dalla presenza di un D.L., né da scelte della committenza, salvo in quest'ultimo caso una espressa dichiarazione di non poter garantire il risultato a cagione delle indicazioni fornite, divenendo solo allora mero esecutore, ed ottenendo l'esonero da responsabilità, come non è stato nel caso di specie. Le conclusioni cui è giunto il CTU geom. Pr. devono essere condivise a fronte dell'estrema precisione e specificità delle voci indicate. L'impresa deve essere condannata al risarcimento del danno nella misura di Euro 6.264,30 oltre interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dal 20 gennaio 2001 al saldo.

In punto spese di lite, atteso il rigetto dell'opposizione ed il parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, pare corretto, a fronte della misura degli importi riconosciuti, compensare le spese nella misura della metà ponendo il residuo, come liquidato in dispositivo, a carico dell'impresa Sa. a cui carico devono essere inoltre poste le già liquidate spese di consulenza, sia di ATP che di CTU.

P.Q.M.

Il Tribunale di Genova, in persona del Giudice dott.ssa Lorenza Calcagno, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione reietta, definitivamente pronunciando, così provvede:

respinge l'opposizione anche in via riconvenzionale e per l'effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 3133 del 31.10.2001 per l'importo di Euro 3.162,35;

accoglie per quanto di ragione la domanda riconvenzionale svolta dall'attore in opposizione e per l'effetto dichiara tenuto, e condanna Sa.Sa., nella qualità di titolare dell'impresa omonima, a pagare a Gi.Fr.Vi. la somma di Euro 6.264,30 oltre; accessori come da motivazione;

dichiara compensate nella misura della metà le spese di lite e dichiara tenuta e condanna parte opposta a rifondere a parte opponente il residuo che liquida in complessivi Euro 2.150,00, dei quali Euro 950,00 per diritti, Euro 900,00 per onorari, Euro 300,00 per esborsi, oltre oneri accessori di legge;

pone definitivamente a carico di parte opposta le già liquidate spese di ATP e CTU.

Così deciso in Genova il 6 novembre 2007.

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