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Ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale da perdita di affari e da lesione all'immagine l'avvocato che si trovi cancellata l'utenza telefonica dello studio

Va riconosciuto al professionista (nella specie, avvocato) sia il danno patrimoniale da perdita di affari, sia quello da lesione all'immagine per aver subito una forte contrazione dell'attività a causa del mancato inserimento del numero sull'elenco del telefono. Infatti, uno studio legale dotato solo di un'unica linea fax offre di sé e del professionista un'immagine poco efficiente e poco affidabile, immagine tanto più negativa per uno studio di avvocato penalista, la cui efficienza ed affidabilità si misurano anche sulla facile reperibilità in ragione delle emergenze e delle urgenze proprie di quel settore di affari giudiziari.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 21 gennaio 2011, n. 1418



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo - rel. Presidente

Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere

Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - Consigliere

Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28902/2006 proposto da:

TE. IT. SPA, (OMESSO), in persona del procuratore speciale Dott. Bo. Gu. , elettivamente domiciliato in ROMA, V. PIETRO POMPONAZZI 3, presso lo studio dell'avvocato BECCACECI GAIA, rappresentato e difeso dall'avvocato LEONARDI RICCARDO giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

SC. MA. , (OMESSO), elettivamente domiciliate in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio dell'avvocato ANTONUCCI ARTURO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato BOSCARATO MAURIZIO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 505/2005 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, emessa l'1/06/2005, depositata il 10/09/2005; R.G.N. 808/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l'Avvocato PESCATORE VALERIO per delega Avv. LEONARDI RICORDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento del 1 , 2 , e 4 motivo, assorbimento degli altri motivi del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 1 giugno - 10 settembre 2005 la Corte d'appello di Ancona, in riforma della decisione del locale Tribunale del 7 febbraio - 4 giugno 2002, condannava la TE. It. spa al pagamento della somma di euro 70.000,00 (settantamila/00) in favore dell'avvocato Sc.Ma. , a titolo di risarcimento danni conseguenti al disservizio causato dalla societa' telefonica sulle utenze telefoniche intestate allo studio dell'attore in tutto l'anno 1995.

Avverso tale decisione TE. It. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da sette, distinti, motivi, cui resiste lo Sc. con controricorso.

TE. ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell'articolo 1218 e 1453 c.c..

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 1218 e 1453 c.c..

Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. La ricorrente ribadisce quanto gia' rilevato, nel secondo motivo di ricorso, sotto il diverso profilo del vizio della motivazione, sottolineando che il servizio "12" non era assolutamente ricompreso tra gli obblighi a carico del gestore dal Regolamento di servizio. Tra l'altro, il costo di questo servizio e' posto a carico del soggetto che ricerca l'utente (e non dell'utente ricercato da questi).

In effetti, l'articolo 26 del Regolamento prevede quale urica forma di pubblicita' dell'abbonato solo la pubblicazione annuale del numero telefonico e dell'utente nell'elenco telefonico, e null'altro.

I primi tre motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi tra di loro.

Con motivazione del tutto adeguata, che sfugge a tutte le censure di violazione di norme di legge e di vizi della motivazione denunciati, i giudici di appello hanno riconosciuto - anche sulla base delle dichiarazioni rese dalla parte convenuta in comparsa di risposta nel giudizio di primo grado - che, in contrasto con gli accordi intercorsi con il gestore, il numero telefonico dello studio dell'avv. Sc. non risultava dall'elenco telefonico e che anche dal servizio dell'elenco abbonati la unica informazione accessibile era quella relativa al numero di fax dello stesso.

La Corte territoriale ha ritenuto, con accertamento anche esso non censurabile, che il servizio "12" costituisse una prestazione facente parte del rapporto contrattuale con l'utente (anche se il costo di esso e' posto a carico del richiedente la informazione). "Le informazioni tramite esso (servizio 12) rese si risolvono - hanno accertato i giudici di appello - in un vantaggio ed agevolazione per lo stesso abbonato, oltre che per la generalita' degli utenti, laddove consentono o facilitano le sue comunicazioni telefoniche, e comunque formano oggetto di una prestazione promessa, prestazione a cui inoltre corrispondono evidenti interessi di contropartita economica da parte del gestore".

Infine, la Corte territoriale ha ritenuto la esistenza di un nesso di causalita' tra il disservizio e la riduzione di lavoro denunciata dallo Sc. , sulle base delle dichiarazioni rese dai testi. Ed ha ritenuto provato sia il danno patrimoniale da perdita degli affari, che quello relativo alla lesione alla immagine professionale. Tale danno all'immagine veniva in rilievo sotto il profilo dell'avviamento professionale, risolvendosi in un effetto di opinione negativa presso la clientela e dunque nel suo sviamento.

Uno studio legale, dotato solo di un'unica linea di telefono-fax, offriva di se', e del professionista, una immagine poco efficiente e poco affidabile, immagine tanto piu' negativa per uno studio di avvocato penalista (quale era appunto l'avv. Sc. ) la cui efficienza ed affidabilita' si misurano anche sulla facile reperibilita' in ragione delle emergenze e delle urgenze proprie di quel settore di affari giudiziari.

Si tratta, anche in questo caso, di una conclusione logicamente motivata, esente da qualsiasi vizio logico od errore giuridico.

Con il quarto motivo la societa' ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla esistenza del nesso eziologico tra i presunti inadempimenti ed il lamentato danno.

La censura relativa all'accertamento del nesso eziologico tra inadempimento della societa' elettrica e danno e' inammissibile, risolvendosi in una richiesta di diversa interpretazione delle risultanze processuali, inammissibile in questa sede.

Con il quinto motivo si deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla ritenuta sussistenza di un danno ed alla sua conseguente determinazione in via equitativa ed in misura omnicomprensiva, sia per il danno all'immagine che per il danno da lucro cessante.

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al riconoscimento degli interessi legali, cumulati alla rivalutazione monetaria dalla data del fatto alla pubblicazione della sentenza di appello.

Il quinto ed il sesto motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto connessi tra di loro, non sono fondati.

I giudici di appello hanno provveduto ad una liquidazione del danno in via equitativa, in moneta attuale e tenendo conto di interessi e rivalutazione maturati "medio tempore".

Qualora sia provata, come nel caso di specie, l'esistenza del danno, il giudice puo' far ricorso alla valutazione equitativa non solo quando e' impossibile stimarne con precisione l'entita', ma anche quando, in relazione alla peculiarita' del caso concreto, la precisa determinazione di esso sia difficoltosa. Sulla base di tale principio, da ritenere consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, deve convenirsi che, nel caso di specie, la liquidazione del danno non poteva essere effettuata che in via equitativa.

Le censure formulate dalla ricorrente - in ordine alla mancata produzione di dati relativi ai mancati guadagni relativi all'anno 1995 - non tiene conto del tempo (notoriamente) intercorrente dalla data di conferimento dell'incarico a quella della percezione dell'onorario.

La produzione della dichiarazione dei redditi dell'anno in cui ebbe a verificarsi il disservizio lamentato sarebbe, dunque, stata priva di qualsiasi' rilevanza ai fini indicati.

I giudici di appello, pertanto, correttamente avevano fatto riferimento alle dichiarazioni rese da numerosi testimoniali, i quali avevano riferito in ordine al fatto che, proprio a causa del disservizio telefonico, si erano rivolti ad altri studi professionali per affari penali urgenti.

Con il settimo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione degli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al riconoscimento della totale soccombenza della societa' convenuta nonostante la liquidazione di una somma inferiore al domandato.

Questo ultimo motivo di ricorso e' anche esso inammissibile, considerato che i' giudici di appello hanno motivato la propria decisione sul punto, sottolineando, tra l'altro, che la liquidazione delle spese processuali veniva effettuata solo sulla base della somma riconosciuta (cio' sia in riferimento al giudizio di primo grado che a quello di secondo grado).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con la condanna della societa' ricorrente al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la societa' ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 3.200,00 (tremiladuecento/00) di cui euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.
 

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