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Il termine di adempimento di 60 giorni che la legge accorda all'assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli per adempiere la propria obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato rileva anche nei rapporti tra assicuratore ed assicurato

Il termine di adempimento di 60 giorni che la legge accorda all'assicuratore della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli per adempiere la propria obbligazione risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato rileva anche nei rapporti tra assicuratore ed assicurato, in quanto la colposa violazione di quel termine fa sorgere in capo all'assicuratore una responsabilità per mala gestio nei confronti dell'assicurato, se, a causa del ritardo, il risarcimento, capiente all'epoca del sinistro, sia divenuto incapiente; ricorrendo tale ipotesi l'assicuratore è obbligato a tenere indenne l'assicurato per l'intero risarcimento cui questi sia tenuto verso il danneggiato.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 18 gennaio 2011, n. 1083



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco - Presidente

Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere

Dott. AMATUCCI Alfonso - rel. Consigliere

Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere

Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20196/2006 proposto da:

PI. CA. (OMESSO), RE. LU. (OMESSO), PI. AN. (OMESSO), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell'avvocato GOBBI Goffredo, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati TONELLI ENRICO, PEDETTA MAURIZIO, BROZZETTI LUCIANO giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

AX. AS. S.P.A. (OMESSO) (gia' AL. SE. ES. S.P.A.; gia' AL. PR. S.P.A. e poi semplicemente AL. S.P.A.) in persona del legale rappresentante pro tempore e per esso il Procuratore Dott. CE. MA. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 388, presso lo studio dell'avvocato BEVIVINO GIUSEPPINA, rappresentata e difesa dall'avvocato ZAGANELLI Stelio giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

e contro

GA. CA. AL. (OMESSO);

- intimato -

sul ricorso 21644/2006 proposto da:

BE. AL. (OMESSO), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GREGORIO VII, presso lo studio dell'avvocato SALVATORE COSSA, rappresentato e difeso dall'avvocato SPOLDI ROBERTO giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AX. AS. S.P.A. (gia' AL. SE. ES. S.P.A.; gia' AL. PR. S.P.A. e poi semplicemente AL. S.P.A.), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 388, presso lo studio dell'avvocato GIUSEPPINA BEVIVINO, rappresentata e difesa dall'avvocato ZAGANELLI STELIO giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

e contro

GA. CA. AL. , PI. CA. , PI. AN. , RE. LU. ;

- intimati -

sul ricorso 25879/2006 proposto da:

GA. CA. AL. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell'avvocato RIZZO CARLA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZUCCACCIA GIANCARLO, ZUCCACCIA NERIO giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- ricorrente -

contro

PI. AN. , RE. LU. , PI. CA. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell'avvocato GOBBI GOFFREDO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati BROZZETTI LUCIANO, PEDETTA MAURIZIO, TONELLI ENRICO giusta delega a margine del controricorso;

AX. AS. S.P.A. (gia' AL. SE. ES. S.P.A.; gia' AL. PR. S.P.A. e poi semplicemente AL. S.P.A.) in persona del legale rappresentante pro tempore e per esso il Procuratore Dott. CE. MA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 388, presso lo studio dell'avvocato BEVIVINO GIUSEPPINA, rappresentato e difeso dall'avvocato ZAGANELLI STELIO giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrenti -

e contro

BE. AL. ;

- intimato -

sul ricorso 25880/2006 proposto da:

GA. CA. AL. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell'avvocato RIZZO CARLA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZUCCACCIA GIANCARLO, ZUCCACCIA NERIO giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- ricorrente -

contro

AX. AS. S.P.A. gia' AL. SE. ES. S.P.A.; gia' AL. PR. S.P.A. e poi semplicemente AL. S.P.A.) in persona del legale rappresentante pro tempore e per esso il Procuratore Dott. CE. MA. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 388, presso lo studio dell'avvocato BEVIVINO GIUSEPPINA, rappresentata e difesa dall'avvocato ZAGANELLI STELIO giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrente -

e contro

PI. CA. , BE. AL. , RE. LU. , PI. AN. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 336/2005 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, emessa il 17/3/2005, depositata il 19/09/2005, R.G.N. 450/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 09/11/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l'Avvocato LUCIANO BROZZETTI;

udito l'Avvocato GIUSEPPE SALVATORE COSSA per delega dell'avvocato ROBERTO SPOLDI;

udito l'Avvocato CARLA RIZZO;

udito l'Avvocato ULISSE BARDANI per delega dell'Avvocato STELIO ZAGANELLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto di tutti i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il (OMESSO) il trentacinquenne Pi.Ma. mori' per le lesioni riportate nello scontro tra il motociclo sul quale viaggiava ed un autocarro che, nell'immettersi nella strada regolarmente percorsa dal Pi. , aveva invaso la corsia opposta.

Con sentenza del 23.3.1983 il tribunale penale di Perugia condanno' il conducente dell'autocarro Be.Al. alla pena di giustizia e, ritenutolo esclusivamente responsabile dell'incidente, lo condanno' altresi', unitamente al responsabile civile Ga. Ca. Al. , qualificato proprietario del mezzo, al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede in favore dei congiunti, costituitisi parte civile. Riconobbe a favore della moglie del defunto, Re.Lu. , e dei figli, Pi. An. e Ca. , una provvisionale di lire 25.000.000, versata dalla societa' assicuratrice del mezzo ( Al. Se. Es. , poi Al. , in seguito Ax. ) il (OMESSO) (o il (OMESSO) secondo altra indicazione della sentenza impugnata). La sentenza fu confermata dalla corte d'appello il 29.3.1985. Il giudicato si formo' il 18.12.1985 a seguito della declaratoria di inammissibilita' del proposto ricorso per cassazione.

Nelle more, l'Azienda Autonoma Fe. de. St. (in seguito FF. ) di cui il Pi. era dipendente, costitui' a favore dei predetti congiunti una rendita vitalizia del valore di lire 93.597.750 alla data dell'(OMESSO) e ne richiese il pagamento ad Ax. in via surrogatoria. L' Ax. verso' alle FF. lire 80.000.000 il (OMESSO) e lire 44.925.840 il (OMESSO), cosi' esaurendo il massimale di polizza di lire 150.000.000.

2.- Il 22.6.1988 la Re. ed i figli Pi. agirono giudizialmente innanzi al tribunale di Perugia nei confronti del Be. , del Ga. e dell' Ax. adducendo l'insufficienza delle somme gia' percepite a titolo di risarcimento del danno e richiedendone la differenza.

Contumace il Be. , resistettero il Ga. e 1' Ax. :

- il Ga. rappresentando che le FF. avevano gia' giudizialmente domandato la condanna di tutti e tre i convenuti al pagamento della somma di lire 173.479.285, quale importo capitalizzato della rendita costituita in favore dei danneggiati, in surrogazione dei quali avevano agito; e chiedendo inoltre che Ax. , della quale addusse la mala gestio, fosse condannata a tenerlo indenne anche oltre i limiti del massimale;

- l' Ax. adducendo che gli importi richiesti dagli attori erano eccessivi e negando la mala gestio per aver tempestivamente pagato.

Con sentenza del 26.7.2001 il tribunale condanno' il Be. ed il Ga. al pagamento di lire 28.226.808 a titolo di risarcimento del danno morale, oltre alla rivalutazione ed agli interessi compensativi. Ritenne che il danno patrimoniale fosse pari a quanto gia' erogato dalle FF. , che l' Ax. aveva versato l'intero massimale e che dovesse escludersene la responsabilita' per mala gestio.

3.- La sentenza fu appellata autonomamente dagli attori e dal Ga. e, in via incidentale, dal Be. , che chiese il rigetto della domanda e di essere tenuto comunque indenne dall' Ax. della somma di euro 52.000 versata intanto agli attori.

Ax. resistette.

Con sentenza n. 336 del 2005 la corte d'appello di Perugia ha confermato la sentenza di primo grado, solo riducendo il residuo credito degli attori per danno morale da lire 28.226.808 a lire 21.608.753 (pari ad euro 11.159,99), affermando che anche Ax. era tenuta alla rivalutazione ed agli interessi sulla somma di lire 25.000.000 e dichiarando cessata la materia del contendere tra gli attori stessi ed il Be. .

4.- Avverso la sentenza ricorrono per cassazione la Re. ed i Pi. sulla base di tre motivi e, con autonomo ricorso, Be. Al. , che si affida a due motivi.

Al ricorso Re. - Pi. resistono con distinti controricorsi l' Ax. ed il Ga. , che propone anche ricorso incidentale fondato su tre motivi, al quale resistono con controricorsi i ricorrenti principali ed Ax. .

Al ricorso del Be. resistono con controricorsi l' Ax. ed il Ga. , che propone ricorso incidentale fondato su tre motivi, al quale resiste con controricorso l' Ax. .

I Re. - Pi. , il Ga. ed il Be. hanno depositato memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

IL RICORSO RE. - PI. (R.G.N. 20196/06).

1.- Col primo motivo, deducendo violazione di norme di diritto e vizi della motivazione in riferimento all'articolo 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, i ricorrenti si dolgono che la corte d'appello abbia ritenuto che gli attori avessero formulato una domanda nuova, come tale inammissibile, col richiedere all'udienza di precisazione delle conclusioni del 16.6.1998 la somma di lire 402.206.000 (previa detrazione dell'importo di lire 25.000.000) per danno morale, invece originariamente indicato in lire 40.000.000, tra l'altro senza alcuna riserva di stile in ordine alla maggior somma che fosse per essere eventualmente risultata di giustizia.

Affermano che la diversa quantificazione della pretesa integra una mera emendatici e non una mutatio libelli e citano a sostegno dell'assunto Cass., nn. 4828/06, 1224/06, 26079/05 e 20683/05.

1.1.- La censura e' fondata.

Costituisce principio consolidato quello secondo il quale la diversa quantificazione o specificazione della pretesa, fermi i suoi fatti costitutivi, non comporta prospettazione di una nuova causa petendi in aggiunta a quella dedotta in primo grado e, pertanto, non da luogo ad una domanda nuova. In tal senso si sono espresse, oltre alle sopraindicate sentenze citate dai ricorrenti, tra le altre, Cass. nn. 9266/10, 17977/07, 14961/06, 6338/00, 7275/97, 2693/91, 1743/90. La seconda, pronunciata in materia di responsabilita' extracontrattuale in fattispecie nella quale era stato chiesto in citazione il risarcimento del danno morale per la perdita di un congiunto per un importo determinato, poi maggiorato all'udienza di precisazione delle conclusioni, ha in particolare affermato - con enunciazione che va'anche in quest'occasione ribadita - che le variazioni puramente quantitative del petitum sono consentite in quanto, se non alterano i termini sostanziali della controversia e non introducono nuovi temi di indagine, non comportano alcuna violazione del principio del contraddittorio ne' menomazione del diritto di difesa dell'altra parte.

Una volta escluso che l'incremento della somma richiesta (c.d. petitum mediato) integri una mutatio libelli, e' del tutto irrilevante operare un raffronto - com'ha fatto la corte d'appello - tra quanto era stato orginariamente domandato al momento dell'atto di citazione e l'equivalente monetario alla data della precisazione delle conclusioni. Non questo e' l'elemento determinante; cio' che conta e' che, domandando una somma maggiore, non si introducano nuovi temi di indagine, tali da menomare il diritto della difesa dell'altra parte. E tanto va senz'altro escluso se, per esempio, l'incremento nominalistico della pretesa creditoria per il risarcimento del danno non patrimoniale sia, in sede di precisazione delle conclusioni, collegato a nuove tabelle intanto elaborate. La natura della tabella, che in non altro consiste che in un parametro di riferimento per la liquidazione equitativa del danno ex articolo 1226 c.c., non integra un fatto nuovo per gli effetti che si stanno considerando, ma piuttosto un dato che si iscrive tra quelli di comune esperienza, dunque una regola di giudizio alla quale il giudice potrebbe (o dovrebbe) fare comunque ricorso indipendentemente dalla sollecitazione della parte.

La sentenza va dunque cassata non solo in riferimento alla operata diminuzione della somma liquidata a titolo di "danno morale" rispetto a quella riconosciuta dal tribunale in relazione ad operati raffronti comparativi con l'originaria espressione monetaria della voce di danno da parte degli attori, ma anche per aver ritenuto di non poter liquidare una somma maggiore, nei limiti del valore quale espresso in termini monetari alla data di precisazione delle conclusioni. Valore che - e' il caso di chiarire in relazione alla natura dell'obbligazione risarcitoria - e' suscettibile di essere a sua volta quantificato in una somma ancora maggiore alla data della sentenza, purche' non eccedente il valore corrispondente alla somma richiesta in sede di precisazione delle conclusioni. In termini ancora piu' chiari: nei debiti di valore il giudice deve tener conto anche della svalutazione monetaria che intervenga tra la data di precisazione delle conclusioni e quella della pronuncia.

2.- Col secondo motivo la sentenza e' censurata per violazione di norme di diritto e vizi della motivazione in relazione alla errata conclusione che la corte d'appello aveva tratto dalla corretta premessa che, dopo le note sentenze della Corte costituzionale nn. 319/89, 356/91 e 485/91 in materia di azione surrogatoria da parte degli enti gestori delle assicurazioni sociali e l'estensione al danno morale operatane dalla giurisprudenza di legittimita', il risarcimento del danno (all'infortunato o ai suoi congiunti) da parte degli enti citati non priva piu' i danneggiati del diritto di chiedere all'assicuratore del danneggiante per la responsabilita' civile il risarcimento dei danni che non costituiscono oggetto delle assicurazioni sociali, e dunque di quello biologico e morale (n.d.e.: ora, a seguito delle coeve decisioni delle sezioni unite nn. 26972 e ss. dell'11.11.2008, non patrimoniale tout court).

La corte, infatti, dopo aver riconosciuto che, essendo il diritto ancora controverso, quelle sentenze erano applicabili nella specie e che, di conseguenza, i danneggiati avevano titolo per chiedere il risarcimento del danno non patrimoniale alla societa' assicuratrice nonostante la surrogazione operata dalle FF. ed i conseguenti pagamenti effettuati dall' Ax. al surrogante (e, in minima parte, alla Regione per spese ospedaliere), aveva erroneamente ritenuto di poter considerare quei versamenti liberatori per l' Ax. ex articolo 1189 c.c., per avere la stessa pagato al creditore apparente, quale sembravano essere le FF. , "essendo stata svelata - per cosi' dire - la non corrispondenza tra realta' ed apparenza soltanto dalle successive sentenze della Corte costituzionale".

2.1.- Anche questo motivo e' fondato.

Correttamente i ricorrenti mettono in luce come la corte d'appello abbia finito per vanificare il portato precettivo delle sentenze della Consulta, realizzando proprio quella situazione pregiudizievole per i danneggiati che le Corti costituzionale e di cassazione hanno bollato come contraria ai principi fondamentali del nostro ordinamento. La prima, chiarendolo ancora con sentenza n. 37/94, la seconda con sentenze nn. 605/98 e 14638/00.

La questione e' stata risolta, in caso sostanzialmente identico, dalla prima delle due sentenze citate dal ricorrente (cui adde, oltre a Cass. 14638/00, anche Cass. nn. 15431/04 e 14601/05), dalla quale e' stato tratto il principio cosi' sintetizzato nella relativa massima ufficiale tratta dalla pronuncia, che va anche in quest'occasione ribadito:

"La sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 1989, n. 319 che ha dichiarato l'illegittimita' della Legge 24 dicembre 1969, n. 990, articolo 28, commi 2, 3 e 4, nella parte in cui non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali, sostituendosi nel diritto del danneggiato verso l'assicuratore della responsabilita' civile, possano esercitare l'azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell'assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti, ha fatto perdere efficacia alle norme dichiarate incostituzionali dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione, mentre non spiega effetto rispetto ai rapporti esauriti. La circostanza che, prima della dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma, L'Inail abbia dichiarato all'assicuratore di volersi surrogare nei diritti del danneggiato e suo assistito, di per se', non e' un fatto giuridico capace di rilevare come causa di esaurimento del rapporto e, quindi, come limite agli effetti della sentenza della Corte costituzionale. Infatti sino a quando il diritto del danneggiato verso l'assicuratore non e' prescritto o in ordine ad esso non si sia formato un giudicato negativo, il giudice richiesto di pronunziare sull'esistenza del diritto non puo' attribuire effetto estintivo di tale diritto alla surrogazione esercitata dall'Inail perche' cio' significherebbe applicare la norma dichiarata costituzionalmente illegittima".

In motivazione (sub 2.3.) la citata sentenza chiarisce anche che "il pagamento produce effetti in quanto e' fatto al creditore, o a persona per lui legittimata riceverlo o a persona succedutagli nella titolarita' del credito. Se il pagamento non e' fatto al creditore, ma a persona che, secondo una norma di apparente legittimita', versa in una situazione che ne ha determinato la successione a lui nella titolarita' del credito, l'effetto estintivo del credito cessa con la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma che dava rilievo a quella situazione. Il creditore che non ha ricevuto la prestazione ha diritto di pretenderla e il debitore che ha pagato ha diritto di ripetere da chi lo ha ricevuto il pagamento divenuto indebito".

Il che risolve anche il problema relativo alla identificazione del soggetto abilitato alla ripetizione dell'indebito, che potra' essere domandata dalla societa' assicuratrice per la responsabilita' civile all'ente surrogatosi nei diritti del danneggiato.

Va piuttosto dato conto dell'ulteriore affermazione della sentenza n. 605/98, laddove cosi' prosegue: "Cio' sempre che il debitore non intenda sostenere che egli ha pagato a creditore apparente, che il proprio debito e' rimasto estinto e spetta al creditore ripetere da chi lo ha ricevuto il pagamento da lui fatto (articolo 1189 cod. civ.).

La ricorrente non ha pero' sostenuto - nel giudizio di merito ne' percio' nel ricorso - che, quando essa ha eseguito il pagamento all'Inail, in ragione del fatto dell'esistenza della norma poi dichiarata costituzionalmente illegittima, da un lato l'Inail appariva legittimato in base a circostanze univoche a ricevere il pagamento dall'altro essa lo aveva eseguito in buona fede".

L'affermazione, che peraltro costituisce un obiter dictum, non e' suscettibile di essere interpretata nel senso che il problema, se si fosse posto, si sarebbe potuto risolvere nel senso della liberazione della societa' assicuratrice per aver pagato, in buona fede, a chi appariva legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche ex articolo 1189 c.c., comma 1, con l'ulteriore conseguenza che in ripetizione dovrebbe allora agire, ai sensi del secondo comma, il vero creditore (nella specie i congiunti danneggiati) nei confronti di chi ha ricevuto il pagamento (nella specie le surrogatesi FF. ).

La ragione ne e' che il riferimento del primo comma alle "circostanze univoche" che ingenerano una situazione di apparenza non puo' essere estesa alle norme di diritto dalla quale dipenda la qualificazione di un soggetto come creditore, giacche' tanto interferirebbe, frustrandole, con le regole che disciplinano gli effetti degli atti normativi, la cui puntuale applicazione costituisce un principio cardine dell'ordinamento.

3.- Col terzo motivo sono dedotti violazione di legge e vizi della motivazione in riferimento alla avvenuta esclusione della sussistenza di un danno patrimoniale superiore alla capitalizzazione della rendita vitalizia liquidata dalle FF. .

Si sostiene l'erroneita' storica e l'apoditticita' razionale dell'affermazione della corte d'appello secondo la quale "la natura di azienda autonoma dello Stato, propria all'epoca delle Fe. , induce a ritenere, in mancanza di elementi obiettivamente apprezzabili di segno contrario, che la costituzione della rendita sia avvenuta in conformita' alla normativa in materia".

3.1.- Si tratta di un apprezzamento di fatto, la cui prospettata erroneita' non e' sindacabile in questa sede in relazione all'adeguatezza della motivazione che lo sorregge, contrassegnata dall'ulteriore osservazione fu della corte d'appello che ne' in primo grado ne' in sede di appello erano stati offerti elementi di prova di un maggior danno (cosi' la sentenza impugnata a pag. 21, secondo capoverso).

Il motivo e' respinto.

IL RICORSO INCIDENTALE GA. (R.G. 25879/06).

4.- Va preliminarmente rilevato che l'eccezione di inammissibilita' del ricorso del Ga. , per tardivita', sollevata da Ax. e' infondata alla luce delle assorbenti enunciazioni di Cass., sezioni unite, 27.11.2007, n. 24762.

E' stato affermato che sulla base del principio dell'interesse all'impugnazione, l'impugnazione incidentale tardiva e' sempre ammissibile, a tutela della reale utilita' della parte, tutte le volte che l'impugnazione principale metta in discussione l'assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, e' ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell'impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall'impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell'assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale.

L'unico termine da rispettare e' quello di cui all'articolo 371 c.p.c.. E non si afferma che sia stato violato.

5. - Col primo motivo il ricorrente si duole deducendo violazione di legge in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4 - che la corte d'appello lo abbia ritenuto comproprietario dell'autocarro alla data ((OMESSO)) dell'incidente mortale provocato dal suo conducente benche' l'automezzo fosse ricompreso nel ramo d'azienda conferito il (OMESSO) nella societa' a responsabilita' limitata Di. Um. .

5.1.- Il motivo e' infondato in relazione al giudicato formatosi il 18.12.1985 sulla sentenza (penale) di condanna generica anche del Ga. al risarcimento, in qualita' di responsabile civile.

L'erroneo riferimento contenuto in sentenza alle norme del codice di procedura penale entrato in vigore successivamente alla data sopra indicata non infirmano la correttezza della decisione anche alla stregua delle norme previgenti (articolo 27 c.p.p. del 1930), sicche' va solo corretta la motivazione sul punto.

6.- Col secondo motivo la sentenza e' censurata per violazione di norme di diritto e per vizio della motivazione nella parte in cui ha escluso che fosse "ravvisabile la mala gestio prospettata dal Ga. , considerato che la compagnia, a fronte della dichiarazione di surroga delle Fe. de. St. , non avrebbe potuto effettuare altri versamenti a favore di danneggiati" (cosi' la sentenza impugnata, a pagina 24).

Il ricorrente Ga. sostiene che tale motivazione e' erronea in diritto in quanto la dichiarazione di surrogazione delle FF. non impediva all'assicuratrice Ax. di considerare le ulteriori pretese dei danneggiati e si duole della apoditticita' della risposta data ai motivi di appello con i quali egli aveva censurato la sentenza di primo grado laddove il tribunale aveva conferito rilievo, per escludere la responsabilita' dell'assicuratore per mala gestio, al fatto che "la penale responsabilita' del Be. era stata definitivamente acclarata solo il (OMESSO) e che la compagnia, almeno sino al (OMESSO), non poteva valutare il danno nel suo complesso a causa della mancata precisazione dell'ammontare della rivalsa da parte delle FF. ".

Senonche' - si afferma in ricorso - la Corte di legittimita' ha chiarito che una responsabilita' contrattuale per inadempimento dell'assicuratore nei confronti dell'assicurato e' configurabile anche indipendentemente dalla definizione del giudizio penale che abbia coinvolto il danneggiante assicurato (Cass. 5531/97), essendo dovere dell'assicuratore attivarsi entro 60 giorni per acquisire i dati dai quali desumere la responsabilita' dell'assicurato e la congruita' delle pretese del danneggiato, per soddisfarne senza ritardi il diritto al risarcimento. Nella specie, la responsabilita' del Be. risultava evidente dal rapporto e dalla sentenza di primo grado (impugnata solo in punto di attenuanti generiche) e le FF. avevano sin dall'(OMESSO) (documento 8 del fascicolo di parte) invitato l'assicuratore a versare lire 103.072.125 a tacitazione di ogni loro pretesa; sicche', se la compagnia assicuratrice avesse concluso una transazione che senz'altro presentava i caratteri della ragionevolezza, avrebbe avuto a disposizione ulteriori lire 47.000.000 rispetto al massimale, sufficienti a soddisfare allora le pretese dei danneggiati, e non avrebbe esposto l'assicurato Ga. al rischio di dover affrontare in proprio le conseguenze economiche del dilatorio comportamento dell'assicuratore per il danno eccedente il massimale (Cass., n. 2276/05).

Del resto, il colpevole ritardo della compagnia era stato ravvisato dalla corte d'appello in ordine al pagamento della provvisionale proprio in ragione della evidenza della responsabilita' del Be. , quale chiaramente risultava sin dall'inizio della vicenda.

6.1.- Obietta tra l'altro Ax. che, anche a voler ammettere che l'impugnazione del Be. avverso la sentenza penale di primo grado riguardasse solo le attenuanti, rimaneva pur sempre operante la diffida delle FF. che aveva esercitato la surroga ex articolo 1916 c.c., ponendo cosi' un ostacolo insormontabile alla definizione delle pretese risarcitorie degli eredi Pi. . Un accordo transattivo coi Pi. - afferma - sarebbe stato inopponibile alle FF. , con conseguente obbligo dell' Ax. di pagare alle Fe. quanto le stesse avevano anticipato ai Pi. .

6.2.- Il motivo e' fondato.

Secondo la Legge n. 990 del 1969, articolo 28 (applicabile ratione temporis), il rapporto assicurativo tra danneggiato e assicuratore della responsabilita' civile ed il rapporto previdenziale tra danneggiato ed ente di assicurazione sociale si coordinano attraverso lo schema della surrogazione legale (articolo 1203 cod. civ., n. 5) e nel concorso dei seguenti atti;

nel rapporto assicurativo, l'assicuratore deve chiedere al danneggiato se ha diritto a prestazioni in quello previdenziale. Se il danneggiato risponde affermativamente, l'assicuratore accantona la somma prevedibilmente corrispondente alla prestazione spettante al danneggiato-assistito nel rapporto previdenziale e chiede all'ente se vuole valersi del diritto di surrogarsi al danneggiato. L'ente deve rendere dichiarazione positiva nei successivi 45 giorni;

- nel rapporto previdenziale, l'ente corrisponde la prestazione ed ha diritto di surrogarsi nei limiti della prestazione corrisposta: in questi limiti, con il pagamento nel rapporto previdenziale, l'ente e' surrogato in quello assicurativo al danneggiato; l'assicuratore della responsabilita' civile puo' e deve solo pagare all'ente la somma che questo dichiara d'aver prestato nel rapporto previdenziale.

Al complesso di atti appena descritto la Legge n. 990 del 1969, articolo 28, ricollega l'effetto di estinguere, nel rapporto assicurativo, il diritto del danneggiato verso l'assicuratore, nei limiti della somma che lo stesso danneggiato ha gia' percepito dall'ente nel rapporto previdenziale.

Non e' dunque corretta in diritto l'affermazione della corte d'appello che l'assicuratore, "a fronte della dichiarazione di surroga delle Fe. de. St. , non avrebbe potuto effettuare altri versamenti a favore di danneggiati". Il versamento sarebbe stato invece possibile per la parte eccedente la richiesta delle FF. , segnatamente alla luce del rilievo che la costituzione della rendita da parte delle Fe. afferiva esclusivamente al danno patrimoniale e che queste, nel (OMESSO), avevano richiesto ad Ax. un versamento di circa lire 102 milioni a tacitazione delle proprie pretese in via surrogatoria, sicche' sarebbero risultati ulteriori lire 43 milioni immediatamente disponibili rispetto al massimale di lire 150 milioni.

Non e' stato dalla corte d'appello apprezzato - ed in tal senso la motivazione della sentenza impugnata e' certamente carente (anche) alla stregua del (finora) consolidato orientamento sul punto - se, gia' a quella data, o quantomeno a quella successiva del (OMESSO), non sussistessero i presupposti per una completa valutazione da parte di Ax. della responsabilita' esclusiva del Be. e del danno subito dai superstiti, e per la conseguente soddisfazione delle aspettative risarcitorie dei danneggiati.

E' stato, infatti, piu' volte chiarito che se il massimale era capiente all'epoca del sinistro ma e' divenuto insufficiente a coprire l'intero danno per effetto della svalutazione intanto intervenuta durante la mora dell'assicuratore, questi dovra' tenere indenne l'assicurato in misura pari all'intero danno subito dal danneggiato, quale che ne sia l'ammontare, configurandosi come mala gestio in senso proprio, nei confronti dell'assicurato, il colpevole ritardo col quale l'assicuratore abbia soddisfatto il credito del danneggiato. Nell'ambito del rapporto assicurativo, tale colpevole ritardo da parte dell'assicuratore - superato il piu' risalente orientamento secondo il quale esso era configurabile solo una volta che fosse stata giudizialmente o negozialmente accertata la responsabilita' dell'assicurato, nonche' quantificato l'ammontare delle somme dovute al terzo danneggiato (Cass., nn. 4240/96, 7330/95, 3503/91, 1193/89, 4518/85, 1440/80) - e' allo stato fatto coincidere col momento nel quale la societa' assicuratrice sia stata posta in grado di valutare, usando l'ordinaria diligenza, la fondatezza della richiesta risarcitoria del danneggiato ed abbia tuttavia omesso, in violazione degli obblighi di correttezza e buona fede nell'adempimento del contratto di assicurazione verso l'assicurato, di mettere a disposizione il massimale o la parte di esso sufficiente a risarcire il danno, o di concludere favorevoli accordi transattivi con il danneggiato (cfr., ex multis, Cass., nn. 6461/96, 4867/98, 10696/99, 7557/01, 1885/02, 2195/04, 11597/04, 24747/07).

Gia' alla stregua di tale consolidato indirizzo, come s'e' appena osservato, la sentenza e' censurabile per non avere accertato se Ax. non fosse stata posta in grado di apprezzare la fondatezza delle pretese risarcitorie dei danneggiati quando ancora il massimale sarebbe stato sufficiente a risarcirli; in tale ottica, la corte territoriale avrebbe anche dovuto considerare che, quando l'inadempimento dell'assicuratore sia addotto dall'assicurato e consista nel ritardo col quale questi abbia risarcito il danneggiato, la prova della non imputabilita' del ritardo grava (ex articolo 1175 e 1375 c.c.) nell'esecuzione del contratto di assicurazione.

6.3.- Ma il collegio ritiene di dover fare talune considerazioni ulteriori, volte ad elidere la possibile discrasia fra il momento, certo, nel quale la mora sussiste nei confronti del danneggiato (60 giorni dopo la richiesta risarcitoria avanzata nelle forme previste dalla legge) nel rapporto indennitario e quello - che sulla base dell'attuale orientamento e' del tutto incerto in relazione al variegato atteggiarsi dei singoli casi - nel quale un colpevole ritardo dell'assicuratore e' ravvisabile nei confronti dell'assicurato nell'ambito del rapporto assicurativo.

Il fatto stesso che, nel rapporto indennitario, la legge conceda 60 giorni all'assicuratore per determinarsi in ordine al risarcimento da corrispondere al danneggiato e' sintomatico della tipizzazione del tempo considerato necessario perche' siano compiuti gli accertamenti del caso; o, comunque, del lasso temporale al di la' del quale le conseguenze negative dell'omesso risarcimento vengono poste a carico dell'assicuratore.

Ora, se la cautela con la quale l'assicuratore gestisca la pratica evitando di erogare somme che in ipotesi possano poi risultare non dovute ai danneggiati, trova la sua ovvia spiegazione nel timore di non riuscire poi a recuperarle, tanto non puo' ridondare a carico del responsabile/assicurato che venga assumendo un'esposizione diretta progressivamente piu' grave man mano che, per il decorrere del tempo senza che i danneggiati siano stati risarciti, il massimale di polizza (o di legge) vada perdendo la sua capacita' satisfattiva delle pretese di chi ha diritto al risarcimento. Si creerebbe altrimenti, segnatamente nei casi di eventi molto gravi che abbiano causato danni di entita' prossima al massimale, un possibile incentivo/economico per l'assicuratore a ritardare il risarcimento, alimentato dalla consapevolezza del limite della propria responsabilita' entro il massimale e di quella esclusiva dell'assicurato per l'eccedenza.

L'assicurato si determina d'altronde al contratto (al di la' dell'obbligo di dotarsi di una copertura assicurativa nei limiti del massimale di legge) allo specifico scopo di trasferire sull'assicuratore il rischio delle conseguenze patrimoniali del fatto produttivo di danno di cui debba rispondere; mentre l'eventualita' che la menzionata cautela dell'assicuratore mira ad evitare costituisce, in realta', un rischio d'impresa, compensato dal premio che l'assicurato paga senza alcuna possibilita' di incidere sulle scelte dell'assicuratore al quale abbia correttamente fornito i necessari elementi valutativi sulle modalita' e sulle conseguenze del sinistro.

Va conseguentemente enunciato il seguente principio di diritto: "al di fuori dei casi di responsabilita' dell'assicurato che abbia omesso di fornire all'assicuratore tutte le informazioni di cui disponga ed utili all'apprezzamento del fatto, va posto a carico dell'assicuratore il rischio della sopravvenuta incapienza del massimale per omesso risarcimento del danno entro 60 giorni dalla richiesta del danneggiato. In tale caso l'assicuratore e' quindi tenuto a tenere indenne l'assicurato, nell'ambito del rapporto assicurativo, di tutto quanto questi debba direttamente corrispondere al danneggiato in eccedenza rispetto al massimale tardivamente versato".

7. - Col terzo motivo il ricorrente incidentale Ga. - deducendo violazione di norme di diritto e vizio della motivazione - svolge censure analoghe a quelle formulate col secondo motivo del ricorso principale Re. - Pi. e si duole inoltre che la corte d'appello abbia escluso il vincolo di solidarieta' dell'assicuratore con gli altri responsabili ( Be. e Ga. ) in ordine a quanto dovuto ai danneggiati, oltre i limiti del massimale per interessi e rivalutazione, sull'ammontare dell'intero danno e non gia' soltanto sul minor importo di lire 25.000.000.

7.1.- Il primo profilo della censura e' fondato per le stesse ragioni esposte sopra sub 2.1.

Il secondo lo e' alla luce del consolidato principio secondo il quale il ritardo dell'assicuratore nei confronti del danneggiato comporta, in caso di incapienza originaria o sopravvenuta del massimale, che dalla data di costituzione in mora o da quella in cui il massimale sia diventato insufficiente siano comunque dovuti al danneggiato interessi e maggior danno da svalutazione (ex articolo 1224 c.c., commi 1 e 2) sulla somma costituente il limite dell'obbligazione (di valuta) dell'assicuratore nei suoi confronti.

IL RICORSO BE. (R.G.N. 25644.06)

8.- In relazione all'eccezione di inammissibilita' di Ax. , va ribadito che il ricorso e' ammissibile per le stesse ragioni sopra indicate sub 4.

9.- Col primo motivo la sentenza e' censurata per le stesse ragioni di cui sopra, sub 2.1. ed e' per le medesime ragioni fondato.

Resta impregiudicata nel giudizio di rinvio la subordinata domanda del Be. di essere tenuto indenne di quanto versato a titolo transattivo ai Re. - Pi. (euro 52.000).

Va detto che infondatamente si sostiene in memoria (a pagina 9, in fine) che la corte d'appello avrebbe "dichiarato la responsabilita' solidale del sig. Be. per le pretese e le causali dedotte dagli attori in giudizio, nonostante l'intervenuta transazione". La corte d'appello s'e' infatti limitata a dichiarare cessata la materia del contendere tra i Re. - Pi. ed il Be. . E lo ha fatto (come si legge alla sesta riga di pagina 24 della sentenza) "in conformita' alla richiesta delle stesse parti".

10.- Col secondo motivo il ricorrente si duole - deducendo violazione a falsa applicazione degli articoli 2049 c.c., con conseguente responsabilita' del Ga. nei suoi confronti per non avere, stipulando un'assicurazione per la r.c.a. con massimale di sole lire 150.000.000, adeguatamente tutelato il proprio dipendente in ordine al rischio di responsabilita' per danni arrecati a terzi nell'esercizio dell'attivita' di conducente dell'autocarro.

10.1.- La censura e' infondata, non essendo dal ricorrente affermato che egli avesse svolto una domanda di tal tipo nei confronti del Ga. , sicche' la corte d'appello non era investita della questione relativa all'individuazione del titolo della responsabilita' del Ga. nel rapporto processuale (non instauratosi) Be. - Ga. , ma solo della sussistenza della responsabilita' del Ga. nel rapporto tra gli attori ed il medesimo; ed a quei fini il titolo era del tutto irrilevante in relazione al giudicato formatosi in punto di responsabilita', come rivelato sopra, sub 5.1.

L'ALTRO RICORSO INCIDENTALE GA. (R.G.N. 25880/06)

11.- Il ricorso, identico a quello recante il n. 25879/06, deve essere dichiarato inammissibile in virtu' del principio di consumazione dell'impugnazione.

CONCLUSIONI

12.- Vanno conclusivamente accolti i primi due motivi del ricorso Re. - Pi. , il secondo ed terzo motivo del primo ricorso Ga. ed il primo motivo del ricorso Be. .

Tutti gli altri motivi sono respinti. Il secondo ricorso Ga. e', come detto, inammissibile.

La sentenza e' cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla stessa corte d'appello in diversa composizione, che regolera' anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

riunisce i ricorsi; accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso di Re.Lu. , Pi.An. e Pi.Ca. e rigetta il terzo; accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso n. 25579/06 di Ga.Ca. Al. e rigetta il primo; dichiara inammissibile il ricorso n. 25580/06 del medesimo Ga. ; accoglie il primo motivo del ricorso di Be.Al. e rigetta il secondo; cassa in relazione alle o censure accolte e rinvia, anche per le spese, alla corte d'appello di Perugia in diversa composizione.
 

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