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In caso di ritardata restituzione dell'immobile alla curatela è legittima la richiesta di risarcimento per mancato utilizzo del bene

La domanda risarcitoria per ritardata restituzione di un immobile, proposta dalla curatela in conseguenza dello scioglimento, da parte del curatore, di un contratto preliminare - ex art. 72 legge fallimentare - e relativo ad un immobile del quale il fallito, promissario venditore, aveva già trasferito il possesso in capo al promissario acquirente, poggia sul principio generale in base al quale l'obbligo di riconsegna di un bene è adempiuto solo se risulti contestualmente soddisfatto anche il diritto al risarcimento del danno maturato per l'eventuale, ingiustificato, ritardo; peraltro, l'obbligo risarcitorio è da far risalire alla data di scioglimento del contratto da parte del curatore, e non dalla sentenza di fallimento.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 15 marzo 2012, n. 4144



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo - Presidente

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. PROTO Cesare A. - Consigliere

Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3310/2006 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS);

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), QUALE CURATORE DEL FALLIMENTO DI (OMISSIS) + 5, (OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS);

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 503/2005 della CORTE D'APPELLO di MESSINA, depositata il 10/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2011 dal Consigliere Dott. PASQUALE D'ASCOLA;

udito l'Avvocato (OMISSIS) difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne il contratto preliminare di compravendita di un appartamento sito in (OMISSIS), intercorso nel (OMISSIS) tra il promissario acquirente (OMISSIS) e (OMISSIS), il quale veniva dichiarato fallito dal tribunale di Messina con sentenza del (OMISSIS).

(OMISSIS) invitava il curatore a concludere la compravendita sia nel (OMISSIS) che nel (OMISSIS); il tribunale di Messina dapprima autorizzava la compravendita, ma il termine essenziale fissato nel provvedimento decorreva inutilmente. Pertanto, con decreto del 22 maggio 1998 il tribunale revocava l'autorizzazione e il curatore dichiarava di volersi sciogliere dal preliminare.

(OMISSIS) agiva in giudizio ai sensi dell'articolo 2932 c.c., ma la domanda veniva respinta con sentenza del 2003, in quanto il tribunale di Messina dichiarava lo scioglimento del preliminare di vendita e poneva a carico dell'attore il pagamento delle somme corrispondenti al mancato godimento dell'immobile dal dicembre 1989 al maggio 2002, epoca nella quale il fallimento era stato rimesso in possesso del bene.

(OMISSIS) interponeva appello, che la Corte messinese nel novembre 2005 accoglieva parzialmente; riduceva infatti da circa euro 44.000 a 14.000 il corrispettivo per il godimento dell'immobile, limitandolo al periodo successivo alla dichiarazione di scioglimento, ex articolo 72 legge fallimentare.

L'appellante ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 21 gennaio 2000 e sei, svolgendo due motivi.

Il fallimento di (OMISSIS), (OMISSIS) srl, (OMISSIS) srl, " (OMISSIS)" resisteva con controricorso illustrato da memoria. Anche parte ricorrente depositava memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1453, 2932 e 4812 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente muove dal presupposto, errato, di essere stata condannata al risarcimento dei danni in conseguenza del fatto che la Corte d'appello avrebbe ritenuto addebitabile all'attore la mancata stipula del contratto.

Egli ricorda che le richieste formulate, quale promissario acquirente, al curatore (cancellazione del pignoramento immobiliare trascritto in favore della (OMISSIS); trasferimento del parcheggio condominiale; predisposizione del regolamento di condominio e delle quote millesimali) erano state ritenute ingiustificate dai giudici di appello.

Essi avevano osservato che le richieste non erano state indicate nell'istanza di gennaio 1998,; non erano contemplate nel parere del curatore e non erano state incluse nel provvedimento di autorizzazione.

Il ricorrente deduce che, essendo l'immobile gravato da vincolo del pignoramento, egli poteva legittimante rifiutare la stipula del contratto definitivo. La censura non ha fondamento.

La Corte d'appello ha valutato il comportamento del (OMISSIS) ed ha affermato che la mancata stipula del contratto era a lui addebitatale, ma cio' non ha fatto per stabilire la risoluzione del contratto per inadempimento ex articolo 1453 c.c. e "conseguentemente" condannare l'inadempiente al risarcimento dei danni.

Un'attenta lettura della sentenza consente infatti di accertare che essa ha sancito che il contratto preliminare era stato sciolto ex articolo 7 L.F.; inoltre ha condannato il (OMISSIS) non al risarcimento dei danni, ma al pagamento, ex articoli 2033 e 2040 c.c.(espressamente richiamati a pag. 8), del corrispettivo del godimento dell'immobile per il periodo successivo alla comunicazione da parte del curatore dello "scioglimento del contratto".

Puntualmente infatti la Corte d'appello, pur assumendo, al fine di calcolare la somma spettante alla curatela, il criterio del valore locativo sulla base della ctu gia' acquisita in prime cure, ha corrispondentemente ridotto il periodo di riferimento al tempo "della ritardata restituzione".

Il riferimento in sentenza alla addebitabilita' della mancata stipula si spiega con la necessita' di rispondere al secondo e terzo motivo di appello.

Si legge infatti a pag. 5 della sentenza impugnata che il (OMISSIS) aveva censurato la decisione di primo grado per insufficiente motivazione in ordine alla dichiarazione di scioglimento del contratto preliminare di compravendita (2 motivo) e non per non aver accertato il comportamento contrario a buona fede del curatore fallimentare (3 motivo; il 1, irrilevante, atteneva alla competenza).

Detti motivi, riferisce la sentenza, "relativi alla dichiarazione di scioglimento del contratto preliminare erano peraltro "stati svolti al solo fine del regolamento delle spese del giudizio, avendo esso (OMISSIS), nel corso del giudizio di primo grado, rilasciato l'immobile".

Dunque gia' nel grado di appello non vi era materia per giudicare sulla risoluzione del contratto per inadempimento, ma solo per stabilire se, pacifico lo scioglimento, vi fosse stato comportamento contrario a buona fede del curatore, con le conseguenze in ordine alla condanna al pagamento dei "canoni locativi" (4 motivo di appello, stando alla sentenza messinese), fissata in primo grado con decorrenza dal dicembre 1989 al rilascio del maggio 2002 e integralmente contesta dal (OMISSIS). Irrilevanti sono allora le odierne doglianze in ordine all'applicazione dell'articolo 1453 c.c., giacche' non e' stato posto in dubbio in sede di appello che lo scioglimento del contratto fosse legittimo, tanto che il (OMISSIS) vi ha ottemperato, sia pur tardivamente, prima di instaurare il giudizio di secondo grado. Quanto alla rilevanza della condotta del curatore, va osservato che la sentenza impugnata ha largamente accolto le ragioni dell'appellante, poiche' ha ridimensionato i suoi obblighi nei limiti fissati da Cass. 6018/03 (cosi' massimata: "la domanda risarcitoria per ritardata restituzione di un immobile, proposta dalla curatela fallimentare che, nell'esercizio della facolta' riconosciuta dall'articolo 72 legge fall., abbia optato per lo scioglimento di un contratto preliminare di compravendita per effetto del quale il fallito, promittente venditore, abbia gia' trasferito il possesso del bene al promissario acquirente, si fonda sul regime normativo segnato dagli articoli 2033 e 2040 c.c., in forza dei quali l'obbligo di riconsegna di un bene e' adempiuto compiutamente se risulti contestualmente soddisfatto anche il diritto al risarcimento del danno maturato per l'eventuale, ingiustificato ritardo; pertanto, dovendosi far risalire alla determinazione del curatore (e non alla sentenza che lo pronunci) gli effetti dello scioglimento del vincolo contrattuale, l'obbligo restitutorio non puo' che coincidere, quoad tempus con quella, nessuna incidenza avendo, al riguardo, la pronuncia del giudice (della quale va, pertanto, esclusa la natura costitutiva), non essendo in alcun modo assimilabile la facolta' di scioglimento ex articolo 72 cit. agli istituti della risoluzione e del recesso contrattuale").

La Corte d'appello ha infatti escluso che la facolta' di scioglimento ex articolo 72 sia assimilabile agli istituti della risoluzione e del recesso contrattuale. Ha dunque ritenuto che la detenzione dell'immobile da parte del ricorrente per il periodo 1989 - 1998 fosse legittima, sebbene sin dagli inizi del 1992 (sentenza trib. Messina n. 44/92) fosse stato dichiarato il fallimento.

Con il secondo motivo di ricorso, il (OMISSIS) denuncia "erronea e falsa applicazione dell'articolo 72 L.F., degli articoli 2041, 1458 e 2697 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Il ricorrente su duole della condanna al risarcimento dei danni, ancorche' limitata dal tribunale al periodo successivo al 1998. Il ricorso sostiene che gia' nel 1992 egli aveva invitato il curatore e il giudice delegato a concludere la compravendita e che quindi le loro omissioni avrebbero ingenerato nel compratore "aspettative rimaste frustrate" per colpa della curatela, restando escluso ogni obbligo di risarcimento a proprio carico. La censura e' infondata.

Si e' gia' detto che la sentenza della Corte d'appello va intesa nel senso che la condanna del (OMISSIS) e' stata confermata in forza del titolo palesato dalla sentenza di legittimita' espressamente richiamata dai giudici di appello e non a titolo di risarcimento danni per inadempimento.

Va chiarito che, fallito il tentativo bilaterale di addivenire al trasferimento definitivo del bene (iniziale istanza del promissario acquirente e fissazione di un termine per la stipula da parte del tribunale) e sancito lo scioglimento del contratto, il (OMISSIS) doveva adeguarsi, restituendo l'immobile alla curatela, ovvero poteva opporsi giudizialmente negando la revocabilita' della decisione del curatore di subentrare nel contratto.

Tale questione viene discussa nella memoria depositata ex articolo378 c.p.c., depositata in vista dell'odierna udienza, ma e' rimasta estranea all'appello ed e' invano accennata in ricorso.

In sede di appello, come si e' detto, le questioni concernenti il comportamento contrattuale delle parti erano state svolte "al solo fine del regolamento delle spese del giudizio"; e' vero che esse sono state a questo fine apparentemente disattese, ma l'accoglimento dell'appello quanto ai limiti del dovuto ha cagionato comunque l'integrale compensazione delle spese di lite, profilo non investito da impugnazione in questa sede.

Alla luce di siffatta ricostruzione della vicenda, si comprende come siano incongrue le argomentazioni, svolte nel secondo motivo (pag. 10), incentrate sulla insussistenza di responsabilita' del (OMISSIS) e di un suo inadempimento.

La ratio decidendi della condanna e' infatti la mancata restituzione dell'immobile per il periodo 1998 - 2002.

Rispetto a questa evenienza contrattuale, dipendente da un potere riconosciuto ex lege al curatore, resta privo di rilievo il fatto - argomentato in memoria - che nel 1992 il promissario acquirente avesse sollecitato la stipula.

Tale comportamento ha concorso ad escludere la condanna del promissario a risarcire la curatela per la detenzione nel segmento temporale 1992-1998, ma non poteva escludere la mora nella riconsegna dell'immobile per il periodo successivo alla dichiarazione di scioglimento del contratto, fatto sopravvenuto, riconosciuto idoneo a configurare ex nunc il suo obbligo di riconsegna, senza che sia stato tempestivamente contestato, a quanto consta, l'esercizio del potere di scioglimento ex articolo 72. L'ultimo profilo del secondo motivo concerne la mancanza di prova dei danni derivati dal ritardato rilascio, che, secondo il ricorso, non sussisterebbero, perche' scopo della curatela sarebbe vendere gli immobile e non locarli.

La tesi e' infondata: e' incontroverso che il (OMISSIS) trattenne per se' la disponibilita' dell'immobile che avrebbe dovuto restituire sin dal 1998, continuando ad occuparlo senza averne piu' titolo. Va quindi ricordato che "in caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il pregiudizio subito dall'avente titolo e' "in re ipsa", discendendo dalla perdita della disponibilita' del bene e dalla mancata percezione di un reddito immobiliare". (Cass. 24100/11).

Consegue da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in euro 2.000 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
 

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