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In tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto

In tema di interpretazione di una clausola di un contratto (nel caso di specie: un contratto di mutuo fondiario), l'interpretazione letterale deve tenere conto del tenore complessivo della clausola poiché il "senso letterale delle parole", di cui all'art. 1362 c.c., va desunto da tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, avendo riguardo ad ogni sua parte e ad ogni parola che la compone, e non già ad una parte soltanto. PUBBLICAZIONE Paolo Cendon, www.personaedanno.it, 2012

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 17 dicembre 2012, n. 23208



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente

Dott. BERRUTI Giuseppe M. - Consigliere

Dott. DI AMATO Sergio - rel. Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria C. - Consigliere
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27268-2006 proposto da:

(OMISSIS) (C.F. (OMISSIS)), nella qualita' di procuratore speciale di (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) S.P.A.;

- intimato -

sul ricorso 30797-2006 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A. (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio dott. (OMISSIS) di (OMISSIS) - Rep.n. 112868 del 3.11.2006;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

(OMISSIS);

- intimato -

avverso la sentenza n. 309/2006 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 05/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/10/2012 dal Consigliere Dott. SERGIO DI AMATO;

udito, per il ricorrente, l'Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale, il rigetto dell'incidentale;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato (OMISSIS), con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, l'accoglimento dell'incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, inammissibilita' o in subordine rigetto dell'incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

(OMISSIS), quale procuratore speciale di (OMISSIS), conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Pescara, l' (OMISSIS), Sezione Credito Fondiario, esponendo che il contratto di mutuo fondiario da lui stipulato con il convenuto in data 17 dicembre 1981 era entrato in ammortamento soltanto il 22 settembre 1987, in quanto l'Istituto, che aveva provveduto ad erogazioni rateali, aveva cardato a stipulare l'atto di erogazione e quietanza, con la conseguenza che esso mutuatario aveva dovuto corrispondere alla banca gli interessi di preammortamento. Pertanto, deducendo la nullita' della clausola (articolo 3, u.c., delle condizioni generali di contratto) che consentiva alla banca di "anticipare o differire... a suo insindacabile giudizio... la stipulazione dell'atto di erogazione e quietanza" in quanto, da un lato, prevedeva una obbligazione di pagamento degli interessi indeterminata, perche' priva di un limite temporale e in quanto, d'altro canto, subordinava la stipula del mutuo ad una condizione meramente potestativa e deducendo altresi' la nullita' della clausola (articolo 5, u.c., delle condizioni generali di contratto) che prevedeva il pagamento da parte del mutuatario di tutte le imposte relative alle somme erogate, poiche' in tal modo venivano trasferiti sul mutuatario gli oneri tributari gravanti sul mutuante, l'attore chiedeva la condanna del convenuto alla restituzione delle somme indebitamente corrisposte ed al risarcimento dei danni.

Il Tribunale di Pescara, con sentenza del 19 febbraio 2001, accoglieva la domanda e condannava il convenuto alla restituzione delle somme ricevute a titolo di interessi e di imposte (rispettivamente lire 176.156.653 e lire 15.680.000). In particolare, il Tribunale affermava la nullita' della clausola di cui al citato articolo 3 perche', in contrasto con i doveri di correttezza e buona fede, consentiva alla banca di modificare a suo piacimento i termini del contratto, e perche' subordinava la stipula del contratto definitivo ad una condizione meramente potestativa; inoltre, il Tribunale affermava anche la nullita' della clausola di cui al citato articolo 5 siccome contraria alle norme imperative dettate dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 26 e 64. La (OMISSIS) s.p.a., nel frattempo succeduta all' (OMISSIS), proponeva appello che la Corte territoriale de L'Aquila accoglieva, con sentenza del 5 maggio 2006, osservando che: 1) i principi di correttezza e buona fede attenevano al momento delle trattative precontrattuali ed a quello dell'interpretazione ed esecuzione del contratto, ma non al momento della formazione della volonta' negoziale ed al contenuto del contratto; 2) l'ultimo comma dell'articolo 3 delle condizioni generali di contratto andava posto in relazione, come suggeriva la sua lettera, con il precedente comma 1 che prevedeva alcuni specifici oneri incombenti sul mutuatario ed ai quali erano subordinate l'erogazione del mutuo o, in difetto di assolvimento, la possibilita' della banca di sciogliersi da ogni impegno; pertanto, la clausola non era affetta ne' da un vizio di indeterminatezza ne' integrava una condizione meramente potestativa, poiche' rimetteva la possibilita' di differimento della stipula dell'atto di erogazione e quietanza al riscontro di una serie di presupposti dell'erogazione del mutuo; 3) di fronte all'eccezione di inadempimento dei cennati oneri, l'attore avrebbe dovuto fornire la prova di avervi invece adempiuto; 4) la traslazione convenzionale del carico di imposta doveva ritenersi consentita, in difetto di una contraria disposizione di legge e si esauriva in un incremento dei proventi del mutuante; 5) sulla somma da restituire alla banca erano dovuti gli interessi legali, ma non il danno da svalutazione monetaria, essendo mancate l'allegazione e la prova che un pagamento tempestivo avrebbe messo la stessa banca in condizione di evitare gli effetti depauperativi dell'inflazione; in particolare, infatti, la banca non aveva indicato l'ammontare dei profitti che avrebbe potuto trarre dal reimpiego del denaro nelle proprie attivita' produttive.

(OMISSIS), quale procuratore speciale di (OMISSIS), propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza, deducendo quattro motivi. La (OMISSIS) s.p.a. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato ad un motivo. Entrambe le parti hanno presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I ricorsi proposti avverso la stessa sentenza devono essere riuniti.

Con il primo motivo il ricorrente principale deduce la violazione degli articoli 1343, 1362, 1363, 1366, 1368, 1369, 1370, 1374 e 1418 cod. civ. nonche' il vizio di motivazione e la nullita' della sentenza, lamentando, sotto un primo profilo, che la Corte di appello aveva erroneamente negato l'esistenza nel nostro ordinamento di un principio generale di correttezza e buona fede applicabile anche al momento genetico del contratto ed al suo contenuto e lamentando altresi', sotto un secondo profilo, che la sentenza impugnata aveva erroneamente interpretato l'articolo 3, u.c..

delle condizioni generali. Infatti, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte soltanto la decisione ultima sulla stipulazione era condizionata all'adempimento degli oneri di cui al primo comma dello stesso articolo, mentre l'anticipazione o il differimento della data di stipulazione erano rimessi all'insindacabile giudizio della Banca. L'erroneita' dell'interpretazione risultava sia dal senso letterale delle parole, sia dal quadro complessivo nel quale la clausola si inseriva ed andava apprezzata, sia dalla causa concreta del contratto e dalla funzione della clausola, strumentale all'attribuzione di un potere ad libitum in capo all'Istituto mutuante.

Con il secondo motivo il ricorrente principale deduce la violazione degli articoli 1346, 1354, 1355 e 1418 cod. civ. nonche' il vizio di motivazione e la nullita' della sentenza, lamentando che per effetto dell'erronea interpretazione denunciata col primo motivo la Corte di appello non aveva rilevato la nullita' della clausola in quanto, rimettendo l'an e il quando della stipula dell'atto definitivo al semplice volere del mutuante, non poneva alcun limite temporale all'obbligazione del mutuatario di corrispondere interessi.

Con il terzo motivo il ricorrente principale deduce la violazione degli articoli 1337, 1366, 1375 e 2907 cod. civ., articoli 99 e 112 cod. proc. civ., articolo 24 Cost. nonche' il vizio di motivazione e la nullita' della sentenza lamentando che la Corte di appello, parlando di eccezione di inadempimento sostanzialmente sollevata dalla banca con riferimento agli adempimenti preliminari alla stipula definitiva, aveva riqualificato la domanda dell'attore, trascurando che la stessa era volta a realizzare anche una tutela restitutoria e non meramente risarcitoria. Inoltre, gli oneri pretesamente rimasti non assolti condizionavano, ai sensi dell'articolo 3 delle condizioni generali, le erogazioni di pagamento, che invece avevano avuto regolarmente luogo (su di esse venivano computati gli interessi) e non la stipula dell'atto di erogazione e quietanza. Con lo stesso motivo il ricorrente lamenta che la funzione del mutuo edilizio, finalizzato a dotare il mutuatario delle provviste necessarie al completamento delle opere, era incompatibile con l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui il diritto del mutuatario alla stipula dell'atto di erogazione presupponeva "la dimostrazione di avere integralmente eseguito le opere in vista della cui realizzazione il finanziamento era stato concesso e di avere consegnato la documentazione comprovante la loro regolarita' edilizia". Pertanto, doveva ritenersi contraria a buona fede l'eccezione di inadempimento della banca, con la conseguenza che la stessa, indipendentemente dalla nullita' dell'articolo 3 delle condizioni generali di contratto, era tenuta alla restituzione degli interessi incamerati.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 26 e 24 (rectius 64) e del Decreto del Presidente della Repubblica n. 643 del 1972, articolo 27 nonche' nullita' della sentenza, lamentando che la Corte di appello erroneamente aveva ritenuto la validita' della clausola contrattuale che trasferiva sul mutuatario i debiti di imposta gravanti sul mutuante in relazione agli interessi convenuti.

Con l'unico motivo di ricorso incidentale la (OMISSIS) s.p.a. deduce la violazione degli articoli 1224 e 1226 cod. civ. nonche' il vizio di motivazione, lamentando che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto non provato il danno da svalutazione monetaria in quanto la pacifica qualita' di imprenditore commerciale del creditore consentiva di presumere che, se vi fosse stato tempestivo adempimento, la somma dovuta sarebbe stata utilizzata in impieghi "antinflattivi" ed in quanto dallo stesso contratto di mutuo fondiario in atti risultava la pattuizione di interessi in misura superiore al tasso legale. Pertanto, anche in considerazione della variabilita' del costo del denaro, la Corte di appello avrebbe potuto procedere ad una liquidazione equitativa del danno.

2. Il primo profilo del primo motivo e' infondato. I principi di buona fede e correttezza sono previsti dal codice civile, come tali, in riferimento alla fase dello svolgimento delle trattative contrattuali (articolo 1337), a quella dell'interpretazione del contratto (articolo 1366) ed a quella della sua esecuzione (articolo 1375), sicche' la violazione dell'obbligo di attenervisi, sebbene possa esser fonte di responsabilita' risarcitoria, non inficia pero' il contenuto del contratto con il quale le parti abbiano composto i rispettivi interessi, nel senso che, ove non venga in rilievo una causa di nullita' o di annullabilita' del contratto medesimo specificamente stabilita dal legislatore, tali vizi invalidanti non sono invocabili a fronte della inadeguatezza delle clausole pattuite a garantire l'equilibrio delle prestazioni o le aspettative economiche di uno dei contraenti (Cass. 27 novembre 2009, n. 25047).

E', invece, fondato il secondo profilo del primo motivo. Invero, come deduce il ricorrente, l'ultimo comma dell'articolo 3 delle condizioni generali di contratto recita testualmente: "L'Istituto potra' pero' sempre ed a suo esclusivo giudizio anticipare: o differire la stipulazione dell'atto di erogazione e quietanza o, in relazione alle circostanze di cui al comma 1, nonche' in mancanza della approvazione di cui al Decreto Legge 13 agosto 1975, n. 376, articolo 11, convertito nella Legge 16 ottobre 1975, non darvi luogo".

Tale clausola e' stata riportata dalla Corte di appello (pagg. 13 e 14 della sentenza) senza le ultime quattro parole, cosicche' l'interpretazione letterale e' stata privata della indicazione della seconda azione alternativamente consentita alla banca e tale ablazione e' tanto piu' rilevante considerato che l'inciso contenente le condizioni prese in considerazione dalla sentenza segue la disgiuntiva "o" e precede la previsione di tale seconda azione e cioe' della possibilita' di non dare luogo alla erogazione del finanziamento. Ne consegue che per le cennate condizioni, relative agli oneri incombenti sul mutuatario, dall'intero testo della clausola non emerge una evidenza di collegamento, sotto il profilo letterale, al differimento o all'anticipazione della stipulazione dell'atto di erogazione e cioe' alle azioni che nella formulazione della clausola precedono la disgiuntiva "o".

Sussiste, pertanto, la violazione del criterio secondo cui l'interpretazione letterale deve tenere conto del tenore complessivo della clausola poiche' il "senso letterale delle parole", di cui all'articolo 1362 c.c., va desunto da tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, avendo riguardo ad ogni sua parte e ad ogni parola che la compone, e non gia' ad una parte soltanto. Tale principio, affermato piu' volte da questa Corte (e plurimis Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479) con riferimento alla necessita' di porre in correlazione, anche sotto il profilo letterale oltre che sotto il profilo logico, l'intero contesto contrattuale, senza fermarsi alle singole clausole, vale necessariamente ed ovviamente anche nell'ambito della singola clausola che, prima ancora di essere posta in correlazione letterale e logica con le altre, deve essere letta e valutata nella sua interezza.

All'accoglimento per quanto di ragione del primo motivo consegue l'assorbimento del secondo e del terzo motivo del ricorso principale.

3. Il quarto motivo del ricorso principale e' infondato. Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la clausola del contratto di mutuo, che faccia obbligo al mutuatario di rimborsare al mutuante le imposte afferenti agli interessi convenuti (IRPEG ed ILOR), si' da garantire un determinato ammontare netto degli interessi medesimi, non e' affetta da nullita' per violazione di norme imperative, ne' per violazione del precetto costituzionale del concorso di tutti alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva (articolo 53 Cost.), atteso che tale clausola non implica che l'imposta afferente ad un reddito venga corrisposta al fisco da un soggetto diverso dal suo percettore, obbligatosi a pagarla in sua vece e conto, ma configura una mera traslazione convenzionale del carico di imposta, da ritenersi in via generale consentita in mancanza di una specifica diversa disposizione di legge, e si esaurisce in un incremento dei proventi del mutuante in misura pari alla somma che deve versare all'erario, senza alcun esonero ne' da quest'ultimo versamento, ne' dall'obbligo di dichiarare all'amministrazione finanziaria il maggior reddito conseguente al rimborso di tale versamento, e di pagare le ulteriori imposte dovute sullo stesso maggior reddito (Cass. s.u. 18 dicembre 1985, n. 6445; conf. Cass. 3 giugno 1991, 6232; Cass. 29 maggio 1993, n. 6037; Cass. 27 novembre 1999, n. 13261).

4. Il ricorso incidentale, non assorbito con riferimento all'obbligo di restituzione delle somme dovute a titolo di rimborso delle imposte, e' inammissibile per mancanza di autosufficienza in quanto il ricorrente non precisa come abbia formulato la domanda di risarcimento del maggior danno e quali siano state le sue allegazioni sull'uso del denaro. L'appartenenza ad una categoria se consente, infatti, di avvalersi di presunzioni nella determinazione del danno non esclude la necessita' di effettuare le necessarie allegazioni. Resta, pertanto, assorbito il profilo relativo alla inammissibilita' della domanda del maggior danno da svalutazione monetaria sulle somme corrisposte a seguito della sentenza di primo grado e richieste in restituzione con la proposizione dell'appello sul rilievo che l'autonomia della domanda, in quanto fondata su un titolo diverso da quello della domanda principale ex articolo 336 c.p.c., richiede un accertamento con l'osservanza del doppio grado di giurisdizione (Cass. 6 novembre 1995, n. 11527).

P.Q.M.

riunisce i ricorsi; accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti il secondo ed il terzo motivo; rigetta il quarto motivo; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di L'Aquila in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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