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L'appello giudicato inammissibile e valutato nel merito non è ricorribile in Cassazione

Con la sentenza n. 3840 del 20 febbraio 2007, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno definitivamente risolto il contrasto giurisprudenziale in tema di inammissibilità del ricorso per Cassazione relativo al rigetto dell’appello inammissibile valutato dal giudice nel merito. Secondo le SS.UU., qualora il giudice di secondo grado, dopo avere dichiarato inammissibile l’appello sia, comunque, entrato nel merito della proposta impugnazione, rigettandola, devono essere dichiarati inammissibili i motivi del ricorso per Cassazione relativi al disposto rigetto dell’appello, anche nell’eventualità risultino infondate le censure relative alla dichiarata inammissibilità dell’appello.
Le SS.UU. fanno, così, proprio l’indirizzo tradizionale formatosi sul tema (Cass. 12 agosto 2004 n. 15635; Sez. Un, 14 marzo 1990 n. 2078) e contraddetto esclusivamente dalla isolata sentenza Cassazione n. 10134 del 2004, in forza del quale, con la declaratoria di inammissibilità il giudice definisce e chiude il giudizio, con la conseguenza che in questo caso le considerazioni di merito, che, comunque, egli abbia a svolgere restano  fuori dalla decisione, in considerazione anche del fatto che dette valutazioni provengono da un giudice che con la pregiudiziale declaratoria di inammissibilità si è già spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della fattispecie controversa.



- Leggi la sentenza integrale -

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 20 febbraio 2007, n. 3840
(Presidente Carbone – Relatore Morelli)
FATTO E DIRITTO
1. Chiamata a pronunciarsi sul ricorso di G. S. e M. C. resistito dal Consorzio A. di Salerno in l.c.a., avverso la sentenza in data 11 febbraio 2002 della Corte territoriale - che ha dichiarato inammissibile, e ritenuto altresì in motivazione comunque non fondato, l’appello che gli odierni ricorrenti (nella rispettiva qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione e di Commissario Governativo del suddetto Consorzio) avevano proposto contro la sentenza del Tribunale di Salerno, con cui era stato respinto la loro opposizione alla declaratoria di insolvenza del Consorzio - la Sezione prima civile- ha, con ordinanza 9527/05, rimesso gli atti al Primo Presidente, cha ha quindi assegnato la causa alle Sezioni Unite, per la composizione del ravvisato contrasto di giurisprudenza sul punto della giuridica rilevanza o meno delle argomentazioni attinenti al merito della controversia svolte, come nella specie, dal giudice che ha dichiarato l’inammissibilità della impugnazione.

2. È per altro Pregiudiziale all’esame della questione di contrasto quello delle censure formulate con i primi dieci motivi del ricorso avverso la statuizione di inammissibilità del gravame, poiché solo in caso di riconosciuta loro fondatezza, e di conseguente rimozione di quella statuizione. può porsi, nella fattispecie, il riferito problema di rilevanza o meno delle argomentazioni ulteriori, in punto d i merito, subordinatamente svolte nella sentenza impugnata.

2/1. La declaratoria di inammissibilità dell’appello, la cui esattezza va qui dunque preliminarmente verificata, poggia Sezioni Unite una duplice argomentazione:

- la prima, riferita al solo C., facente perno sulla tardività del di lui gravame (rispetto alla data di ricevuta notifica della sentenza del Tribunale):

- la seconda, logicamente preliminare ed assorbente, riferita ad entrambi gli odierni ricorrenti, correlata alla ritenuta "anomalia dell’appello proposto con un unico atto da due soggetti autori, in primo grado, di autonome opposizione allo stato di insolvenza del Consorzio". La quale comporterebbe - secondo la Corte territoriale - che, così "soppressa l’autonomia della cause riunite in primo grado", resterebbe con ciò ostacolato il confronto delle posizioni iniziali delle due parti con quella dalle medesime assunta nel giudizio di appello, al fine della verifica delle preclusioni di cui all’articolo 345 c.p.c..

2/2. Nessuna delle riferite argomentazioni resisto, però, a critica.

21211. Quanto alla struttura . unitaria dell’appello, contestualmente proposto dal C. e dallo S. (sostanzialmente equivalente a quella di un ricorso duplice di identico contenuto), non si vede, infatti, quale ostacolo potesse derivarne al raffronto di tale unico congiunto gravame con le separate opposizioni in Precedenza formulate dai due predetti soggetti ai fini della verifica, nei confronti di ciascuno di essi, di eventuali profili di novità.

2/2/2. A sua volta, la rilevata tardività dell’appello nei confronti del solo C. non avrebbe dovuto impedire di rilevarne la validità per il profilo della sua equivalenza ad atto di anticipata spontanea impugnazione del contraddittorio quale, nella specie, si sarebbe resa comunque necessaria stante il Litisconsorzio processuale, instauratosi tra lo stesso C. e lo S. (tempestivo appellante), in ragione della Comune soccombenza in ordine alla opposizione, di identico contenuto, da essi proposta avverso la dichiarazione dello stato di insolvenza del Consorzio e della solidale loro condanna, altresì, alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado.

3. in accoglimento, in particolare, dei motivi da 5 a 10 del ricorso (nei quali restano assorbiti i primi quattro prospettanti ulteriori, ma subordinate, censure avverso la dichiarata inammissibilità dell’appello C. ) va, quindi, cassata la declaratoria di inammissibilità del gravame di cui alla sentenza impugnata.

4. Assume a questo punto allora concreta rilevanza la questione oggetto di contrasto dalla cui soluzione dipende l’estensibilità, o meno, del sindacato di questa Corte relativamente alla ulteriore affermazione di "infondatezza comunque della opposizione nel merito" contenuta nella stessa sentenza della Corte territoriale e, di conseguenza, l’ammissibilità, o meno, delle residue censure formulate al riguardo in ricorso (motivi da 11 a 22bis) per altro dichiaratamente solo a fine cautelativo.

Il contrasto che ne occupa attiene propriamente alla soluzione da dare - come detto - al quesito se l’affermazione di infondatezza del gravame [o della domanda] contenuta nella sentenza che ne abbia pregiudizialmente dichiarato la inammissibilità sia ad ogni effetto priva di rilevanza giuridica, e quindi tanquam non esset, in quanto resa sul presupposto della carenza del potere del giudice di esame nel merito, ovvero se essa - ove formulata nei limiti della domande ed eccezioni hinc et inde proposte ed al fine di sorreggere la decisione nell’ipotesi di erroneità della statuizione pregiudiziale - possa costituire una autonoma (ancorché subordinata) ratio decidendi, che la parte soccombente abbia conseguentemente l’interesse, e l’onere, di impugnare al fine di evitare la formazione del giudicato in ordine alla stessa.

6. Il ventaglio delle soluzioni prospettate in giurisprudenza in ordine alla riferita questione è per altro più ampio, rinvenendosi formulate anche tesi intermedie (tra quelle dell’assoluta irrilevanza e quella dell’attitudine alla consolidazione nel giudicato) per cui (in graduazione crescente di rilevanza) l’affermazione di infondatezza nel merito di gravame [o domanda] pregiudizialmente dichiarati inammissibili si risolverebbe comunque in un errore della sentenza sia pur emendabile ai sensi dell’articolo 384 c.p.c. (Sezione prima, 1050/72), ovvero in vizio di contraddittorietà della motivazione censurabile ex articolo 360 n. 5 c.p.c. (legge 7357/86), non escluso dalla forma subordinata o ipotetica con cui sia espressa la pronuncia di rigetto (Sezione seconda, 1514/90). Ma si tratta, per entrambi tali profili di tesi, oltreché risalenti. rimaste isolate perché argomentatamente contraddette (cfr., ad esempio, Sezione prima, 5503/81; legge 3236/85) o comunque non condivise da tutta la successiva giurisprudenza.

7. La quale - a partire da Sezioni Unite, 2078/90 e fino alla più recente legge 15635/04 (con l’eccezione di Sezione terza, 10134/04, di cui in prosieguo si dirà) si è consolidata nella opzione per la tesi della carenza di potere di esame nel merito del giudice che abbia pregiudizialmente denegato inammissibile il gravame o la domanda [ovvero abbia dichiarato la propria giurisdizione o competenza: cfr Sezioni Unite 57941/90] e per la conseguente qualificazione delle argomentazione di infondatezza, che quel giudice abbia comunque svolto, in termini di ultroneità (10420/05), ovvero di superfluità ed ininfluenza sul dispositivo, perché rese "ad abundantiam", "in via ipotetica", come mero "obiter dicutm" (cfr. 9775/97, 6335, 9973/98; 5714, 13898/99; 389/2000; 10241/00; 4215, 6088/01; 317, 2087, 9963/02; 5332/03; 3002, 11160/04).

Traendosi, da tale premessa, il duplice, e speculare, corollario:

a) della inammissibilità (per difetto di interesse) della impugnazione proposta dalla parte (anche) contro tali giuridicamente irrilevanti affermazioni sul merito;

b) della ammissibilità della impugnazione che censuri la sola statuizione pregiudiziale di inammissibilità

8. Da tale orientamento si è motivatamente invece discostata la Sezioni Unite citata pronuncia della Sezione terza 10134/04, per la quale, invece,non sarebbe meritevole di consenso la premessa, Sezioni Unite cui quell’indirizzo si onda, che nessuna statuizione di merito possa essere adottata dal giudice in ordine alla domanda o al gravame che abbia pregiudizialmente dichiarato inammissibile.

All’uopo viene fatto richiamo alla parallela giurisprudenza per cui qualora il petitum della domanda attrice sia fondato Sezioni Unite un duplice ordine di ragioni giuridiche, collegate a presupposti antitetici e formulate in via alternativa o subordinata, la sentenza del giudice del merito, la quale, dopo aver aderito alla prima ragione, esamini ed accolga anche la seconda, al fine di sostenere la decisione pure nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum, non suscettibile di trasformarsi nel giudicato, ma configura una pronuncia basata Sezioni Unite due distinte ratione decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, che, pertanto può essere utilmente impugnata solo mediante la censura di entrambe (Cassazione, 3236/85; 5520/81, 5517, 5516, 515, 5510 e 5503, 19433/03).

Secondo, infatti, la pronuncia del 2004 in esame, sarebbe "privo di giustificazione l’assunto secondo cui tale ultimo principio non è più applicabile allorché il giudice, anziché accogliere (o rigettare) la domanda sulla base di più argomenti contraddittori, tutti di merito, svolga - sempre per giungere alla stessa conclusione -sia (in via principale) considerazioni di rito sia (in via subordinata, nell’eventualità il giudice di grado superiore non ritenga di condividere la conclusione fatta propria in via principale) valutazioni di merito".

Poiché "o intatti si ritiene che il giudice, enunciata una certa ratio decidendi esaurisce la propria funzione e, pertanto, tutte le considerazioni svolte ulteriormente si risolvono in affermazioni ad abundantiam, non suscettibili né di passare in cosa giudicata né di essere censurate dal soccombente con un motivo di censura, o deve convenirsi che, purché si sia nei limiti delle domande hinc et inde prospettate dalle parti, le considerazione ulteriori oltre la prima svolte in sentenza non sono mai prive di rilevanza, anche se in parte relative al rito, in parte al merito".

Per cui, appunto, pure in detta ultima ipotesi le argomentazioni in punto di merito potrebbero "consistere in statuizioni autonome (cioè in un sillogismo completo) qualora, risolvendosi in un posterius logico di quella contenuta nel dispositivo, siano destinate a divenire operative nelle ipotesi di erroneità di questa".

Con la conseguenza - sempre secondo la riferita sentenza n. 10134 - che "in tal caso sorge[rebbe], per i
la parte soccombente, l’interesse e l’onere all’impugnazione al fine di evitare la formazione del giudicato sulle anzidette statuizioni".

9. Detta ultima sentenza (il cui unico precedente può rinvenirsi in Cassazione 5778/93 resa in fattispecie

analoga e all’uopo da essa richiamata) non ha trovato, per altro, seguito nella successiva Cass. 15635/04, che si è richiamata all’impostazione tradizionale.

Da qui, appunto, il contrasto che a queste Sezioni Unite è stato chiesto di dirimere.

10. Al riguardo, ritiene il Collegio che vada senz’altro riaffermato il consolidato indirizzo contraddetto unicamente dalla isolata sentenza 10134/04.

La quale non ragionevolmente pretende, nella premessa che ne sorregge le conclusioni, una identità di valutazione - in termini di efficacia e conseguente suscettibilità di consolidazione nel giudicato - di ogni subordinata ratio decidendi additivamente comunque svolta in sentenza, non tenendo conto della profonda e radicale diversità degli schemi decisori, assunti in comparazione, e del ruolo ben differente che l’argomentazione adiecta, rispettivamente, in essi assume.

Occorre, infatti, distinguere il caso in cui la motivazione ulteriore sia volta a sorreggere con più argomenti (anche Sezioni Unite piani gradati) la decisione di un medesimo aspetto della domanda (ovvero di una eccezione che si è valorizzata) - in relazione al quale il gravame avverso la sentenza deve "vincere" tutti quegli argomenti, ciascuno dei quali si pone come autonoma ed autosufficiente ratio decidendi - dalla ipotesi in cui la motivazione ad abundantiam attiene, viceversa, ad altri aspetti, cioè ad altre domande od eccezioni non solo diverse da quella delibata in via principale ma il cui esame è per di più precluso al giudice proprio in ragione della natura della questione (di rito) decisa principaliter.

Con la declaratoria di inammissibilità (della domanda o del gravame), che in particolare qui viene in rilievo, il giudice definisce e chiude, infatti, il giudizio.

Con la conseguenza che, in questo caso, le considerazioni di merito, che comunque egli abbia poi a svolgere, restano irrimediabilmente fuori, appunto. dalla decisione, non tanto perché esse non trovano sbocco, nel dispositivo (che potrebbe, al limite, considerarsi integrabile con la motivazione), e non solo perché formulate in via ipotetica e in modo per la più sommario e approssimativo (per cui, nel dubbio se con tali argomentazioni il giudice esprima una mera opinione ovvero una decisione che esamini tutti gli aspetti della controversia, il considerarle come espressione della funzione giurisdizionale potrebbe comportare un vulnus al principio fondamentale dell’articolo 24 Costituzione), quanto soprattutto per l’assorbente ed insuperabile ragione che dette valutazioni provengono da un giudice che, con la pregiudiziale declaratoria di inammissibilità, si è già spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della fattispecie controversa.

Per cui quelle ultronee considerazioni relative al merito della domanda (o del gravame) non sono riconducibili alla decisione (di inammissibilità) che al riguardo egli ha adottato, ma a quella, semmai, che egli avrebbe adottato ove appunto il correlativo esame non ne fosse risultato precluso.

E si muovono, pertanto, Sezioni Unite un piano esclusivamente virtuale e non entrano nel circuito delle statuizioni propriamente giurisdizionali.

Dal che, conclusivamente, la riaffermazione del principio per cui, relativamente alle argomentazioni sul merito, ipotetiche e virtuali, che il giudice – impropriamente – abbia inserito in sentenza, subordinatamente ad una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di sua giurisdizione o competenza), la parte soccombente non ha l’onere, né ovviamente l’interesse, ad impugnare.

Con l’ulteriore duplice e speculare, corollario che è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile (per difetto appunto di interesse) l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito svolta, per quanto detto, ad abundantiam nella sentenza gravata.

11. I motivi residui (da 11 a 22bis) del ricorso vanno, quindi, dichiarati, per quanto sin qui detto, inammissibili.

12. Alla cassazione della sentenza (v. punto tre) consegue pertanto il rinvio alla causa alla Corte di Salerno in diversa composizione, per l’esame del merito del gravame ed anche per i provvedimenti sulle spese di questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie i motivi da 5 a 10 del ricorso e dichiara assorbiti i primi quattro ed inammissibili i residui tredici mezzi; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Salerno in diversa composizione.
 

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