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L'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento «a prima richiesta e senza eccezioni» vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia

L'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento «a prima richiesta e senza eccezioni» vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un'evidente discrasia rispetto all'intero contenuto della convenzione negoziale. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione Sezione 3 Civile con sentenza del 19 maggio 2011, n. 10998.

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, sentenza del 19 maggio 2011, n. 10998



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco - Presidente

Dott. FILADORO Camillo - Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere

Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere

Dott. SCARANO Luigi Alessandro - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

VI. AS. S.P.A. (OMESSO) in persona dell'Amministratore Delegato e legale rappresentante Rag. GU. Ro. , elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso lo studio dell'avvocato ROMA MICHELE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GALANTINI CARLO F. giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

IT. PE. CO. D'. S.P.A. (OMESSO) in persona del Consigliere Delegato Ing. D'. An. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ARCHIMEDE 97, presso lo studio dell'avvocato DE' MEDICI LEOPOLDO, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

e contro

CO. S.R.L.;

- intimata -

avverso la sentenza n. 2163/2005 della CORTE D'APPELLO di MILANO, SEZIONE PRIMA CIVILE, emessa il 6/4/2005, depositata il 17/09/2005, R.G.N. 3401/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/03/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l'Avvocato ANTONIO DONATONE per delega dell'Avvocato MICHELE ROMA;

udito l'Avvocato RENATO FAMIGLIETTI per delega dell'Avvocato LEOPOLDO DE MEDICI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del 1 e del 2 motivo, accoglimento del 3.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17/9/2005 la Corte d'Appello di Milano, in accoglimento del gravame interposto dalla So. It. pe. Co. d'. s.p.a. nei confronti della pronunzia Trib. Milano 26/3/2003 di rigetto della domanda di escussione della garanzia stipulata in suo favore dalla societa' Co. s.n.c. con la Vi. As. s.p.a., respingeva l'opposizione da quest'ultima spiegata avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano in data 10/9/2002, che per l'effetto confermava.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la societa' Vi. As. s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la So. It. pe. Co. d'. s.p.a..

L'intimata societa' Co. s.r.l. (gia' Co. s.n.c.) non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente dichiarata l'inammissibilita' del ricorso nei confronti della societa' Co. s.n.c.

Risponde ad orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimita' che in caso di notificazione a mezzo posta l'ufficiale postale, nel caso in cui non abbia potuto consegnare l'atto al destinatario o a persona abilitata a riceverlo in sua vece (Cass., 26/3/1994, n. 2956).

Orbene, dall'esame degli atti emerge che nella specie il ricorso e' stato dall'ufficiale giudiziario C 1 Ia.Os. notificato a mezzo del servizio postale (OMESSO) -Succursale (OMESSO)- in data 31/10/2006 con avviso di ricevimento diretto a Co. s.n.c. presso la sede a (OMESSO).

L'avviso di ricevimento in atti reca l'indicazione del deposito dell'atto giudiziario spedito con raccomandata (OMESSO) il 31/10/06 dall'Ufficio postale di (OMESSO), nonche' l'attestazione Dichiaro di aver immesso in cassetta la raccomandata retro indicata il 7/11/06, con firma vergata a penna dell'agente postale che ha eseguito la consegna e l'indicazione della data 7/11/06, corrispondente al vicino timbro postale (OMESSO).

Nessuna indicazione risulta invece formulata in ordine alle ragioni che l'hanno determinata e delle modalita' con le quali il notificando e' stato cercato senza essere reperito (cfr. Cass., 29/12/2005, n. 28856).

Siffatta mancanza gia' di per se' ridonda invero in termini di nullita' della notificazione in argomento del ricorso, alla stregua del suindicato principio.

Ma v'e' di piu'.

Il suddetto avviso altresi' non reca ne' la firma del destinatario ne' quella di altra persona cui l'atto sia stato consegnato, evincendosi pertanto che il procedimento non si e' concluso con il ritiro del plico depositato presso l'ufficio postale (cfr. Cass., 27/7/2007, n. 16630).

Il piego restituito al mittente per compiuta giacenza non risulta tuttavia dalla ricorrente prodotto in atti, non rinvenendosi ne' nel fascicolo d'ufficio ne' in quello di parte, ne' d'altro canto emerge indicazione al riguardo nella nota di deposito e di iscrizione a ruolo presso la Cancelleria di questa Corte in data 15/11/2006.

Il Collegio rimane a tale stregua impossibilitato a verificare sia la menzione sulla busta contenente l'atto notificando dei motivi per i quali non e' stato eseguito il recapito del piego (cfr. Cass., Sez. Un., 5/3/1996, n. 1729. E gia' Cass., 10/10/1973, n. 2551).

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ravvisato la sussistenza nel caso di un'ipotesi di contratto autonomo di garanzia, anziche' di fideiussione atipica caratterizzata dalla presenza di una clausola c.d. del solve et repete disciplinata dall'articolo 1462 c.c..

Lamenta, ancora, che il secondo errore di diritto in cui cade la Corte di merito consiste nell'aver escluso che in presenza della clausola limitativa della proposizione di eccezioni nelle polizze fideiussorie atipiche, cosi' come in un contratto autonomo di garanzia, il garante possa ugualmente opporre eccezioni letterali emergenti dal titolo, giacche' non si tratta ... di far rilevare motivi attinenti al rapporto principale (in relazione al quale si e' rinunciato alla facolta' di sollevare eccezioni), bensi' di far valere i limiti stabiliti nel contratto per l'operativita' della garanzia promessa, atteso che l'opponibilita' di eccezioni letterali appare pienamente compatibile con il contratto autonomo di garanzia proprio in ragione dell'autonomia del relativo regolamento essendo tale istituto caratterizzato dalla previsione di un debito proprio del garante con contenuto e condizioni di esigibilita' indipendenti rispetto al rapporto di provvista, sicche' le eccezioni letterali saranno necessariamente attinenti al meccanismo di funzionamento della garanzia ivi previsto, non potendo per questo motivo assurgere ad eccezioni relative al rapporto sostanziale.

Con il 2 motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli articoli 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto che al concetto di buona esecuzione previsto dal contratto per l'operativita' della garanzia de qua possano ricondursi anche le ipotesi di mancata esecuzione e di mancato completamento dei lavori, laddove una esecuzione non completa non puo' certo definirsi buona, potendo logicamente parlarsi di buona esecuzione solo quando i lavori siano stati eseguiti nella loro interezza (punto primo) ed a regola d'arte (punto secondo).

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati nei termini di seguito indicati.

Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di affermare, l'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale di per se' a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorieta' che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un'evidente discrasia rispetto all'intero contenuto della convenzione negoziale.

Il contratto autonomo di garanzia, espressione dell'autonomia negoziale ex articolo 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che puo' riguardare anche un fare infungibile (qual e' l'obbligazione dell'appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l'adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa: l'identita' tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante).

Esso e' volto a trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, dipendente o meno dall'inadempimento del debitore, laddove le fideiussione, nella quale solamente ricorre l'elemento dell'accessorieta', e' tutelato l'interesse all'esatto adempimento della medesima prestazione principale.

Diversamente dal fideiussore, il garante autonomo non puo' allora considerarsi un "vicario" del debitore, essendo l'obbligazione di garanzia assunta del tutto autonoma rispetto all'obbligazione di prestazione del garantito, e pertanto ...rispetto a quest'ultima qualitativamente diversa, essendo volta ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore (v. Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947). Va per altro verso ribadito il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita' in base al quale l'interpretazione del contratto e' riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimita' solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione (v. Cass. 21/4/2005, n. 8296).

Il sindacato di legittimita' puo' avere cioe' ad oggetto non gia' la ricostruzione della volonta' delle parti bensi' solamente la individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (v. Cass., 29/7/2004, n. 14495).

Pur non mancando qualche pronunzia di segno diverso (v., Cass., 10/10/2003, n. 15100; Cass., 23/12/1993, n. 12758), risponde ad orientamento interpretativo consolidato in tema di interpretazione del contratto che ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento e' rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto.

Il rilievo da assegnare alla formulazione letterale deve essere peraltro verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, e le singole clausole considerate in correlazione tra loro, procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell'articolo Cass., 22/12/2005, n. 28479; 16/6/2003, n. 9626).

Se e' vero che l'elemento letterale assume funzione fondamentale, il giudice, nel rispetto del ed. principio del gradualismo (v. 1366 c.c.

Il primo di tali criteri consente di accertare il significato dell'accordo alla stregua della relativa ragione pratica o causa concreta.

Il secondo, che quale criterio d'interpretazione del contratto si specifica nel significato di lealta' (sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi ovvero nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte: v. Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947).

Orbene, facendo esplicazione dei propri poteri (cfr. 1366 c.c.) del contratto, argomentando dall'inserimento delle locuzioni a prima e semplice richiesta e qualunque eccezione esclusa, ha nel caso qualificato il contratto de quo quale contratto autonomo di garanzia.

A tale stregua essa ha fatto invero puntuale e corretta applicazione dei suindicati principi posti dalle Sezioni Unite, ed ha altresi' specificamente e congruamente motivato in ordine alla ravvisata impossibilita' di riconoscere pregio alla tesi difensiva propugnata dall'allora appellata ed odierna ricorrente societa' Vi. As. s.p.a. diretta ad accreditare la diversa qualificazione dell'accordo negoziale in questione in termini di fideiussione atipica caratterizzata dalla presenza della clausola solve et repete ex articolo 1462 c.c. e, conseguentemente, il preteso diritto di sollevare eccezioni emergenti dal titolo, sottolineando come al riguardo osti la rilevanza del carattere dell'accessorieta' che siffatta ricostruzione presuppone, in contrasto invero non solo con il tenore formale del contratto, ma anche con la relativa interpretazione funzionale, attesa la causa concreta del contratto di garanzia nel caso dalle parti stipulato.

La ricorrente, che nell'espressamente richiamare Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947, denunzia vizi di motivazione asseritamente affettanti l'impugnata sentenza, ma finisce per porre in realta' censure di violazione di norme di diritto, senza peraltro compiutamente argomentare in ordine ai criteri ermeneutici di cui denunzia la violazione, laddove si limita a sostanzialmente riproporre le tesi non accolte dal giudice del gravame di merito (ivi compresa la pretesa non riconducibilita', nell'ambito della clausola contrattuale relativa alla non buona esecuzione delle opere, anche dell'ipotesi del mancato completamento delle medesime lamentata da controparte), ovvero a formulare censure di carattere assolutamente generico, prive di riferimento al caso concreto in esame, e del tutto apodittiche.

A tale stregua essa viola invero il principio in base al quale la denunzia di violazione delle regole di ermeneutica contrattuale esige la specifica indicazione non solo dei canoni in concreto inosservati ma anche del modo mediante il quale si e' realizzata la violazione, mentre la denunzia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell'obiettiva deficienza e contraddittorieta' del ragionamento svolto dal giudice del merito (v. Cass., 25/10/2006, n. 22899), laddove nessuna delle due censure puo' invece risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice sostanziantesi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione.

Orbene, tali principi risultano invero ignorati dall'odierna ricorrente, la quale trascura di considerare che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo Cass., 20/3/2006, n. 6091; Cass., 25/2/2004, n. 2803).

La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce infatti al giudice di legittimita' non gia' il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensi' la mera facolta' di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilita' e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita' dei fatti ad esse sottesi, di dare prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti -salvo i casi tassativamente previsti dalla legge- (v. Cass., Sez. Un., 11 giugno 1998, n. 5802).

Non va d'altro canto sottaciuto che, per sottrarsi al sindacato di legittimita' sotto entrambi i piu' sopra cennati profili di censura dell'ermeneutica contrattuale, quella data dal giudice al contratto non deve essere l'unica interpretazione possibile o la migliore in astratto ma una delle possibili e plausibili interpretazioni; sicche', quando di una clausola contrattuale sono possibili due o piu' interpretazioni (plausibili), non e' consentito alla parte che aveva proposto l'interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimita' del fatto che sia stata privilegiata l'altra (v. Cass., 25/10/2006, n. 22899).

Con il 3 motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che la corte di merito non ha pronunziato in ordine alla domanda, riproposta anche in via subordinata all'accoglimento dell'appello interposto da controparte, di surroga e regresso nei confronti della debitrice principale Co. s.n.c., con condanna di quest'ultima al rimborso, in favore dell'opponente, di tutte le somme che la stessa Vi. sia eventualmente tenuta a versare alla So. It. pe. Co. d'. s.p.a. in ottemperanza al decreto ingiuntivo opposto.

Il motivo e' inammissibile.

Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita', l'omesso esame di una domanda e la pronunzia su domanda non proposta, nel tradursi nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sono deducibili con ricorso per cassazione esclusivamente quale error in procedendo ex articolo 112 Cass., 26/1/2006, n. 1701).

Va ulteriormente sottolineato che il motivo si profila altresi' formulato anche in violazione del principio di autosufficienza, che anche in caso di denunzia di violazione ex articolo Cass., 16/4/2003, n. 6055).

E' infatti al riguardo noto che, pur divenendo nell'ipotesi in cui vengano denunciati con il ricorso per cassazione errores in procedendo la Corte di legittimita' giudice anche del fatto (processuale), con conseguente potere - dovere di procedere direttamente all'esame e all'interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione si prospetta comunque quella concernente l'ammissibilita' del motivo in relazione ai termini in cui e' stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata la sussistenza di tale ammissibilita' diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicche' esclusivamente nell'ambito di quest'ultima valutazione la Corte di Cassazione puo' e deve procedere direttamente all'esame ed all'interpretazione degli atti processuali (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Orbene, nella specie la ricorrente non indica se, come e quando la domanda in argomento sia stata proposta in primo grado, omettendo altresi' di riportarla nel ricorso.

Del pari non indica quale sia stata la decisione al riguardo del giudice di prime cure, ne' la censura mossa al riguardo nell'atto di appello, la medesima non riportando compiutamente - per quanto di relativo interesse - del ricorso.

Emerge dunque evidente, alla stregua dei suesposti rilievi, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dell'odierna ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all'articolo 366 c.p.c., n. 4, in realta' si risolvono nella mera doglianza circa l'asseritamente erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via la ricorrente allora in realta' sollecita, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimita', un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimita' non e' un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto gia' considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

All'inammissibilita' ed infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente So. It. pe. Co. d'. s.p.a., seguono la soccombenza.

Non e' invero a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore della societa' Co. s.r.l. (gia' Co. s.n.c.), non avendo la medesima svolto attivita' difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore della So. It. pe. Co. d'. s.p.a., che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

 

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