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La "causa simulandi" non deve risolversi necessariamente in un concreto vantaggio per tutte le parti dell'accordo simulatorio costituendo al più un indizio rivelatore dello stesso
Pubblicata il 22/05/2011
Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 28 aprile 2011, n. 9465
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente
Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere
Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere
Dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere
Dott. FALASCHI Milena - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CL. Ma. , rappresentato e difeso, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv.to D'Angelo Pasquale del foro di Foggia e Massimo Casella Pacca di Matrice del foro di Roma ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, via Oslavia, n. 30;
- ricorrente -
contro
D'. An. , rappresentato e difeso dagli Avv.ti LANZELLOTTO Maria ed Attilio Spagnolo del foro di Bari, in virtu' di procura speciale per atto notar P. de Candia rep. N. 39.230 del 3.10.2008, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv.to Vito Nanna in Roma, via dei Tritone n. 102;
- controricorrente -
e contro
D'. Gi. ;
- controricorrente non costituito -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari n. 731/2005 depositata il 12 luglio 2005;
Udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 15 febbraio 2011 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
uditi gli Avv.ti Massimo Casella Pacca di Matrice, per parte ricorrente, e Maria Lancellotto, per parte controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 18.11.1987 CL. Ma. evocava, dinanzi al Tribunale di Foggia, D'.Gi. ed D'.An. per sentire dichiarare la simulazione del contratto, per atto pubblico, del (OMESSO) con il quale D'. Gi. aveva trasferito ad D'.An. il locale in (OMESSO), con annesso ripostiglio di mt. 15, chiedendo di pronunciare sentenza di trasferimento dei beni medesimi, a lui promessi in precedenza, ex articolo 2932 c.c.
Instauratosi il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti, spiegando D'.Gi. riconvenzionale per sentire dichiarare la nullita' della transazione del 3.12.1985 ovvero la sua risoluzione per eccessiva onerosita', dichiarandosi, altresi', tenuto al rimborso nei confronti dell'attore di lire 52.500.000, mentre la controparte era tenuta al rimborso delle somme riscosse a titolo di canone, il Tribunale adito, espletata istruttoria, in accoglimento della domanda attorea, dichiarava la simulazione dell'atto pubblico con il quale D'.Gi. aveva venduto ad D'.An. i beni in contesa, disponendone il trasferimento, previo completamento del prezzo, in favore del CL. , in forza di un precedente preliminare. Proponeva gravame avverso la decisione D'. An. , il quale affermava che con citazione risalente al settembre 1985 D'.Gi. aveva convenuto in giudizio il CL. per sentire dichiarare la rescissione ovvero la risoluzione per eccessiva onerosita' del contratto preliminare sottoscritto il (OMESSO) con il quale si era obbligato a vendere i beni in questione, giudizio nel corso del quale il convenuto aveva spiegato riconvenzionale per pronuncia ex articolo 2932 c.c.; la controversia che si era risolta con una transazione in dipendenza della quale, poste nel nulla le precedenti convenzioni, D'.Gi. si impegnava a vendere l'immobile gia' promesso, nonche' un ripostiglio di mq. 10 nel sottoscala di primo piano con accesso dal portone di via (OMESSO) ed un appartamentino in (OMESSO), al primo piano del civico (OMESSO), maggiorando il prezzo inizialmente concordato da lire 80.000.000 a lire 130.000.000. Successivamente pero' D'.Gi. trasferiva ad D'. An. i beni promessi. Tanto premesso, l'appellante deduceva l'erroneita' della sentenza del giudice di prime cure che aveva riconosciuto l'accordo simulatorio fra i D'. basandosi sul rapporto di consanguineita', in assenza di documentazione comprovante il pagamento del prezzo. Di converso i due D'. e gli altri fratelli avevano proceduto alla divisione dei beni in comune, fra cui quelli promessi in vendita a CL. , all'esito di un contenzioso decennale. La Corte di appello di Bari, nella resistenza dell'appellato CL. , mentre D'.Gi. aderiva alle ragione dell'appellante, accoglieva il gravame e in parziale riforma della sentenza impugnata rigettava la domanda attorea relativa alla simulazione del contratto di vendita fra D'. Gi. e D'. An. a rogito del (OMESSO) e la domanda di trasferimento del locale sito al piano terra in (OMESSO), confermando per il resto la decisione.
A sostegno dell'adottata sentenza, la Corte territoriale evidenziava che la domanda di simulazione proposta dal CL. non era congruamente provata non essendo di per se' sufficienti la conoscenza del preliminare concluso con il CL. ed il pagamento del prezzo fuori dell'atto, che costituiva una pratica ricorrente nell'adempimento dell'obbligazione.
Aggiungeva che la prova logica andava contro l'assunto dello stesso attore - appellato in quanto non rilevava un vantaggio economico immediato per il promittente venditore dall'asserita simulazione, il quale non avrebbe ricevuto il prezzo dall'acquirente apparente. Inoltre sarebbe spettato al CL. dare dimostrazione della disponibilita' sostanziale del locale compravenduto, al di la' della titolarita' formale assunta dall'acquirente.
Non era stato tenuto in debito conto la circostanza che gli immobili promessi al CL. fossero ancora in comunione fra i germani D'. al momento della sottoscrizione del preliminare e cio' poteva far credere che i comproprietari non gradissero la vendita a persone estranee alla famiglia. Rilevava, altresi', che il definitivo era comunque condizionato all'attribuzione al promittente venditore dei beni da lui compromessi.
Concludeva che D'.An. aveva acquistato solo uno dei cespiti che il fratello aveva promesso al CL. , con il ripostiglio che ne costituiva accessorio, per cui per gli altri beni erano rimasti soggetti all'esecuzione della promessa di vendita. Del resto l'impugnazione per simulazione aveva interessato solo l'atto pubblico del (OMESSO), per cui la riforma della sentenza doveva essere pronunciata parzialmente.
Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Bari ha proposto ricorso per cassazione il CL. , che risulta articolato sostanzialmente su tre motivi, al quale ha resistito con controricorso D'.An. .
Entrambe le parti costituite hanno presentato memorie ex articolo 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato sotto piu' profili, il ricorrente deduce l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a punti decisivi della controversia in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5, in quanto nella sentenza impugnata si riscontrerebbero motivi del tutto insufficienti e contraddittori (se non addirittura mancanti), si' da non potere rinvenire il criterio logico che avrebbe condotto il giudice del gravame alla formazione del proprio convincimento, risultando le ragioni poste a fondamento sostanzialmente contrastanti tra di loro, da non consentire l'individuazione della ratio decidendi. Per di piu' le motivazioni risulterebbero non conformi al dettato legislativo relativo alla normativa della simulazione, dall'istituto della presunzione alla valutazione delle prove.
Piu' specificamente, la corte di merito non si sarebbe soffermata ad esaminare le "argomentazioni opposte" che a suo dire inficerebbero gli elementi della simulazione, quali il rapporto di parentela, la conoscenza da parte del simulato acquirente della esistenza di un compromesso con il CL. , avente ad oggetto lo stesso bene, la mancata prova del pagamento del prezzo.
Inoltre, ad avviso del ricorrente, la mancanza di un vantaggio economico immediato avrebbe fatto ritenere alla corte di merito l'insussistenza di una causa simulandi.
Il ricorrente si duole, altresi', che il giudice del gravame abbia ritenuto non raggiunta la prova della simulazione sulla base della considerazione che i fratelli D'. non avevano bisogno di ricorrere alla vendita simulata per sottrarre al Cl. il bene, poiche' potevano farlo in altri modi, "quasi del tutto inattaccabili", come l'assegnazione a D'. Gi. , in sede di divisione, di beni diversi da quelli promessi in vendita al Cl. . D'. An. , poi, avrebbe potuto esercitare il retratto successorio se la vendita tra D'.Gi. ed il Cl. fosse stata perfezionata prima della divisione. Il ricorrente sottolinea come la corte di merito abbia ritenuto rilevante la circostanza che l'acquisto di D'. An. riguardasse solo uno dei cespiti che il fratello Gi. aveva promesso in vendita al Cl. , senza tenere conto che l'eventuale vendita simulata dell'appartamento di via (OMESSO) avrebbe coinvolto una terza persona, certa C. .
Infine, la corte di merito non avrebbe approfondito l'accertamento sul possesso del bene, che pacificamente spettava al CL. , circostanza non contestata dalle controparti.
Il motivo e' fondato.
Costituisce in giurisprudenza "ius receptum" il condiviso principio di diritto secondo cui "in tema di simulazione, la natura stessa della controversia non consente, ordinariamente, il ricorso a prove diverse da quella indiziaria e presuntiva: pertanto, il giudice di merito, per dare una valida dimostrazione dell'esistenza o della inesistenza della simulazione, deve prendere in esame le circostanze desumibili dalla causa, procedendo ad un esame globale e complessivo di tutte le risultanze istruttorie, considerate in una visione unitaria; ove cio' non faccia e si limiti ad un esame distinto e separato delle varie circostanze accertate, la sua valutazione delle prove non si sottrae a censura in sede di legittimita' (cfr Cass. 9 gennaio 1980 n. 171; Cass. 3 novembre 1978 n. 4991). Da tale indirizzo si e' discostata la sentenza impugnata, perche' la stessa, pur mostrando di essere consapevole della portata e della valutazione dei singoli elementi indiziari, ha esaurito la motivazione di ciascuno degli elementi indiziari evidenziati dall'appellante con deduzioni a contrario, senza collegarli - in positivo - l'uno all'altro in doverosa valutazione unitaria, cio' che avrebbe potuto consentire di cogliere il valore sintomatico del complessivo contenuto del negozio giuridico realizzato dai germani D'. e dalla condotta dalle parti. Siffatto diverso approccio alla valutazione del materiale probatorio ancora piu' appariva doveroso se si consideri il numero non certamente esiguo di indizi prospettati dall'appellante, nonche' il fatto, reso evidente dalla motivazione, che, per negare valore probatorio a taluni degli indizi esaminati - in particolare la mancata prova della corresponsione del prezzo, il rapporto di parentela fra i contraenti, la consapevolezza da entrambi le parti del preliminare concluso dal D'. con il Cl. - la Corte di appello ha dovuto ignorare o sovvertire l'id quod plerumque accidit, senza rendersi conto delle ragioni per cui, nel caso in esame, era consentito, a suo avviso, discostarsi da quella regola nella valutazione degli elementi presuntivi, mentre nell'esame degli altri indizi ha trascurato la valutazione di taluni aspetti e circostanze, che, se considerati, avrebbe potuto conferire un significato diverso o piu' univoco agli stessi elementi probatori.
Alla luce di tali premesse e considerando lo stesso ordine di esame seguito in sentenza, si osserva, con riferimento alla valutazione del rapporto di parentela fra le parti del contratto di compravendita, che D'.Gi. per attuare il suo piano ha fatto ricorso a persona, il fratello, con cui era in stretta confidenza e quindi era bene al corrente della situazione giuridica dell'immobile, tant'e' che l'acquirente non contesta di essere a conoscenza del preliminare concluso dal fratello con il Cl. anni addietro, incentrandovi quasi completamente l'atto di appello. Circostanze queste - la relazione parentale e la conoscenza del preliminare concluso dal venditore con il ricorrente - su cui la motivazione della corte di appello appare elusiva del dovere di motivazione sufficiente incombente sul giudice di merito.
Invero la sentenza impugnata non prende in considerazione la circostanza che la conclusione del contratto di compravendita tra i germani D'. sanciva la definitiva uscita del bene dal patrimonio di Gi. , che originariamente aveva promesso di vendere lo stesso immobile al Cl. , ma che nel tempo aveva considerato poco conveniente il consenso prestato e l'operazione economica ad esso sottesa, tanto da avere, in un momento successivo, definito i rapporti con transazione novativa delle precedenti convenzioni (v. pag. 3 della decisione). Del tutto carente, poi, la motivazione si appalesa in ordine alla deduzione del mancato versamento del prezzo della compravendita, laddove si limita a considerare che "e' una pratica ricorrente nell'adempimento dell'obbligazione" (pag. 6 decisione), nonostante nell'atto impugnato venisse detto in maniera estremamente generica che il corrispettivo era stato pagato prima della sua redazione. Infatti nessuna dimostrazione ha richiesto al riguardo la corte di merito, nonostante alla dichiarazione relativa alla sua corresponsione, pur contenuta in un rogito notarile di una compravendita immobiliare, non possa attribuirsi valore vincolante nei confronti del Cl. , stante la sua posizione di terzo rispetto alle parti che hanno posto in essere la compravendita, circostanza dalla quale possono trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l'onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione (v. Cass. 30 maggio 2005 n. 11372).
Inoltre appare inidonea a dimostrare la insussistenza della simulazione l'osservazione della corte di appello circa i diversi istituti applicabili nella specie per raggiungere il fine di non cedere il bene al Cl. . Sono considerazioni irrilevanti, in quanto non vi e' dubbio che nella vicenda in esame lo stesso scopo poteva essere raggiunto sia attraverso la simulazione sia attraverso un negozio diverso, come l'attribuzione al momento della scioglimento della comunione ereditaria del bene ad altro fratello del promittente venditore, ma si tratta di due strade completamente diverse, che non possono pertanto incidere sulle conclusioni della corte, attese le particolari circostanze e modalita' degli atti di disposizione del bene.
La corte distrettuale, inoltre, parrebbe attribuire una qualche rilevanza alla causa simulandi, per fare discendere dalla sua insussistenza la mancanza di elementi presuntivi per l'individuazione della simulazione, accertamento che nella specie, di converso, appare inconferente, poiche' identificandosi nel motivo pratico che ha indotto le parti a realizzare l'apparenza contrattuale, non deve risolversi necessariamente in un concreto vantaggio per tutte le parti dell'accordo simulatorio e al piu' costituisce un indizio rivelatore dell'accordo simulatorio, non gia' del contrario (v. Cass. 11 aprile 2006 n. 8428; Cass. 3 aprile 2001 n. 4865).
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1414 2729 c.c., in realta' mette in discussione - per contestarne la specifica efficacia di fonte indiretta - il giudizio della corte di merito circa la mancanza di indizi, nella convergenza globale degli elementi di giudizio, si' da comporre un quadro probatorio esauriente in ordine alla mera apparenza del negozio impugnato. In altri termini, anche con il secondo motivo il ricorrente si duole dell'incongruenza sul piano logico e giuridico del procedimento seguito per giungere alla soluzione adottata dalla corte. Ma cio' rileva sotto il diverso profilo del vizio di motivazione, di cui si e' gia' detto. Il motivo e', dunque, privo di pregio e va rigettato.
Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 346 c.p.c. per avere il giudice del gravame omesso di esaminare la vicenda sotto l'ulteriore profilo del contratto in frode ai creditori, da cui sarebbe discesa l'azione revocatoria, introdotta dal CL. nella propria comparsa di costituzione.
Il motivo e' infondato. Costituisce insegnamento costante di questa Corte che anche la parte totalmente vittoriosa in primo grado ha l'onere di riproporre le domande e le eccezioni su cui sia rimasta soccombente ovvero ritenute assorbite o comunque non esaminate dalla sentenza impugnata in una delle difese del giudizio di secondo grado (cosi', tra le altre, Cass. 17 dicembre 1999, n. 14267), la censura va rigettata.
Conclusivamente, il ricorso va accolto quanto al primo motivo, mentre vanno rigettati gli altri due motivi, e pertanto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimita', ad altra sezione della Corte di appello di Bari, che giudichera' attenendosi, nella valutazione dei singoli elementi indiziari, ai rilievi qui svolti, nonche' al principio di diritto secondo cui "in tema di simulazione il giudice di merito deve procedere ad un esame globale e complessivo di tutte le risultanze istruttorie, considerate in una visione unitaria, non limitandosi ad una valutazione distinta e separata dei vari elementi indiziari accertati".
P.Q.M.
LA CORTE
accoglie il primo motivo del ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Bari.