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La lettera raccomanda o il telegramma, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituiscono prova certa della spedizione

La lettera raccomanda o il telegramma, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento, costituiscono prova certa della spedizione, attestata dall'Ufficio postale, attraverso la ricevuta di spedizione, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex articolo 1335 del Cc dello stesso. Spetta, pertanto, al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero che esso contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente. Nella specie, pur risultando dimostrato che un istituto di credito aveva spedito, in una certa data, una raccomandata con la quale si dava atto al debitore ceduto l'avvenuta cessione del proprio debito, poiché mancava la prova che la raccomandata fosse stata ricevuta dal destinatario, il giudice del merito aveva ritenuto non realizzata la fattispecie di cui all'articolo 1264 del Cc e, pertanto, correttamente adempiuta dal debitore medesimo la propria obbligazione in favore del creditore originario cedente. In applicazione del principio esposto sopra la Suprema corte ha cassato una tale pronuncia e rimesso la causa, per nuovo esame, dal giudice di merito(Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 18 ottobre 2005, n. 20144).



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Gaetano Fiduccia - Presidente

Dott. Renato Perconte Licatese - Consigliere

Dott. Francesco Trifone - Consigliere

Dott. Mario Finocchiaro - Consigliere Relatore

Dott. Giacomo Travaglino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (R.G. 19854/02) proposto da:

Cassa di Risparmio di Fo. S.p.A., in persona del presidente prof. Gi. Gh., elettivamente domiciliato in Ro., Via Ge. n. 197, presso l'Avvocato Ma. Cr. Na., che lo difende anche disgiuntamente all'Avvocato. Gi. Bl., giusta delega in atti;

ricorrente

contro

Gi. S.r.l.

intimata

nonché sul ricorso (R.G. 23803/02) proposto da:

Gi. S.r.l. in persona del legale rappresentante Fr. Da. Li., elettivamente domiciliata in Ro., Via Gi. Fe. n. 12, presso l'Avvocato Se. Sm., che la difende giusta delega in atti;

controricorrente ricorrente incidentale

contro

Cassa di Risparmio di Fo. S.p.A.

intimata

avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino, n. 188/02 del 07/12/2991 - 13/02/2002 (R.G. 822/01).

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/09/2005 dal Relatore Cons. Mario Finocchiaro;

udito l'Avvocato Se. Sm., per la ricorrente incidentale;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Rosario Giovanni Russo, che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto 19/11/1993 il presidente del Tribunale di Cuneo ha ingiunto alla Gi. S.r.l. il pagamento, in favore della Cassa di Risparmio di Fo., della complessiva somma di £ 177.786.000 oltre interessi e spese del procedimento monitorio.

Il detto importo è stato reclamato dalla Cassa di Risparmio di Fo. nella sua veste di cessionaria del credito vantato, nei confronti della Gi. S.r.l., dalla Ed. Ca. di Fa. e C. S.a.s., credito risultante dalla fattura n. 11 del 28/07/1992 per lire 904 milioni, nascente dalla vendita di un terreno e struttura prefabbricato capannone industriale in To..

La Gi. S.r.l., ha esposto la creditrice nel ricorso per ingiunzione, con comunicazioni in data 19 e 26/11/1992 e 09/12/1992, aveva accettato la cessione relativa a 6 effetti, di cui aveva autorizzato la emissione per il complessivo importo di £ 177.750.000.

Con atto 15/12/1993 la Gi. S.r.l. ha proposto opposizione, innanzi al Tribunale di Cuneo, avverso il descritto decreto evidenziando che le lettere del 19 e 26/11/1992 non recavano la sottoscrizione di Fr. Da. Li., legale rappresentante della Gi. S.r.l., e che essa concludente era totalmente all'oscuro della avvenuta cessione del proprio debito nei confronti della Ed. Ca. S.a.s., nelle more dichiarata fallita.

Non avendo avuto essa concludente alcuna notizia della cessione - ha ancora evidenziato la società opponente - la stessa aveva provveduto a pagare gli importi oggetto della ingiunzione regolarmente e direttamente alla creditrice Ed. Ca. S.a.s. mediante assegni circolari rispettivamente il 18/12/1992 e il 20/01/1993.

Tutto ciò premesso la società opponente ha chiesto che l'adito Tribunale, previa chiamata in causa del fallimento della Ed. Ca. S.a.s., dichiarasse nullo e inefficace il decreto opposto con declaratoria della inesistenza della obbligazione dedotta da controparte per avvenuta estinzione.

Costituitasi in giudizio la Cassa di Risparmio di Fo. S.p.A. ha contestato la narrativa avversaria e ha chiesto che, previi gli accertamenti istruttori del caso, fosse dichiarata la autenticità delle sottoscrizioni che apparivano in calce alle lettere 19 e 26/11/1992 con rigetto della opposizione ex adverso proposta.

Svoltasi l'istruttoria del caso, l'adito Tribunale, per quanto ancora rilevante al fine del decidere, con sentenza 25/11/2000 - 01/12/2000, dichiarata la autenticità delle sottoscrizioni in calce alle lettere 19 e 26/11/1992, ha rigettato la proposta opposizione.

Gravata tale pronunzia dalla soccombente Gi. S.r.l., nel contraddittorio della Cassa di Risparmio di Fo. S.p.A. che, costituitasi in giudizio, ha chiesto, in via principale, il rigetto del gravame e, in via subordinata, la condanna della appellante al pagamento del complessivo importo di £ 177.860.000 oltre interessi, la Corte di Appello di Torino con sentenza 07/12/2001 - 13/02/2002 ha accolto il gravame e, per l'effetto, revocato il decreto 19/11/1993 del Presidente del Tribunale di Cuneo con rigetto della domanda diretta a dichiarare la autenticità delle sottoscrizioni apposte sulle lettere 19 e 26/11/1992 in atti, compensate tra le parti le spese del grado tra le parti.

Per la cassazione di quest'ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso, con atto 1° luglio e date successive la Cassa di Risparmio di Fo. S.p.A., affidato a sei motivi. Resiste, con controricorso e ricorso incidentale 30/09/2002, affidato a un motivo, la Gi. S.r.l..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I vari ricorsi, tutti proposti contro la stessa sentenza, devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c..

2. Come accennato in parte espositiva l'opponente Gi. S.r.l. ha disconosciuto, siccome non provenienti dal legale rappresentante di essa concludente, le sottoscrizioni “Fr. De. Li.” che appaiono sulle lettere 19 e 26/11/1992.

Espletata consulenza tecnica grafica su tali sottoscrizioni la sentenza di secondo grado ha accertato, in linea di fatto:

- da un lato, che il consulente evidenziata la facilità di falsificazione delle sigle - firma disconosciute, ha affermato di non ritenere possibile l'attribuzione certa delle stesse alla della Fr. Da. Li., si, per l'effetto che “lo stato di dubbiezza sulla provenienza delle scritture azionate, provocato dal disconoscimento rimaneva intatto, al di là delle sua pure significative corrispondenze e compatibilità di gesto tra le due sigle - firma in verifica e le autografe comparative”;

- dall'altro, che il “comportamento” tenuto dalla debitrice con la lettera 02/09/1993 (con cui la stessa aveva replicato al sollecito del 30 luglio) “non appare assumere di per sé un valore indiziante così univoco da indurre a un suo superamento (dell'evidenziato stato di dubbiezza) dal momento che se il debito era stato assolto regolarmente e direttamente nei confronti della società creditrice Ed. Ca. S.a.s. la ricezione di una diffida, proveniente da un terzo asseritosi cessionario - sia pure in base a quattro vostre lettere di autorizzazione ad emettere effetti (tre delle quali peraltro ... mai prodotte) e a quattro accettazioni di credito (la prima delle quali - in data 09/11/1992 - parimenti non prodotta) via via rilasciata non comportava necessariamente l'obbligo di contestare le circostanze assunte, per cui non sussistendo l'obbligo, la mancata contestazione specifica non autorizza a presumere una conoscenza certa delle stesse”;

- da ultimo, che, comunque, “nulla di certo può desumersi dalla lettere 09/12/1992 a firma della Fa. - con la quale era state cedute alla Cassa di Risparmio di Fo. S.p.A. le tre ricevute bancarie da lire 25 milioni che la Ed. Ca. era stata autorizzata a emettere da parte della Gi. - stante l'irrisolto dubbio circa l'effettivo recapito della stessa”.

3. La ricorrente principale censura la riassunta pronunzia con 6 motivi, tutti intimamente connessi, con i quali denunzia, nell'ordine:

- da un lato, l'ultima delle proposizioni sopra trascritte e, in particolare l'affermazione - fatta propria dai Giudici di secondo grado - secondo cui non sarebbe stata raggiunta alcuna prova della ricezione, da parte della Gi. della lettera 09/12/1992, lamentando sia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 1264 c.c. e 2697 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.” (primo motivo), sia la “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.” (secondo motivo), stante la apoditticità della motivazione fatta propria dalla sentenza gravata allorché (sempre con riguardo alla raccomandata 09/12/1992) ha affermato che era rimasto irrisolto il dubbio circa l'effettivo recapito della stessa;

- dall'altro, lamentano "falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.”, nonché “violazione o falsa applicazione degli art. 2697 c.c., 1264, c.c. secondo comma e 115 c.p.c., in relazione all'art, 360 n. 3 c.p.c.”, la conclusione fatta propria dalla sentenza di secondo grado allorché - andando di contrario avviso rispetto a quanto affermato dai Giudici di primo grado - ha ritenuto carente una idonea prova circa la provenienza delle sottoscrizioni che appaiono in calce alle lettere del 19 e 26/11/1992 da Fr. Da. Li. (legale rappresentante della Gi. S.r.l.) (terzo e quarto motivo);

- da ultimo, l'omesso esame, da parte della Corte di Appello, di molteplici circostanze, rilevanti al fine del decidere, prospettate dalla difesa di essa ricorrente, e che se tenute presenti avrebbero condotto a una diversa conclusione della lite (quinto motivo e sesto motivo, titolati, rispettivamente “omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c.”, nonché “violazione e falsa applicazione degli art. 2727 e 2729 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.").

4. Ancorché infondati nella parte in cui censurano la sentenza gravata nella parte in cui questa ha ritenuto la non autenticità della “sottoscrizione - sigla” apparentemente di mano di Fr. Da. Li. che appare sulle lettere 19 e 26/11/1992, nei limiti di cui appresso, i riassunti motivi sono in parte fondati e meritevoli di integrale accoglimento, in parte assorbiti, dall'accoglimento dei profili ritenuti fondati, alla luce delle considerazioni che seguono.

4.1. Giusta la testuale previsione di cui all'art. 214 c.p.c. “colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione”.

Ove vi sia stato espresso disconoscimento della propria sottoscrizione a opera di una delle parti, ancora, l'altra - a norma dell'art. 216 c.p.c. - ove intenda, ciononostante, avvalersi della scrittura disconosciuta, “deve chiederne la verificazione”.

Pacifico quanto precede è di palmare evidenza, da un lato, che successivamente al disconoscimento è onere di colui che propone l'istanza di verificazione dare, con qualsiasi mezzo, la prova della provenienza del documento dalla parte che ha disconosciuto la propria sottoscrizione - e non certamente dell'“apparente” autore della sottoscrizione stessa di dimostrare la falsità della firma (cfr. Cass. 23/12/2003, n. 19727) - dall'altro, che qualora, per qualsiasi motivo, non sia raggiunta la prova della provenienza del documento dalla parte che l'ha disconosciuto il documento stesso non può essere utilizzato al fine della decisione.

Certo quanto precede, non controverso che in linea di fatto non è stato possibile, da parte del consulente tecnico d'ufficio, e dai Giudici del merito, ritenere possibile l'attribuzione certa delle sottoscrizioni alle lettere 19 e 26/11/1992 a Fr. Da. Li., è evidente che la sentenza gravata, essendosi attenuta ai principi di diritto sopra riferiti, non è censurabile, in questa sede, per avere rigettato la domanda diretta a dichiarare la autenticità delle sottoscrizioni apposte sulle lettere sopra descritte.

Specie considerato che nella parte de qua del proprio ricorso il ricorrente principale, lungi dall'evidenziare errori logici o giuridici compiuti dalla Corte di Appello nel pervenire alla conclusioni sopra riassunta si limita (inammissibilmente e in contrasto con la previsione di cui al combinato disposto di cui agli artt. 360 nn. 3 e 5 e 366 n. 4 c.p.c.) da un lato, a trascrivere quanto al riguardo ritenuto dal primo Giudice, dall'altro, a opporre alla lettura della relazione di consulenza così come operata dalla Corte di Appello, una diversa valutazione della stessa relazione.

4.2. Come premesso altre censure svolte dal ricorrente principale investono la sentenza impugnata nella parte in cui quest'ultima ha affermato che “non è stata raggiunta alcuna prova della ricezione, da parte della Gi., della lettera 09/12/1992”.

Si osserva, in particolare, allo scopo:

- a norma dell'art. 1264 c.c. la opponibilità a terzi della cessione di credito non presuppone che la relativa notifica al debitore ceduto venga necessariamente eseguita e mezzo ufficiale giudiziario;

- la prova della ricezione, da parte del destinatario, di un plico raccomandato non postula necessariamente la produzione dell'avviso di ricevimento, potendo essere evinta anche da elementi presuntivi ivi inclusi quelli offerti dalla attestazione dell'ufficio postale circa la spedizione del plico.

Come anticipato, le riferite censure sono fondate.

Deve ribadirsi, infatti, in conformità a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice cui, senza alcuna motivazione e del tutto apoditticamente (peraltro implicitamente) si contrappone la sentenza ora gravata che:

- la notificazione al debitore ceduto, prevista dall'art. 1264 c.c., non si identifica con quella effettuata ai sensi dell'ordinamento processuale, ma costituisce un atto a forma libera che, come tale, può concretarsi in qualsivoglia atto idoneo a porre il debitore nella consapevolezza della mutata titolarità attiva del rapporto obbligatorio (tra le tantissime, Cass. 26/04/2004, n. 7919; Cass. 28/01/2002, n. 981; Cass. 12/05/1998, n. 4774; Cass. 02/09/1997, n. 8387);

- la lettera raccomandata o il telegramma - anche in mancanza dell'avviso di ricevimento - costituiscono prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta di spedizione, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero che esso contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente (in termini, Cass. 24/11/2004, n. 22133. Sempre nello stesso senso, Cass. 20/01/2004, n. 771; Cass. 19/08/2003, n. 12135; Cass. 03/07/2003, n. 10536, tra le tantissime);

Certo quanto precede è di palmare evidenza l'errore di diritto in cui è incorsa la sentenza gravata allorché, dopo avere accertato, in linea di fatto (cfr. pp. 8 - 9 della sentenza) “che in data 11/12/1992 la Cassa di Risparmio di Fo. spedì 35 lettere raccomandate, una delle quali - per la precisione: la sesta della distinta prodotta - era diretta a Gi. - To.” ha, totalmente prescindendo dagli insegnamenti di diritto sopra richiamati, affermato che la lettera 09/12/1992 a firma Fa. (su modulo prestampato, recante l'intestazione Finanziamenti contro cessione di crediti verso aziende private, e contenente la comunicazione, alla Gi. S.r.l., della avvenuta cessione, alla Banca, del credito vantato nei confronti della Gi. stessa per lire 75 milioni) è priva di qualsiasi rilevanza, al fine del decidere “stante l'irrisolto dubbio circa l'effettivo recapito della stessa”.

I Giudici di secondo grado, in realtà, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati, e assolutamente incontroversi, dovevano, da un lato, ritenere provata - ancorché presuntivamente - la ricezione della raccomandata spedita l'11/12/1992 da parte della Gi. contenente la lettera datata 09/12, dall'altro verificare se, per ipotesi, controparte, cioè la Gi. S.r.l. avesse dato prova idonea (che, palesemente, non può risolversi nella apodittica affermazione proveniente dallo stesso destinatario del plico di averne sempre ignorato l'esistenza) a superare la presunzione di cui sopra sia quanto all'avvenuta ricezione del piego sia, ancora, quanto al contenuto di questo.

4.3. All'accoglimento sotto i profili precisati sopra del ricorso, segue, da un lato, che la sentenza gravata, nella parte de qua, deve essere cassata con rinvio della causa, per nuovo esame, ad altra sezione della stessa Corte di Appello di Torino, dall'altro, che rimangono assorbiti i residui profili di censura, svolti nel ricorso principale (relativi agli apprezzamenti compiuti dalla sentenza gravata quanto alla condotta della Gi. S.r.l. sia a fronte del sollecito del 30/07/1993, sia in ordine alle altre circostanze evidenziate in ricorso e totalmente trascurate in sentenza), certo essendo che nel valutare detta condotta il Giudice del rinvio non potrà prescindere da quanto sarà accertato in sede di rinvio, facendo applicazione dei principi di diritto sopra esposti, circa la (eventuale) conoscenza, da parte della debitrice, della avvenuta cessione del proprio debito alla Cassa di Risparmio di Fo., sia del ricorso incidentale (relativo alla disposta compensazione delle spese).

Il Giudice di rinvio provvederà, altresì, alle spese di questo giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi;

accoglie, per quanto di ragione, il ricorso principale;

dichiara assorbito quello incidentale;

cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e rinvia la causa, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte di Appello di Torino, che provvederà, altresì, sulle spese di questo giudizio di legittimità.

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