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La locuzione "...entro e non oltre..." contenuta in un contratto non è sufficiente a far ritenere il termine "essenziale" ex art. 1457 c.c.

La locuzione "...entro e non oltre..." contenuta in un contratto non può essere, di per sé sola, sufficiente a far ritenere essenziale ai sensi dell'art. 1457 c.c. il termine pattuito, occorrendo a tal fine accertare quale sia stata l'effettiva volontà delle parti, tenendo conto, oltre che delle espressioni dalle stesse adoperate anche della natura, dell'oggetto del contratto e dell'utilità della prestazione in relazione alla prevista scadenza convenzionale sicché il giudizio di non essenzialità del termine non può essere condotto sulla base di considerazioni approssimative ed in parte congetturali, sostanzialmente basate su criteri equitativi e di comune esperienza, ma deve tener conto della peculiarità della fattispecie concreta prospettate dalle parti per mezzo di una compiuta disamina degli elementi di prova dalle stesse addotti. Corte di Cassazione, sezione II Civile, 6 dicembre 2007, n. 25549)



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Svolgimento del processo

Con atto notificato il 4.2.2000 Fabrizio Agosti citò, innanzi al Giudice di Pace di Bolzano la ditta "La Piramide Arredamenti", in persona del titolare Andrea Galletti, al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di £ 3.934.000, a titolo di restituzione del doppio della caparra e risarcimento dei danni, previa risoluzione, per inadempimento della convenuta, di un contratto di compravendita di mobili da cucina, stipulato in data 15.5.99.
Deduceva, a sostegno della domanda che la venditrice, cui aveva corrisposto una caparra confirmatoria dell'importo di £ 1.000.000, non aveva mantenuto fede all'impegno, contrattualmente previsto, di eseguire la consegna "entro e non oltre il 15.6.99", e che, in conseguenza di tale inadempimento, aveva subito spese per il rimontaggio della vecchia cucina, già messa a deposito.
Si costituiva la convenuta e resisteva alla domanda ribaltando l'addebito di inadempienza sull'attore, del quale chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna al pagamento della somma di £ 3.450.000, pari alla restante parte del prezzo pattuito.
Ammessa ed espletata prova testimoniale, richiesta dall'una e dall'altra parte, il giudice adito con sentenza del 23.3.01, depositata il 14.5.01, rigettava la domanda attrice, accoglieva la riconvenzionale nei limiti della caparra versata e compensava le spese.
Proposti appelli, principale dall'Agosti, incidentale dal Galletti, con sentenza del 15.9.03 il Tribunale di Bolzano, in composizione monocratica, respingeva il gravame principale, accoglieva quello incidentale ed, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava l'Agosti al pagamento della somma di € 1.781,78, pari al prezzo della fornitura di £ 3.450.000, oltre agli interessi legali dal 16.6.99 al saldo ed alle spese del doppio grado di giudizio.
Il giudice d'appello confermava il giudizio d'inadempimento a carico dell'acquirente, ritenendo non provato ed inattendibile l'analogo ed opposto addebito e, comunque, ingiustificato il comprovato ed ammesso rifiuto dell'appellante attore di ricevere la consegna dei mobili in data 16, anziché 15 giugno 1999, al riguardo giudicando privo di essenzialità il previsto termine contrattuale e del tutto privo di gravità il ritardo, di un solo giorno, della rifiutata offerta; per converso, dava atto che la ditta convenuta aveva chiesto, in riconvenzionale, non la risoluzione del contratto, ma l'esecuzione dello stesso, e pertanto le riconosceva il diritto alla percezione del prezzo, detratto l'importo dell'acconto - caparra, restando i mobili a disposizione dell'Agosti.
Quest'ultimo ha proposto, per la cassazione della sentenza suddetta, ricorso affidato a due motivi di censura e a successiva memoria.
La parte intimata non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso vengono dedotte violazione e falsa applicazione dell'art. 1385, in relazione all'art. 1457 c.c., con connesse carenze ed illogicità di motivazione.
Il giudice di appello sarebbe pervenuto alla decisione attraverso un "aggrovigliamento di tesi e teorie", così pervenendo ad erronea ed immotivata attribuzione dell'inadempienza all'Agosti, pur in cospetto di "lineari ed univoci elementi", che avrebbero dovuto indurlo a ritenere essenziale il termine, contrattualmente previsto ed espistolarmente ribadito dal deducente, fissato per la consegna dei mobili, oltre il quale la prestazione avrebbe perso utilità economica per il medesimo, con conseguente diritto, nella specie validamente esercitato, di recedere dal contratto ed esigere la restituzione del doppio della prestata caparra confirmatoria.
Con il secondo motivo si lamenta "omessa, insufficiente motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. circa le risultanze istruttorie, in relazione all'art. 1457 c.c.", con riferimento specifico alla mancata o inadeguata valutazione di una prova, asseritamente decisiva, costituita da un "tabulato" della società Telecom, testimonialmente confermato in giudizio ed attestante una serie di chiamate alla ditta venditrice tra la data del 7.6 e quella del 16.6 del 1999, compresa una eseguita nella tarda mattinata del 14.6, giorno precedente a quello della prevista consegna. A tal riguardo il giudice di secondo grado si sarebbe limitato prendere in considerazione solo la prima e non anche l'ultima delle suddette chiamate ed avrebbe indebitamente attribuito rilevanza solo alle testimonianze rese da due persone legate da rapporti di lavoro con la ditta venditrice, senza invece tener conto di quelle rese dai testi addotti dall'Agosti, dal cui contenuto (imminenza della partenza del predetto per le vacanze con la moglie in stato di avanzata gravidanza ed un figlio di un anno, avvenuto smontaggio da circa una settimana della vecchia cucina), avrebbe dovuto desumere l'essenzialità del non osservato termine di consegna; si lamenta, ancora, l'immotivata dichiarazione di inattendibilità della testimonianza resa dalla moglie del ricorrente attore.
Le censure, la cui stretta connessione ne rende opportuno l'esame congiunto, fondate nei limiti di seguito precisati, vanno accolte per quanto di ragione.
Premessa la palese inconferenza del riferimento, contenuto nel primo motivo, all'art. 1385 c.c., posto che nessuna incidenza poteva assumere la previsione contrattuale di una caparra confirmatoria, ai fini dell'accertamento dell'essenzialità o meno del termine, che ha costituito il tema centrale del merito della controversia, deve rilevarsi che nel resto le doglianze del ricorrente risultano di massima fondate.
Il giudice di merito, pur partendo dalla corretta premessa giurisprudenziale, secondo la quale la locuzione "...entro e non oltre..." contenuta in un contratto non può essere, di per sé sola, sufficiente a far ritenere essenziale ai sensi dell'art. 1457 c.c. il termine pattuito, occorrendo a tal fine accertare quale sia stata l'effettiva volontà delle parti, tenendo conto, oltre che delle espressioni dalle stesse adoperate anche della natura, dell'oggetto del contratto e dell'utilità della prestazione in relazione alla prevista scadenza convenzionale (v.,tra le altre, Cass. n. 5797/05, 1815/04, 5509/02, 2347/95), non ha tuttavia convincentemente motivato il formulato giudizio di inessenzialità del termine in contestazione, sul presupposto del quale ha ritenuto di ascrivere esclusivamente all'acquirente l'inadempimento del contratto.
Le ragioni della parte attrice, che non si era limitata a richiamare il tenore letterale della clausola in questione, ma aveva anche indicato le specifiche esigenze, in considerazione delle quali ne avrebbe richiesto ed ottenuto l'inserimento nel contratto, sono state oggetto di inadeguata ed incompleta valutazione da parte del giudice di merito, il quale ha formulato il giudizio di non essenzialità del termine sulla base di considerazioni approssimative (sostanzialmente basate su criteri equitativi e di comune esperienza, secondo i quali lo spostamento di qualche giorno nella consegna non avrebbe comportato alcun disagio al compratore) ed in parte congetturali, senza tener conto della peculiarità della situazione, prospettata dalla parte attrice, omettendo una compiuta disamina degli elementi di prova dalla stessa addotti ed incorrendo anche in incongruenza logica.
La tesi, in particolare, del ripensamento in extremis da parte dell'Agosti, che secondo il giudice di appello avrebbe rifiutato la consegna solo perché il vano destinato all'installazione della nuova cucina non sarebbe stato pronto, risulta confusamente motivata e palesemente in contrasto con la circostanza, pure riferita in sentenza e certamente incompatibile con la ritenuta riserva mentale, che già alcuni giorni prima della data della prevista consegna i vecchi mobili fossero stati smontati e messi a deposito, comportamento questo univocamente raccordabile solo con la previsione di un'imminente, attesa e desiderata, consegna.
Anche illogica risulta la valutazione, nel contesto della vicenda, della telefonata di sollecito del 7.6.99, che il giudice ha categoricamente bollato quale "richiesta insensata", sul presupposto, dedotto da labili accenni testimoniali a non ben precisati lavori di adattamento, che a quella data gli stessi non fossero stati ancora completati, senza considerare: a) che una richiesta di sollecito (il riportato tenore letterale della clausola, costituente pur sempre un elemento indiziario che, seppur non decisivo, non può essere tuttavia ignorato, non prevedeva un termine "secco" di consegna per il giorno del 15.6.99, ma una scadenza massima della stessa, comunque eseguibile anche prima) non avrebbe avuto senso alcuno ove l'attore non avesse potuto o voluto ricevere i mobili acquistati; b) che, d'altra parte, l'intervallo temporale tra la data del suddetto sollecito e quello della prevista consegna, sarebbe stato ragionevolmente sufficiente al completamento delle opere in questione; c) che, infine, l'avvenuto rimontaggio della vecchia cucina, pur da pochi giorni rimossa, avvenuto alla scadenza del non osservato termine ed il giorno prima della programmata partenza per le ferie dell'acquirente, non poteva che essere sintomatica della sostanziale perdita d'interesse alla prestazione, la cui ricezione, in assenza del destinatario e di alcuna prova dell'idoneità e disponibilità dei congiunti, abitanti nello stesso stabile, a riceverla, sarebbe risultata problematica.
Quanto al tabulato Telecom, che pur non integrando (come sembra sostenere il ricorrente) una prova scritta dell'assunto, ma non rilevabile, contenuto delle conversazioni telefoniche, costituisce pur sempre un elemento indiziario, nella specie valutabile ex art. 1362 co. 2 c.c., quale comportamento posteriore al contratto ai fini dell'accertamento della comune volontà negoziale, fondato deve ritenersi il profilo di censura deducente l'incompleta valutazione dello stesso, posto che il giudice di appello si è limitato a prendere in considerazione solo la telefonata iniziale del 7/6, omettendo ogni cenno a quelle successive, eseguite a ridosso della convenuta scadenza contrattuale, la cui adeguata considerazione, nel contesto complessivo della vicenda, avrebbe completato l'indagine in termini più esaustivi.
Altrettanto immotivato risulta il giudizio di inutilizzabilità della testimonianza resa dalla moglie dell'Agosti, che il giudice di appello, pur ritenendo ammissibile sul piano formale (per assenza di situazioni riconducibili all'art. 246 c.p.c. e tenuto conto dell'incostituzionalità dell'art. 247 dichiarata dalla Corte Cost.le con sent. 248/74), ha ritenuto priva di attendibilità, per "evidente interesse di fatto", senza neppure riportarne il contenuto, né dare ulteriore e più specifico conto del relativo giudizio, così discostandosi dal costante insegnamento di questa Corte, secondo il quale in materia di prova testimoniale non sussiste nel vigente ordinamento alcun principio di necessaria inattendibilità delle dichiarazioni rese dal coniuge o dai parenti di una delle parti, tenuto conto che, a seguito della sopra citata dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'art. 247 c.p.c., l'attendibilità di tali testi, anche se da valutarsi con particolare cautela in considerazione dei rapporti intercorrenti con la parte, non può essere aprioristicamente esclusa, in difetto di eventuali ulteriori elementi che il giudice reputi tali da inficiarne la credibilità (v., ex coeteris, Cass. n. 1109/06, 17384/04, 12259/03, 7061/02, 1632/00, 6336/98, 11635/97).
Sulla scorta delle suesposte considerazioni la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Trento, giudice di secondo grado attualmente competente, per nuovo giudizio di appello, in relazione all'accertamento dell'essenzialità o meno del termine convenuto dalle parti, in ordine al quale la motivazione del Tribunale è risultata carente; provvederà, all’esito, il giudice di rinvio anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie, per quanto di ragione, il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Trento.

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