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Le disposizioni del codice del consumo trovano applicazione solo ai negozi conclusi in epoca successiva alla entrata in vigore della legge 6 febbraio 1996 n. 52
Pubblicata il 20/06/2008
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VELLA Antonio - Presidente
Dott. MENSITIERI Alfredo - rel. Consigliere
Dott. SCHERILLO Giovanna - Consigliere
Dott. MALPICA Emilio - Consigliere
Dott. PARZIALE Ippolisto - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CO. FR. , elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA 2 90, presso lo studio dell'avvocato NIGRO ALESSANDRO, che lo difende, giusta; delega in atti;
- ricorrente -
contro
MI. AS. SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEL CORSO 525, presso lo studio dell'avvocato CASCINO GIOVANNI, che lo difende unitamente all'avvocato SCOFONE CARLINO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
COMUNE DI NOVOLI, in persona del Sindaco pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G MAZZINI 113, difeso dall'avvocato INGROSSO LUIGI, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 200/03 della Corte d'Appello di MILANO, depositata il 28/01/03;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/12/07 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;
udito l'Avvocato Adriano CASELLATO, con delega depositata in udienza dell'Avvocato NIGRO Alessandro, difensore del ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato FOSSA' Gianguido, con delega;
depositata in udienza dell'Avvocato CASCINO Giovanni difensore dell'Assicurazione che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato INGROSSO Luigi, difensore del Comune che ha chiesto il rigetto del ricorse;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'avv. CO. Fr. proponeva opposizione avverso il decreto con il quale gli era stato ingiunto di pagare alla s.p.a. Mi. As. lire 45.300.000, oltre accessori, a seguito del pagamento effettuato dalla detta societa' in favore del Comune di Novoli in forza di polizza fideiussoria emessa a garanzia del versamento degli oneri di urbanizzazione determinati nella convenzione urbanistica di lottizzazione stipulata tra il CO. e il citato Comune.
L'opponente deduceva (tra l'altro) che la somma stabilita nella convenzione era risultata ben superiore all'importo in effetti dovuto in applicazione delle tabelle parametriche di cui al Legge 28 gennaio 1977, n. 10, articolo 5, e che i versamenti in precedenza da lui effettuati superavano tale importo, sicche' male aveva eseguito il pagamento la societa'" Mi. As. , che di cio' era stata informata, dovendo essa invece i eccepire tale circostanza a norma dell'articolo 1945 c.c.. Il CO. sosteneva inoltre la nullita' delle clausole 5 e 6 della polizza fideiussoria.
L'opposta societa' resisteva chiamando in giudizio il Comune di Novoli ai fini dell'eventuale rimborso di quanto versatogli in caso di accoglimento dell'opposizione.
Il Comune si costituiva e chiedeva il rigetto delle domande rivolte nei suoi confronti.
Il CO. concludeva anche contro il Comune chiedendo il rimborso di quanto da lui gia' versato in eccedenza rispetto al dovuto.
Con sentenza n. 14005/2000 l'adito tribunale di Milano - dichiarata l'inefficacia del decreto opposto per decorso del termine di cui all'articolo 644 c.p.c., - condannava l'opponente al pagamento, in favore della societa' opposta, della somma di cui all'ingiunzione e respingeva ogni altra domanda.
Avverso la detta sentenza il CO. proponeva appello al quale resistevano sia il Comune di Novoli che la s.p.a. Mi. As. .
Con sentenza 28/1/2003 la corte di appello di Milano rigettava il gravame osservando, per quel che ancora rileva in questa sede, che: il rapporto con la Mi. As. aveva natura fideiussoria e non assicurativa sicche' nella specie non era applicabile il termine di prescrizione di cui all'articolo 2952 c.c.; non era applicabile la decadenza di cui all'articolo 1957 c.c., in quanto "nella polizza era garantito il completo adempimento degli obblighi assunti nella procedura di concessione edilizia"; la polizza, alle clausole 5 e 6, prevedeva, contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, un obbligo autonomo e incondizionato di garanzia, precludendo la possibilita' di opporre eccezioni anche in sede di rivalsa, compresa l'eccezione ex articolo 1952 c.c.; la doglianza secondo cui il tribunale aveva omesso di prendere in considerazione le domande proposte dal CO. nei confronti del Comune di Novoli, cui si correlava la richiesta di restituzione di quanto versato in eccesso per oneri di urbanizzazione determinati in misura incongrua nella convenzione urbanistica, andava disattesa perche', secondo la costante giurisprudenza di legittimita', ogni questione inerente all'adempimento ed alla validita' della convenzione conclusa con la P.A. dal privato interessato al rilascio di una concessione edilizia, non ha carattere autonomo rispetto al provvedimento autoritativo di concessione, ma si inserisce nel procedimento amministrativo finalizzato al rilascio di essa, con la conseguenza della devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi della Legge n. 10 del 1977, articolo 16, anche indipendentemente dall'applicazione della Legge 7 agosto 1990, n. 241, articolo 11.
La cassazione della sentenza della corte di appello di Milano e' stata chiesta dal CO. con ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria. Entrambe le parti intimate hanno resistito con controricorso.
Il ricorso e' stato assegnato alle Sezioni Unite di questa Corte per l'esame del quarto motivo del ricorso attinente alla giurisdizione. Con il detto motivo il ricorrente aveva denunciato erronea declinatoria della giurisdizione e violazione dell'articolo 112 c.p.c., sul rilevo che "il tema degli oneri di urbanizzazione rilevava, nel giudizio, sia come oggetto delle domande proposte dall'avv. CO. nei confronti del Comune di Novoli sia come oggetto delle eccezioni proposte dallo stesso avv. CO. nei confronti della Compagnia di assicurazioni", sicche' il giudice di merito avrebbe dovuto: o esaminare nel merito la questione, in riferimento all'eccezione, nei confronti della compagnia basata sul disposto dell'articolo 1952 c.c., oppure ritenere rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche tale aspetto e quindi declinare la propria giurisdizione sull'intero giudizio.
La censura e' stata rigettata dalle Sezioni Unite con sentenza 9358/07 del 20/4/2007.
La trattazione delle altre censure e' stata poi assegnata a questa Sezione.
Il ricorrente ha depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che con la citata sentenza 9358/07 le Sezioni unite hanno dichiarato la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alle domande proposte nei confronti del Comune di Novoli e la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda della s.p.a. Mi. As. nei confronti dell'avvocato CO. .
In particolare le Sezioni Unite hanno affermato che, mentre la domanda avente ad oggetto la quantificazione degli oneri di urbanizzazione proposta contro il Comune rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, appartiene alla giurisdizione ordinaria la domanda di regresso avanzata dal fideiussore dopo aver pagato il debito garantito relativo agli oneri di urbanizzazione: pertanto, data la reciproca autonomia dell'obbligazione principale e di quella di garanzia, l'eccezione di erroneo pagamento superiore al dovuto opposta dal garantito non rileva ai fini dell'attrazione dell'intera questione dedotta nell'ambito della giurisdizione amministrativa, essendo la giurisdizione inderogabile per ragioni di connessione. Di conseguenza la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo non sussiste con riferimento alla domanda di regresso avanzata dal fideiussore s.p.a. As. Mi. - dopo aver pagato il debito garantito relativo agli oneri di urbanizzazione spettanti al citato comune e determinati nella convenzione di lottizzazione - nei confronti del CO. debitore principale risolvendosi la contestazione di quest'ultimo sul contenuto della polizza nella esatta determinazione dell'impegno fideiussorio e dell'ambito della garanzia (ossia i limiti di cio' che risulta convenzionalmente dovuto).
Cio' posto va rilevato che con il primo motivo di ricorso il CO. denuncia violazione dell'articolo 2952 c.c., sostenendo che la corte di appello ha errato nel rigettare l'eccezione di prescrizione che esso ricorrente aveva sollevato sul rilievo che il ricorso per decreto ingiuntivo era stato proposto dalla Compagnia di assicurazione ben oltre il termine di un anno previsto dall'articolo 2952 c.c., comma 2. Ad avviso del ricorrente il rapporto in questione e' intervenuto solo tra esso CO. (debitore principale) e la Mi. As. restandone estraneo il creditore garantito il che impedisce ogni assimilazione di detto rapporto alla fideiussione imponendo di ricondurre tale rapporto all'assicurazione per conto altrui (articolo 1891 c.c).
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli articoli 1362, 1363, 1957 c.c., e vizi di motivazione sostenendo che la corte di appello ha errato nell'affermare che con la polizza in questione sarebbe stato "garantito il completo adempimento degli obblighi assunti nella procedura di concessione edilizia" per cui l'azione del creditore non sarebbe stata soggetta ad alcun termine di decadenza. Ad avviso del ricorrente la corte milanese non ha indicato la clausola della polizza posta a base della detta affermazione ne' ha chiarito perche', se la garanzia avesse avuto il riportato oggetto, dovrebbe escludersi l'applicabilita' dell'articolo 1957 c.c.. Inoltre la corte di merito ha letto ed interpretato in modo distorto le clausole della polizza la quale non garantiva "gli obblighi assunti nella procedura di concessione edilizia" ma solo il pagamento a certe precise date delle rate degli oneri di urbanizzazione senza contenere alcuna clausola derogativa dell'articolo 1957 c.c., ammissibile nei rapporti tra fideiussore e creditore garantito e non tra fideiussore e debitore principale. Infine nelle polizze fideiussorie la clausola che stabilisce l'efficacia della stessa fino al momento della liberazione del contraente dai suoi obblighi si spiega e giustifica non come deroga all'articolo 1957 c.c., ma in funzione del pagamento da parte del contraente del premio di entita' collegata alla durata del rapporto.
Con il terzo motivo il CO. denuncia violazione degli articoli 1322, 1362, 1936, 1945, 1952, 1462, 1469 bis c.c., articolo 1469 quinquies c.c., e articolo 1957 c.c., articolo 112 c.p.c., e vizi di motivazione. Deduce il ricorrente che al contrario di quanto affermato dalla corte di appello - l'assicurazione fideiussoria in questione non configura un negozio autonomo sganciato dalla obbligazione garantita per cui al rapporto in esame sono applicabili gli articoli 1945 e 1957 c.c., Pertanto sono da ritenere inammissibili ed illegittime le clausole comportanti l'autonomia dell'obbligo del debitore rispetto all'obbligo del garante. Di conseguenza nulla poteva vantare la Mi. As. nei confronti di esso CO. ne' a titolo di regresso ex articolo 1950 c.c., ne' a titolo di surrogazione ex articolo 1949 c.c.. Del tutto irrilevante, per ritenere il contrario, sono le clausole 5 e 6 della polizza alle quali si e' richiamata la corte di appello. Infatti per potersi avere un contratto autonomo di garanzia non e' sufficiente una clausola di pagamento a prima richiesta occorrendo altri indici che attestino la volonta' delle parti di rendere l'obbligazione di garanzia autonoma rispetto alla obbligazione garantita ed insensibile alle vicende di questa. Nella specie mancano i detti indici per cui alla polizza in questione sono applicabili le regole di una normale fideiussione e, in particolare, i principi di cui agli articoli 1952, 1945 e 1957 c.c.. In ogni caso le citate clausole 5 e 6, ove interpretate nel senso asserito dalla corte di merito, sarebbero inefficaci o nulle in virtu' dei principi di cui agli articoli 1462 e 1469 quinquies c.c., ignorati dalla corte di appello.
La Corte rileva l'infondatezza delle dette censure che possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando, sia pur in parte sotto profili diversi, le stesse questioni o questioni collegate da un evidente nesso logico.
Va innanzitutto rilevato che questa Corte in tema di polizze fideiussorie ha avuto modo di affermare i seguenti principi:
- al contratto cosiddetto di assicurazione fideiussoria (o cauzione fideiussoria o assicurazione cauzionale), caratterizzato dall'assunzione di un impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazioni, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta da un terzo, sono applicabili le disposizioni della fideiussione, salvo che sia stato diversamente disposto dalle parti. La clausola con la quale venga espressamente prevista la possibilita', per il creditore garantito, di esigere dal garante il pagamento immediato del eredito "a semplice richiesta" o "senza eccezioni" riveste carattere derogatorio rispetto alla disciplina della fideiussione. Siffatta clausola, risultando incompatibile con detta disciplina, comporta l'inapplicabilita' delle tipiche eccezioni fideiussorie, quali, ad esempio, quelle fondate sugli articoli 1956 e 1957 c.c., consentendo l'applicabilita' delle sole eccezioni relative al rapporto garante / beneficiario (sentenza 1/6/2004 n. 10486);
- in tema di garanzia personale, la cosiddetta assicurazione fideiussoria o cauzione fideiussoria o assicurazione cauzionale, e' una figura intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed e' caratterizzata dall'assunzione dell'impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazioni, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo in caso di i-nadempimento della prestazione a lui dovuta dal terzo. Poiche' infatti le norme contenenti la disciplina legale tipica della fideiussione sono applicabili se non sono espressamente derogate dalle parti, portata derogatoria deve riconoscersi alla clausola - legittima in virtu' del principio di autonomia negoziale - con cui le parti abbiano previsto la possibilita' per il creditore garantito di esigere dal garante il pagamento immediato del credito "a semplice richiesta» o «senza eccezioni", in quanto preclude al garante l'opponibilita' al beneficiario delle eccezioni altrimenti spettanti al debitore principale ai sensi dell'articolo 1945 c.c.. Siffatta clausola, risultando incompatibile con la disciplina della fideiussione, comporta l'inapplicabilita' delle tipiche eccezioni fideiussorie, quali, ad esempio, quelle fondate sugli articoli 1956 e 1957 c.c., consentendo l'applicabilita' delle sole eccezioni relative al rapporto garante / beneficiario (tra le ultime sentenza 14/2/2007 n. 3257 );
- la cosiddetta assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed e' contraddistinta dall'assunzione dell'impegno, da parte (di una banca o) di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente. E', poi, caratterizzata, dalla stessa funzione di garanzia del contratto di fideiussione, per cui e' ad essa applicabile la disciplina legale tipica di questo contratto, ove non derogata dalle parti ( tra le tante, sentenza 18/5/2001 n. 6823);
- nella ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza della obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l'azione del creditore nei confronti del fideiussore non e' soggetta al termine di decadenza previsto dall'articolo 1957 c.c., (sentenze 27/11/2002 n. 16758; 19/7/1996 n. 6520; 24/3/1994 n. 2827);
- la clausola con la quale il fideiussore si impegni a soddisfare il creditore a semplice richiesta del medesimo configura una valida espressione di autonomia negoziale e da vita ad un contratto atipico di garanzia, che pur derogando al principio dell'accessorieta', non fa venir meno la connessione tra rapporto fideiussorio e quello principale (sentenza 12/1/2007 n. 412).
La sentenza impugnata e' conforme ai riportati principi giurisprudenziali. Come riportato nella parte narrativa che precede la corte di merito ha proceduto ad una attenta analisi del contenuto del contratto stipulato dalle parti intestato "polizza fideiussoria cauzioni a garanzia degli obblighi e degli oneri di cui alle concessioni edilizie", ossia a garanzia del pagamento da parte del CO. degli oneri di urbanizzazione determinati nella convenzione urbanistica stipulata con il Comune di Novoli.
All'esito di tale indagine la corte di appello ha posto in evidenza:
- che dal testo del contratto e dalla stessa sua intestazione emergeva in modo evidente che il rapporto "ivi disciplinato" doveva essere ricondotto allo schema della fideiussione per cui andava rigettata l'eccezione di prescrizione sollevata dal CO. a norma dell'articolo 2952 c.c., applicabile al contratto di assicurazione diverso da quello in esame;
- che con la polizza - secondo quanto in essa riportato - era stato garantito "il completo adempimento degli obblighi assunti nella procedura di concessione edilizia" con conseguente esclusione della operativita' dell'articolo 1957 c.c., non essendo l'azione del creditore soggetta ad alcun termine di decadenza;
- che, in base a quanto espressamente previsto dalle parti nell'articolo 5, della polizza, la compagnia di assicurazioni aveva assunto l'impegno di pagare l'importo dovuto dal CO. al Comune di Novoli "immediatamente (entro trenta giorni dalla richiesta) senza preventiva escussione dei contraente, il quale nulla potra' eccepire alla societa' in merito al pagamento";
- che le parti alla clausola n. 6 della polizza avevano escluso la possibilita' per il CO. di opporre eccezioni in sede di rivalsa "compresa quella di cui all'articolo 1952 c.c.".
Il giudice di secondo grado e' pervenuto alle dette conclusioni alla stregua di una puntuale esegesi delle clausole contrattuali volta ad accertare la volonta' manifestata dalle parti con la stipulazione della polizza fideiussoria.
La ricostruzione da parte della corte territoriale del rapporto contrattuale tra le parti da ricondurre nell'ambito della fideiussione e' stata effettuata con un corretto procedimento logico - argomentativo esente da vizi logici e da errori di diritto ed individuando - quali fattori determinanti della propria ricostruzione - l'intestazione della polizza ed il suo contenuto con particolare riferimento a quanto espressamente previsto e disciplinato dalle parti alle clausole di cui agli articoli 5 e 6.
Con motivazione incensurabile in questa sede di legittimita' la corte di merito ha interpretato le dette clausole contrattuali - con valutazione insindacabile - come incompatibili con il riconoscimento della societa' garante della facolta' di opporre al creditore le eccezioni relative al rapporto principale e spettanti al debitore principale.
Va al riguardo rilevato che le censure mosse dal ricorrente - oltre a contestare infondatamente le premesse in diritto poste a base della sentenza impugnata - si risolvono nella pretesa di contrastare il risultato dell'attivita' svolta dalla corte di appello relativa all'interpretazione del contenuto della polizza fideiussoria in questione ed all'individuazione dei diritti e degli obblighi derivanti per i contraenti da tale polizza.
Al riguardo e' sufficiente il richiamo al principio pacifico nella giurisprudenza di legittimita' secondo cui l'interpretazione degli atti di autonomia privata si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice del merito cui spetta di valutare il contenuto del contratto al fine di individuarne l'oggetto: il risultato di tale indagine e' incensurabile in cassazione se sorretto da motivazione sufficiente ed immune da vizi logici o da errori di diritto e sia il frutto di un'interpretazione condotta nel rispetto delle norme di ermeneutica contrattuale di cui all'articolo 1362 c.c., e segg., L'identificazione della volonta' contrattuale - che, avendo ad oggetto una realta' fenomenica ed obiettiva, concreta un accertamento di fatto istituzionalmente riservato al giudice di merito - e' censurabile non gia' quando le ragioni poste a sostegno della decisione siano diverse da quelle della parte, bensi' quando siano insufficienti o inficiate da contraddittorieta' logica o giuridica.
Pertanto in questa sede di legittimita' la censura dell'interpretazione data dai giudici di merito al contratto ed alle clausole che lo compongono, puo' essere formulata sotto due distinte angolazioni: denunciando l'errore di diritto sostanziale per non essere state rispettate le regole di ermeneutica dettate dagli articolo 1362 c.c., e segg.; ovvero investendo la coerenza formale del ragionamento attraverso il quale la sentenza impugnata e' pervenuta a ricostruire la comune intenzione delle parti.
Questa Corte ha anche piu' volte precisato che nell'ipotesi in cui il ricorrente lamenti espressamente la violazione di canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c., e segg., egli ha l'onere di indicare, in modo specifico, i criteri in concreto non osservati dal giudice di merito e, soprattutto, il modo in cui questi si sia da essi discostato, non essendo, all'uopo, sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa (e piu' favorevole) inter-pretazione rispetto a quella adottata dal giudicante.
Nella specie il giudice di secondo grado ha proceduto all'interpretazione della polizza in questione e delle relative clausole - con riferimento principalmente a quelle di cui agli articoli 5 e 6 - ed alla valutazione del significato letterale e logico di quanto pattuito in tali clausole. La corte di merito e' quindi pervenuta alle conclusioni sopra riportate.
Nel caso in esame la corte territoriale - con incensurabile indagine ih fatto condotta attraverso gli elementi desumibili dall'atto negoziale - ha svolto coeretitemente il compito di accertare il contenuto della convenzione pervenendo quindi alle conclusioni sopra riportate. La corte milanese ha indicato minuziosamente le ragioni poste a base della decisione adottata.
Le argomentazioni in proposito svolte nella sentenza impugnata sono esaurienti, logicamente connesse tra di loro e tali da consentire il controllo del processo intellettivo che ha condotto alla indicata conclusione.
Il procedimento logico - giuridico sviluppato nell'impugnata decisione e' ineccepibile, in quanto coerente e razionale, ed il giudizio di fatto in cui si e' concretato il risultato dell'interpretazione del contenuto del contratto e' fondato su un'indagine condotta nel rispetto dei comuni canoni di ermeneutica e sorretto da motivazione, adeguata e corretta, immune dai vizi genericamente denunciati.
Nella sentenza impugnata sono evidenziati i punti salienti della decisione e risulta chiaramente individuabile la "ratio decidendi" adottata. A fronte delle coerenti argomentazioni poste a base della conclusione cui e' pervenuto il giudice di appello, e' evidente che le censure in proposito mosse dal ricorrente devono ritenersi rivolte non alla base del convincimento del giudice, ma, inammissibilmente, al convincimento stesso e, cioe', all'interpretazione del contratto e delle clausole contrattuali in modo difforme da quello auspicato: il CO. contrappone all'interpretazione del contratto ritenuta dalla corte di merito la sua diversa interpretazione.
In definitiva e' da ritenere corretta l'operazione ermeneutica compiuta dalla corte territoriale la quale non e' incorsa nella denunciata violazione dei criteri interpretativi di cui agli articoli 1362 e 1363 c.c., non avendo trascurato di esaminare il senso letterale delle parole usate dai contraenti, ne' di indagare sulla loro comune intenzione, ne' tanto meno di ricercare il significato risultante alla connessione delle clausole. Pertanto, anche se il ricorrente lamenta la violazione delle citate norme codicistiche, svolgendo al riguardo generiche argomentazioni, la rilevata coerente applicazione dei canoni interpretativi da parte della corte di appello, rende manifesto che e' stato investito essenzialmente il "risultato" interpretativo raggiunto, il che e' inammissibile in questa sede.
Va infine segnalato che non e' meritevole di accoglimento la censura sviluppata nella parte terminale del terzo motivo di ricorso con la quale il CO. sostiene che, in ogni caso, le citate clausole 5 e 6, ove interpretate nel senso asserito dalla corte di merito, sarebbero inefficaci o mille in virtu' dei principi di cui all'articolo 1462 c.c., e articolo 1469 quinquies c.c., ignorati dalla corte di appello.
In relazione al richiamo all'articolo 1462 c.c., va evidenziato che, come questa Corte ha avuto modo di precisare - la ed. clausola di "solve et repete" inserita in un contratto di fideiussione, con formule del tipo "senza riserva alcuna" ovvero "dietro semplice richiesta" - e' pienamente valida, in quanto costituisce una manifestazione di autonomia contrattuale e non altera i connotati tipici del contratto (sentenze 12/1/2007 n. 412; 6/10/2005 n. 19484; 25/2/2002 n. 2742; 29/3/1996 n. 2909). L'esclusione per il garante di poter opporre al creditore principale eccezioni che attengono alla validita' del contratto da cui deriva l'obbligazione principale non comprende il divieto di sollevare eccezioni che attengano alla validita' dello stesso contratto di garanzia: la menzionata clausola riguarda l'obbligazione del garante con il creditore e non quella oggetto della garanzia e nella specie non sono state indicati vizi tali da implicare la nullita' della polizza fideiussoria in questione. Inoltre il fenomeno per cui la stessa situazione viziante determina la nullita' del contratto di base e quello di garanzia e' ravvisabile solo nel caso 4 (non sussistente nella specie) in cui il primo e' nullo per contrarieta' a norme imperative od illiceita' della causa.
Per quanto poi riguarda il riferimento all'articolo 1469 bis c.c., e segg., e' sufficiente il richiamo al principio piu' volte affermato nella giurisprudenza di legittimita' secondo cui le disposizioni dettate dai citati articoli, introdotte a tutela del consumatore dalla Legge 6 febbraio 1996, n. 52, non hanno effetto retroattivo e non si applicano ai negozi conclusi, come quello di specie, in epoca antecedente alla loro entrata in vigore (sentenze 2/2/2006 n. 2277; 17/372003 11200; 17/7/2002 n. 10398; 17/6/2002 n. 8697).
Va peraltro aggiunto che la corte di merito ha anche segnalato che il CO. aveva richiamato la Legge n. 52 del 1996 "senza neppure allegare o illustrare la ricorrenza dei presupposti, anche soggettivi e temporali, per la sua applicazione".
Il CO. con il motivo di ricorso in esame non ha fornito alcun chiarimento al fine di colmare la detta carenza posta in evidenza nella sentenza impugnata.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con la conseguente condanna del CO. al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore dei resistenti.
P.Q.M.
La Corte:
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida, in favore della s.p.a. Mi. As. in complessivi euro 100,00, oltre euro 1.500,00, a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge e, in favore del Comune di Novoli, in complessivi euro 100,00, oltre euro 1.500,00, a titolo di onorari ed oltre accessori come per legge.