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Nel leasing traslativo non puo' ammettersi che la restituzione del bene e il versamento della penale si cumulino tra loro

Nel leasing traslativo, sebbene debba dirsi lecita, in quanto espressione dell'autonomia negoziale di cui all'articolo 1382 c.c., la clausola penale con cui le parti abbiano regolamentato la misura del risarcimento del danno, per l'ipotesi dell'inadempimento contrattuale, in maniera difforme dal regime legale di cui all'articolo 1526 c.c., non puo' ammettersi che la restituzione del bene e il versamento della penale si cumulino tra loro sino a superare, insieme, l'utilita' che la regolare esecuzione del contratto avrebbe comportato per il concedente.

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 7 febbraio 2012, n. 1695



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco - Presidente

Dott. AMATUCCI Alfonso - rel. Consigliere

Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere

Dott. ARMANO Uliana - Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina L. - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3481-2010 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall'avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

(OMISSIS) S.P.A. (OMISSIS) in persona dell'amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato (OMISSIS) giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS);

- intimato -

avverso la sentenza n. 201/2009 della CORTE D'APPELLO di TRENTO, depositata il 04/08/2009 R.G.N. 14/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/01/2012 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio che ha concluso il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Risultata 1'utilizzatrice (OMISSIS) s.c.a.r.l. inadempiente in ordine al contratto col quale (OMISSIS) s.p.a. un anno prima (10-11/7/2003) le aveva concesso in leasing traslativo otto autocarri per il corrispettivo complessivo di euro 835.176,00 da corrispondersi in 48 rate, la concedente, dopo aver ottenuto la restituzione dei mezzi che aveva rivenduto al prezzo di euro 486.400,00, nell'ottobre del 2005 richiese nei confronti della debitrice principale e dei fideiussori (OMISSIS), (OMISSIS) ed (OMISSIS) decreto ingiuntivo di pagamento di euro 159.749,54, che affermo' ancora dovuti in aggiunta alla somma di euro 163.399,37 gia' versata dall'utilizzatrice.

Gli ingiunti proposero opposizione, rigettata dal tribunale di Trento con sentenza del 3.8.2007.

2.- La corte d'appello di Trento ha respinto il gravame dei soccombenti con sentenza n. 869/09 del 4.8.2009, avverso la quale gli stessi ricorrono per cassazione affidandosi a due motivi, cui resistono con unico controricorso gli intimati diversi dal fallimento della societa' (OMISSIS), che non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo sono denunciate "violazione e falsa applicazione dell'articolo 1526 c.c.; carenza e contraddittorieta' della motivazione in relazione all'applicazione dell'articolo 1526 c.c." per avere la corte d'appello omesso di ridurre le indennita' convenute e/o la penale, di'scostandosi:

- dal principio secondo il quale, nel leasing traslativo, sebbene debba dirsi lecita, in quanto espressione dell'autonomia negoziale di cui all'articolo 1382 c.c., la clausola penale con cui le parti abbiano regolamentato la misura del risarcimento del danno, per l'ipotesi dell'inadempimento contrattuale, in maniera difforme dal regime legale di cui all'articolo 1526 c.c., non puo' tuttavia ammettersi che la restituzione del bene e il versamento della penale si cumulino tra loro sino a superare, insieme, l'utilita' che la regolare esecuzione del contratto avrebbe comportato per il concedente (e' richiamata, Cass., n. 196/2008);

- dal principio secondo il quale, recuperato da parte del concedente il capitale monetario impegnato nell'operazione in vista del corrispondente guadagno mediante il detto compenso ed il residuo valore del bene, il risarcimento del danno non si presta ad essere commisurato all'intera differenza necessaria per raggiungere il guadagno atteso, poiche' con l'anticipato recupero del bene e del suo valore il concedente e' di norma in grado di procurarsi, attraverso il reimpiego di quel valore, un proporzionale utile che deve conseguentemente essere calcolato in detrazione rispetto alla somma che l'utilizzatore stesso avrebbe dovuto corrispondere se il rapporto fosse proseguito (sono citate Cass., nn. 4969/2007 e 574/2005).

1.1.- Il motivo e' infondato.

Nessuno dei principi richiamati si attaglia al caso di specie, connotato - secondo i dati contenuti nello stesso ricorso e pur senza tener conto delle spese affrontate dal concedente per la riparazione di uno dei mezzi - da un complessivo importo percepito dalla concedente (euro 159.74 9,54 + 163.399,37 + 486.400,00 = 809.548,91) inferiore a quello di euro 835.176,00 che avrebbe conseguito se 1'utilizzatrice non fosse stata inadempiente.

Che, poi, il notevole anticipo col quale la concedente aveva percepito il diverso minore importo fosse tale da autorizzare a configurare comunque un utile maggiore di quello che sarebbe derivato dalla fisiologica esecuzione del contratto e' questione di puro fatto, sulla quale non si afferma in ricorso che gli appellanti avessero, sulla scorta di una puntuale censura formulata in appello, sollecitato una specifica statuizione della corte di merito.

2.- Col secondo motivo sono dedotti "violazione dei criteri ermeneutici dell'articolo 1526 c.c.; vizio di motivazione; errore di logica giuridica; motivazione incongrua e incoerente" per non avere la corte d'appello ritenuto nulla la clausola di cui all'articolo 18 delle condizioni generali ("la societa' potra' richiedere anche in via monitoria il pagamento di una penale che tenga conto dei canoni scaduti detratta la somma risultante dalla valutazione del bene effettuata dal concessionario nazionale per l'Italia della casa costruttrice") e per non aver considerato che, per un solo anno di uso, l'utilizzatrice era stata costretta a versare circa il 40% del corrispettivo pattuito.

2.1.- Anche questo motivo e' infondato.

In disparte i rilievi che l'articolo 1526 c.c. non detta criteri ermeneutici (come gli articoli 1362 e ss. c.c.) ma rimette al giudice del merito l'apprezzamento di fatto circa il possibile esercizio del potere di riduzione, che l'errore di logica giuridica non e' contemplato dall'articolo 360 c.p.c. che connota il giudizio di cassazione come un giudizio a critica vincolata, e che l'incongruita' o 1'incoerenza della motivazione in tanto rilevano in quanto quei difetti si traducano in una mancanza, insufficienza o contraddittorieta' della motivazione stessa su una quaestio facti, il primo profilo di censura si infrange contro i principi citati e le considerazioni svolte in ordine al primo motivo; mentre il secondo adduce una circostanza in se stessa irrilevante nella complessiva economia del contratto, dove rileva non tanto quanto abbia pagato il contraente inadempiente per un uso limitato nel tempo, quanto piuttosto quale sia stata l'utilita' ricavata ovvero la perdita subita dal contraente che abbia dato regolare esecuzione al contratto.

Ma di tanto s'e' gia' detto nello scrutinio del primo motivo.

3.- Il ricorso e' respinto. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese, che liquida in euro 6.200, di cui 6.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

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