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Per la rovina e difetti di immobili può rispondere anche il progettista e/o il direttore dei lavori

L'ipotesi di responsabilità' regolata dall'articolo 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e, conseguentemente, trova un ambito di applicazione piu' ampio di quello risultante dal tenore letterale della disposizione cosicché' nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l'appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell'opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell'evento dannoso, costituito dall'insorgenza dei vizi in questione (Cass. n.17874 del 23/07/2013; 3406/06; 14650/12).

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 9 novembre 2017, n. 26552



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina - Presidente

Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio - Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo - Consigliere

Dott. SABATO Raffaele - Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso 17682-2008 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);

- ricorrenti -

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);

- controricorrenti all'incidentale -

e contro

(OMISSIS) SAS, COMUNE DI SACILE;

- intimati -

avverso la sentenza n. 234/2007 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 12/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2017 dal Consigliere Dott. PASQUALE D'ASCOLA;

udito l'Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che deposita 2 cartoline, che si riportato agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale per quanto di ragione e il rigetto del ricorso incidentale.

FATTI DI CAUSA

I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) acquirenti nel 1993 dell'edificio adibito ad abitazione, sito in (OMISSIS), quattro anni dopo hanno citato in giudizio la sas (OMISSIS), venditrice dell'edificio, il progettista architetto (OMISSIS) e il comune di Sacile.

Hanno chiesto tutela contrattuale e risarcitoria, nonche' in via subordinata il risarcimento ex articolo 1669 c.c., in relazione ai danni subiti a seguito delle esondazioni delle acque del vicino (OMISSIS).

Il tribunale di Pordenone ha rigettato la domanda proposta contro l'ente locale. Ha accolto la domanda svolta nei confronti di societa' venditrice e progettista ai sensi dell'articolo 1669 c.c., addebitando loro di non aver tenuto conto nella progettazione e costruzione dell'edificio del ciclico fenomeno esondativo che da anni si verificava in quel territorio. Li ha condannati in via solidale al risarcimento del danno, liquidato in circa 45.000 Euro per il minor valore dell'immobile.

La Corte di appello di Trieste con sentenza del 2007, riuniti gli appelli, ha dichiarato inammissibile per tardivita' l'impugnazione proposta dagli attori nei confronti del comune di Sacile.

La Corte ha accolto l'appello proposto dal professionista, negando ogni sua responsabilita' in ordine alle cicliche esondazioni d'acqua. Ha rigettato la domanda proposta nei confronti del (OMISSIS) e della sas (OMISSIS).

Gli attori (OMISSIS) hanno proposto ricorso per cassazione, notificato il 25 giugno 2008.

L'architetto (OMISSIS) ha resistito con controricorso e ha svolto ricorso incidentale. Con memoria 12 marzo 2014, corredata da procura notarile, si sono costituiti suoi nuovi difensori.

Parte ricorrente ha depositato controricorso ex articolo 371 c.p.c..

Gli altri intimati non hanno svolto attivita' difensiva.

Con ordinanza n. 18775 del 2015, la Seconda Sezione ha rimesso gli atti al Primo Presidente, ravvisando la necessita' di un chiarimento sull'istituto della rimessione in termine, in considerazione della circostanza che la sentenza impugnata recava una doppia data di deposito, questione gia' oggetto di intervento delle Sezioni Unite (Cass. 13794/12).

Parte ricorrente ha prodotto, notificandola ex articolo 372 c.p.c. anche agli intimati (OMISSIS) e comune di Sacile, certificazione attestante le vicende del deposito della sentenza.

Le Sezioni Unite con sentenza 18568 del 2016 hanno ritenuto ammissibile il ricorso principale e hanno rimesso gli atti alla Sezione per il prosieguo.

Sono state depositate memorie di parte ricorrente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

2) La Corte di appello ha affermato che l'indagine sulla natura e consistenza del suolo su cui realizzare un fabbricato compete all'appaltatore, in quanto indagine che richiede specifica disponibilita' di "particolari mezzi tecnici". Ha ammesso che possa risponderne il progettista solo ove i vizi dipendano da una progettazione inadeguata. Ha negato che nella specie ricorra tale ipotesi, giacche' il difetto dovrebbe "ricondursi all'ambiente nel quale si e' proceduto alla costruzione, tanto piu' che, come ha ricordato il primo giudice nella sentenza impugnata, la situazione dei luoghi costituiva fatto notorio in zona, ed era quindi facilmente accertabile da chiunque".

Secondo la Corte di appello, in presenza di "un'anomalia del terreno" e' l'appaltatore, "soggetto piu' propriamente tecnico, il primo responsabile di difettose realizzazioni".

3) Con il primo motivo di ricorso, i coniugi (OMISSIS) denunciano violazione e falsa applicazione dell'articolo 1669 c.c.

I ricorrenti contestano l'affermazione della Corte di appello secondo cui l'articolo 1669 c.c. sarebbe applicabile solo in ipotesi di difetti di costruzione in se' e non in relazione "a situazioni dell'ambiente esterno". Sostengono per contro che costituiscono gravi difetti dell'opera quelli che incidono sulla sostanza e sulla stabilita' della medesima; che danno luogo a gravi conseguenze; che compromettono gravemente la sua utilizzabilita'. Contestano quindi che sia comprensibile la distinzione effettuata dalla sentenza impugnata (pag. 23), quando ha affermato che il suolo sul quale e' eretto e' congruo rispetto al fabbricato e che il difetto sarebbe riconducibile all'ambiente esterno, dovendo ravvisarsi un vizio del suolo che ha portato al difetto dell'opera.

Con il secondo motivo sono prospettate la falsa applicazione dell'articolo 1669 c.c. e vizi di motivazione.

I ricorrenti lamentano che costruttore e venditore avrebbero dovuto conoscere le "caratteristiche geomorfologiche del sedime del fabbricato" e addebitano gravi difetti di costruzione e di progettazione in relazione "alla tipologia edificatoria adottata". Ricordano che anche la difesa del Comune aveva evidenziato le responsabilita' del progettista per il mancato innalzamento del piano di campagna e censurano la sentenza impugnata perche' in relazione a questi rilievi essa sarebbe immotivata (rilevo a).

Inoltre lamentano che la distinzione con il caso di cui al precedente citato (Cass. 5632/02) sarebbe solo formalistica, perche' non v'e' sostanziale differenza tra costruzione danneggiata da inondazioni provenienti da falda idrica o ad allagamenti per esondazioni di un vicino corso di acqua.

Negano che vizio rilevante del suolo sia solo quello che pone in pericolo le fondazioni del fabbricato e non anche quelli che compromettono la funzionalita' dell'edificio pur se nell'immediato non ne fanno prevedere il crollo.

Aggiungono che la responsabilita' ex articolo 1669 c.c. si estende anche al progettista-direttore dei lavori che abbia contribuito alla edificazione dell'immobile, nella specie ausiliare del costruttore e quindi soggetto a lui assimilato.

3.1) I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro intima connessione, sono fondati.

In giurisprudenza si insegna che l'ipotesi di responsabilita' regolata dall'articolo 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e, conseguentemente, trova un ambito di applicazione piu' ampio di quello risultante dal tenore letterale della disposizione cosicche' nella stessa possono incorrere, a titolo di concorso con l'appaltatore che abbia costruito un fabbricato minato da gravi difetti di costruzione, tutti quei soggetti che, prestando a vario titolo la loro opera nella realizzazione dell'opera, abbiano contribuito, per colpa professionale (segnatamente il progettista e/o il direttore dei lavori), alla determinazione dell'evento dannoso, costituito dall'insorgenza dei vizi in questione (Cass. n.17874 del 23/07/2013; 3406/06; 14650/12).

Inoltre quando l'opera appaltata presenta gravi difetti dipendenti da errata progettazione il progettista e' responsabile, con l'appaltatore, verso il committente, ai sensi dell'articolo 1669 c.c., a nulla rilevando in contrario la natura e la diversita' dei contratti cui si ricollega la responsabilita', rendendosi sia l'appaltatore che il progettista, con le rispettive azioni od omissioni - costituenti autonomi e distinti illeciti o violazioni di norme giuridiche diverse, concorrenti in modo efficiente a produrre uno degli eventi dannosi tipici indicati nel medesimo articolo 1669 c.c. -, entrambi autori dell'unico illecito extracontrattuale, e percio' rispondendo, a detto titolo, del danno cagionato (Cass. 8016/12).

Va poi ricordato che il "difetto di costruzione" che, a norma dell'articolo 1669 c.c., legittima il committente all'azione di responsabilita' extracontrattuale nei confronti dell'appaltatore, come del progettista, puo' consistere in una qualsiasi alterazione, conseguente ad un'insoddisfacente realizzazione dell'opera, che, pur non determinandone la "rovina" o il "pericolo di rovina, incida negativamente e in modo considerevole sul godimento dell'immobile medesimo. (Cass. n. 20307 del 04/10/2011).

3.2) La sentenza impugnata ha ritenuto il progettista estraneo ad ogni responsabilita', perche' ha considerato che il "vizio" del suolo sarebbe un'anomalia del terreno esterna all'ipotesi di responsabilita' prospettata in causa. Cosi' facendo e' incorsa in alcuni dei difetti di motivazione rilevati in ricorso e in erronea applicazione della norma.

Essa ha infatti ritenuto che l'edificio fosse stato correttamente costruito, sebbene abbia osservato che "il difetto deve ricondursi all'ambiente nel quale si e' proceduto alla costruzione", di cui era nota la ciclica soggezione ad esondazioni, rilevata in sentenza di primo grado, la quale, ricorda la stessa sentenza d'appello, aveva fatto riferimento a una "situazione dei luoghi" che "costituiva fatto notorio in zona".

Per sostenere questo, la Corte di appello ha pero' rovesciato il ragionamento logico che deve stare alla base della sussunzione del fatto nella norma di legge. Ha infatti ritenuto che il suolo era "congruo rispetto al fabbricato" e ha quindi supposto, come denunciano i quesiti di cui al primo motivo, che possa esistere un'edificazione esente da vizi indipendentemente dalle condizioni del terreno.

La disposizione di cui all'articolo 1669 c.c. imponeva un rovesciamento di prospettiva: il giudice di merito doveva infatti verificare se il fabbricato fosse congruo rispetto al terreno e quindi se il costruttore e il progettista avessero progettato ed eseguito l'opera tenendo debitamente conto della condizione dell'area di sedime dell'erigendo fabbricato e avessero adottato le conseguenti misure, progettuali o esecutive, necessarie a scongiurare che si verificassero danni rilevanti ex articolo 1669 c.c., individuati dal primo giudice in periodici allagamenti dei locali seminterrati con disagio di accesso ai locali soprastanti (sentenza pag. 11), inutilizzabilita' dello scantinato e di uso dell'autorimessa.

3.3) Il ricorso coglie pertanto nel segno anche quando (profilo A del secondo motivo) lamenta che la Corte di appello non si sia interrogata sulla necessita' di misure quali l'innalzamento del piano di campagna e la opportunita' di non costruire (e progettare) "un piano interrato in un'area esondabile". In proposito sussiste con evidenza l'insufficienza motivazionale lamentata.

Invano il controricorso obietta che questo profilo di censura sarebbe stato introdotto tardivamente, apportando qualche mutamento, in sede di precisazione delle conclusioni, alla domanda iniziale, focalizzata solo sulla richiesta di risarcimento del danno ex articolo 1669 e 2043 c.c.

La richiesta di risarcimento ex articolo 1669 in relazione a una specifica evenienza dannosa (allagamenti periodici) costituiva infatti sufficiente specificazione della domanda, ditalche' non e' domanda nuova, ma mera allegazione o precisazione consentita fino al termine del giudizio, la indicazione dei rimproveri tecnici mossi al convenuto. L'esame documentale consentito dalla natura processuale dell'eccezione consente peraltro di verificare che erano stati lamentati gia' in citazione gravi difetti costruttivi atti ad incidere sulla funzionalita' socioeconomica, sulla destinazione e il godimento dell'immobile.

Era dunque gia' ben delineata la causa petendi.

E alla luce di essa risulta fondata anche l'osservazione secondo cui e' del tutto illogica la distinzione, che la sentenza con passo incerto sembra profilare, tra difetto addebitabile all'ambiente esterno e vizi del suolo considerati rilevanti dalla giurisprudenza.

E' infatti evidente che per non incorrere in possibile responsabilita' ex articolo 1669 c.c. nel progettare e realizzare l'opera, gli artefici devono considerare, secondo la diligenza professionale e le norme tecniche vigenti, tutte le caratteristiche del suolo, desunte dai vari fattori ambientali, geomorfologici e strutturali, che possono incidere sul fabbricato e devono orientarne la progettazione e l'esecuzione.

Questo esame dovra' essere ripetuto, nel riesaminare l'appello, dal giudice di rinvio, che si atterra' al principio di diritto teste' enunciato e alle massime ricordate sub § 3.1.

4) Il terzo motivo di ricorso denuncia violazione degli articoli 325, 326, 327, 343, 347 e 166 c.p.c.

La censura si riferisce alla riforma della sentenza di primo grado anche con riferimento alla domanda proposta contro il costruttore (OMISSIS) sas di (OMISSIS), riforma disposta unitamente all'accoglimento dell'appello del (OMISSIS).

Il ricorso evidenzia che in sentenza impugnata l'appello di (OMISSIS) non e' stato esaminato, perche' la Corte si e' limitata a dar atto che la societa' aveva insistito per l'improponibilita' della domanda e si e' poi occupata solo delle "doglianze proposte dal progettista".

Parte ricorrente concentra pero' il ricorso sulla inammissibilita' del gravame di (OMISSIS), costituitasi con atto depositato il 23 giugno 2005 e quindi tardivamente, poiche' la trattazione del gravame interposto dal (OMISSIS) era stata fissata avanti al Collegio per il 29 giugno 2005.

Tali circostanze, riscontrate in atti, documentano che non era ammissibile la richiesta di rigetto della domanda (OMISSIS), formulata da parte (OMISSIS) per improponibilita' dovuta a decadenza ex articolo 1669 c.c. e prescrizione.

Trattavasi infatti di appello che (OMISSIS) doveva proporre in via incidentale entro il termine di venti giorni (articolo 347 e 166 c.p.c) prima dell'udienza del 23 giugno, fissata dal Presidente nel dicembre 2004 (cfr Cass. 1567/11), senza che si potesse tener conto dell'ulteriore differimento al 13 luglio per impedimento del relatore, che fu disposto dal presidente solo il 27 giugno 2005, cioe' quando il termine era gia' spirato.

Di qui l'accoglimento del terzo motivo di ricorso.

5) Resta cosi' assorbito il subordinato quarto motivo, di richiamo delle doglianze gia' rivolte contro la posizione (OMISSIS).

6) E' invece inammissibile il ricorso incidentale di quest'ultimo.

Lo e' per due ragioni.

In primo luogo perche' mancante dell'esposizione sommaria dei fatti di causa, affidata ad inizio dell'atto difensivo ad un mero richiamo "di quelli esposti in ricorso e nella sentenza della Corte d'appello di Trieste, escluso, naturalmente, ogni elemento valutativo contenuto nel ricorso".

E' noto infatti (Cass. 18483/15) che quando il controricorso racchiuda anche un ricorso incidentale, deve contenere, in ragione della sua autonomia rispetto al ricorso principale, l'esposizione sommaria dei fatti della causa ai sensi del combinato disposto dell'articolo 371 c.p.c., comma 3, e articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, sicche' e' inammissibile ove si limiti ad un mero rinvio all'esposizione contenuta nel ricorso principale e non sia possibile, nel contesto dell'impugnazione, rinvenire gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell'origine e dell'oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessita' di ricorso ad altre fonti.

Nella specie la trattazione dei 14 motivi svolti da pag. 6 a pag. 19 del ricorso incidentale e' pero' carente del resoconto dei fatti processuali e dello svolgersi della complessa vicenda, poiche' sviluppa subito e a volte con meri richiami ad altre parti dell'atto, i profili di diritto sollevati o i quesiti posti.

In ogni caso l'inammissibilita' discende anche dal fatto che trattasi di questioni tutte riproponibili e riesaminabili in sede di rinvio in conseguenza dell'accoglimento del ricorso principale.

Invero l'accoglimento dell'appello (OMISSIS) per le ragioni censurate con il ricorso principale ha fatto si' che queste altre difese del professionista non siano state affrontate e decise dal giudice di appello. Non vi era quindi interesse a proporle in via incidentale, giacche' ove un'eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice della sentenza impugnata, e' sufficiente la mera riproposizione, da effettuarsi in modo espresso, in sede di eventuale nuovo giudizio di appello.

La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Trieste, che in sede di rinvio liquidera' le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso principale. Assorbito il quarto. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Trieste, che provvedera' anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita'.

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