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Quando in un contratto di comodato immobiliare le parti prevedono che la restituzione dell'immobile debba avvenire «nel caso che il comodante ne abbia necessità», il cpmodante ha diritto a pretendere la restituzione solo in tale caso

Quando in un contratto di comodato immobiliare le parti prevedono che la restituzione dell'immobile debba avvenire «nel caso che il comodante ne abbia necessità», il contratto si connota come una figura atipica, non riconducibile né al modello legale del comodato a termine né a quello del comodato senza limitazione di durata, dovendo intendersi come convenuto senza determinazione di tempo ma con la facoltà di restituzione solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell'immobile che sia incompatibile con il protrarsi del godimento altrui. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 12 marzo 2008, n. 6678)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo - Presidente

Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ST. CO., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA MARGHERITA 262/264, presso lo studio dell'avvocato ALOISIO ROBERTO G., che lo difende, giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

SA. WA., CE. CI., CE. RO., CE. ST.;

- intimati -

e sul 2 ricorso n. 28948/06 proposto da:

SA. WA., CE. CI., CE. RO., CE. ST., nella qualita' di eredi di Ce. Re., elettivamente domiciliati in ROMA VIA DELLA CONSULTA 50, presso lo studio dell'avvocato MANCINI ANTONIO, che li difende, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrenti e ricorrenti incidentali -

e contro

ST. CO.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 539/06 della Corte d'Appello di ROMA del 31.1.06, depositata il 22/03/06;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 18/12/07 dal Consigliere Dott. FRASCA Raffaele;

udito per il ricorrente l'Avvocato Aloisio Roberto G. che si riporta agli scritti;

E' presente il Procuratore Generale in persona del Dott. SALVI Giovanni, che conferma la relazione del Relatore.

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

p. 1. St.Co. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su un unico complesso motivo, contro Sa.Wa., Ce. Ci., Ce.Ro. e Ce.St. nella qualita' di eredi di Ce.Re., avverso la sentenza del 22 marzo 2006, con la quale la Corte d'Appello di Roma ha rigettato l'appello (principale da lui proposto avverso la sentenza di primo grado - con cui il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda di condanna del de cuius al rilascio di un terreno e di un locale detenuti in comodato - ed ha, inoltre, parzialmente accolto l'appello incidentale dei detti eredi in ordine alla statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, confermando, invece, la statuizione di rigetto della domanda di risarcimento danni.

p. 2. Al ricorso hanno resistito gli intimati con controricorso, nel quale hanno svolto un motivo di ricorso incidentale.

Essendo i ricorsi soggetti alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal Decreto Legislativo n. 40 del 2006 (che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe' dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo articolo 27, comma 2, di tale Decreto Legislativo), e' stata predisposta relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., e di essa e' stata data rituale notificazione alle parti e comunicazione al Pubblico Ministero presso la Corte.

Le parti, a seguito della notificazione della relazione hanno depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

p. 1. Preliminarmente il ricorso incidentale, in quanto proposto nell'ambito del principale, va riunito a quest'ultimo.

p.2. La relazione redatta ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., ha il seguente tenore:

"3. - Il ricorso principale propone il seguente motivo: violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di comodato e in particolare: violazione e falsa applicazione degli articoli 1809 e 1810 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di autonomia contrattuale e di efficacia dei contratti, di interpretazione e di conservazione degli atti giuridici e in particolare: violazione e falsa applicazione degli articoli 1322, 1362, 1367 e 1372 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5) ".

Il motivo e' illustrato assumendosi che la Corte d'Appello avrebbe erroneamente interpretato la clausola dell'accordo di conciliazione nell'ambito del quale era stato convenuto il comodato, nella quale si era convenuto che "il Ce. consente che il terreno e la parte residua del locale scantinato di circa mq. 50 che attualmente detiene come comodato restino nella sua disponibilita', del Sig. St. Co., fino a richiesta formale del Sig. Ce. Re. nel caso ne abbia necessita'". L'erronea interpretazione sarebbe stata compiuta dal giudice di merito in quanto quel giudice avrebbe ritenuto che, nonostante il tenore di detta clausola, le parti avessero inteso dare vita ad un comodato precario, come sarebbe stato rivelato dalla non predisposizione di un termine. Sulla base di tale interpretazione e' stata disattesa l'eccezione di infondatezza dell'azione di rilascio, prospettata dalla St. per non essere stata detta azione esercitata con l'allegazione di una necessita' giustificativa della relativa pretesa e per essere stata essa invece esercitata a seguito di un atto stragiudiziale di esternazione dell'interesse e della mera intenzione di tornare nella detenzione esclusiva dei beni.

Il motivo si conclude con tre quesiti di diritto proposti in via principale e con altri cinque prospettati in via di subordinazione logica.

I quesiti proposti in principalita' chiedono alla Corte, in funzione della cassazione della sentenza, di accertare se il contratto di comodato nel quale sia pattuito l'obbligo di restituzione in presenza di una necessita' del comodante (e, quindi, quello oggetto di lite) debba qualificarsi come comodato a tempo determinato e precisamente con termine di scadenza certus an incertus quando e, quindi, non come comodato precario, con conseguente applicabilita' dell'articolo 1809 c.c., comma 2.

I quesiti proposti subordinatamente prospettano, invece, una qualificazione della detta specie di comodato (e, quindi, di quello oggetto di lite) come precario e chiedono di accertare che la clausola concernente la restituzione in presenza di una necessita', da considerarsi espressione dell'autonomia contrattuale di cui all'articolo 1322 c.c., esclude il recesso ad nutum, esige che il comodante che chieda il rilascio dimostri lo stato di necessita', ed imponga, quindi, il rigetto della domanda di rilascio che non deduca la necessita'.

3.1. Il motivo e' fondato nella prospettazione che esprime conclusivamente i quesiti subordinati.

Fermo che, contrariamente a quanto eccepiscono i resistenti, il motivo non chiede alla Corte di procedere ad un accertamento di fatto sul modo di essere della clausola contrattuale, ma solo di giudicare come essa - sul cui tenore letterale non v'e' contrasto - vada sussunta nell'ambito della disciplina del comodato, e, dunque, si connota, al di la' della invocazione anche dell'articolo 360 c.p.c, n. 5, esclusivamente alla stregua dell'articolo 360 c.p.c., n. 3, si rileva che la clausola convenzionale, con cui si preveda la restituzione al comodante sulla base della indicazione di una necessita' di riavere l'immobile connota il comodato come una figura atipica, che non e' riconducibile ne' al modello legale del comodato a termine, ne' a quello del comodato senza limitazione di durata, quali espressi rispettivamente nelle norme dell'articolo 1809 e 1810 c.c.. In presenza di una simile clausola il comodato non e' a termine, per la ragione che la verificazione della necessita' che il comodante puo' addurre come motivo di rilascio (e che puo' essere della piu' varia specie, con il solo limite che deve trattarsi di un bisogno di riavere la disponibilita' dell'immobile per goderne in uno dei modi consentiti dal titolo di godimento che su di esso si ha, il che significa che si puo' chiedere la restituzione perche', ad esempio, si vuole vendere) e' evento incertus an. Il comodato e', invece, senza determinazione di tempo (salvo quello che ex lege puo' discendere dall'applicazione dell'articolo 1811, e salvo che un termine non risulti altrimenti in relazione all'uso pattuito), ma le parti hanno convenuto, ai sensi dell'articolo 1322 c.c., che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessita' di utilizzazione dell'immobile che, evidentemente, sia incompatibile con il protrarsi del godimento, e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e dimostrata, in caso di contestazione.

Ne discende che erroneamente ed in violazione della volonta' contrattuale espressione di libera autonomia la Corte territoriale ha ritenuto che la clausola de qua fosse nella specie inidonea a dar luogo ad un tertium genus rispetto alle figure tipizzate dagli articoli 1809 e 1810 c.c., e che fosse inidonea ad escludere la recedibilita' del comodante ad nutum.

La sentenza impugnata dev'essere, dunque, cassata e, poiche' la decisione della controversia, essendo pacifico che l'azione e' stata esercitata senza allegazione di una necessita', non necessita di ulteriori accertamenti, ricorrono le condizioni per la decisione nel merito con una pronuncia che rigetti la domanda di rilascio, che, evidentemente i comodanti potranno esercitare solo adducendo e dimostrando la necessita' (nel senso sopra indicato).

L'accoglimento del ricorso principale rende automaticamente infondato quello incidentale (con cui ci si e' doluti del rigetto della domanda di risarcimento danni) ".

p. 3. Il Collegio condivide le argomentazioni svolte nella relazione con le seguenti precisazioni.

Dette argomentazioni non sono in alcun modo infirmate dai rilievi svolti dai resistenti in riferimento alla rilevanza della necessita' indicata nell'accordo conciliativo.

Riguardo ad essi il Collegio osserva, se del caso ad integrazione della relazione, quanto segue.

Erroneamente i resistenti deducono che "la volonta' del comodante di tornare egli stesso nella disponibilita'" dell'immobile sarebbe identificabile con un modo di volere godere del bene dato in comodato, nel senso ipotizzato dalla relazione, e precisamente con "il diritto di detenere il bene di cui si e' proprietari".

Invero, la facolta' di godimento del proprietario di un immobile puo' estrinsecarsi in diversi modi, finanche con il non esercitare su di esso alcun godimento, cioe' con il non farne alcun uso ne' diretto ne' indiretto. Si vuol dire, cioe' che la facolta' di godimento del proprietario, purche' naturalmente resti estrinsecabile (cioe' resti in capo al medesimo il relativo potere di esercizio, id est permangano le condizioni potenziali di tale esercizio), puo' atteggiarsi anche con un atteggiamento di totale astensione ed inerzia.

Ebbene, cio' premesso, se il senso del rilievo dei resistenti fosse che nella specie la sussistenza della necessita' legittimante la restituzione avrebbe potuto riscontrarsi anche in una richiesta di restituzione per non fare alcun uso dell'immobile, si tratterebbe di rilievo non condivisibile, poiche' nella specie, se le parti nella convenzione hanno previsto come presupposto per il recesso del comodante la necessita' di riavere la disponibilita' dell'immobile, hanno voluto alludere - e' questo il senso delle argomentazioni di cui alla relazione - ad un riacquisto della disponibilita' materiale dell'immobile per farne un qualche uso in senso positivo, conforme alla naturale destinazione del bene ed alle normali possibilita' di estrinsecazione della facolta' di godimento sui di esso.

Non e' possibile, viceversa, ritenere che il riferimento alla necessita' di riavere la disponibilita' dell'immobili vada inteso nel senso di un riacquisto per il non esercizio in alcun modo della facolta' di godimento.

Questa conclusione appare anzitutto conforme ad una interpretazione letterale: infatti, il "non uso di un bene" non risulta in alcun modo riconducibile ad una necessita' di godimento relativa al bene, atteso che quest'ultima, cioe' l'essere necessaria la disponibilita' del bene, esprime l'atteggiarsi della facolta' di godimento in senso positivo, cioe' attraverso l'esplicazione di un certo uso del bene stesso.

p. 3.1. In secondo luogo, se l'interpretazione letterale non si reputasse esaustiva, il criterio di interpretazione secondo buona fede (articolo 1366 c.c.) imporrebbe di leggere l'assunzione del condizionamento del diritto alla restituzione dell'immobile e di far cessare il comodato alla sussistenza di una necessita', nel senso che quest'ultima, quale che potesse essere, dovesse essere incompatibile con il godimento iure commodati dello St., per essere l'espressione di un modo di godimento del bene, alternativo al godimento indiretto attuatesi mediante il comodato e, dunque, incompatibile con la sua prosecuzione.

Il criterio di interpretazione secondo buona fede esclude, invece, che la "necessita'" possa consistere nel non uso del bene. Il non uso, infatti, oltre che in termini assoluti, siccome lo si e' sopra individuato, si puo' atteggiare anche come riflesso di un uso consentito ad altri, che esclude l'uso diretto da parte del proprietario.

p. 3.2. In terzo luogo, la svalutazione che i resistenti postulano del riferimento alla necessita' appare incompatibile con il criterio di interpretazione di cui all'articolo 1367 c.c., cui va dato particolare rilievo nella specie, atteso che la pattuizione intervenne - e si tratta di punto pacifico - in un accordo conciliativo in sede giudiziale, nel quale e' da supporre che le parti abbiano prestato massima attenzione nell'usare determinate espressioni, dovendo porre fine ad una lite: e' evidente che, se la necessita' non fosse stata contemplata come presupposto giustificativo del recesso e le parti avessero solo voluto prevedere una richiesta formale di restituzione, avrebbero semplicemente detto che il comodato poteva cessare a richiesta della parte comodante e non alluso ad una cessazione per la sua necessita'.

Questa spiegazione dell'indicazione della necessita' palesa anche l'infondatezza del rilievo svolto dalla memoria in ordine all'esigenza di indicazione nel negozio di recesso della necessita'. Infatti, se la volonta' di recedere era esprimibile solo assumendo come motivo una necessita' di riacquistare l'immobile per goderne in senso positivo, e' evidente che, costituendo il recesso un negozio unilaterale diretto a provocare la cessazione del contratto di comodato in presenza di un certo presupposto - cioe' la necessita' di un certo uso in senso positivo dell'immobile da parte del comodante - tale negozio (necessariamente atto recettizio) doveva certamente enunciare questo presupposto, assumendo esso, in sostanza, per la previsione convenzionale, il valore di motivo convenzionale tipizzato del negozio stesso da esternarsi al comodatario (e, del quale, in caso di contestazione, doveva provarsi l'effettivita': cio', non diversamente da quanto accade per la fattispecie di diniego di rinnovo motivato ex Legge n. 431 del 1998 o Legge n. 392 del 1978 ex articolo 29, in tema, rispettivamente, di locazioni ad uso abitativo e ad uso diverso).

p. 3.3. Nella memoria si assume in fine che nel corso del giudizio sarebbe stato dedotto e documentato che il motivo della richiesta di restituzione era l'intenzione di sfruttare commercialmente le nuove potenzialita' economiche del bene divenuto nel frattempo edificabile: non e' chiaro se tale deduzione implichi che i resistenti ritengano di avere allegato e dimostrato la verificazione del presupposto del recesso cosi' genericamente identificato nel corso del giudizio. Se cosi' fosse, si dovrebbe considerare che anche a voler ammettere questa possibilita', nella specie detta allegazione non avrebbe potuto in alcun modo integrare quel presupposto attesa la sua genericita': sarebbe stata necessaria la concreta indicazione della volonta' di riavere l'immobile, ad esempio, per edificarvi o per venderlo ad altri.

p. 4. Conclusivamente, la sentenza impugnata, in accoglimento del motivo di ricorso principale per quanto di ragione e' cassata in base al seguente principio di diritto: "quando in un contratto di comodato immobiliare le parti prevedono che la restituzione dell'immobile da parte del comodante debba avvenire nel caso che il comodante ne abbia necessita', il contratto si connota come una figura atipica, che non e' riconducibile ne' al modello legale del comodato a termine, ne' a quello del comodato senza limitazione di durata, quali espressi rispettivamente nelle norme dell'articoli 1809 e 1810 c.c.. In tal caso il comodato e', invece, da intendere convenuto senza determinazione di tempo (salvo quello che ex lege puo' discendere dall'applicazione dell'articolo 1811, e salvo che un termine non risulti altrimenti in relazione all'uso pattuito), ma, ai sensi dell'articolo 1322 c.c., con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessita' di utilizzazione dell'immobile - nel senso indicato nella relazione e nella motivazione della presente - che, evidentemente, sia incompatibile con il protrarsi del godimento, e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata".

Nel caso di specie, infatti, non essendo stata allegata a fondamento del negozio di recesso tale necessita' la domandi non avrebbe potuto essere accolta. L'appello avrebbe dovuto essere ritenuto fondato.

Non occorrendo accertamenti di fatto e' possibile decidere nel merito e, previo accoglimento dell'appello del qui ricorrente, la domanda di rilascio dev'essere rigettata.

Il rigetto del ricorso incidentale discende, come enunciato nella relazione, quale conseguenza della decisione sulla domanda di rilascio.

La novita' delle questioni proposte induce a compensare integralmente le spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'appello principale e rigetta la domanda di rilascio. Compensa le spese dell'intero giudizio.

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