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Sul diritto di prelazione in caso di riserva da parte dell'alienante di una striscia di terreno tale da interrompere la contiguità e continuità fisica tra i due fondi

Qualora in sede di vendita di fondo rustico l'alienante si riservi (o ceda a terzi) la proprietà di una striscia di terreno tale da interrompere la contiguità e continuità fisica tra i due fondi ne deriva una condizione obiettiva di non confinanza sufficiente a escludere il diritto di prelazione, a meno che la riserva sia stata fatta senza nessuna utilità economica, all'unico scopo di vanificare, sopprimendo il requisito della confinanza, il diritto di prelazione del confinante. (Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile, Sentenza del 10 marzo 2008, n. 6286)



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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 22 giugno 1994 CO. Re. ha convenuto in giudizio, avanti al Tribunale di Trento, GI. Sc., GI. Cl., RO. Ma., RO. Ti. e c.c..

Ha esposto l'attore di essere proprietario e coltivare diretto di un fondo confinante con alcuni terreni, costituenti un complesso unitario, venduti a RO. Ma. e Ti. (11 particene ed una casa, tutte in P.T. (OMESSO) Sardagna), con atto 21 giugno 1993 e a C. L. (4 particene in P.T. (OMESSO) e 11 in P.T. (OMESSO)), con atto di data (OMESSO).

Ha esposto, ancora, l'attore che dette vendite, seppure con atti separati, erano state fatte a persone della stessa famiglia, madre e figlio, a distanza di pochi mesi, all'evidente scopo, dunque, di evitare la prelazione e ha dichiarato, quindi, che intendeva esercitare il diritto di riscatto su detti terreni, quantomeno limitatamente alla p.f. (OMESSO) direttamente confinante con il proprio terreno, al prezzo indicato.

Costituitisi in giudizio C. L., RO. Ti. e RO. Ma. hanno resistito alla avversa pretesa, facendo presente, da un lato, che non sussistevano in capo al CO. i requisiti previsti dalla legge per esercitare il diritto di prelazione-riscatto, dall'altro, che i terreni erano stati venduti in due periodi diversi, con atti diversi ed a persone diverse, dall'altro, ancora, che l'unico fondo confinante oggetto di riscatto era separato dalla proprieta' CO. da un dirupo roccioso alto circa 50 metri.

Svoltasi la istruttoria del caso il Tribunale di Trento, con sentenza n. 165/01 del 10 febbraio 2001 ha rigettato la domanda ritenendo che non fosse stata adeguatamente provata la sussistenza, in capo al CO. dei requisiti di cui alla Legge n. 590 del 1965 e cioe' la mancata vendita, nel biennio successivo, di altri fondi rustici, la coltivazione del fondo confinante per almeno un biennio, la qualita' di coltivatore diretto.

Avverso detta sentenza, ha proposto appello, avanti alla Corte d'Appello di Trento, CO. Re. dolendosi che il Tribunale avesse ritenuto il difetto di prova dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge sebbene gli stessi emergessero, per presunzioni e argomenti logici dagli atti di causa ed, in particolare, dagli accertamenti effettuati dallo stesso consulente nonche' dalla documentazione acquisita.

Ha prodotto, tuttavia, l'attore ulteriore documentazione e chiesto l'ammissione di nuovi mezzi di prova.

Costituitisi in giudizio, RO. Ma., RO. Ti. e C. L. hanno chiesto la conferma dell'impugnata decisione, opponendosi alla ammissione delle prove ex adverso offerte e specificando come, in ogni caso, i terreni degli appellati si trovassero piu' in alto rispetto a quello dell'appellante e da esso separati da un tratto di roccia con dislivello di circa 50 metri ed una pendenza anche superiore 100% e evidenziando, inoltre, come il terreno del CO., in piccola parte adibito a vigneto e per il resto a bosco, confinasse proprio con tale ulteriore parte boschiva.

Con sentenza 16 dicembre - 8 gennaio 2004 la Corte di appello di Trento ha accolto il gravame e, per l'effetto, in riforma della pronunzia del primo giudice ha accertato il diritto di prelazione del CO. in ordine all'acquisto della p.f. (OMESSO) in P.T. C.C. (OMESSO) Sardagna e, per l'effetto ha sostituito il CO. nel contratto di vendita (OMESSO) limitatamente all'acquisto di tale particella al prezzo di lire 124 milioni, pari a euro 64.040,66.

Per la cassazione di tale sentenza, notificata il 20 maggio 2004, ha proposto ricorso, con atto notificato il 19 luglio 2004, CO. Re., affidato a due motivi.

Resistono, con controricorso e ricorso incidentale, affidato a un unico motivo C. L., CO. Re. resiste, con controricorso, al ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I vari ricorsi avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c..

2. Deduce, in limine, il ricorrente principale che il ricorso incidentale di controparte e' inammissibile, perche' tardivamente proposto.

Si osserva, infatti, che essendo stata notificata la sentenza impugnata il 20 maggio 2004 il termine per la impugnazione era decorso al 19 luglio 2004.

3. L'eccezione e' fondata, anche se in forza di rilievi diversi, rispetto a quelli prospettati dal ricorrente principale.

Si osserva, in particolare, costituisce diritto vivente, presso una giurisprudenza piu' che consolidata di questa Corte regolatrice, che poiche' la impugnazione proposta per prima assume carattere ed effetti di impugnazione principale, e determina la pendenza dell'unico processo nel quale sono destinate a confluire, per essere decise simultaneamente, tutte le successive impugnazioni eventualmente proposte contro la medesima sentenza, il ricorso per cassazione successivo al primo assume sempre carattere incidentale, ed e' pertanto ammissibile se proposto entro il termine di cui all'articolo 371 c.p.c., anche qualora non risulti rispettato il termine di cui all'articolo 325 c.p.c., comma 2, o quello di cui 327 c.p.c., configurandosi in tal caso come impugnazione incidentale tardiva (Cfr., Cass. 2 luglio 2007, n. 14969; Cass. 25 gennaio 2007, n. 1635; Cass. 19 gennaio 2007, n. 1191).

Certo quanto sopra e' evidente che e' irrilevante che i ricorrenti incidentali abbiano proposto il loro ricorso, successivamente al decorso - per loro - del termine di cui all'articolo 325 c.p.c., comma 2.

Il loro ricorso, comunque, come anticipato, deve essere dichiarato inammissibile, perche' tardivo, in quanto proposto senza la osservanza del termine di cui all'articolo 371 c.p.c., cioe' successivamente al decorso di quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale (cfr. Cass. 30 novembre 2006, n. 25544)

In particolare, certo che il ricorso principale e' stato notificato il 19 luglio 2004, e non controverso, altresi', che quello incidentale e' stato notificato esclusivamente il 18 novembre 2004 e' palese la inosservanza del termine previsto dall'articolo 371 c.p.c., comma 2, per la proposizione del ricorso incidentale, anche tenuta presente la sospensione dei termini feriali di cui alla Legge 7 ottobre 1969, n. 742, articolo 1, (sospensione applicabile alle controversie, come la presente, della Legge 26 maggio 1965, n. 590, ex articolo 8).

4. In linea di fatto - come emerge dalla consulenza in atti - hanno affermato i giudici di secondo grado, e' certo che i fondi, appartenuti allo stesso proprietario, sono stati venduti separando il terreno boschivo, venduto tutto alla C. di complessivi mq. 206.697, oltre mq. 13.988 posti fisicamente in luogo separato dagli altri, dalla casa e dal terreno coltivabile venduto tutto ai RO..

Questi ultimi cespiti - hanno ancora accertato quei giudici - sono posti all'interno dei terreni venduti alla C., unica confinante con il CO., e sono gli unici suscettibili di coltivazione.

Cio' premesso la sentenza impugnata:

- da un lato, ha escluso che i terreni venduti ai RO., in alcun punto confinanti con il terreno del CO., in quanto tutti all'interno della proprieta' C., possano essere riscattati dal CO., ritenuto che non puo' affermarsi che le parti alienando separatamente alcuni beni ai RO. e altri alla C. abbiano inteso creare un artificioso diaframma al solo scopo di escludere il diritto di prelazione sui terreni venduti ai RO., dovendosi valutare la situazione solo oggettivamente, prescindendo cioe' totalmente dagli scopi o dalle ragioni di detta esclusione e da ogni altra considerazioni circa la razionalita' dello sfruttamento agricolo, posto che per i motivi esposti ambedue le parti frazionate sono suscettibili di uno sfruttamento a scopi agricoli;

- dall'altro, quanto ai terreni venduti alla C. ha accolto la domanda di riscatto limitatamente alla p.f. (OMESSO) P.T. (OMESSO) C.C. di Sardegna (confinante con la proprieta' CO.), rigettandola per gli altri perche' alcuni separati da una strada, altri siti in altri luoghi.

5. Il ricorrente principale censura la sentenza impugnata nella parte in cui questa ha accolto limitatamente alla p.f. (OMESSO) la proposta domanda di riscatto, denunziando, con il primo motivo, "errata applicazione di legge", per non avere ritenuto i giudici del merito che la doppia vendita ha costituito un espediente per aggirare, attraverso una separazione artificiosa, l'obbligo della prelazione nei confronti del confinante sui terreni coltivabili e sulla casa.

6. Il motivo non puo' trovare accoglimento, alla luce delle considerazioni che seguono.

6. 1. Quanto, in primis, alla denunziata "errata applicazione di legge" e, in particolare, della Legge 14 agosto 1971, n. 817, articolo 7, comma 2, sotto il profilo di cui all'articolo 360, n. 3 c.p.c, la deduzione e' manifestamente inammissibile.

In conformita', in particolare, a una giurisprudenza piu' che consolidata di questa Corte regolatrice, in particolare, deve ribadirsi - ulteriormente - che quando nel ricorso per cassazione, pur denunciandosi violazione e falsa applicazione della legge, con richiamo di specifiche disposizioni normative, non siano indicate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che si assumono in contrasto con le disposizioni indicate - o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita' o dalla prevalente dottrina - il motivo e' inammissibile, poiche' non consente alla Corte di cassazione di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. 20 gennaio 2006, n. 1108; Cass. 29 novembre 2005, n. 26048; Cass. 8 novembre 2005, n. 21659; Cass. 18 ottobre 2005, n. 20145; Cass. 2 agosto 2005, n. 16132).

In altri termini, il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 3, consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di cassazione).

Atteso che nella specie non solo non e' indicata quale sia la lettura, data dai giudici a quibus alla Legge n. 817 del 1971, articolo 7 comma 2, in contrasto con gli insegnamenti dottrinari e giurisprudenziali, ma non e' neppure indicata quale sia la corretta "lettura" di tale legge, e' evidente la inammissibilita' della censura.

In pratica, il ricorrente, nel dissentire dalla conclusione cui e' pervenuta la sentenza impugnata - la' ove non ha accolto la domanda di riscatto di altre porzioni di terreno, oltre quelle alla p.f. (OMESSO) - non prospetta contrariamente a quanto del tutto apoditticamente si afferma nella intestazione del motivo una "errata applicazione di legge" ma la allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, ed e' palese che un tale vizio, della sentenza impugnata, seppure per ipotesi esistente, e' estraneo, e diverso, rispetto alla esatta interpretazione della norme di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura e' possibile, in sede di legittimita', esclusivamente sotto l'aspetto del vizio di motivazione.

6.2. Il motivo in esame, comunque, deve essere dichiarato inammissibile anche sotto il diverso profilo della "omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione" circa un punto decisivo della controversia comunque non espressamente dedotto, ma desumibile dal complesso delle argomentazioni svolte nel motivo stesso.

A tale riguardo, in particolare, si osserva - in termini opposti, rispetto a quanto presuppone la difesa della ricorrente e alla luce di quanto assolutamente pacifico, presso una giurisprudenza piu' che consolidata di questa Corte regolatrice, che in questa sede non puo' che ulteriormente ribadirsi - che il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5 si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.

Detti vizi non possono, peraltro, consistere nella difformita' dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, perche' spetta solo a quel giudice individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilita' e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova (Cass. 21 aprile 2006, n. 9368; Cass. 20 aprile 2006, n. 9234; Cass., 16 febbraio 2006, n. 3436; Cass., 20 ottobre 2005, n. 20322).

Poiche' nella specie si censura, in buona sostanza, un apprezzamento di merito, fatto dai giudici del merito, allorche' hanno escluso che sussistessero, in linea di fatto, le condizioni per ritenere che nella specie gli alienanti, cedendo ai RO. e alla C. porzioni separate dalla loro proprieta', hanno posto in essere un espediente per aggirare l'obbligo di offrire al coltivatore diretto confinante di acquistare il fondo, alle stesse condizioni, e' evidente la inammissibilita' della deduzione.

Specie considerato che non solo non vengano in alcun modo evidenziati "vizi" della motivazione, rilevanti sotto il profilo di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5, ma tenuto presente che tutta la censura si risolve in una semplice opposizione, alla lettura dei fatti di causa come compiuta dalla sentenza impugnata, di una diversa lettura di quegli stessi fatti, favorevole agli assunti della parte ricorrente.

6.3. Sempre al riguardo, inoltre, non puo' che ribadirsi, in conformita' a ricorrente giurisprudenza di questa Corte regolatrice, che qualora in sede di vendita di fondo rustico l'alienante si riservi (o ceda a terzi) la proprieta' di una striscia di terreno tale da interrompere la contiguita' e continuita' fisica tra i due fondi ne deriva una condizione obiettiva di non confinanza sufficiente ad escludere il diritto di prelazione, a meno che la riserva sia stata fatta senza nessuna utilita' economica, all'unico scopo di vanificare, sopprimendo il requisito della confinanza, il diritto di prelazione del confinante.

L'accertamento della sussistenza di apprezzabili ragioni giustificative della suddetta riserva, in relazione alle esigenze di coltivazione del fondo, rientra - peraltro - nei compiti istituzionali del giudice di merito e non e' censurabile se adeguatamente motivato (Cass. 13 agosto 1997, n. 7553).

Pacifico quanto precede, non controverso che i giudici del merito hanno piu' che congruamente e logicamente motivato le ragioni in forza delle quali la vendita ai RO. di undici particene e una casa, separatamente dalla vendita alla C. di altre quattro particelle, di cui una confinante con i terreni di proprieta' del CO., non costituiva un atto posto in essere all'unico scopo di impedire la prelazione del CO., e' palese la inammissibilita' anche sotto tale ulteriore profilo, della censura in esame.

6.4. Anche a prescindere dai pur assorbenti rilievi che precedono, comunque, il motivo e' anche - sotto altri profili - manifestamente infondato.

Come pacifico, e come - del resto - anticipato sopra e ricordato, del resto, anche dalla sentenza ora oggetto di ricorso, in molteplici occasioni la giurisprudenza di questa Corte regolatrice ha enunciato il principio secondo cui in materia di contratti agrari, il diritto di prelazione in favore del proprietario confinante con quello venduto, di cui alla Legge n. 817 del 1971, articolo 7 comma 2, sussiste anche nell'ipotesi in cui, in occasione dell'alienazione, siano creati artificiosi diaframmi al fine di eliminare il requisito della confinanza fisica tra i suoli, onde precludere l'esercizio del diritto di prelazione.

Avverte, peraltro, la ricordata giurisprudenza che allo scopo non e' sufficiente che una porzione di fondo sia stata riservata alla parte alienante - o, come nella specie, ceduta a terzi - esclusivamente al fine di evitare il sorgere del diritto di prelazione o che lo sfruttamento dei fondi, risultanti dalla divisione, sia meno razionale che non la conduzione dell'intero, originario, complesso.

E' indispensabile, infatti, che la porzione costituente la fascia confinaria, per le sue caratteristiche, sia destinata a rimanere sterile e incolta o sia, comunque, inidonea a qualsiasi sfruttamento coltivo autonomo, si' che possa concludersi che la porzione non ceduta e' priva di qualsiasi utilita' per l'alienante (o per l'eventuale diverso acquirente) (Cass. 9 aprile 2003, n. 5573).

Poiche' nella specie i terreni esclusi dalla vendita alla C. (e venduti, autonomamente, ai RO.) non solo non costituiscono dei reliquati di scarso o nullo interesse economico (come, nella generalita' dei casi avuti presenti dalla giurisprudenza di legittimita' richiamata sopra) ma costituiscono fondi di notevole estensione (per complessive mq. 206.697, oltre mq. 13988 posti fisicamente in luogo separato dagli altri) e, comunque, hanno una destinazione (a bosco) totalmente diversa da quella delle residue aree cedute ai RO. (casa di abitazione e terreni seminativi) e' di palmare evidenza la impossibilita' di configurare - anche in tesi - nella separata vendita di alcuni beni ai RO. e di altri alla C., un atto posto in essere esclusivamente al fine di paralizzare il diritto alla prelazione del CO., i cui terreni confinano esclusivamente con i terreni, a bosco, di cui alla particella (OMESSO) venduta alla C..

7. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia "difetto di motivazione", tenuto presente che esiste in atti la prova documentale che i fondi sono stati frazionati in modo tale che tutta la utilita' ricavabile dagli stessi ricadesse su quelli acquistati dai RO., mentre a C. rimaneva soltanto una sorta di nuda proprieta', non potendosi esercitare il legnatico e la corte di appello non ha preso in alcuna considerazione il diritto di legnatico, "che e' l'unica risorsa del fondo creato a diaframma tra il confine e gli altri fondi compravenduti e dovendosi sopportare transito e acquedotto".

8. La censura e' inammissibile.

Almeno sotto due, concorrenti, profili.

8.1. Giusta quanto assolutamente pacifico presso una giurisprudenza piu' che consolidata di questa Corte regolatrice - e da cui totalmente e senza alcuna motivazione prescinde parte ricorrente - nel giudizio di cassazione e' preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, a meno che tali questioni non abbiano formato oggetto di gravame o di contestazione nel giudizio di appello (Cass. 26 febbraio 2007, n. 4391; Cass. 2 febbraio 2006, n.

2270; Cass. 12 luglio 2005, nn. 14599 e 14590, tra le altre).

Contemporaneamente, non puo' tacersi che ove una determinata questione giuridica - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita', al fine di evitare una statuizione di inammissibilita', per novita' della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicita' di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 5 aprile 2004, n. 6656).

Certo quanto sopra si osserva che la questione specifica della carenza di qualsiasi valore dei terreni acquistati dalla C. per essere questi gravati di varie servitu' non risulta in alcun modo affrontato dalla sentenza gravata (e contrasta, altresi', sia con il rilievo che il ricorrente principale ha, espressamente, ancorche' in via subordinata, chiesto di volere esercitare il riscatto limitatamente alla p.f. (OMESSO) acquistata dalla C., ritenendola quindi "appetibile", sia con gli accertamenti compiuti dal c.t.u. che ha attribuito alla porzione de qua il valore di euro 64.040,66 come risultata dalla sentenza impugnata).

E' palese, pertanto, che parte ricorrente non poteva, come ha fatto, censurare la sentenza gravata per non avere valutato la circostanza sopra evidenziata (esistenza a carico del terreno p.f. (OMESSO) di una servitu' di legnatico che la rende priva di qualsiasi utilita' economica) ma doveva indicare, altresi', in quale occasione, nel corso del giudizio di appello, aveva sollecitato l'esame della specifica questione nel rispetto delle regole del contraddittorio.

8.2. Anche a prescindere da quanto precede, comunque, la deduzione e' inammissibile anche sotto altro, concorrente, profilo, come anticipato.

Come assolutamente pacifico, il ricorso per cassazione - in ragione del principio di cosiddetta autosufficienza dello stesso - deve contenere in se' tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresi' a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita' di far rinvio ed accedere - particolarmente nel caso in cui si tratti di interpretare il contenuto di una scrittura di parte - a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 13 giugno 2007, n. 13845; Cass. 18 aprile 2007, n. 9245; Cass. 9 gennaio 2006, n. 79, tra le tantissime).

Il ricorrente per cassazione - pertanto - il quale deduca l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata in relazione alla valutazione di una decisiva risultanza processuale ha l'onere di indicare in modo adeguato e specifico la risultanza medesima, dato che per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non e' possibile sopperire con indagini integrative (Cass. 13 maggio 1999, n. 4754).

Pacifico quanto precede si osserva che nella specie il ricorrente pur denunziando di non poter esercitare il legnatico sul terreno per il quale ha esercitato il riscatto e lamentando che su tale terreno deve sopportare transito e acquedotto, ha omesso di trascrivere i titoli da cui deriverebbero i descritti "pesi" a carico del fondo riscattato (nonche' di specificare in forza di quale iter logico argomentativo, la Corte di appello se avesse tenuto presenti tali pesi avrebbe, con certezza, dovuto ritenere fondata la sua domanda di riscatto di tutti i fondi acquistati sia dalla C. che dai RO.).

E' palese, quindi, alla luce delle considerazioni svolte sopra, anche sotto tale ulteriore profilo, la inammissibilita' del secondo motivo del ricorso principale.

9. Risultato infondato in ogni sua parte il ricorso principale deve essere rigettato.

10. Atteso l'esito di questo giudizio di legittimita' (rigetto del ricorso principale, declaratoria di inammissibilita' di quello incidentale) sussistono giusti motivi onde disporre, tra le parti, la compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE

riunisce i ricorsi;

rigetta il ricorso principale;

dichiara inammissibile quello incidentale;

compensa, tra le parti, le spese di questo giudizio di legittimita'.

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