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Il marchio italiano: le varie tipologie
Marchio figurativo, nominativo, denominativo; marchio di fatto; marchio forte e marchio debole; marchio noto; marchio di fabbrica e di commercio; marchio collettivo.
L’'art. 7 della legge sui marchi (D.Lgs. 10/02/2005, n.30) stabilisce che "possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente. In particolare le parole, compresi i nomi di persona, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purchè siano atti a distinguere distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese.
Marchio figurativo, nominativo, denominativo
Il primo è il marchio che consiste in una figura o in una riproduzione di oggetti reali o di fantasia.
Il marchio nominativo è il marchio che riprende il nome del produttore.
Il Marchio denominativo è quello che consiste in una parola, disegno, una lettera, una cifra, un suono
Marchio di fatto
Il marchio di fatto è il marchio non registrato. A norma dell’art. 2571 c.c. chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha facoltà di continuare ad usarne, nonostante la registrazione da altri ottenuta, nei limiti in cui anteriormente se n’è avvalso. Tali limiti sono i limiti territoriali e quelli merceologici.
In tal caso il titolare del marchio non gode della tutela giuridica offerta dalla registrazione del marchio.
Più specificatamente in caso di marchio con notorietà nazionale, il titolare può ottenere la nullità del marchio confondibile che sia stato registrato successivamente da terzi, per mancanza del requisito di novità.
In caso di marchio non registrato che abbia acquisito notorietà locale, il titolare non può evitare che terzi usino un marchio confondibile in un altro ambito territoriale nazionale; lo stesso titolare ha il diritto di continuare ad utilizzare il marchio ma esclusivamente in quel luogo in cui il marchio ha acquisito la notorietà.
Nei due casi sopra esposti la confondibilità riguarda solo prodotti uguali e non affini.
A tutela di un marchio di fatto si può esercitare soltanto l’azione di concorrenza sleale; in particolare, nel caso di marchio con notorietà nazionale, l’azione deve essere esercitata entro cinque anni dalla registrazione per evitarne la convalida.
A ciò si affianca l’art. 12 della legge marchi secondo la quale in caso di uso precedente da parte di terzi di un marchio non registrato, che non importi notorietà di esso o importi notorietà puramente locale, i terzi medesimi hanno diritto di continuare nell’uso del marchio, anche ai fini della pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del marchio stesso.
Da ciò consegue che chi registra il marchio nonostante il preuso da parte di terzi, debba tollerarne la continuazione di tale uso, con l’unica possibilità di esigere che esso sia limitato territorialmente.
Marchio forte e marchio debole
Sotto il profilo dell’originalità si distingue il marchio forte dal marchio debole.
Quest’ultimo è costituito da una terminologia di uso comune che viene modificata con un apporto minimo di fantasia al contrario del marchio forte (ad esempio Cointreau) che è originale e non ha alcun collegamento con la denominazione del prodotto.
Il marchio forte è contraffatto quando vi sia una qualsivoglia variazione che attenga all’elemento che lo caratterizza, mentre la confondibilità del marchio debole è esclusa in presenza di modificazioni lievi.
Il marchio noto
Il decreto Legislativo del 4 10/02/2005,n.30 ha previsto il marchio noto. Quest’ultimo è il marchio che è notoriamente conosciuto presso il pubblico interessato, anche in forza della notorietà acquisita nello Stato attraverso la promozione del marchio.L’uso precedente del marchio, quando importi notorietà di esso toglie la novità al marchio successivo, che non potrà quindi essere successivamente registrato.
Il marchio di fabbrica e di commercio
Il codice civile (art. 2572 c.c.) distingue il marchio di fabbrica che viene apposto dal produttore, dal marchio di commercio che invece viene apposto dal rivenditore di un bene prodotto da terzi.
Il rivenditore difatti può apporre il proprio marchio ai prodotti che mette in vendita, ma non può sopprimere assolutamente il marchio del produttore.
Il marchio collettivo.
E’ il marchio che garantisce al consumatore la provenienza geografica, la qualità e la natura di un prodotto o di un servizio: esso non distingue il singolo prodotto di un imprenditore, ma è il marchio che garantisce l’origine geografica riferita alla qualità del prodotto nonché la qualità delle materie prime presenti nello stesso. Legittimati a registrare il marchio collettivo non sono coloro che producono e commercializzano il prodotto ma coloro il cui compito è quello di garantire gli standard qualitativi.
Denominazione di origine controllata
Diversa dal marchio collettivo è la D.O.C. “denominazione di origine controllata” che ha la funzione non già di creare un collegamento tra il prodotto e l’impresa ma di caratterizzare un prodotto come proveniente da una determinata regione. Per essa non è prevista la registrazione.
Il marchio può essere trasferito per la totalità dei prodotti o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato anche se non viene trasferita l’azienda o un ramo di essa.