La "lego" non avrà più il monopolio della vendita dei "mattoncini" in Italia

La tutela della proprietà industriale di invenzioni e modelli di utilità risponde all'esigenza di incentivare la ricerca di nuove soluzioni tecniche, ma il riconoscimento di un diritto perpetuo di utilizzazione esclusiva di invenzioni e modelli finirebbe per ingessare il mercato, contraddicendo la stessa esigenza di favorire la ricerca; per questa ragione la tutela brevettale di invenzioni e modelli è solo temporanea, e una volta esaurito il tempo di tale tutela, i modelli e le invenzioni sono liberamente riproducibili, nel rispetto delle regole che disciplinano la concorrenza. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Prima, con sentenza n.5437/2008. La S.C. ha così escluso la concorrenza sleale per la società canadese “Mega Block” nella vendita, nel mercato italiano, di blocchetti che si incastrano perfettamente con quelli realizzati dalla "Lego".



- Leggi la sentenza integrale -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Donato Plentenda Presidente

Dott. Gianfranco Gilardi Consigliere

Dott. Aniello Nappi Consigliere

Dott. Stefano Schirò Consigliere

Dott. Maria Rosaria Cultrera Consigliere

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

Mega Bloks inc.; domiciliata in Roma via Sardegna 40, presso l'avv. C.Persichelli, che la rappresenta e difende unitamente agli avv. G. Guglielmetti e L. Taglietti, come da procura speciale autenticata

-ricorrente-

Contro

Lego system A/S e Lego s.p.a., domiciliate in Roma via E. Q. Visconti 90, presso l'avv. F. Saperi, rappresentate e difese dagli avv. G.Sena, P.Tarchini e G. del Como, come da procure notarili

-controricorrente e ricorrente incidentale-

Contro

Linea Gig s.p.a., Toy Service s.r.l. , Gig Distribuzione s.p.a., tutte in liquidazione e concordato preventivo,

-intimate-

Contro

Mega Bloks inc.;

-controricorrente a ricorso incidentale-

Avverso

La sentenza n. 2865/2003 della Corte d'appello di Milano, depositata il 28 ottobre 2003

Sentita la relazione svolta dal consigliere dott. Aniello Nappi.

Uditi i difensori, avv. G. guglielmetti, per la ricorrente, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale, avv. G.Sena e G. del Corno, per le resistenti, che hanno concluso per il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale

Udite le conclusioni del P.M., M. Velardi, che ha concluso per l'accoglimento dei primi due motivi del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi e il ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Milano, in riforma della decisione di primo grado, ha qualificato come atto di concorrenza sleale per scorrettezza commerciale la produzione e commercializzazione da parte della società canadese Mega Bloks inc. di mattoncini modulari per giochi di costruzioni compatibili e quindi componibili con quelli prodotti dalla danese Lego system A/S e su licenza dall'italiana Lego S.p.A. e su licenza dall'italiana Lego S.p.A. , ormai non piu' protetti da brevetto; ha pertanto inibito la continuazione di tali attività di produzione e commercializzazione, pur rigettando la domanda di risarcimento danni proposta dalle società Lego system A/S e Lego s.p.a.

I giudici del merito hanno escluso che la condotta della Mega Bloks inc. possa considerarsi di imitazione servile idonea a determinare confusione tra i prodotti, in ragione della destinazione funzionale di forma e dimensioni dei mattoncini; e hanno altresì escluso sia l'appropriazione di pregi dei prodotti Lego sia la concorrenza parassitaria. Hanno invece ritenuto che costituisca scorrettezza commerciale la produzione di mattoncini modulari idonei alla connessione con quelli prodotti dall'impresa concorrente, perché, diversamente dai pezzi di ricambio, commercializzati in un mercato distinto da quello del prodotto di cui sono accessori, i prodotti modulari vengono commercializzati nell'ambito di un unico mercato; e a differenza dei pezzi di ricambio sono perciò riconosciuti come brevettabili. Sicché, per esigenze di lealtà commerciale, ciascun imprenditore ha un onere di differenziazione del prodotto modulare, posto che «è in grado di realizzare "autonomamente" la propria serie con proprie caratteristiche senza necessità di agganciarsi a quella dell'altra». Hanno nondimeno respinto i giudici d'appello la domanda di condanna generica al risarcimento dei danni proposta dalla Lego system A/S e della Lego s.p.a., ritenendo impossibile la valutazione in termini di reale pregiudizio economico della individuata condotta di concorrenza sleale, in mancanza di una qualsiasi deduzione da parte delle società Lego system A/S e Lego s.p.a. di una contrazione del volume degli affari e/o di una diminuzione delle chances di vendita.

Contro la decisione d'appello ricorre ora per cassazione la Mega Bloks inc. e propone sei motivi d'impugnazione, cui resistono con controricorso le società Lego system A/S e Lego s.p.a., che hanno altresì proposto ricorso incidentale, affidato a un unico motivo, di cui va disposta la riunione al ricorso principale.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 2598 n. 3 c.c., in relazione all'art. 2598 n. 1 c.c. e ai principi di libertà della concorrenza e di temporaneità dei diritti di esclusiva [1], vizio di motivazione della decisione impugnata.

Sostiene che, esclusa l'imitazione servile, i giudici d'appello avrebbero dovuto ribadire la liceità della commercializzazione dei prodotti controversi, onde evitare il riconoscimento di un inammissibile monopolio perpetuo in favore della Lego system A/S, non potendo utilizzarsi i principi di correttezza professionale, richiamati dall'at. 2598 comma 3 c.c., per eludere l'art. 41 Cost., che impone la temporaneità delle privative, come del resto i principi comunitari di libertà della concorrenza, contraddittoriamente evocati. Solo i diritti sui segni distintivi sono perpetui: e quando la forma del prodotto non è identificativa della sua provenienza, bensì solo funzionale all'utilizzazione, non può avere protezione illimitata nel tempo.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2598 n. 3 c.c. con riferimento al rapporto tra principio di correttezza della concorrenza e principio di libera utilizzazione delle privative scadute, contraddittorietà della motivazione.

Sostiene che, secondo la giurisprudenza, esclusa la riconducibilità all'art. 2598 n. 1 c.c. dell'imitazione servile non determinante confusione, non può l'illiceità dell'imitazione servile ricollegarsi all'art. 2598 n. 3 c.c., che disciplina casi diversi e alternativi. E aggiunge che la Corte d'appello, pur dichiarando di uniformarsi a tali principi, in realtà li nega, quando afferma che certe modalità imitative della condotta sono valutabili ai fini della correttezza professionale, indipendentemente dalla confondibilità dei prodotti; tanto da avvertire poi la contraddittoria esigenza di ipotizzare un onere di differenziazione dei prodotti, desumibile dal principio di lealtà commerciale.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 2598 n. 3 c.c., in relazione alla qualificazione come scorretta della produzione di elementi modulari connettibili con quelli del concorrente, contraddittorietà della motivazione.

Sostiene che , attesa la funzione di interconnessione propria degli elementi modulari, è illogico affermare, come la corte d'appello, che l'imitazione funzionale è ammessa solo se non permette la connessione con i prodotti del concorrente. Né ha alcun senso il fatto che, per realizzare un'interconnessione modulare, non sia necessario rendere possibile la connessione con i prodotti del concorrente. Come non ha senso la negativa qualificazione della condotta dell'imprenditore che, come la stessa corte d'appello riconosce, offre «al consumatore il vantaggio additivo di un uso congiunto con i pezzi componibili del concorrente». Infatti è il monopolio che deve essere giustificato, non la libertà della concorrenza, che serve non solo ai produttori ma anche al pubblico dei consumatori, certamente avvantaggiati dalla possibilità di combinare i nuovi prodotti modulari con quelli già acquistati in precedenza.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 2598 n. 3 c.c., in relazione all'art. 7 bis decreto 25 agosto 1940, n. 1411, e vizio di motivazione della decisione impugnata, nella parte in cui desume dalla brevettabilità dei prodotti modulari la conseguenza dell'illiceità di una produzione compatibile con i moduli della concorrenza.

Sostiene che erroneamente i giudici del merito abbiano distinto tra elementi modulari e pezzi di ricambio, senza considerare che la previsione della brevettabilità degli uni e non degli altri non esclude la temporaneità delle privative riguardanti gli elementi modulari. E aggiunge che è lecita la sottrazione della clientela del concorrente, quando non sia ottenuta con mezzi scorretti; ma non può considerarsi scorretta la produzione di elementi modulari compatibili con quelli del concorrente, ove non vi sia imitazione servile inducente confusione.

Con il quinto motivo la ricorrente deduce violazione dell'art. 2598 n. 3 c.c. e vizio di motivazione della decisione impugnata, nella parte in cui desume dall'unicità del mercato degli elementi modulari la conseguenza dell'impossibilità di una posizione dominante, che potrebbe aversi invece nel rapporto tra mercato di prodotti complessi e mercato di pezzi di ricambio.

Sostiene che l'esigenza di limitare nel tempo di diritti di esclusiva e i monopoli prescinde dal fatto che il monopolista abbia raggiunto o possa realizzato una posizione dominante. E aggiunge che, come per i pezzi di ricambio, anche per gli elementi modulari v'è un mercato secondario relativo ai pezzi integrativi del sistema eventualmente già acquistato: la sola differenza tra pezzi di ricambio e prodotti modulari è nel momento in cui avviene il montaggio del sistema nel quale i singoli pezzi sono inseriti.

Con il sesto motivo infine la ricorrente deduce in subordine violazione dell'art. 2598 n. 3 c.c. e omessa motivazione circa il carattere non nuovo ma standardizzato delle dimensioni del prodotto della Lego system A/S.

2. Con l'unico motivo del ricorso incidentale le società Lego system A/S e Lego s.p.a. deducono violazione degli artt. 2598 c.c. e 278 c.p.c., vizi di motivazione della decisione impugnata, lamentando che i giudici del merito abbiano erroneamente disatteso la domanda di condanna generica della Mega Bloks inc. al risarcimento dei danni.

3. I primi cinque motivi del ricorso principale sono fondati e assorbenti rispetto al sesto motivo dello stesso ricorso e all'unico motivo del ricorso incidentale.

3.1. La tutela della proprietà industriale di invenzioni e modelli di utilità risponde all'esigenza di incentivare la ricerca di nuove soluzioni tecniche. Ma il riconoscimento di un diritto perpetuo di utilizzazione esclusiva di invenzioni e modelli finirebbe per ingessare il mercato, contraddicendo la stessa esigenza di favorire la ricerca. Per questa ragione la tutela brevettale di invenzioni e modelli è solo temporanea. E una volta esaurito il tempo di tale tutela, i modelli e le invenzioni sono liberamente riproducibili, nel rispetto delle regole che disciplinano la concorrenza. Sicché ne risulta sanzionabile solo l'utilizzazione che integri quella concorrenza sleale che l'art. 2598 c.c. definisce con riferimento a comportamenti idonei a trarre in inganno sulla provenienza o sull'identità dei prodotti ovvero connotati di dannosità e scorrettezza professionale.

3.2. Nel caso in esame, indiscusso l'esaurimento del diritto di esclusiva della Lego, i giudici del merito hanno, come s'è detto, escluso l'esistenza di comportamenti idonei a trarre in inganno sia sulla provenienza sia sull'identità dei prodotti. E questa decisione, benché tuttora contestata dalle controricorrente Lego, che affermano esistente un'imitazione servile idonea a indurre confusione sulla provenienza dei prodotti, deve considerarsi ormai definitiva, come dedotto in memoria dalla ricorrente. Infatti ciascuna delle tre ipotesi di concorrenza sleale previste dall'art. 2598 c.c. individua una possibile causa pretendi di autonome domande (Cass. sez. I, 18 aprile 2003, n. 6310, m. 562325). Sicché le controricorrente, se avessero voluto insistere nella richiesta di applicazione dell'art. 2598 n. 1 c.c., avrebbero dovuto impugnare con ricorso incidentale il rigetto della relativa domanda, pur avendo visto accolta la domanda da esse proposta a norma dell'art. 2598 n. 3 c.c. (Cass. , sez. III, 17 maggio 2001, n. 6757, m. 546715, Cass., Sez. I, 1 ottobre 1976, n. 3195 m. 381983).

Rimane dunque in discussione solo la possibilità di qualificare come professionalmente scorretta la produzione da parte della Mega Bloks di elementi modulari compatibili con quelli prodotti dalla Lego system e quindi con essi componibili.

3.3. I giudici d'appello integrando le tradizionali ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. (pubblicità menzognera; manovre sui prezzi; violazione di segreti aziendali; concorrenza dell'ex dipendente; concorrenza parassitaria; boicottaggio), hanno ritenuto che costituisca atto di concorrenza sleale per violazione dei principi della correttezza professionale anche la produzione di elementi modulari compatibili nell'aggancio con quelli prodotti dall'impresa concorrente.

Questa decisione risulta giustificata sulla base di tre argomenti, tutti però non condivisibili.

3.3.1. Il primo argomento viene sviluppato sulla base di una precedente decisione di questa Corte, secondo la quale nel caso di elementi modulari «il produttore è tenuto a sperimentare la possibilità di addurre varianti che, pur distinguendolo da quello del produttore che per primo realizzò tale forma individualizzante, evitino la confondibilità nel mercato. Il concorrente insomma ha diritto a realizzare egli stesso analoga compatibilità tra i «propri» mattoncini, così da dare vita ad identica funzione di scomponibilità. Non può, salvo non sia inevitabile per ripetere la funzione, pretendere di mettere in commercio prodotti capaci di essere compatibili con quelli del concorrente, perché ciò gli consentirebbe di avvantaggiarsi oltre che della idea, anche di quanto, sfruttando quella idea, il suo concorrente è riuscito a conseguire in termini di avviamento» (Cass. sez. I, 9 marzo 1998, n. 2578, m. 513482, in motivazione).

Da questa decisione i giudici d'appello desumono l'esigenza di imporre, nella concorrenza relativa a elementi modulari non coperti da privativa, un «onere di differenziazione» che, anche quando non sia riconducibile al divieto di «imitazione servile confusoria» di cui all'art. 2598 n. 1 c.c., possa nondimeno esigersi a norma dell'art. 2598 n. 3 c.c. «sul piano piu' generale della lealtà commerciale». Sostengono infatti che la produzione di elementi modulari idonei alla connessione con quelli prodotti dall'impresa concorrente «non potrebbe trovare giustificazione nella necessità di comporre in serie i diversi elementi di propria produzione (esigenza che non sarebbe compromessa dall'adozione di rettifiche non incidenti sulla funzione modulare e dunque del tutto innocue) ma servirebbe solo a fornire al consumatore il vantaggio additivo di un uso congiunto con i pezzi componibili del concorrente finendo per sottrargli la clientela».

Sennonché, indiscusso che sia una scelta e non una necessità la produzione di elementi modulari componibili con quelli del concorrente, non si vede perché dovrebbe considerarsi sleale la contesa della clientela mediante offerta di vantaggi aggiuntivi per il consumatore.

Infatti la concorrenza è appunto contesa della clientela; e viene favorita anche per offrire vantaggi al consumatore. Non può dunque essere considerata sleale una tale concorrenza, ove non risulti esercitata in violazione di una regola di correttezza professionale o commerciale, che nel caso in esame non viene affatto indicata dalla corte milanese.

Né una tale regola di correttezza potrebbe desumersi dalla citata decisione di questa Corte, che si riferì esclusivamente al caso della cosiddetta «imitazione servile confusoria», tanto da disporre il rinvio al giudice del merito per l'accertamento della possibilità di una differenziazione innocua dei prodotti modulari. Se la logica di quella decisione di legittimità fosse stata la medesima della decisione di merito qui in discussione, non sarebbe stato necessario un ulteriore accertamento di fatto, ma il giudizio si sarebbe concluso con la prescrizione di una diversificazione sia pure millimetrica delle connessioni, certamente sempre possibile per evitare la compatibilità.

Come è stato già chiarito nella giurisprudenza di questa Corte «in tema di concorrenza sleale, l'imitazione servile di prodotti altrui è illecita, ai sensi dell'art. 2598 n. 1 c.c., solo in dipendenza della sua idoneità a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente, senza che l'illiceità dell'imitazione non confusoria possa farsi derivare dall'inclusione di essa nello schema atipico di concorrenza sleale previsto dal n. 3 dell'art. 2598 cit., atteso che tale norma di chiusura non racchiude ipotesi complementari rispetto a quelle contemplate nei nn. 1 e 2, ma casi alternativi e diversi, ciascuno dotato di connotazione sua propria. Una relazione di continenza non è, in particolare, ravvisabile nel rapporto fra concorrenza sleale per imitazione servile e concorrenza sleale per imitazione contraria alla correttezza professionale (rispettivamente nn. 1 e 3 dell'art. 2598 c.c.), atteso che, nel difetto dei requisiti dell'una, quale la capacità individualizzante del prodotto imitato, il riscontro dell'altra richiede, comunque, la presenza di elementi ulteriori (in particolare, la non conformità del fatto a correttezza professionale e la sua idoneità ad arrecare nocumento)» (Cass. , sez. I, 22 ottobre 2003, n. 15761, m. 567565, Cass. , Sez. I 18 aprile 2003, n. 6310, m. 652325, cass., Sez. I , 10 novembre 1994, n. 9387, m. 488505).

3.3.2. Il secondo argomento a sostegno della propria decisione i giudici d'appello lo desumono dalla disciplina comunitaria e nazionale che prevede la possibilità di un brevetto solo per le interconnessioni modulari, escludendola per ogni altro tipo di interconnessione di prodotti, inclusi i ricambi (art. 8 d. lgs. N. 95 del 2000 e ora art. 36 d. lgs. N. 30 del 2005).

La corte milanese riconosce infatti a tale differenziazione una rilevanza anche come limite alla concorrenza, onde «garantire un'autonomia di produzioni altrimenti indistinguibili per indifferente sostituibilità dei prezzi nella serie di rispettiva provenienza».

Sennonché la brevettabilità delle interconnessioni modulari non ha alcuna rilevanza nella questione in esame, che presuppone appunto la preesistenza di un brevetto ormai scaduto. E infatti i giudici d'appello fondano in realtà la propria decisione sull'esigenza di evitare la «pedissequa ripresa» di combinazioni surrogabili e di rendere possibili «scelte in equivoche orientate su produzioni distinte e raffrontabili nello standard qualitativo del prezzo e della facilità di impiego nel sistema cui appartengono».

Si tratta però di argomenti attinenti tutti al problema della riconoscibilità dell'effettiva provenienza dei prodotti e quindi estranei al tema in discussione, posto che la stessa corte milanese ha recisamente escluso l'ipotizzabilità nel caso in esame di una «imitazione servile confusoria», in ragione della perfetta identificabilità dell'origine degli elementi modulari controversi.

Sicché i giudici d'appello impongono un divieto di compatibilità tra diversi sistemi modulari, senza indicarne il fondamento giuridico; e tendono contraddittoriamente a giustificarlo nella prospettiva della cosiddetta «imitazione confusoria», che pure hanno esclusa.

3.3.3. Né maggiore plausibilità ha l'ultimo argomento esibito dai giudici d'appello, allorché si propongono di giustificare un tale divieto di compatibilità in ragione di una presunta diversità tra il mercato dei prezzi di ricambio, distinto da quello dei prodotti complessi di cui sono componenti, e il mercato dei sistemi modulari, che sarebbe invece unico.

Come s'è detto, sostengono infatti i giudici del merito che l'apertura del mercato dei pezzi di ricambio anche a produttori diversi da quelli dei prodotti di cui sono componenti, risponde all'esigenza di impedire che i monopoli esistenti in un mercato possano riproporsi nell'altro. Mentre una tale esigenza non si porrebbe per i sistemi modulari, posto che «tutti i prodotti appartengono non a mercati distinti ma ad un unico mercato (dove non esiste né prodotto principale né prodotto accessorio perché i pezzi di un sistema modulare sono essi stessi prodotti che si combinano tra loro e non componenti di un unico prodotto complesso)».

Sennonché anche per i sistemi modulari è possibile distinguere il mercato cui si rivolge chi acquista ex novo un sistema e il mercato cui si rivolge chi acquista solo elementi integrativi di un sistema di cui già dispone. Sicché anche per i sistemi modulari può porsi l'esigenza di impedire possibili effetti distorsivi nel rapporto tra i due mercati.

4. E' evidente in realtà che, se si precludesse la compatibilità tra sistemi modulari di diversa produzione, il produttore che abbia goduto in passato di un diritto di esclusiva ne procrastinerebbe gli effetti nel mercato degli elementi modulari integrativi.

La scadenza del brevetto aprirebbe infatti alla concorrenza il solo mercato dei sistemi modulari di nuovo acquisto, mentre il mercato degli elementi modulari meramente integrativi risulterebbe condizionato da una perdurante posizione di monopolio del produttore già esclusivista.

Né può ritenersi, come pure s'è sostenuto, che la compatibilità tra sistemi modulari di produzione diversa sia da considerare di per sé idonea a determinare quella confusione che rende illecita a norma dell'art. 2598 n. 1 c.c. la cosiddetta «imitazione servile confusoria».

L'imitazione di forme non protette da brevetto è infatti vietata solo in quanto idonea a determinare appunto confusione sulla provenienza dei prodotti (Cass., sez. I, 19 gennaio 2006, n. 1062, m. 585953). Ma una tale confusione non è neppure ipotizzabile quando la forma non assuma in concreto un significato rappresentativo o evocativo idoneo a indurre in errore sul suo effettivo produttore. Sicchè la compatibilità tra prodotti modulari di diversa produzione non può essere considerata di per sé illecita, quando non ingeneri confusione alcuna sulla provenienza dei prodotti.

Del resto l'interconnettività tra sistemi modulari compatibili è da considerarsi un'utilità idonea di per sé a giustificare una concorrenziale e millimetrica riproduzione degli elementi di connessione. Sicché anche nella prospettiva delle cosiddette forme necessarie, che considera lecita l'imitazione delle forme funzionali all'utilità propria del prodotto (cass., sez. I, 26 gennaio 1999, n. 697, m. 522633, cass. sez. I, 19 gennaio 2006, n. 1062, m. 585952), deve escludersi che possa essere considerata di per sé illecita la compatibilità funzionale all'interconnessione. Infatti anche una variante solo millimetrica degli elementi modulari non risulterebbe innocua, perché precluderebbe appunto la rilevante funzione della compatibilità.

5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in accoglimento dei primi cinque motivi del ricorso principale. E stante la definitiva esclusione di un'imitazione servile inducente confusione sulla provenienza dei prodotti, la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Sicché, respinta la domanda di inibizione proposta dalla Lego, va accolta la domanda proposta da Mega Bloks inc. per la dichiarazione che non costituisce atto di concorrenza sleale la vendita in Italia dei mattoncini per giochi di costruzione della linea Mega Bloks, compatibili con quelli prodotti dalla Lego system A/S e venduti dalla Lego s.p.a.

La natura della questione controversa, con le incertezze giurisprudenziali che la connotano, giustifica la compensazione integrale delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, in accoglimento del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo la causa nel merito:

dichiara, in accoglimento della domanda proposta dalla Mega Bloks inc. , che non costituisce atto di concorrenza sleale la vendita in Italia dei mattoncini per giochi di costruzione della linea Mega bloks, compatibili con quelli prodotti e venduti dalla Lego System A/S e dalla lego s.p.a.;

rigetta la domanda di inibizione proposta dalla società Lego System A/S e Lego s.p.a..

Dichiara compensate tra le parti le spese dell'intero giudizio.

Roma, 9 gennaio 2008.

Il Presidente

Il Consigliere relatore

(dr. Aniello Nappi)

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

IL 28 FEBBRAIO 2008.

INDICE
DELLA GUIDA IN Registra Marchio

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 3610 UTENTI