Se una società produce abbigliamento da uomo e l'altra da donna, tuttavia i marchi sono troppo simili e confondibili tra loro c'è contraffazione

L'orientamento univoco della S.C. individua uno specifico illecito concorrenziale nel fatto che l'imprenditore determini nel mercato il rischio di confusione adottando per il proprio prodotto un marchio confondibile con quello adoperato da un concorrente per distinguere un prodotto affine. Detta confondibilita' nasce dalla idoneita' del prodotto a soddisfare il medesimo "tipo" di bisogni, cosicche' la clientela, attesa la ontologica vicinanza tra i prodotti offerti al mercato, e' indotta, per somiglianza dei due segni, a confondere i produttori. (Cass. nn 4295 del 1997, 1424 del 2000, 23787 del 2004, 3548 del 2006, quest'ultima anche in termini di espansivita' dell'impresa titolare del, 6720 del 2008, 29775 del 2008).

Corte di Cassazione, Sezione 1 civile, Sentenza 20 settembre 2012, n. 15957



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado - Presidente

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria - rel. Consigliere

Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25832-2009 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro
 (OMISSIS) S.R.L. (P.I. (OMISSIS)) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l'avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2023/2009 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 15/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/07/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito, per la controricorrente, l'Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 10 febbraio 2003 la (OMISSIS) s.r.l., operante nel settore dell'abbigliamento, conveniva davanti al Tribunale di Milano la societa' (OMISSIS) chiedendo fosse accertata la contraffazione; da parte della convenuta. del marchio, ditta, ed insegna " (OMISSIS)" depositato da essa attrice il 2 novembre 1981, successivamente concesso e poi rinnovato. Chiedeva quindi l'accertamento dell'avvenuto compimento da parte della convenuta di atti di concorrenza sleale e le conseguenti condanne alla inibitoria ed al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio.

Resisteva la Srl (OMISSIS) chiedendo il rigetto delle domande e la condanna dell'attrice ai sensi dell'articolo 96 c.p.c..

Il Tribunale accoglieva la domanda dell'attrice accertando la affermata contraffazione e dando i conseguenti provvedimenti di inibitoria all'uso del marchio ed alla prosecuzione dei comportamenti contestati. Emetteva condanna generica al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio e fissando una penale per ogni violazione futura.

Proponeva appello la societa' soccombente con atto del luglio 2007. Resisteva la Sri (OMISSIS) proponendo anche appello incidentale ed insistendo per la condanna della convenuta alla pubblicazione della sentenza che definitivamente avesse accertato l'illecito affermato.

La Corte d'appello di Milano respingeva entrambi gli appelli.

La sentenza in esame, premesse alcune considerazioni di carattere giuridico generale circa la nozione dell'illecito di cui si trattava, riportava, in ampi brani, la decisione dell'Ufficio Armonizzazione del mercato interno, (Uami), relativa alla procedura numero 2514 e, emessa in data 2 marzo 2009, avente ad oggetto in quella sede amministrativa il conflitto tra gli stessi segni di cui si tratta. Riteneva confondibili i due segni posti in comparazione e li considerava relativi peraltro a prodotti affini quali l'abbigliamento femminile o maschile ovvero ancora alla produzione e commercializzazione di accessori di abbigliamento.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione con atto articolato su quattro motivi il (OMISSIS) S.r.l. Resiste con controricorso la (OMISSIS) S.r.l..

Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del suo ricorso il (OMISSIS) lamenta la violazione dell'articolo 1 della legge marchi, oggi Decreto Legislativo n. 30 del 2005, articolo 20, comma 1, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3. Ritiene che nella materia della contraffazione dei marchi occorra procedere a due diversi e distinti raffronti, l'uno tra i segni e l'altro tra i prodotti contraddistinti. Cosicche' confondibilita' tra segni ed identita', o affinita', tra prodotti danno luogo a due distinti giudizi che non possono essere considerati tra loro indipendenti essendo invece entrambi essenziali all'accertamento dell'illecito concorrenziale.

Ritiene la ricorrente che la Corte di merito abbia rigettato l'appello confondendo i due predetti esami ovvero dimenticando che la mera relazione tra le classi merceologiche di riferimento non e' sufficiente quando, come nel caso di cui si tratta,i beni marcati ovvero i' prodotti di commerciali sono destinati a consumatori finali diversi, ed a mezzo di reti di distribuzione e di vendita diverse. Cio' in particolare avverrebbe quando si tratta di abiti per uomo rispetto agli abiti per donna, ed agli abiti in generale ed al prodotto di cuoio quale e' la scarpa.

2. Con il secondo motivo di ricorso il (OMISSIS) lamenta l'omessa motivazione circa un fatto controverso, decisivo della controversia. Proseguendo nella doglianza innanzi sintetizzata, infatti, ritiene che la Corte d'appello nella valutazione dei prodotti ovvero della loro identita' o affinita', accertamento essenziale e complementare a quello della astratta confondibilita' tra i segni, non ha considerato la diversita' dell'attivita' nel settore di abbigliamento femminile rispetto a quella che si svolge nel campo della abbigliamento maschile, attivita' che concernono il soddisfacimento di gusti differenti, rilevanti in mercati del tutto distinti.

3. Con il terzo motivo di ricorso (OMISSIS) lamenta ancora la motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5. Proseguendo la doglianza che si e' innanzi sintetizzata,lamenta che il giudice di merito non abbia considerato che i consumatori finali dell'abbigliamento femminile rispetto a quelli dell'abbigliamento maschile sono distinti cosicche' il rischio di confusione nel pubblico tra i due segni non poteva sussistere.

4. Con l'ultimo motivo la societa' ricorrente lamenta ancora la violazione dei principi di cui all'articolo 360 c.p.c., n. 5 - conseguente alla motivazione insufficiente sul fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo alla comparazione fra i segni. La corte di merito, secondo siffatta doglianza, pur partendo da astratte e condivisibili premesse giuridiche tuttavia non motiva in ordine alla incidenza del cosiddetto fattore concettuale nella valutazione globale dei segni in conflitto.

5. Ritiene il collegio che i motivi, in parte anche sostanzialmente coincidenti, sono comunque tutti connessi da una identita' di ragione logica: essi contestano l'accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, in quanto non motivato ovvero dimentico di specifici principi giuridici.

I motivi pertanto possono essere esaminati insieme.

5.a. Va premesso che la sentenza in esame ha adottato una specifica tecnica di redazione. Essa infatti riporta analiticamente i capisaldi della decisione di primo grado della quale dunque indica oltre ai capi poi impugnati, pur sinteticamente, le ragioni adottate.

Quindi riporta nella sua motivazione larghi brani, s'e' detto, della decisione amministrativa dello Uami riguardanti specifici punti in contestazione, ovvero la astratta comparazione fra i segni, la considerazione delle classi merceologiche rispetto ai quali erano stati rilasciati, (classe numero 25 due abbigliamento),e la comparazione fra i prodotti offerti al mercato dai due imprenditori oggi in lite. La Corte di merito quindi precisa di condividere i passaggi essenziali, per l'appunto riportati testualmente, della predetta decisione Uami, peraltro correlati agli essenziali punti della decisione di primo grado rispetto alla quale, esplicitamente, pure consente.

Quindi dopo tale premessa che e' strutturalmente argomentativa e motivazionale e non solo puramente narrativa, la sentenza di merito esamina i due segni in comparazione.

Va detto che questo collegio ha omesso di prendere in esame i medesimi direttamente, come oggettivamente suggerito dal fatto che essi sono graficamente riportati nel testo della sentenza impugnata. Il collegio, piuttosto, ha fatto riferimento alle parole della sentenza impugnata, ovvero alla sua motivazione. Questa, condividendo e riportando i punti della decisione Uami, rileva l'essenzialita' della parola (OMISSIS) in entrambi i segni, considera irrilevante il fatto che la predetta parola costituisca per uno dei due imprenditori nome patronimico e per altro invece prenome, rileva come i segni abbiano sostanzialmente la stessa lunghezza, che la "&" inclusa nel segno solo della attrice tra le parole (OMISSIS) non e' sufficiente ad differenziarli e che la stessa lettura in lingua italiana ovvero la pronuncia della loro lettura da luogo ad una coincidenza di almeno il 50% delle sillabe costitutive. La Corte di merito rileva che i nomi di persone non rappresentano un concetto vero e proprio cosicche' non e' possibile far riferimento alla categoria della simiglianza o della diversita' concettuale, utile tutte le volte in cui il marchio abbia un nucleo cosiddetto ideologico, individuante per l'appunto uno specifico concetto. Quindi ritiene che la confondibilita' possa essere figlia anche di una situazione nella quale nel concreto ad un tenue grado di somiglianza tra prodotti o servizi si abbia invece un elevato grado di somiglianza tra i marchi, e viceversa.

Ancora il giudice di merito,e sempre sulla scorta della decisione Uami che ancora una volta condivide, individua un'affinita' specifica tra i prodotti di abbigliamento per uomo a quelli per donna nonche' ancora benche' meno forte, tra i prodotti di abbigliamento in generale e le scarpe che dei primi fanno comunque parte, anche in considerazione della circostanza della identita' o della vicinanza dei canali di distribuzione.

2. Il collegio osserva che questa Corte di Cassazione da tempo ha dato luogo ad un orientamento dal quale non vi sono motivi per discostarsi, sulla esperienza della disciplina di cui al Regio Decreto n. 929 del 1942, articolo 1, oggi articolo 20 CPI. L'orientamento suddetto individua uno specifico illecito concorrenziale nel fatto che l'imprenditore determini nel mercato il rischio di confusione adottando per il proprio prodotto un marchio confondibile con quello adoperato da un concorrente per distinguere un prodotto affine. Detta confondibilita' nasce dalla idoneita' del prodotto a soddisfare il medesimo "tipo" di bisogni, cosicche' la clientela, attesa la ontologica vicinanza tra i prodotti offerti al mercato, e' indotta, per somiglianza dei due segni, a confondere i produttori. (Cass. nn 4295 del 1997, 1424 del 2000, 23787 del 2004, 3548 del 2006, quest'ultima anche in termini di espansivita' dell'impresa titolare del, 6720 del 2008, 29775 del 2008).

5.b. Cio' premesso i motivi sono tutti infondati. E' infondato il primo motivo; giacche' il giudice di merito ha accertato che, quanto agli articoli di abbigliamento per i quali i marchi erano stati richiesti al momento della registrazione (per uomo e per donna classe 25), essi sono identici ovvero affini.

E' infondato il secondo motivo, giacche' la corte di merito sui punti predetti ha pienamente motivato anche facendo propria la decisione Uami e condividendone i passaggi riportati.

E' infondato il terzo motivo giacche' la affinita' con riferimento alle scarpe rispetto all'abbigliamento in generale e' stata nella specie, e nel concreto, individuata anche in base alla identita' dei canali di approvvigionamento al mercato, (ancora una volta motivazione Uami riportata e fatta propria dal giudice di Milano).

E' infondato il quarto motivo, giacche': come si e' innanzi riportato il giudice di merito ha distinto i marchi aventi un cuore ideologico (concettuale) tale da consentire la comparazione per l'appunto concettuale, rispetto alla specificita' dei marchi nominativi, quali quelli di cui si tratta.

6. Il ricorso e' infondato e deve essere rigettato.

La ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento di euro 15200,00 di cui euro 15,000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed accessori come per legge.
 

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