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Il giudice di merito può a buon diritto reputare illegittimo l'avviso di accertamento che non tenga conto degli ulteriori elementi, rispetto agli studi di settore, addotti dal contribuente
Pubblicata il 06/01/2010
Sent. n. 10277 del 21 aprile 2008 (ud. del 13 febbraio 2008) della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Papa, Rel. Marigliano
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Sent. n. 10277 del 21 aprile 2008 (ud. del 13 febbraio 2008)
della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Papa, Rel. Marigliano
Processo tributario – Prova - Prova per presunzioni – Consumo di carburante
- Costituisce indizio Preciso e grave
Massima - Il consumo di carburante costituisce un fatto certo e noto da
cui è legittimo dedurre, per presunzione, con accertamento
analitico-sintetico, l’esistenza di un proporzionale giro d’affari secondo
parametri medi elaborati dalla Amministrazione; tuttavia, il giudice di
merito deve tener conto delle spiegazioni addotte dal contribuente (nel caso
di specie vetustà dei veicoli utilizzati e incidenza dei viaggi a vuoto)
Fatto - A seguito di verifica della Guardia di finanza di Castellammare
di Stabia presso la ditta L.R. con la quale era stata appurata la
maggiorazione di una fattura per l’acquisto di pneumatici, l’Ufficio II.DD.
di quella città notificava a D.P., autotrasportatore per conto terzi, un
avviso di accertamento con il quale veniva elevato nei confronti dello
stesso il reddito dichiarato per l’anno 1991 da L. 23.418.000, a L.
127.072.000, contestandogli di non avere risposto al questionario
inviatogli, attribuendogli maggiori ricavi sulla base del consumo di
carburante e della sua incidenza sui profitti di esercizio e costi
indeducibili. Veniva, quindi, richiesta una maggiore imposta I.R.Pe.F. per
L. 39.477.000 con l’applicazione delle conseguenti sanzioni.
Il contribuente adiva la C.T.P. di Napoli, eccependo la violazione del
D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, e, nel merito, che la
ricostruzione dei ricavi non aveva tenuto conto dei viaggi a vuoto e che i
ricavi erano quelli fatturati ai committenti; chiedeva, pertanto,
l’annullamento dell’avviso di accertamento o, in subordine, la limitazione
della rettifica ai soli costi indeducibili con le sanzioni per la sola
infedele dichiarazione.
La C.T.P. rigettava il ricorso. Appellava D.P., denunciando la
violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, per avere l’Ufficio
rettificato il suo reddito d’impresa, applicando il comma 1, e non il 2 e
contestando, nel merito, l’incidenza del costo del carburante non calcolato
nella misura del 40%.
La C.T.R. della Campania accoglieva il gravame e, pur ritenendo
irrilevante la mancata risposta al questionario e legittima l’applicazione
dell’art. 39, comma 2, alla luce della fattura maggiorata, sosteneva che
l’utilizzo delle medie o dei ricavi di settore andavano integrati da dati
certi e significativi, mentre, nella specie, l’Ufficio basandosi sul solo
consumo del carburante aveva fatto applicazione illegittimamente del comma
1, anche perché non era stato espresso l’iter logico seguito per
quantificare l’incidenza della spesa per il consumo del carburante sui
ricavi nella misura del 30%. Conseguentemente accoglieva l’appello proposto,
confermando la rettifica limitatamente al recupero dei costi indeducibili.
Avverso detta decisione il Ministero dell’economia e delle finanze e
l’Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione sulla base di due
motivi. Resiste con controricorso il contribuente.
Diritto - Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 112 per
extrapetizione e art. 99 c.p.c., per avere la C.T.R. annullato l’intera
ricostruzione dei ricavi, pronunciandosi su questione non affrontata in
primo grado, né sollevata in appello, avendo il contribuente con il ricorso
di primo grado richiesto solo la riduzione dei ricavi in nero da calcolarsi
applicando la percentuale di incidenza dei costi al 40%, ritenendo errata
quella del 30% avanzata dall’Ufficio e tenendo conto dei viaggi a vuoto.
Con la seconda censura si denuncia la violazione del D.P.R. n. 600 del
1973, art. 39, comma 1, lett. d), e dell’art. 2727 e ss., e art. 2697 e ss.,
nonché omessa o comunque insufficiente motivazione per avere la C.T.R.
ritenuto che la percentuale di incidenza dei costi vigente nel settore fosse
inidonea a costituire presunzione fornita dei requisiti di legge, mentre le
medie di settore possono essere sempre applicate in presenza di irregolarità
contabili e quando la difformità tra queste e la percentuale dichiarata
raggiunga livelli di abnormità e irragionevolezza tali da privare le
risultanze contabili di ogni attendibilità. Nella specie, sostiene l’A.F.
tale abnormità è sussistente, dato che il contribuente aveva dichiarato
un’incidenza di costi del 62,58% oltre il doppio di quella invocata
dall’Ufficio e corrispondente agli studi di settore, né la parte aveva
fornito in merito adeguata prova contraria.
Il primo motivo è infondato.
Dall’esame degli atti dei gradi pregressi, permesso a questa Corte di
legittimità trattandosi di denuncia di error in procedendo, risulta che sin
dal ricorso introduttivo il contribuente aveva chiesto l’annullamento della
rettifica per difetto di motivazione, contestando i ricavi accertati
dall’Ufficio in via presuntiva sulla base della sola affermazione che il
costo del carburante incidesse nella misura del 30%, senza tenere in alcun
conto dei viaggi a vuoto, della suscettibilità di maggior consumo per i
veicoli di vecchia generazione ed obliterando il fatto che l’art. 39, comma
1, lett. d), consente l’applicazione delle presunzioni solo se gravi,
precise e concordanti e cioè basate su un fatto noto. Conseguentemente non
sussiste il vizio di extrapetizione.
La seconda censura è, invece, da ritenersi fondata, con particolare
riguardo all’insufficiente motivazione. La C.T.R. ha ritenuto irrilevante la
mancata risposta al questionario ed ha anche dubitato sulla mancata
esibizione della documentazione contabile affermando che, in sede di
ispezione della Guardia di finanza, il contribuente aveva fornito sia la
documentazione contabile che le fatture in originale, o mettendo solo la
consegna del questionario; tuttavia, pur ritenendo legittimo il ricorso da
parte dell’Ufficio all’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39,
comma 2, ha contestato lo stesso procedimento di quantificazione del reddito
in via induttiva sulla base del solo consumo del carburante.
Tale motivazione non solo appare del tutto insufficiente ma anche
incongrua e contraddittoria per avere affermato, da una parte, la
legittimità dell’applicazione dell’art. 39, comma 2, che prevede
l’accertamento induttivo in presenza di gravi irregolarità ed omissioni
nella tenuta delle scritture contabili e, dall’altra, contestato l’esistenza
di tali irregolarità e di risultati raggiunti con tale metodo.
Questa Corte ha recentemente affermato, sulla scia di pregressa
giurisprudenza, che: "In tema di rettifica delle dichiarazioni dei redditi
d’impresa, mentre in presenza di irregolarità della contabilità meno gravi,
contemplate dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1,
l’amministrazione può procedere a rettifica analitica, utilizzando gli
stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando, anche per
presunzioni, purché munite dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c.,
l’inesattezza o incompletezza delle scritture medesime, allorquando, invece,
constati un’ inattendibilità globale delle scritture, l’ufficio è
autorizzato, ai sensi del successivo secondo comma, a prescindere da esse ed
a procedere in via induttiva, avvalendosi anche di semplici indizi sforniti
dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva. La circostanza che
le irregolarità contabili siano così gravi e numerose da giustificare un
giudizio di complessiva inattendibilità delle stesse rende, dunque, di per
sé sola legittima l’adozione del metodo induttivo, senza che sui presupposti
per il ricorso ad esso incidano le modalità con cui tale forma di
accertamento viene poi eseguita: l’amministrazione può quindi utilizzare
elementi esterni rispetto alle scritture, ma anche dati da queste emergenti,
nella misura in cui risultino singolarmente affidabili. L’esistenza dei
presupposti per l’applicazione del metodo induttivo non esclude, infatti,
che l’amministrazione possa servirsi, nel corso del medesimo accertamento e
per determinate operazioni, del metodo analitico di cui all’art. 39, comma
1, oppure contemporaneamente di entrambe le metodologie “(cass. civ. sent.
n. 27068 del 2006), per cui sulla base di tale principio deve ritenersi del
tutto legittimo un accertamento eseguito utilizzando ambedue i metodi di
rettifica purché sussistano le relative condizioni previste per legge"
(cass. civ. sent. n. 27068 del 2006).
Nella specie, invece, non appare chiaro dalla motivazione della sentenza
se effettivamente la contabilità del contribuente fosse tale da giustificare
l’applicazione del citato D.P.R. art. 39, comma 2, o se l’unica irregolarità
riscontrata, come sembra dedurre la C.T.R. fosse costituita dalla fattura di
acquisto dei pneumatici illegittimamente maggiorata o, come sostiene l’A.F.,
dalla difformità della percentuale di incidenza del consumo di carburante.
Peraltro, in caso di contabilità regolarmente tenuta, l’accertamento dei
maggiori ricavi d’impresa può essere affidato alla considerazione della
difformità della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto
a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza soltanto se essa
raggiunga livelli di abnormità ed irragionevolezza tali da privare, appunto,
la documentazione contabile di ogni attendibilità. Diversamente, siffatta
difformità rimane sul piano del mero indizio, ove si consideri che gli
indici elaborati per un determinato settore merceologico, pur basati su
criteri statistici, non integrano un fatto noto e certo e non sono idonei,
da soli, ad integrare una prova per presunzioni, come sostiene
l’Amministrazione ricorrente, ma costituiscono presunzioni semplici che
devono essere assistite dai requisiti di cui all’art. 2729 c.c., ed essere
desunte da dati di comune esperienza ed esplicitate attraverso un adeguato
ragionamento, tenuto anche conto delle reali circostanze di fatto; né le
dichiarazioni del contribuente (maggior consumo di carburante per veicoli di
vecchia costruzione e computo anche del consumo per i viaggi a vuoto)
possono essere a priori del tutto disattese, salvo il caso di divergenze
assolutamente abnormi o di risultati palesemente antieconomici o in
contrasto con il senso comune.(cfr., cass. civ. sent., 15534 del
2002 e 5870 del 2003).
Tutto ciò premesso, la Corte, dichiarata assorbita ogni altra censura,
accoglie il secondo motivo di ricorso e, cassata la sentenza impugnata,
rinvia la causa ad altra sezione della C.T.R. della Campania, per un nuovo
esame, alla luce dei principi sopraesposti e perché accerti se sussistano o
meno le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39,
comma 2. La stessa C.T.R. provvederà anche al governo delle spese di questa
fase di legittimità.
P.Q.M. - La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della C.T.R. della
Campania.