In presenza di conti intestati ai soci molto movimentati il Fisco può provare anche con presunzioni il carettere fittizio dell'intestazione

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'utilizzazione dei movimenti dei "conti" intestati ai soci, o nella disponibilita' di questi, ai fini della rettifica del reddito dichiarato dalla societa', implica che l'amministrazione finanziaria provi, anche tramite presunzioni, il carattere fittizio dell'intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilita' all'ente delle posizioni annotate sui conti medesimi" (ex plurimis, Cass. 13819/03; Cass. 8683/02). Trattandosi di presunzioni semplici spetta invece al contribuente fornire la prova liberatoria (nel caso di specie, insussistente). C'e' da aggiungere, per completezza, che in tema di reddito di impresa, il ritrovamento, da parte dell'Amministrazione Finanziaria, di una "contabilita' parallela" (nel caso di specie, quella che emerge dai dati bancari de quibus) a quella tenuta ufficialmente legittima, di per se' e a prescindere dalla sussistenza di qualsiasi altro elemento, la rettifica della dichiarazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, (ex multis, Cass. 11459/01).

Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile, Sentenza del 16 dicembre 2009, n. 26326



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico - Presidente

Dott. MERONE Antonio - Consigliere

Dott. CARLEO Giovanni - Consigliere

Dott. DIDOMENICO Vincenzo - Consigliere

Dott. MARINUCCI Giuseppe - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso la quale in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, domicilia ope legis;

- ricorrente -

contro

societa' RA. ER. S.r.l., con sede in (OMESSO), nella persona del legale rappresentante Ra. Er. , nato ad (OMESSO), rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avv.ti IANNUCCILLI PASQUALE e Giorgio Sagliocco e con loro elettivamente domiciliata, ai fini del presente giudizio, presso lo studio del primo, in Roma, via Carlo Mirabello n. 26;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 51/31/04 pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, Sez. 31, il 21 giugno 2004, depositata il 20 settembre 2004 e non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 21/10/2009 dal Relatore Cons. Dott. Giuseppe Marinucci;

udito, per la ricorrente Agenzia, l'Avv. dello Stato Massimo Santoro, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ABBRITTI Pietro, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 18.01.2002, la societa' in epigrafe, esercente commercio di materiali edili e idrosanitari, impugnava l'avviso di accertamento II.DD. per il 1996, notificatole il 28.12.2001 presso la Casa Comunale in seguito a p.v.c. dell'Ufficio notificato il 21.12.2000, per una maggiore IRPEG di lire 87.565.000 e una maggiore ILOR di lire 38.339.000 oltre sanzioni per lire 125.904.000.

Nel p.v.c. si ravvisava, per gli anni 1997 - 1999, interposizione dei soci Er. e Ra.Gi. nell'attivita' sociale, i cui movimenti avvenivano sui loro conti personali. L'Ufficio, inoltre, riteneva verificata la stessa situazione anche per il 1996, in relazione al conto n. (OMESSO) di Ra. Er. , dato l'elevato importo dei movimenti su di esso.

Quest'ultimo, invitato a giustificare la distinta di prelievi e versamenti, produceva memorie ma non documenti giustificativi e chiedeva l'accertamento con adesione Decreto Legislativo n. 218 del 1997, ex articolo 6; ma, non essendosi addivenuti ad un accordo, l'Ufficio riteneva inattendibile la contabilita' e accertava induttivamente un reddito imponibile di circa 262 milioni.

Nel ricorso, si contestava, inoltre, l'assunto dell'Ufficio sul 1996, (omessa contabilizzazione di ricavi per l'importo di lire 9.388.792.000, corrispondente alla somma dei versamenti e dei prelievi rilevati sul conto corrente n. (OMESSO) intestato al socio amministratore Ra. Er. ) in quanto non fondato sul p.v.c., formatosi senza il contraddittorio richiesto e senza il rispetto dei 60 gg. per controdeduzioni.

Riteneva non provata l'inattendibilita' della propria contabilita' e negava il presupposto dell'accertamento induttivo, dal momento che l'Ufficio non avrebbe mai tentato quello analitico.

L'Ufficio si costituiva in giudizio, presentando controdeduzioni.

La Commissione adita, con la sentenza n. 461/07/2002, accoglieva il ricorso della societa' contribuente, sostenendo che le indagini bancarie possono riguardare conti connessi a quello dell'accertato solo se di tale connessione l'Ufficio dia prova.

Nel caso di specie, l'Ufficio non avrebbe offerto la dimostrazione che le operazioni sul conto del socio erano intercorse con soggetti in relazione commerciale con la societa'.

Valorizzava, inoltre, la negazione dell'interposizione per il 1996.

Avverso tale decisione, l'Ufficio proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, affermando la legittimita' dell'utilizzo di indagini bancarie su conti personali di soci e amministratori in presenza di indizi di evasione e in assenza di giustificazioni dei movimenti, ma la C.T.R., con la sentenza n. 51/31/04, pronunciata il 21 giugno 2004 e depositata il 20 settembre 2004, respingeva l'appello, ritenendo che non fosse stato effettuato il raffronto tra i dati bancari ed il dichiarato, ai fini della verifica della compatibilita' reciproca, trovava ingiustificato l'accertato rispetto al dichiarato e l'indice di redditivita' applicato ai ricavi.

Avverso tale sentenza, l'Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione sorretto da tre motivi.

Resisteva con controricorso l'intimata societa', deducendo l'inammissibilita' del ricorso "nella parte in cui vengono sollevati motivi di gravame che non sono stati ritualmente proposti nel precedente grado di giudizio".

MOTIVI DELLA DECISIONE

In primo luogo si rileva che l'eccezione di inammissibilita' del ricorso si appalesa del tutto vaga e generica e, pertanto, non suscettibile di autonoma disamina dal momento che e' priva di autosufficienza: si eccepisce la proposizione di motivi di censura nuovi senza alcuna precisazione degli stessi.

Le residue difese della societa' resistente saranno scrutinate in sede di disamina dei motivi di impugnazione.

Con il primo motivo, l'Agenzia ha lamentato "violazione dell'articolo 112 c.p.c., per extrapetizione (in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4)".

I secondi giudici avrebbero affermato che l'Ufficio non avrebbe potuto calcolare l'ammontare dei ricavi accertati, sommando le operazioni attive e passive sul conto.

in realta', la societa' contribuente non avrebbe mai contestato tale procedura di calcolo ma, in primo grado, si sarebbe solo genericamente lamentata dell'eccessivita' di quanto accertato.

Con il secondo motivo, l'Agenzia ha denunciato "violazione dell'articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia.

Omessa, o comunque, insufficiente motivazione (in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 4 e 5)".

Anche in ordine all'indice di redditivita' applicato ai ricavi, la valutazione della C.T.R. sarebbe incompleta ed insufficientemente motivata, atteso che l'Ufficio avrebbe eseguito tale calcolo assumendo a parametro attivita' analoghe svolte nello stesso settore e nella stessa localita'.

Inoltre, il giudice, qualora avesse ritenuto eccessiva la percentuale di redditivita' determinata dall'Ufficio, non avrebbe potuto annullare sic et simpliciter l'accertamento, essendo compito del giudice di merito determinare l'imposta dovuta e, quindi, anche, eventualmente, ridefinire la percentuale contestata.

I primi due motivi devono ritenersi inammissibili perche' sprovvisti del requisito dell'autosufficienza.

Il ricorso per cassazione, in virtu' del principio di autosufficienza, deve contenere in se' tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresi', a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita' di far rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (ex plurimis, Cass. 14728/01).

Nel caso di specie, non sussistono detti requisiti di ammissibilita'.

Con il terzo ed ultimo motivo, l'Agenzia ha lamentato "violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 32 e 39. Omessa, o comunque, insufficiente e contraddittoria motivazione (in relazione all'articolo 360, nn. 3 e 5 c.p.c.)".

Ritenendo mancato e necessario il raffronto tra i dati bancari del socio amministratore ed il dichiarato dalla societa', la C.T.R. avrebbe sostanzialmente denegato il potere discrezionale dell'Ufficio di scegliere il modello accertativo ritenuto opportuno, pur in presenza di una norma, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, che porrebbe sullo stesso piano i tipi di accertamento ivi previsti.

L'Amministrazione avrebbe legittimamente ritenuto che, in presenza di ingenti movimenti bancari sul conto personale di un amministratore, i cui unici proventi ufficiali sarebbero dovuti derivare dal lavoro svolto per la societa', in assenza di altre spiegazioni, fosse ragionevolmente presumibile l'inerenza di quei movimenti all'attivita' societaria.

Tale inerenza, tra l'altro, in sede di verifica, sarebbe gia' stata dimostrata per anni diversi, elemento, questo, che parrebbe essere stato riconosciuto dalla stessa Commissione.

Pertanto, gia' in base ad una tale connessione, la scelta di un accertamento induttivo si sarebbe pienamente giustificata, senza alcun bisogno di un raffronto di quei dati bancari individuali con il dichiarato societario dal momento che sarebbe stato sufficiente ed evidente indizio di inattendibilita' della contabilita' aziendale il fatto stesso che operazioni finanziarie di importo molto elevato si svolgessero sul conto del socio amministratore e non su quelli della societa'.

La censura e' manifestamente fondata.

Infatti, sono, principi consolidati della giurisprudenza di questa Corte quelli secondo cui, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, l'utilizzazione dei movimenti dei "conti" intestati ai soci, o nella disponibilita' di questi, ai fini della rettifica del reddito dichiarato dalla societa', implica che l'amministrazione finanziaria provi, anche tramite presunzioni, il carattere fittizio dell'intestazione o, comunque, la sostanziale riferibilita' all'ente delle posizioni annotate sui conti medesimi" (ex plurimis, Cass. 13819/03; Cass. 8683/02).

Trattandosi di presunzioni semplici spetta invece al contribuente fornire la prova liberatoria (nel caso di specie, insussistente).

C'e' da aggiungere, per completezza, che in tema di reddito di impresa, il ritrovamento, da parte dell'Amministrazione Finanziaria, di una "contabilita' parallela" (nel caso di specie, quella che emerge dai dati bancari de quibus) a quella tenuta ufficialmente legittima, di per se' e a prescindere dalla sussistenza di qualsiasi altro elemento, la rettifica della dichiarazione, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, (ex multis, Cass. 11459/01).

E, in tema di accertamento sui redditi, allorquando ricorrano i presupposti sia dell'accertamento analitico che di quello induttivo, l'amministrazione finanziaria puo' legittimamente utilizzare sia l'uno che l'altro metodo (cfr. Cass. 6945/01).

Consegue l'accoglimento del terzo motivo del ricorso, il rigetto dei primi due, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio, anche per le spese, ad altra Sezione della C.T.R. Campania.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della C.T.R. Campania.
 

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