Le targhe professionali di dimensioni contenute beneficiano pertanto della relativa esenzione dall'imposta comunale sulla pubblicità

Le targhe professionali rientrano tra le insegne di esercizio di cui all'art. 17, c. 1-bis, D.Lgs. 507/1993 (comma introdotto dalla L. 448/2001 - Finanziaria 2002) e beneficiano pertanto della relativa esenzione dall'imposta comunale sulla pubblicità (Icp) ove la loro superficie complessiva non sia superiore a 5 metri quadrati (o al limite superiore eventualmente fissato da ciascun Comune). E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile, Sentenza del 16 luglio 2010, n. 16722.

Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile, Sentenza del 16 luglio 2010, n. 16722



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico - Presidente

Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere

Dott. PERSICO Mariaida - Consigliere

Dott. MARIGLIANO Eugenia - Consigliere

Dott. VIRGILIO Biagio - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

TA. Gi. e TA. Mo. , elettivamente domiciliati in (OMESSO), presso lo studio del primo, che rappresenta e difende se' medesimo e la seconda giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

SA. GI. s.p.a. (incorporante la Au. Se. Tr. s.p.a.), elettivamente domiciliata in Roma, via Cicerone n. 28, presso l'avv. DI BENEDETTO PIETRO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 95/50/05, depositata il 23 maggio 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 aprile 2010 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, il quale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gi. e Ta.Mo. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l'appello dei contribuenti, avvocati, e' stata confermata la legittimita' dell'avviso di accertamento emesso nei loro confronti dalla Au. Se. Tr. s.p.a. quale concessionaria per l'accertamento e la riscossione dell'imposta sulla pubblicita' del Comune di (OMESSO) - per imposta sulla pubblicita' dovuta, per l'anno 2002, per l'esposizione della targa recante l'indicazione dello studio professionale.

Il giudice a quo, in particolare, da un lato, ha ritenuto che la targa, adiacente al portone di ingresso e riportante solo i nominativi, l'attivita' esercitata e l'ubicazione dello studio, senza specificazione di altre caratteristiche o peculiarita', fosse comunque assoggettata all'imposta, e, dall'altro, ha negato l'applicabilita' della norma di esenzione di cui al Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 17, comma 1 bis, comma introdotto dalla Legge 28 dicembre 2001, n. 448, articolo 10, comma 1, lettera c).

2. Resiste con controricorso la Sa. Gi. s.p.a., incorporante la Au. Se. Tr. s.p.a., mentre non si e' costituito il Comune di (OMESSO).

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico complesso motivo formulato, i ricorrenti, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, censurano la sentenza impugnata (in modo non del tutto lineare, ma tuttavia sufficiente ad individuare i motivi di doglianza e, quindi, a superare il vaglio della ammissibilita' del ricorso, contestata dalla controricorrente) sostenendo, in generale, la non assoggettabilita' ad imposta sulla pubblicita' delle targhe - come quella oggetto di controversia - recanti unicamente l'indicazione dei nominativi, dell'attivita' professionale e dell'ubicazione dello studio, senza altre specificazioni, poiche' in tali ipotesi mancherebbe la struttura e la finalita' del messaggio pubblicitario; e, comunque, invocando l'applicazione della norma di esenzione sopra indicata, la quale si riferirebbe a qualsiasi insegna finalizzata a contraddistinguere il luogo di svolgimento di un'attivita' di offerta di servizi dietro corrispettivo, secondo l'interpretazione fornita dalla stessa Amministrazione finanziaria, in conformita' alla giurisprudenza della Corte di giustizia.

2.1. Il ricorso e' fondato nei termini appresso specificati.

Questa Corte, in conformita' ad un indirizzo interpretativo gia' espresso in passato con riferimento al previgente Decreto del Presidente della Repubblica n. 639 del 1972, ha recentemente ribadito, in generale, con riguardo alla disciplina di cui al Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, (e con riferimento a fattispecie sottratta, ratione temporis, all'applicabilita' del citato articolo 10 della legge n. 448 del 2001), il principio secondo il quale sono da considerare mezzi pubblicitari, e sono quindi assoggettate al tributo, le targhe e le insegne che rechino dei messaggi pubblicitari tali da sollecitare la domanda di beni e servizi, con la conseguenza che il presupposto d'imponibilita', di cui all'articolo 5, del Decreto Legislativo citato, va ricercato nell'astratta possibilita' che il messaggio, in rapporto all'ubicazione del mezzo, possa avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perche' vengono a trovarsi in un luogo determinato (nella specie e' stata ritenuta soggetta ad imposta la targa indicativa di uno studio di un avvocato esposta in un cortile che, pur privato, era aperto al pubblico) (Cass. n. 22572 del 2008, che richiama Cass. n. 1930 del 1990; cfr., anche, sempre in tema di targhe di studi professionali, Cass. n. 9577 del 1992, e, nella vigenza del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, in generale, Cass. n. 15654 del 2004, secondo la quale qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti - indipendentemente dalla ragione e finalita' della sua adozione - obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti il nome, l'attivita' ed il prodotto di una azienda, e' soggetta ad imposta sulla pubblicita', restando irrilevante che detto mezzo di comunicazione assolva pure una funzione reclamistica o propagandistica).

2.2. La Legge 28 dicembre 2001, n. 448, articolo 10, comma 1, lettera c), ha aggiunto (con effetto dal 1 gennaio 2002) al Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 17, dopo il comma 1, il comma 1 bis, il quale stabilisce, per quanto qui interessa, che "l'imposta non e' dovuta per le insegne di esercizio di attivita' commerciali e produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l'attivita' cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati".

Inoltre, in tema di canone per l'installazione di mezzi pubblici tari, che i comuni, ai sensi del Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 62, possono istituire in sostituzione dell'imposta sulla pubblicita' (e che costituisce una mera variante di quest'ultima e conserva, quindi, la qualifica di tributo propria di essa: Cass., Sez. un., nn. 23195 del 2009 e 11090 del 2010), il Decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, articolo 47, comma 1, che abbia la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell'attivita' economica".

Infine, la Circolare del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento per le politiche fiscali, n. 3 del 3 maggio 2002 ha ritenuto che "devono essere ricomprese tra le fattispecie che godono del beneficio in questione (....) i mezzi pubblicitari esposti dai professionisti (medici, avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri, ecc), che possono rientrare nella definizione di cui al citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, articolo 47, in quanto assolvono al compito di individuare la sede dove si svolge un'attivita' economica".

2.3. Ritiene il Collegio che la tesi esposta dall'Amministrazione nell'anzidetta circolare debba essere condivisa.

E' pur vero che la norma di esenzione in esame, richiamando le "attivita' commerciali" e quelle di "produzione di beni o servizi", sembra riferibile, in senso letterale, alle attivita' esercitate dall'imprenditore e non anche a quelle svolte dal libero professionista.

Tuttavia, deve considerarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, nell'ambito del diritto della concorrenza, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entita' che eserciti un'attivita' economica, a prescindere dallo status giuridico della detta entita' e dalle sue modalita' di finanziamento (cfr., ad es., sentenze 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner e Elser; 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre), e costituisce un'attivita' economica qualsiasi attivita' consistente nell'offrire beni o servizi su un mercato determinato (sentenze 16 giugno 1987, causa 118/85, Commissione/Italia; 18 giugno 1998, causa C-35/96, Commissione/Italia, sugli spedizionieri doganali). Si e', pertanto, in particolare, ritenuto che, "gli avvocati offrono, dietro corrispettivo, servizi di assistenza legale consistenti nella predisposizione di pareri, di contratti o di altri atti, nonche' nella rappresentanza e nella difesa in giudizio. Inoltre, essi assumono i rischi finanziari relativi all'esercizio di tali attivita' poiche', in caso di squilibrio tra le spese e le entrate, l'avvocato deve sopportare direttamente l'onere dei disavanzi." E si e' concluso che gli avvocati "svolgono un'attivita' economica e, pertanto, costituiscono imprese ai sensi degli articoli 85, 86 e 90 del Trattato, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l'esercizio della loro professione e' regolamentato siano tali da modificare questa conclusione" (sentenza 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters).

Ne deriva che, in ossequio ai richiamati principi del diritto comunitario, non e' ammissibile che l'avvocato (e il libero professionista in genere) possa essere soggetto, nella materia de qua, ad un regime fiscale differenziato - e piu' gravoso - rispetto a quello riservato a coloro che svolgono una qualsiasi altra attivita' economica (in regime concorrenziale).

2.4. Va aggiunto che l'anzidetta conclusione e' anche conforme ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame: premesso, infatti, che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale e di questa Corte, anche le norme concernenti agevolazioni e benefici tributari, pur essendo frutto di scelte discrezionali del legislatore, possono essere oggetto di interpretazione estensiva quando cio' sia imposto dalla ratio legis (cfr., da ult., Corte cost. n. 202 del 2003 e Cass. n. 8361 del 2002), non puo' non osservarsi che l'esclusione dall'ambito applicativo della norma de qua delle targhe degli studi professionali (le quali resterebbero assoggettate ad imposta, a meno che non superino la superficie di trecento centimetri quadrati, ai sensi del Decreto Legislativo n. 507 del 1993, articolo 7, comma 2) risulterebbe in contrasto con la finalita', perseguita dalla legge, di sottrarre ad imposizione (entro i previsti limiti dimensionali) le indicazioni aventi lo scopo prevalente (proprio in considerazione delle ridotte dimensioni) di identificare il luogo di esercizio di una attivita' economica, distinguendolo da quelli concorrenti.

3. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con l'accoglimento del ricorso introduttivo dei contribuenti.

4. In considerazione della novita' della questione, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo dei contribuenti. Compensa le spese dell'intero giudizio.

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