Il donante che si sia riservato l'usufrutto ex art. 796 c.c. non può trasmetterlo "mortis causa"

Il donante che si sia riservato l'usufrutto ex art. 796 c.c. non può trasmetterlo "mortis causa", poiché esso si estingue con la morte del titolare a norma dell'art. 979 c.c.; nella diversa ipotesi del legato di usufrutto, il testatore ha la piena proprietà al tempo dell'apertura della successione, sicché può legare l'usufrutto, scindendolo dalla nuda proprietà trasmessa ad altro successore. E' quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20788.

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20788



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi - Presidente

Dott. BURSESE Gaetano Antonio - Consigliere

Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere

Dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere

Dott. ABETE Luigi - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:
 

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 4690/2009 R.G. proposto da:

(OMISSIS) c.f. (OMISSIS), (OMISSIS) c.f. (OMISSIS), (OMISSIS) c.f. (OMISSIS), (OMISSIS) c.f. (OMISSIS) ("eredi universali tutti della defunta (OMISSIS) (...) nonche', i primi due anche eredi necessari, in quanto figli del defunto (OMISSIS), premorto alla madre (OMISSIS)": cosi' ricorso, pag. 1), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS) che li rappresenta e difende in virtu' di procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro

CURATORE del fallimento della " (OMISSIS)" s.n.c. nonche' del fallimento dei soci (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), in persona del Dott. (OMISSIS), rappresentato e difeso in virtu' di procura speciale in calce al controricorso dall'avvocato (OMISSIS) ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS);

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 2819 dei 1/22.10.2008 della corte d'appello di Milano;

Udita la relazione della causa svolta all'udienza pubblica dell'11 giugno 2015 dal Consigliere Dott. Dott. Luigi Abete;

Udito l'avvocato (OMISSIS), per delega dell'avvocato (OMISSIS), per i ricorrenti;

Udito l'avvocato (OMISSIS), per delega dell'avvocato (OMISSIS), per il controricorrente;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 4.12.2003 il curatore del fallimento della " (OMISSIS)" s.n.c. nonche' del fallimento dei soci illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - fallimenti dichiarati dal tribunale di Sondrio con sentenza del (OMISSIS) - citava a comparire innanzi al tribunale di Sondrio (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali "eredi universali della defunta (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 3).

Esponeva che con atto a rogito notar (OMISSIS) in data (OMISSIS) (OMISSIS), comproprietaria con il deceduto coniuge, (OMISSIS), di talune unita' immobiliari in (OMISSIS), aveva donato, riservandosi l'usufrutto, ai figli (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in comune e pro indiviso, la nuda proprieta' della quota di 1/2 delle stesse unita' ad ella spettante; che (OMISSIS) aveva altresi' rinunciato all'eredita' del marito, sicche' la residua quota di 1/2 a costui spettante della piena proprieta' dei medesimi cespiti si era devoluta iute successionis ai figli.

Esponeva inoltre che con lo stesso atto per notar (OMISSIS) i fratelli (OMISSIS) avevano provveduto alla divisione del compendio immobiliare.

Esponeva ancora che (OMISSIS) con testamento olografo del (OMISSIS) aveva nominato "propri eredi universali" (cosi' ricorso, pag. 2) i nipoti (OMISSIS) e (OMISSIS), figli di (OMISSIS), e (OMISSIS) e (OMISSIS), figli di (OMISSIS), e con successiva scheda testamentaria del (OMISSIS) aveva ad un tempo confermato il precedente testamento e disposto legato di usufrutto in favore dei nipoti sulle unita' immobiliari in (OMISSIS), riportate in catasto a fol. 43,part.105; a fol. 43,part.308, sub 1; a fol. 43,part.308, sub 2; a fol. 43,part.308, sub 9; a fol. 43,part.308, sub 7.

Esponeva dunque che pieni proprietari per una meta' e nudi proprietari per la residua meta' delle unita' immobiliari in catasto a fol. 43,part.105, a fol. 43,part.308, sub 1, a fol. 43,part.308, sub 2 ed a fol. 43,part.308, sub 9, erano (OMISSIS), (OMISSIS) - deceduto in data (OMISSIS) - e (OMISSIS); che pieno proprietario per una meta' e nudo proprietario per la residua meta' dell'unita' immobiliare a fol. 43,part.308, sub 7 era (OMISSIS).

Esponeva infine che a seguito del decesso - avvenuto in data (OMISSIS) - di (OMISSIS) il diritto di usufrutto da costei attribuito ai nipoti segnatamente con la scheda testamentaria del (OMISSIS) si era estinto e si era ricostituita la proprieta' integrale per le intere quote dei summenzionati immobili, senz'altro ricompresi per la piena proprieta' delle quote intere nella massa attiva dei fallimenti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Chiedeva che l'adito giudice dichiarasse la nullita' e comunque l'inefficacia nei confronti del fallimento " (OMISSIS)" delle disposizioni testamentarie di (OMISSIS) ed in ogni caso che dichiarasse la nullita' e/o l'inefficacia nei confronti del fallimento " (OMISSIS)" delle disposizioni testamentarie con cui (OMISSIS) aveva conferito ai nipoti l'usufrutto.

Si costituivano (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Instavano per il rigetto dell'avversa domanda; esperivano altresi' domande riconvenzionali.

Nel prosieguo (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano istanza di ricusazione dell'istruttore, dottoressa (OMISSIS); assumevano che costei, con sentenza n. 45/2005, pronunciata in separata causa civile del pari promossa dal curatore del fallimento della " (OMISSIS)" s.n.c., aveva dato atto incidentalmente dell'estinzione dell'usufrutto a seguito della morte di (OMISSIS), in tal guisa anticipando il proprio convincimento nel giudizio in cui erano stati convenuti.

Il tribunale di Sondrio rigettava l'istanza di ricusazione.

Indi, ritenuta la causa matura per la decisione, il g.i. "rinviava all'udienza di p.c. omettendo di precisare che la decisione della causa veniva rimessa al collegio" (cosi' ricorso, pag. 11).

Con sentenza n. 144/2006 il tribunale di Sondrio, "in composizione collegiale, relatore il G.I., dr.ssa (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 14), dava atto e dichiarava che, a seguito e per effetto del decesso di (OMISSIS), l'usufrutto da costei legato ai nipoti sui beni immobili meglio indicati nella scheda testamentaria del (OMISSIS) si era estinto, sicche' si era ricostituita la proprieta' integrale sui medesimi cespiti senza dubbio ricompresi per la quota intera nella massa attiva dei fallimenti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); dava atto e dichiarava conseguentemente la nullita' delle disposizioni di cui al testamento di (OMISSIS) in data (OMISSIS), siccome devolventi ai convenuti l'usufrutto sui beni immobili nella stessa scheda individuati; faceva ordine al competente conservatore dei registri immobiliari di provvedere alla relativa trascrizione; condannava in solido i convenuti a rifondere all'attore le spese di lite.

Interponevano appello (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Resisteva il curatore del fallimento della " (OMISSIS)" s.n.c. nonche' dei fallimenti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).

Con sentenza n. 2819 dei 1/22.10.2008 la corte d'appello di Milano rigettava il gravame e condannava gli appellanti a rimborsare al curatore le spese del grado.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS); ne hanno chiesto sulla scorta di undici, recte dodici motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

II curatore del fallimento della " (OMISSIS)" s.n.c. e dei fallimenti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese del grado di legittimita'.

I ricorrenti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

Parimenti ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c., il curatore controricorrente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, degli articoli50 bis e 50 ter, nonche' degli articoli 101 e 281 octies c.p.c." (cosi' ricorso, pag. 23).

Adducono che "la causa non e' stata assegnata, come espressamente previsto dal (...) articolo 50 bis, e. 1, punto 6, al Tribunale in composizione collegiale, bensi' (...) al Tribunale di Sondrio, in composizione monocratica di cui all'articolo 50 ter, al G.I. (ricusato)" (cosi' ricorso, pag. 24); che il g.i., "ritenendo matura la causa per la decisione, rinviava le parti all'udienza di p.c., omettendo, tuttavia, di precisare alle medesime che la decisione della causa veniva rimessa al collegio" (cosi' ricorso, pag. 24); che pertanto il g.i. "e' incorso nella violazione del principio del contraddittorio (...) per non aver messo le parti avanti il collegio, a cui ha demandato la sola stesura della sentenza" (cosi' ricorso, pag. 25); che la corte d'appello, "in ordine a tali eccezioni, rilevabili anche d'ufficio, non si e' pronunciata" (cosi' ricorso, pag. 24); che i vizi al riguardo denunciati "determinano nullita' assoluta della sentenza n. 144/06 del Tribunale di Sondrio, con conseguente nullita' della sentenza n. 2819/08 della Corte d'Appello di Milano" (cosi' ricorso, pag. 25).

Il motivo e' destituito di fondamento.

Questa Corte spiega che l'omissione dell'invito alla precisazione delle conclusioni integra una semplice irregolarita', che non invalida l'ulteriore fase del giudizio, poiche' tale invito non e' prescritto a pena di nullita' e la sua mancanza non importa una lesione del principio del contraddittorio (cfr. Cass. 11.12.202, n. 22618).

Analogamente la circostanza per cui il giudice istruttore non abbia espressamente rappresentato alle parti che la decisione della controversia, indiscutibilmente ricompresa ex articolo 50 bis c.p.c., comma 1, n. 6), nella potestas iudicandi del tribunale in composizione collegiale, fosse da rimettere, appunto, al collegio, integra al piu' una mera irregolarita'.

Cio' che riveste valenza, siccome rappresenta il controricorrente (cfr. controricorso, pag. 15), e' che la decisione e' stata assunta in prime cure dal tribunale di Sondrio in composizione collegiale.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, dell'articolo 52 c.p.c., comma 1, punto 5, in ordine alla istanza di ricusazione del Giudice Dr.ssa (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 26).

Premettono che il tribunale di Sondrio aveva rigettato l'istanza di ricusazione del giudice istruttore, dottoressa (OMISSIS), istanza ancorata al rilievo per cui il medesimo g.i. aveva in separato giudizio, definito con sentenza n. 45/2005, anticipato il proprio convincimento in ordine all'estinzione, a seguito della morte di (OMISSIS), dell'usufrutto a costei spettante; che la corte di appello, a sua volta, investita in via preliminare del riesame dell'istanza, ne ha erroneamente confermata la reiezione.

Indi adducono che, contrariamente all'assunto della corte distrettuale, il giudizio deciso con la sentenza n. 45/2005 ed intrapreso dal curatore dei fallimenti personali di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), onde conseguire l'annullamento del contratto di locazione concernente gli stessi immobili oggetto della presente controversia, siglato in data 11.11.2002 da (OMISSIS) e dalla " (OMISSIS)" s.r.l., aveva, in dipendenza della pregiudiziale posta dalla " (OMISSIS)" "di carenza di legittimazione attiva del curatore dei fallimenti essendo subentrati alla de cuius (...) gli (...) odierni ricorrenti" (cosi' ricorso, pag. 28), col presente giudizio "identita' di soggetti (eredi/legatari testamentari) e identita' di oggetto (usufrutto sugli immobili per cui e' causa)" (cosi' ricorso, pag. 29); che, del resto, i giudici dapprima investiti dell'appello avverso la sentenza n. 144/2006 del tribunale di Sondrio hanno chiesto ed ottenuto autorizzazione ad astenersi, avendo "pronunciato (...) sentenza n. 843/06 (...) contenente anch'essa enunciazioni di diritto in ordine al consolidamento con la nuda proprieta' dell'usufrutto di (OMISSIS) sugli immobili per cui e' causa" (cosi' ricorso, pag. 29).

Il motivo non merita seguito.

Si premette che la corte distrettuale sul punto ha opinato nel senso che "la sentenza cui gli appellanti fanno riferimento (n. 45/2005) si riferisce a una causa con oggetto diverso (contratto di locazione e non accertamento della nullita' dell'usufrutto)" (cosi' sentenza d'appello, pag. 7) ed, ancora, nel senso che "la circostanza che il giudice abbia trattato incidentalmente della questione di diritto in altro giudizio non costituisce ipotesi di ricusazione sussumibile sub articolo 51 c.p.c., comma 1, n. 4" (cosi' sentenza d'appello, pag. 7).

Ebbene questa Corte non puo' che condividere tal ultima argomentazione, che, ex se, vale a supportare la reiezione del motivo in disamina.

Questo Giudice del diritto difatti ha chiarito che l'obbligo del giudice di astenersi, previsto dall'articolo 51 c.p.c., comma 1, n. 4), si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo e non anche ai casi in cui lo stesso abbia trattato di una causa diversa vertente su un oggetto analogo, ancorche' tra le stesse parti, ne' in tale ipotesi sussistono gravi ragioni di convenienza rilevanti come motivo di ricusazione (cfr. Cass. (ord.) 10.2,2015, n. 2593; Cass. sez, lav. 23.2.2006, n. 4024, secondo cui l'obbligo del giudice di astenersi, previsto dall'ari. 51 c.p.c., comma 1, n. 4), si riferisce ai casi in cui egli abbia conosciuto della causa in altro grado del processo, e non anche ai casi in cui abbia avuto conoscenza, come magistrato, di una causa diversa che verta su un oggetto analogo e che comporti la risoluzione di una medesima problematica).

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, del Regio Decreto n. 267 del 1942, articoli 25, 31, 35, 42, 43 e 148 (Legge Fallimentare) in relazione all'attribuzione di valenza giuridica al soggetto Fallimento (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 33).

Adducono che la sentenza impugnata "costituisce provvedimento abnorme sia nel punto in cui il Fallimento (OMISSIS) viene definito soggetto giuridico dotato di soggettivita' giuridica propria (...), sia nel punto in cui viene affermato che gli articoli 31 e 42, costituiscono riprova della esistenza del soggetto giuridico Fallimento nel nostro ordinamento" (cosi' ricorso, pag. 33).

Adducono che la sentenza impugnata e' viepiu' abnorme, giacche' la corte di merito ha confermato la statuizione di prime cure, che, a sua volta, aveva accolto la domanda del curatore finalizzata a conseguire l'accertamento e la declaratoria della "piena proprieta' degli immobili in capo al soggetto fallimento (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 35); che, dunque, in base alla sentenza n. 144/2006 del tribunale di Sondrio, confermata dalla corte d'appello di Milano, "il Fallimento (OMISSIS) (...) e' (...) divenuto pieno proprietario degli immobili di cui erano comproprietari (...) (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 36).

Adducono che, viceversa, "i beni immobili oggetto di legato di usufrutto, ancorche' amministrati dal curatore, (...) sono e restano di proprieta' di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 36), sicche' "il fallimento (OMISSIS)" "non puo', ne' potra' mai godere di alcun diritto reale di godimento sugli immobili" (cosi' ricorso, pag. 36); che in questo contesto "la trascrizione ordinata dal Tribunale di Sondrio (...), confermata dalla Corte d'Appello, e' inattuabile" (cosi' ricorso, pag. 37).

Con il quarto motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, del Regio Decreto n. 267 del 1942, articoli 25, 31, 35 e 43 (Legge Fallimentare) e articolo 533 c.c." (cosi' ricorso, pag. 39).

Adducono che "hanno eccepito (...) la carenza di legittimazione attiva del curatore del Fallimento (OMISSIS) a impugnare il testamento di (OMISSIS) e la preclusione del medesimo a invadere la sfera giuridica dei suoi eredi universali, soggetti tutti estranei alle vicende fallimentari" (cosi' ricorso, pag. 39); che "l'impugnativa delle disposizioni testamentarie esula sia dai poteri del curatore di ordinaria amministrazione, di cui alla L.F., articolo 31, sia da quelli integrativi indicati nell'elenco tassativo di cui alla L.F., articolo 35" (cosi' ricorso, pag, 39); che d'altronde "il testamento puo' essere impugnato solo dagli eredi necessari e solamente in caso di lesione di legittima" (cosi' ricorso, pagg. 40 - 41); che, al contempo, hanno eccepito che il curatore era "carente di interesse a impugnare le disposizioni testamentarie di (OMISSIS), non rivestendo il Fallimento (OMISSIS) qualifica di erede e, in ogni caso, non avendo il curatore agito ne' in surroga, ne' in nome e per conto dei figli falliti, legittimari della de cuius, per la riduzione delle disposizioni testamentarie, ne' in surroga, ne' in nome e per conto dei nudi proprietari degli immobili gravati di usufrutto" (cosi' ricorso, pag. 42); che, in particolare, "il curatore, nell'odierna causa, non ha agito in nome e per conto dei falliti nella loro qualita' di eredi di (OMISSIS) (...), bensi' ha agito in nome e per conto di soggetto estraneo alle vicende successorie, il fallimento (OMISSIS), per l'appunto" (cosi' ricorso, pagg. 45 - 46); che comunque, pur ad opinare per l'applicabilita' della L.F., articolo 35, l'iniziativa del curatore non e' sorretta dall'autorizzazione del tribunale L.F., ex articolo 35, comma 2.

Con il quinto motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, del Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 25 (Legge Fallimentare)" (cosi' ricorso, pag. 47).

Adducono che esorbita dai poteri del curatore "l'instaurazione del giudizio finalizzato alla declaratoria di nullita' di legato (...), motivo per cui il curatore ha agito in carenza di legittimazione attiva, a cui non sopperiscono i decreti autorizzativi del G.D., ritenuti sufficienti dalla Corte d'Appello di Milano" (cosi' ricorso, pag. 47).

Il terzo, il quarto ed il quinto motivo sono strettamente connessi.

Il che ne giustifica la contestuale disamina.

Gli stessi motivi, in ogni modo, sono immeritevoli di qualsivoglia seguito.

Non si nega che, a rigore, non puo' essere recepita l'affermazione, che si rinviene nel corpo della motivazione della statuizione impugnata, a tenor della quale "il Fallimento (OMISSIS), inteso quale Fallimento (OMISSIS) s.n.c. e dei relativi soci in proprio e' un soggetto giuridico, dotato di soggettivita' propria come desumibile dalla L.F., articolo 25" (cosi' sentenza d'appello, pag. 7).

Invero, pur all'esito della recente opera novellatrice l'intitolazione - "Degli organi preposti al fallimento" - del capo 2 del titolo 2 del Regio Decreto n. 267 del 1942, non vale a giustificare - cosi' come non giustificava nel sistema previgente - l'opzione ricostruttiva per cui il fallimento e' da intendere alla stregua di una persona giuridica e, quindi, l'opzione per cui il rapporto tra la procedura ed i suoi organi sarebbe da risolvere in una vera e propria immedesimazione, nei termini in cui viene solitamente concepita la relazione tra gli enti, pubblici o privati, e le persone fisiche deputate alla formazione ed alla manifestazione della loro volonta' (del resto la relazione del Guardasigilli alRegio Decreto n. 267 del 1942 (par. 7) puntualizzava che "il fallimento non e' un ente alla cui amministrazione si provvede secondo le norme della legge e per mezzo delle persone da queste designate, ma un processo che richiede organi speciali in confronto a quelli del procedimento ordinario").

E parimenti e' innegabile che la sentenza L.F., ex articolo 16, non priva l'imprenditore insolvente della titolarita' giuridica dei beni compresi nel fallimento, giacche' determina, ai sensi della L.F., articolo 42, quale effetto principe nei confronti, appunto, del fallito e, ovviamente, dei soci illimitatamente responsabili dichiarati falliti ai sensi della L.F., articolo 147, esclusivamente il risultato comunemente indicato come "spossessamento", ovvero il risultato della devoluzione - all'esito della "riforma" senza dubbio - all'organo di gestione, cioe' al curatore, del potere di disporre ed amministrare i beni di spettanza del soggetto, dei soggetti falliti (cfr., in relazione al sistema previgente, Cass. 23.4.1993, n. 4776, secondo cui la privazione della disponibilita' dei beni disposta dalla L.F., articolo 42, importa solo il venir meno del potere di disporre ed amministrare del fallito, che passa al curatore del fallimento).

Nondimeno e' indubitabile che la potestas gerendi dell'ufficio fallimentare, allo stato del curatore, involge non gia' unicamente le situazioni sostanziali ricomprese nel patrimonio staggito, ma si proietta e si espande pur al diritto soggettivo "di agire in giudizio al fine di tutelare il patrimonio attivo del fallimento da eventuali aggressioni o depauperamenti" (cosi' sentenza d'appello, pag. 8) ovvero ingloba anche - per quel che rileva in questa sede - la legittimazione ad esercitare, alla stregua dell'ampia dizione che figura nel testo della L.F., articolo 104 ter, comma 2, lettera c), "le azioni recuperatorie", ben vero nei limiti dei rimedi che l'ordinamento gia' offriva al soggetto fallito (cfr., in relazione al sistema previgente, Cass. 23.4.1993, n. 4776, secondo cui lo spossessamento non puo' riguardare il terzo che, prima della dichiarazione di fallimento, abbia cominciato ad esercitare su taluno dei beni un potere di fatto corrispondente all'esercizio della proprieta' o altro diritto reale, nel qua caso occorre che il curatore esperisca i rimedi offerti dalla legge per porre fine al possesso altrui e per recuperare il bene alla effettiva disponibilita' degli organi fallimentari).

Su tale scorta e' inconfutabile che il curatore dei fallimenti personali di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ha chiesto "al Tribunale di Sondrio di accertare e dichiarare mille e comunque in ogni caso inefficaci nei confronti del Fallimento (OMISSIS) le disposizioni testamentarie di (OMISSIS), e comunque dichiarare la nullita' e/o inefficacia delle disposizioni che conferiscono l'usufrutto ai nipoti" (cosi ricorso, pagg. 3 - 4; "l'attore chiedeva addirittura di accertare e dichiarare che, per effetto del decesso di (OMISSIS), il diritto di usufrutto si era estinto e che la piena proprieta' degli immobili oggetto di legato (...) e' divenuta di pertinenza/proprieta' esclusiva del fallimento (OMISSIS)": cosi' ricorso, pag. 42).

In questi termini e' ben evidente che il curatore dei fallimenti personali di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) - titolare ope legis del potere di gestire e disporre dei beni dei soci falliti ricompresi nella massa attiva dei rispettivi fallimenti - nel segno della previsione dell'articolo 979 c.c. ("la durata dell'usufrutto non puo' eccedere la vita dell'usufruttuario") ha legittimamente esperito iniziativa volta alla declaratoria (recte: all'accertamento) di inefficacia delle disposizioni testamentarie di (OMISSIS), in quanto, appunto, comportanti la devoluzione ai nipoti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) di una posizione sostanziale - il diritto reale di usufrutto - insuscettibile - siccome ulteriormente nel prosieguo si specifichera' - di sopravvivere al decesso della testatrice/usufruttuaria ed inesorabilmente destinata, percio', alla morte di costei, a consolidarsi con la nuda proprieta' gia' di spettanza - pro quota - sui medesimi cespiti - oggetto dei diritti reali parziari - dei soci illimitatamente responsabili falliti in proprio.

In questi termini e' ben evidente inoltre che il curatore dei fallimenti personali di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), sulla piattaforma della invocata dichiarazione di nullita' ovvero di inefficacia, ha legittimamente esperito iniziativa volta - iure proprietatis - al recupero della materiale disponibilita' dei cespiti gia' oggetto dell'usufrutto pro quota di (OMISSIS).

In questi termini e' ben evidente ancora che meramente suggestiva e' la prospettazione dei ricorrenti secondo cui "il vizio insanabile dell'avvenuta impugnazione del testamento da parte di soggetto inesistente che viene fatto valere (...) anche in questo grado di giudizio, puo' essere rilevato d'ufficio anche dal giudice (...) e non e' soggetto a prescrizione (...)" (cosi' ricorso, pag. 37).

In questi termini e' ben evidente infine che del tutto ingiustificate sono le affermazioni dei ricorrenti secondo cui il curatore e' privo di legittimazione attiva ad impugnare il testamento di (OMISSIS) e "a invadere la sfera giuridica dei suoi eredi universali, soggetti tutti estranei alle vicende fallimentari" (cosi' ricorso, pag. 39) nonche' le affermazioni aggiuntive alle precedenti meramente consequenziali ("il potere del curatore, in materia di successioni, (...) e' circoscritto alla accettazione di eredita' in nome e per conto dei falliti": cosi' ricorso, pag. 40; "unici soggetti interessati e legittimati a chiedere la riunione dell'usufrutto con la nuda proprieta' sono i nudi proprietari, che nel caso di specie sono pure (...) legittimar' pretermessi dal testamento": cosi' ricorso, pag. 44).

D'altro canto, la dizione omnicomprensiva "il curatore del Fallimento (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 35), merce' la quale il Dott. (OMISSIS) ha speso la sua qualitas e nella quale "sono stati fusi i fallimenti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e persino il fallimento della Societa' (OMISSIS) s.n.c." (cosi' ricorso, pag. 35), non e' da reputar in alcun modo suscettibile di censura.

Vero e' che questa Corte spiega che i fallimenti della societa' e dei soci illimitatamente responsabili, nonostante l'unicita' della sentenza dichiarativa e degli organi delle procedure, costituiscono centri diversi di imputazione giuridica degli effetti di tale sentenza, in quanto la L.F., articoli 147 e 148, stabiliscono una distinzione tra i patrimoni della societa' e dei soci, tra gli stati passivi e le masse riferibili alla prima ed ai secondi; sicche' il curatore e' legittimato a stare in giudizio quale organo del fallimento sociale o di ciascuno dei soci, a seconda della riferibilita' della controversia all'uno o agli altri e, qualora proponga azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto un atto compiuto da un socio, in proprio, egli deve agire in qualita' di organo del fallimento del socio, dunque con esplicito riferimento al fallimento di quest'ultimo (cfr. Cass. 1.3.2005, n. 4284; nella specie di cui alla teste' menzionata pronuncia, questa Corte, sulla base di una interpretazione dell'atto di citazione, ha ritenuto che l'atto stesso era stato univocamente posto in essere dal curatore quale organo del fallimento personale del socio).

Cio' nonostante, nel caso di specie la sintetica qualitas "il curatore del Fallimento (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 35) spesa dal Dott. (OMISSIS) era - ed e' - tale da indurre a reputar univocamente che l'azione fosse - e sia - stata intrapresa dall'organo di gestione in veste di curatore dei fallimenti personali dei soci illimitatamente responsabili.

Conseguentemente e contrariamente a quanto assumono i ricorrenti - secondo cui la corte d'appello, "nel riconoscere l'unicita' e la soggettivita' giuridica propria del Fallimento (OMISSIS) e', altresi', incorsa nella violazione della L.F., articolo 148, che fa obbligo di tenere distinte sia le diverse procedure (...) che il patrimonio della societa' e quello dei singoli soci" (cosi' ricorso, pag. 36) - il dictum di seconde cure, integralmente confermativo della prima statuizione, non puo' che riflettere la qualitas di curatore dei fallimenti personali dei soci illimitatamente responsabili sostanzialmente spesa dal Dott. (OMISSIS) e, pertanto, non puo' che in tal guisa essere inteso.

Da ultimo si rimarca che il concreto esercizio da parte del curatore della potestas agendi, del diritto d'azione eventualmente gia' spettante al fallito e, quindi, la costituzione in giudizio dell'organo di amministrazione del fallimento abbisognano - siccome in precedenza abbisognavano - unicamente dell'autorizzazione L.F., ex articolo 31, del giudice delegato, autorizzazione la cui sussistenza non e' stata disconosciuta e la cui presenza correttamente e' stata considerata sufficiente dalla corte milanese (cfr. sentenza d'appello, pag. 9).

Con il sesto motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, del Regio Decreto n. 267 del 1942, articolo 12 (Legge Fallimentare)" (cosi' ricorso, pag. 50).

Premettono, in ordine alla dedotta carenza di legittimazione attiva del fallimento di (OMISSIS), premorto alla madre, (OMISSIS), che la corte di merito ha opinato nel senso che "con la dichiarazione di Fallimento la nuda proprieta' dello stesso e' entrata a far parte del patrimonio del Fallimento, con conseguente legittimazione del curatore alla proposizione della domanda (...) diretta alla declaratoria di piena proprieta' degli immobili ereditari" (cosi' sentenza d'appello, pag. 9).

Indi adducono che, nel caso di specie, "la procedura, ai sensi della L.F., articolo 12, comma 3, avrebbe dovuto proseguire nei confronti del curatore dell'eredita' giacente nominato o da nominarsi ai sensi dell'articolo 528 c.c., avendo gli eredi necessari di (OMISSIS) rinunciato all'eredita'" (cosi' ricorso, pagg. 50 - 51); che " (OMISSIS), premorto alla madre, nudo proprietario degli immobili non puo' diventare pieno proprietario dei medesimi dopo la sua morte" (cosi' ricorso, pag. 51).

Il motivo e' destituito di fondamento.

Si rappresenta che il fallimento di (OMISSIS) e' stato dichiarato in data (OMISSIS) (cfr. ricorso, pag. 79).

Si rappresenta che (OMISSIS), premorto alla madre, e' deceduto in data (OMISSIS) (cfr. ricorso, pag. 5).

E' indubitabile che sin dal di' della dichiarazione di fallimento di (OMISSIS) alla massa attiva della sua procedura concorsuale fu acquisita la quota - parte a costui attribuita in sede di divisione a rogito notar (OMISSIS) del (OMISSIS) della quota ideale di 14 della piena proprieta' degli immobili in (OMISSIS) (fol. 43,part.105; fol. 43,part.308, sub 1; fol. 43,part.308, sub 2; fol. 43, part. 308, sub 9), quota di 1/2 (della piena proprieta') gia' di pertinenza del padre - (OMISSIS) - ed al medesimo (OMISSIS) derivata, appunto, pro quota per successione mortis causa al genitore.

E' indubitabile inoltre che sin dal di' della dichiarazione di fallimento di (OMISSIS) alla massa attiva della sua procedura concorsuale fu acquisita la quota - parte a costui attribuita in sede di divisione a rogito notar (OMISSIS) del (OMISSIS) della quota ideale di 1/2 della nuda proprieta' degli immobili in (OMISSIS) (fol. 43,part.105; fol. 43,part.308, sub 1; fol. 43,part.308, sub 2; fol. 43,part.308, sub 9), quota di 1/2 (della nuda proprieta') gia' di pertinenza della madre - (OMISSIS) - ed al medesimo (OMISSIS) pervenuta pro quota per donazione con riserva di usufrutto della genitrice con atto a rogito dello stesso notar (OMISSIS) del (OMISSIS).

In questo quadro si puntualizza, per un verso, nel segno del disposto della L.F., articolo 12 (disposizione rimasta inalterata all'esito della "riforma" fallimentare), che la morte del fallito in costanza di fallimento non e' atta a determinare l'interruzione della procedura, ma vale unicamente a configurare la necessita', di natura rigorosamente formale, correlata all'esigenza che il contraddittorio abbia comunque un referente soggettivo in luogo dell'imprenditore insolvente deceduto, che il fallimento prosegua nei confronti degli eredi di costui ovvero, in ipotesi di mancata accettazione dell'eredita' da parte del chiamato, da parte dei chiamati, del nominando curatore dell'eredita' (giacente).

In questo quadro si puntualizza, per altro verso, che il decesso del nudo proprietario nel corso del suo fallimento, ancorche' antecedente al decesso dell'usufruttuario, egualmente verificatosi in pendenza del fallimento del nudo proprietario, per nulla preclude agli organi della procedura concorsuale di quest'ultimo di attivarsi, a seguito della morte dell'usufruttuario, ai fini del recupero della disponibilita' in piena proprieta' dei cespiti gia' acquisiti per la nuda proprieta' alla massa attiva concorsuale e gia' gravati dall'usufrutto, in dipendenza dell'automatica riespansione della proprieta' a motivo dell'estinzione del diritto reale parziario con la comprimeva.

Con il settimo motivo i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, delle norme che regolano le successioni necessarie e testamentarie (articoli 556, 551, 736 e 737 c.c.)" (cosi' ricorso, pag. 51).

Adducono che avevano chiesto in via subordinata, in ipotesi di accoglimento delle avverse domande, "l'accertamento dell'asse ereditario di (OMISSIS), e la condanna degli attori al pagamento del passivo ereditario per la parte risultante in esubero rispetto all'attivo ereditario" (cosi' ricorso, pag. 53); altresi', che avevano chiesto in via riconvenzionale "al Tribunale di Sondrio e riproposto in appello di dichiarare l'entita' della quota dell'asse ereditario di (OMISSIS) spettante agli eredi necessari (OMISSIS) e (OMISSIS) e l'entita' della quota disponibile spettante a tutti gli eredi" (cosi' ricorso, pag. 53).

Adducono che, al riguardo, la corte d'appello di Milano ha opinato nel senso che "tali questioni esulano dall'oggetto del giudizio che non comprende ne' l'accertamento, ne' la divisione del patrimonio ereditario, non essendo state formulate domande al riguardo, ne' possono essere esaminate quali eccezioni, non avendo, comunque, l'effetto di determinare il rigetto della domanda degli appellanti" (cosi' sentenza d'appello, pag. 10).

Adducono segnatamente che "il legato di usufrutto costituito a favore di (OMISSIS) e (OMISSIS) eredi necessari di (OMISSIS), figli di (OMISSIS), premorto alla madre" (cosi' ricorso, pag. 52), soggiace alla disciplina di cui agli articoli 551, 556, 736 e 737 c.c.; che la declaratoria di nullita' del legato di usufrutto "ha comportato lesione di legittima per gli eredi necessari di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) (...), motivo per cui (...) la massa ereditaria deve essere determinata ai sensi dell'articolo 556 c.c., ai fini della determinazione della quota disponibile, e dell'accertamento della legittima, con obbligo, in caso di lesione della medesima, dei donatari degli immobili di retrocedere parte di essi o l'equivalente in denaro" (cosi' ricorso, pagg. 54 - 55); che "e' innegabile la pertinenza delle questioni sollevate (...) con l'oggetto della causa" (cosi' ricorso, pag. 55); che "inoltre quanto asserisce la Corte d'Appello in ordine alla mancata formulazione delle domande inerenti l'accertamento del patrimonio ereditario (...), non e' veritiero, come si evince dalla precisazione conclusioni" (cosi' ricorso, pag. 55); che "le conclusioni precisate (...) sia avanti il Tribunale di Sondrio che avanti la Corte d'Appello dimostrano che le questioni inerenti le norme in materia di successioni legittime e testamentarie sono state oggetto di doglianze da parte dei convenuti" (cosi' ricorso, pagg. 58 - 59); che "e' irrilevante che il fallimento (OMISSIS) abbia circoscritto la propria pretesa alla parte di testamento inerente il legato di usufrutto, in quanto il Giudice di merito ha l'obbligo di pronunciarsi sulle domande dei convenuti" (cosi' ricorso, pag. 59); che " (OMISSIS) con il testamento, composto di due schede olografe, impugnato dal fallimento (OMISSIS) aveva nominato propri eredi universali i nipoti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), disponendo a loro favore di legato di usufrutto" (cosi' ricorso, pagg. 59 - 60); che "la nomina a eredi universali e' riportata su entrambe le schede testamentarie, ivi compresa quella in cui la de cuius ha disposto del legato di usufrutto reclamato dal fallimento attore" (cosi' ricorso, pag. 60); che, d'altronde, contrariamente a quanto affermato dalla corte distrettuale, "il testamento avrebbe dovuto essere impugnato nella sua interezza e non nella sola parte in cui la de cuius ha disposto del legato di usufrutto" (cosi' ricorso, pag. 60); che invero "le disposizioni testamentarie sono inscindibili, in quanto la nullita' della disposizione inerente il legato di usufrutto (...), si ripercuote negativamente sull'intero testamento" (cosi' ricorso, pag. 60).

Con l'ottavo motivo (erroneamente indicalo come settimo) i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, punto 3, degli articoli 796, 649, 698, 979, e 550 c.c." (cosi' ricorso, pag. 64).

Adducono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte di merito, "il fatto che nell'atto di donazione la signora (OMISSIS) si sia riservata l'usufrutto dei beni donati per tutta la durata della vita non preclude di disporre del medesimo per testamento" (cosi' ricorso, pag. 64); che "la durata della vita dell'usufruttuario costituisce, infatti, la misura temporale del diritto reale riservato con l'atto di donazione ma e' al termine della vita che tale diritto diventa operante nei confronti dei soggetti beneficiari del testamento" (cosi' ricorso, pag. 64); che "il legato di usufrutto e' trasmissibile per testamento per effetto del combinato disposto degli articoli 796 e 649 e 698 c.c." (cosi' ricorso, pag. 65); che "se l'articolo 796 c.c., dovesse trovare applicazione nei termini indicati dalla Corte d'Appello, ci si troverebbe di fronte a una norma incostituzionale, con la quale il donante che si e' riservato l'usufrutto verrebbe discriminato rispetto al testatore che intende costituire legato di usufrutto successivo ex articolo 649 c.c." (cosi' ricorso, pag. 66); che, invece, "il donante che ha riservato per se' l'usufrutto ex articolo 796 c.c., al pari del testatore che intende disporre legato di usufrutto ex articolo 649 c.c., puo' costituire il legato di usufrutto per testamento" (cosi' ricorso, pag. 66); che "il donante che ha riservato per se' l'usufrutto, del resto, al pari del testatore, non puo' (ne' deve) essere condizionato dalla donazione della nuda proprieta', in quanto dalla data di quest'ultima (...) alla data della morte (...), possono intervenire cambiamenti significativi" (cosi' ricorso, pag. 67); che " (OMISSIS), con atto di donazione in data (OMISSIS), ha disposto a favore dei figli della nuda proprieta' che l'hanno accettata (null'altro), mentre dell'usufrutto ha disposto con testamento: ne' piu' ne' meno di quello che accade in forza dell'articolo 649 c.c., quando il testatore stabilisce di costituire legato di usufrutto a persona diversa da chi ha la titolarita' della nuda proprieta'" (cosi' ricorso, pag. 69).

Con il nono motivo (erroneamente indicato come ottavo) i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360, comma 1, punto 3, degli articoli 551, 536 e 737 c.c." (cosi' ricorso, pag. 71).

Adducono che "e' illegittima la promozione di causa di impugnazione testamento con richiesta di annullamento della sola parte di esso in cui viene disposto il legato di usufrutto senza consentire agli eredi testamentari, di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) anche eredi necessari, di ricostituire, in via subordinata all'accoglimento della domanda attrice, la massa ereditaria ai sensi dell'articolo 556 c.c." (cosi' ricorso, pag. 71); che "l'impugnativa del testamento deve, infatti, avvenire avendo riguardo a tutte le disposizioni in esso contenute e all'atto dell'impugnazione debbono essere rimesse in gioco tutte le donazioni (...) disposte in vita dal defunto" (cosi' ricorso, pag. 71); che " (OMISSIS) e (OMISSIS) sono eredi necessari di (OMISSIS) e, in quanto tali, hanno diritto alla conservazione della legittima, condizione questa venuta a mancare per essere stati privati del diritto di usufrutto disposto per testamento, circostanza questa che legittima i medesimi ad accertare l'usufrutto in sostituzione di legittima o a esperire azione di riduzione delle donazioni degli immobili di cui hanno beneficiato i figli falliti di (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 71); che le domande al riguardo sono state regolarmente introdotte, "come risulta dalle conclusioni precisate in primo grado e riproposte in appello" (cosi' ricorso, pag. 72).

Il settimo ed il nono motivo (erroneamente indicato come ottavo) sono strettamente connessi.

Il che ne suggerisce l'esame congiunto.

I motivi de quibus comunque non meritano seguito.

Si rappresenta, innanzitutto, che, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all'articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6), (al riguardo cfr. Cass. 20.1.2006, n. 1113, secondo cui il ricorso per cassazione - in forza del principio di cosiddetta "autosufficienza" - deve contenere in se' tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresi', a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessita' di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito), ben avrebbero dovuto i ricorrenti riprodurre nel corpo del ricorso piu' o meno pedissequamente il testamento olografo di (OMISSIS) in data (OMISSIS) ed il testamento olografo integrativo della stessa (OMISSIS) in data (OMISSIS). Tanto, evidentemente, allo scopo di consentire a questa Corte il riscontro e la valutazione dei propri assunti, in particolare della prospettazione secondo cui " (OMISSIS) con il testamento, composto di due schede olografe, impugnato dal fallimento (OMISSIS) aveva nominato propri eredi universali i nipoti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), disponendo a loro favore di legato di usufrutto" (cosi' ricorso, pagg. 59 - 60).

E cio' tanto piu' - si badi - che nel corpo del medesimo ricorso, a pagina 61, e' riportato ampio stralcio della relazione in data 10.11.2003 rimessa dal curatore del fallimento " (OMISSIS)" al giudice delegato, ove - tra l'altro - si legge testualmente: "(...) si ritiene opportuno fare delle precisazioni anche alla luce della dichiarazione di successione presentata all'Ufficio del Registro dal nipote di (OMISSIS), (OMISSIS). Infatti, in tale denuncia i nipoti di (OMISSIS) vengono indicati solamente come legatori dell'usufrutto e non come eredi della stessa, cio' in aperta contraddizione con l'atto di citazione in appello redatto dai nipoti, nel quale si definivano eredi universali in forza del testamento della stessa (OMISSIS)".

In ogni caso, in ordine all'asserita lesione - in dipendenza della declaratoria di invalidita' de legato di usufrutto - dei diritti che, in qualita' di legittimari, spetterebbero ai ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS), figli di (OMISSIS), a sua volta figlio di (OMISSIS), a costei premorto, vero e' che ai discendenti dei figli legittimi o naturali, che in luogo di questi ultimi vengano (i discendenti) alla successione, l'articolo 536 c.c., comma 3, estende gli stessi diritti riservati ai loro ascendenti.

Pur tuttavia, nella fattispecie de qua agitur legittimario pretermesso e' - unitamente ai suoi fratelli - propriamente (OMISSIS), sicche' e' al curatore del suo fallimento che compete ogni determinazione ai fini della riduzione delle donazioni eventualmente lesive della quota di legittima al medesimo fallito riservata ex lege.

Comunque, pur a supporre che l'ipotesi di cui all'articolo 536 c.c., comma 3, si proietti al di la' dell'evenienza in cui i discendenti succedano per rappresentazione, giacche' l'ascendente legittimario pretermesso non possa (ad esempio per premorienza) o non voglia (per rinunzia) accettare l'eredita' (si e' esplicitato in dottrina che "nell'ipotesi di mancato esercizio dell'azione di riduzione da parte del legittimario non potra' applicarsi il meccanismo sostitutivo generale di cui all'articolo 536 c.c., comma 3, in quanto la rinunzia opera su una attribuzione della qualita' di legittimario gia' in essere laddove il meccanismo sostitutivo riguarda l'attribuzione del diritto del legittimario ad un discendente, per la prima volta, in luogo di un ascendente"), fino a ricomprendere (siccome opina altra dottrina) l'ipotesi in cui l'ascendente pretermesso non possa o non voglia esperire l'azione di riduzione, e' incontestabile che l'esercizio dei diritti di legittimario asseritamente spettanti a (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbe postulato il riscontro di un colpevole inerte atteggiamento da parte del curatore fallimentare ai fini dell'esercizio dell'azione di riduzione.

Questa Corte, invero, spiega, si', che alla regola per cui la dichiarazione di fallimento comporta per il fallito la perdita della capacita' di stare in giudizio nelle controversie relative a diritti patrimoniali, fa eccezione l'ipotesi in cui l'amministrazione fallimentare sia rimasta inerte, manifestando indifferenza nei confronti del giudizio; nondimeno soggiunge che tale situazione non si verifica ove l'inerzia degli organi fallimentari costituisca il risultato di una ponderata valutazione negativa (cfr. Cass. 25.10.2013, n. 24159).

E che, nella fattispecie, ponderata valutazione negativa vi e' stata, lo si evince dallo stesso ricorso, ove, a pagina 83, si legge che "il curatore dei fallimenti, sulla base della predetta relazione n.d.e.: della relazione in data 10.11.2003 chiedeva autorizzazione al G.D. ad agire nel senso prospettato dall'Avv. (OMISSIS) e proponeva di abbandonare, si legge testualmente per ora, ogni altra e qualsiasi azione ed in particolare la richiesta di riduzione testamentaria" (cosi' ricorso, pag. 83).

Per altro verso, l'esercizio dei diritti di legittimario asseritamente spettanti a (OMISSIS) e (OMISSIS) avrebbe postulato la dimostrazione, in questa sede analogamente in ossequio alla regola dell'"autosufficienza", dell'accettazione col beneficio d'inventario dell'eredita' di (OMISSIS) da parte dei medesimi ricorrenti.

Tanto in aderenza alla previsione dell'articolo 564 c.c., comma 1, che fa salva, si', l'ipotesi in cui "le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi", ipotesi, tuttavia, che non puo' configurarsi nella fattispecie in assenza di delazione ereditaria in favore di (OMISSIS).

Immeritevole di seguito e' l'ottavo motivo (erroneamente indicato come settimo).

Il disposto dell'articolo 979 c.c. - "la durata dell'usufrutto non puo' eccedere la vita dell3usufruttuario" - e' univoco e non lascia spazio ad alcuna perplessita'.

Del resto questa Corte ha esplicitato che, poiche' a norma dell'articolo 979 c.c., la durata dell'usufrutto non puo' eccedere la vita dell'usufruttuario, al coniuge superstite di quest'ultimo non puo' ritenersi trasferito tale diritto che non e' compreso nella massa ereditaria per essersi estinto con la morte del de cuius (cfr. Cass. 11.7.1979, n. 3988; cfr. altresi' Cass. 27.3.2002, n. 4376; Cass. 12.10.1965, n. 2119).

Evidentemente alcun margine per argomentare diversamente puo' desumersi dall'articolo 649 c.c. - rubricato "acquisto del legato" - e dalla possibilita', all'alveo di tale disposizione codicistica ancorata, che il testatore leghi - ben vero con il limite di cui all'articolo 698 c.c., in ipotesi di legato di "usufrutto successivo" - l'usufrutto.

Nell'ipotesi di "legato di usufrutto" (propriamente detto) il testatore e' titolare al tempo dell'atto mortis causa e dell'apertura della successione della proprieta' piena della res, sicche' nulla osta a che validamente scinda dalla proprieta' lo ius utendi fruendi salva rerum substantia, di guisa che, ulteriormente, la proprieta' permanga "nuda" in capo ad altro successore testamentario.

La patente diversita' dell'astratta ipotesi - "legato di usufrutto" - riconducibile all'articolo 649 c.c., dalla fattispecie de qua, fattispecie in cui (OMISSIS) ebbe a spogliarsi della nuda proprieta' da epoca precedente, con l'atto di donazione per notar (OMISSIS) del (OMISSIS), vale ex se a fugare qualsivoglia sospetto di illegittimita' costituzionale e quindi per nulla scalfisce il postulato dell'intrasmissibilita' mortis causa del diritto di usufrutto (trasmissibilita' da ammettere unicamente e rigorosamente nei termini di cui alla gia' menzionata pronuncia n. 4376/2002, cui, pero', per nulla ed in nessun modo puo' essere accomunata la vicenda de qua; piu' esattamente con la pronuncia n. 4376/2002 questa Corte ha specificato che, una volta che l'usufrutto sia stato ceduto per atto inter vivos, esso, fino alla morte dell'originario e primo usufruttuario, si rende suscettibile di successione mortis causa, ove l'originario cessionario deceda prima del cedente, e, se il cessionario in questione non ne abbia disposto per atto di ultima volonta', esso si trasmette per legge agli eredi dello stesso (ed e' suscettibile di successive trasmissioni mortis causa), non essendosi estinto e continuando a far parte del patrimonio relitto fino alla sua estinzione per morte del primo usufruttuario).

Con il decimo motivo (erroneamente indicato come nono) i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360, comma 1, punto 3, dell'articolo 91 c.p.c., in ordine alla soccombenza virtuale per rinuncia alla domanda" (cosi' ricorso, pag. 75).

Adducono che "il fallimento (OMISSIS), con l'atto di citazione di impugnazione testamento avanzava, tra l'altro, pretese sull'appartamento di (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 75) ovvero sull'appartamento riportato in catasto a fol. 43,part.308, sub 5; che "l'attore, in corso di causa, abbandonava tali pretese con la motivazione che la richiesta era dipesa da mero errore materiale" (cosi' ricorso, pag. 75); che essi ricorrenti hanno chiesto "in appello che, sul punto, venisse accertata la soccombenza virtuale dell'attore e che il medesimo venisse condannato al pagamento delle spese in ordine a tale domanda" (cosi' ricorso, pag. 75); che la corte d'appello ha illegittimamente respinto tale domanda; che non si sia trattato di un "mero errore materiale e' desumibile dal contenuto dell'atto di citazione" (cosi' ricorso, pag. 76) nonche' dall'ulteriore "circostanza che nonostante l'eccezione fosse stata sollevata dai convenuti in sede di costituzione in giudizio, la rinuncia alla domanda non e' avvenuta durante il tentativo di conciliazione all'udienza di comparizione parti ma solo a seguito di due riassunzioni e piu' udienze" (cosi' ricorso, pagg. 76 - 77); che "la rinuncia alla domanda, in ogni caso, si configura come soccombenza virtuale" (cosi' ricorso, pag. 78).

Il motivo e' destituito di fondamento.

E' sufficiente reiterare l'insegnamento di questo Giudice di legittimita', esplicante in proposito un'evidente valenza concludente, secondo cui in tema di spese processuali la soccombenza deve essere stabilita in base ad un criterio unitario e globale (cfr. Cass. sez. lav. 10.9.2001, n. 11543) e secondo cui il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l'onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell'esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all'esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole (cfr. Cass. (ord.) 13.3.2013, n. 6369; Cass. 29.9.2011, n. 19880; Cass. 11.1.2008, n. 406).

In quest'ottica a nulla rileva che il fallimento " (OMISSIS)" abbia spiegato pretese in ordine all'appartamento di (OMISSIS) riportato in catasto a fol. 43,part.308, sub 5, pretese poi abbandonate nel prosieguo della lite in dipendenza del riconoscimento dell'errore materiale commesso.

Con l'undicesimo motivo (erroneamente indicato come decimo) i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo360 c.p.c., comma 1, punto 3, dell'articolo 36 c.p.c., in ordine alla domanda riconvenzionale" (cosi' ricorso, pag. 78).

Adducono che "con l'atto di costituzione in giudizio avevano formulato due domande riconvenzionali" (cosi' ricorso, pag. 78); che la prima riconvenzionale era "finalizzata alla revoca per indegnita' ex articolo 801 c.c., delle donazioni effettuate da (OMISSIS) a (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 78); che il tribunale di Sondrio ne aveva disposto il rigetto, assumendo che "semmai si sarebbe dovuta rivolgere nei confronti di (OMISSIS) e non del Fallimento (OMISSIS) (cosi' ricorso, pag. 78); che la seconda riconvenzionale, "finalizzata a ottenere il riconoscimento dei canoni di locazione per i periodi non prescritti degli immobili oggetti di causa utilizzati in via esclusiva dalla (...) (OMISSIS) (...) s.n.c., dichiarata fallita in data (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 79), rigettata in primo grado e riproposta in appello, era stata respinta dalla corte di merito; che, contrariamente all'assunto della corte distrettuale, "gli eredi universali di (OMISSIS) prima di poter invocare i pagamenti inserendosi nella procedura concorsuale, come suggerito dal Tribunale di Sondrio e ribadito dalla Corte d'appello devono ottenere una pronuncia con sentenza in ordine all'ammontare dei canoni di locazione da parte del giudice del merito" (cosi' ricorso, pag. 79).

Il motivo non merita seguito.

Non rileva in alcun modo la circostanza per cui i ricorrenti abbiano esperito domanda "finalizzata alla revoca per indegnita' ex articolo 801 c.c., delle donazioni effettuate da (OMISSIS) a (OMISSIS)" (cosi' ricorso, pag. 78), giacche' per esplicita ammissione degli stessi (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) la domanda riconvenzionale de qua e' stata abbandonata in appello (cfr. ricorso, pag. 79).

In ordine, invece, all'ulteriore domanda riconvenzionale, "finalizzata a ottenere il riconoscimento dei canoni di locazione" (cosi' ricorso, pag. 79), appieno si giustifica la reiezione disposta in sede di merito.

Esplica al riguardo esaustiva valenza un duplice rilievo.

In primo luogo il mancato riscontro, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, della veste di eredi universali di (OMISSIS) in capo ai nipoti - ricorrenti in questa sede - (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) priva costoro della legittimazione a domandare il riconoscimento e la corresponsione dei canoni di locazione maturati a vantaggio della testatrice/usufruttiiaria, asserita loro dante causa pur a titolo universale.

E cio', ben vero, prima ancora ed a prescindere dal "rito" operante ai fini dell'accertamento dell'an e del quantum dei pretesi canoni di locazione, segnatamente a prescindere dall'operativita' del rito di cui alla L.F., articoli 92 e segg., quale imposto dalla L.F., articolo 52, comma 2 e dall'interferenza del rito imposto dall'articolo 447 bis c.p.c., in tema controversie in materia di locazione e di comodato di immobili urbani e di affitto di aziende (si suppone che nella fattispecie, al piu', si sarebbe prospettato un problema di "rito", giacche' il tribunale ex articolo 447 bis c.p.c., competente ratione loci verosimilmente si sarebbe identificato col medesimo tribunale fallimentare).

In secondo luogo l'intrasmissibilita' mortis causa del diritto di usufrutto gia' spettante a (OMISSIS) a (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) priva costoro di qualsivoglia legittimazione ad invocare alcunche' a titolo di corrispettivo per l'occupazione da parte dell'ufficio fallimentare dei cespiti gia' oggetto dell'usufrutto pro quota della testatrice/usufruttuaria per il tempo successivo alla morte di costei.

Con il dodicesimo motivo (erroneamente indicato come undicesimo) i ricorrenti deducono "violazione o falsa applicazione, in relazione all'articolo 360, comma 1, punto 3 della tariffa professionale forense, approvata con Decreto Ministeriale 5 ottobre 1994, n. 585, nonche' violazione o falsa interpretazione dell'articolo 52 c.p.c., comma 4" (cosi' ricorso, pag. 81).

Adducono che in sede di gravame hanno altresi' censurato la statuizione di prime cure in rapporto alla liquidazione delle spese del grado operata in misura esorbitante rispetto al valore della controversia; che la corte d'appello ha affermato genericamente che le spese liquidate dal primo giudice "sono contenute nei limiti degli importi previsti per le cause di valore indeterminato" (cosi' ricorso, pag. 82); che, viceversa, "il valore della controversia (euro 9.291,00), come documentato nell'atto di appello e come ribadito in sede di comparsa conclusionale puo' essere facilmente estrapolato dalla dichiarazione di successione agli atti di causa" (cosi' ricorso, pag. 82); che il valore dell'"asse ereditario di (OMISSIS) (...) e' di euro 9.291,00 importo questo derivante dalla somma algebrica tra il valore positivo dell'usufrutto (euro 58.401,00) e il valore negativo delle passivita' (euro 49.110,00)" (cosi' ricorso, pag. 83); che "debbono essere escluse dal conteggio delle prestazioni di avvocato e relativi diritti, le riassunzioni conseguenti le sospensioni a seguito delle istanze di ricusazione dei giudici, liquidabili esclusivamente con l'ordinanza di cui all'articolo 54, comma 3" (cosi' ricorso, pag. 85).

Il motivo e' immeritevole di seguito.

E' sufficiente il riferimento all'insegnamento di questo Giudice del diritto alla cui stregua la liquidazione delle spese processuali puo' essere censurata solo attraverso la specificazioni delle voci in ordine alle quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore (cfr. Cass. 12.4.2001, n. 5467, ove si soggiunge che la semplice enunciazione di prestazioni che non sarebbero state prese in considerazione senza la possibilita' di un raffronto con l'importo liquidato dai giudice rende la censura inammissibile; cfr. Cass. 26.6.2007, n. 14744, secondo cui, in tema di controllo della legittimita' della pronuncia di condanna alle spese del giudizio, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, devono essere specificati gli errori commessi dal giudice e precisate le voci di tabella degli onorari, dei diritti di procuratore che si ritengono violate, nonche' le singole spese asseritamente non riconosciute).

Non basta, pertanto, dedurre che "le spese legali liquidate in primo grado sono addirittura superiori del 50% rispetto al valore dell'asse ereditario" (cosi' ricorso, pag. 83) e "sono spropositate anche avendo riguardo al valore del solo usufrutto (euro 58.401,00)" (cosi' ricorso, pag. 83); che "le tariffe unitarie minime e massime applicabili nell'una e nell'altra ipotesi di valore, comportano spese di gran lunga inferiori all'importo liquidato dal Tribunale di Sondrio" (cosi' ricorso, pag. 85).

Ne' basta, onde ottemperare alla regola dell'"autosufficienza" del ricorso per cassazione, rinviare ad uno "stralcio (Doc. 11) di un prospetto estrapolato dal tariffario forense pubblicato sul Web (...)" (cosi' ricorso, pag. 84).

Si tenga conto, in relazione al rilievo finale dei ricorrenti, secondo cui per "l'attivita' difensiva resa nell'ambito delle procedure fallimentari, la liquidazione dei compensi compete al G.D." (cosi' ricorso, pag. 85), che il giudice delegato e' in via esclusiva competente, ai sensi del previgente L.F., articolo 25, comma 1, n. 7), e del vigente L.F., articolo 25, comma 1, n. 6), a liquidare i compensi dovuti al legale incaricato dall'ufficio fallimentare per la difesa del fallimento (al riguardo cfr. Cass. 13.7.2007, n. 15671).

Siffatta competenza esclusiva nondimeno per nulla interferisce e per nulla menoma la potesta' ex articolo 91 c.p.c., comma 1, del giudice della controversia, segnatamente del giudice adito dal curatore fallimentare, di condannare - con la sentenza che chiude il processo dinanzi a lui - la parte soccombente al rimborso delle spese a favore della parte vittoriosa.

Il rigetto del ricorso sottrae qualsivoglia valenza alle eccezioni di inammissibilita' del ricorso sollevate preliminarmente dal curatore controricorrente.

In ogni caso ambedue le eccezioni sono destituite di fondamento.

In ordine alla prima eccezione, con cui si e' assunto che il ricorso a questa Corte sarebbe stato notificato tardivamente, decorso il termine perentorio di sessanta giorni dal di' - 11.12.2008 - della notificazione della statuizione di seconde cure, rileva l'insegnamento a tenor del quale, qualora la notificazione di un atto processuale, da effettuare entro un termine perentorio, non si perfezioni per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha l'onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di chiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio e, ai fini del rispetto del termine perentorio, la conseguente notificazione avra' effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreche' la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari, secondo la comune diligenza, per conoscere l'esito negativo della notificazione e assumere le informazioni del caso (cfr. Cass. 19.10.2012, n. 18074; cfr. Cass. 12.3.2008, n. 6547, secondo cui, se la notifica dell'atto di impugnazione, tempestivamente consegnato all'ufficiale giudiziario, non si perfeziona per cause non imputabili al notificante, questi non incorre in alcuna decadenza ove provveda con sollecita diligenza (da valutarsi secondo un principio di ragionevolezza) a rinnovare la notificazione, a nulla rilevando che quest'ultima si perfezioni successivamente allo spirare del termine per proporre gravame).

In tal guisa si evidenzia che il ricorso a questa Corte e' stato consegnato per la notificazione a mezzo del servizio postale - presso il domicilio eletto dal curatore del fallimento " (OMISSIS)" per il giudizio d'appello - in data 9.2.2009 e, dunque, tempestivamente; che nel domicilio eletto l'avvocato (OMISSIS), difensore del fallimento, e' risultato in data 16.2.2009 irreperibile; che l'iter notificatorio ha ripreso immediatamente - e con esito fruttuoso - il suo corso in data 19.2.2009, appena tre giorni dopo.

In ordine alla seconda eccezione, con cui si e' assunta la nullita' della notifica del ricorso a questa Corte giacche' notificato dall'ufficiale giudiziario addetto all'ufficio unico esecuzioni e notifiche del tribunale di Sondrio e, pertanto, da ufficiale giudiziario incompetente ratione loci, e' sufficiente il rinvio all'insegnamento di questa Corte, alla cui stregua la nullita' della notificazione del ricorso per cassazione eseguita da ufficiale giudiziario incompetente non si estende al ricorso, e resta sanata con la costituzione dell'intimato, ai sensi dell'articolo 156 c.p.c., comma 3, con effetto ex tunc, senza che possa invocarsi il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ove tale costituzione sia avvenuta dopo la scadenza del termine per ricorrere (cfr. Cass. sez. lav. 27.5.1996, n. 4870; Cass. 30.8.2011, n. 17804).

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna in solido dei ricorrenti al rimborso in favore del curatore fallimentare controricorrente delle spese del grado di legittimita'.

La liquidazione segue come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al curatore fallimentare controricorrente le spese del grado di legittimita' che si liquidano in euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali, I.V.A. e Cassa come per legge.

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