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In caso di divisione immobiliare effettuata dal testatore il debito sorto per effetto liquidazione in denaro è un debito di valore e non di valuta
Pubblicata il 25/02/2008
(Corte di Cassazione, Sezione 2 Civile,Sentenza del 16 gennaio 2007, n. 862)
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sul ricorso proposto da:
Ca.Lu., elettivamente domiciliata in Ro. Via La.Sp. (...), presso lo studio dell'avvocato Al.De., difesa dall'avvocato
Li.Pa., giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
Ca.Gi., Pe.Li., Ca.Ad., Ca.Br., Ca.Lo., Be.Na., Ca.Da.;
- intimati -
nonché contro
Ca.Ma.Lu., Ca.Ni., Ca.Ad., Ca.Me.;
- intimati con integrazione del contraddittorio -
e sul 2° ricorso n° 32457/02 proposto da:
Ca.Gi., Ca.Ad., Ca.Br., Ca.Lo., Be.Na., Ca.Da., Pe.Li., elettivamente domiciliati in Ro. Via Ba.De.Gr. (...), presso lo studio dell'avvocato Al.Pi., che li difende unitamente all'avvocato An.Pe., giusta delega in atti;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
contro
Ca.Lu., elettivamente domiciliata in Ro. Via La.Sp. (...), presso lo studio dell'avvocato Al.De., difesa dall'avvocato
Li.Pa., giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 151/02 della Corte d'Appello di Venezia, depositata il 04/02/02;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/11/05 dal Consigliere Dott. Vincenzo MAZZACANE;
udito l'Avvocato Ga.Ca., con delega depositata in udienza dell'Avvocato Pa., difensore della ricorrente che ha chiesto l'accoglimento del ricorso e il rigetto del ricorso incidentale;
udito l'Avvocato Pe.An., difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l'accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 14.2.1989 Lu.Ca. esponeva che in data 6.2.1986 era deceduto in Al. Gi.Ca., titolare di una azienda agricola comprendente mobili ed immobili, lasciando la moglie e nove figli (quattro maschi e cinque femmine); in data 27.5.1986 era stato pubblicato il suo testamento olografo del 15.8.1984, nel quale era stato stabilito che la disponibile, pari al quarto, fosse attribuita ai quattro figli maschi, mentre la legittima, pari alla metà, fosse attribuita a tutti i nove figli, con la prescrizione che le quote spettanti alle cinque figlie venissero liquidate e corrisposte in denaro; alla moglie Li.Pe. invece era stato lasciato l'usufrutto generale; i legittimari con atto trascritto l'8.8.1986 avevano convenuto di aderire al testamento in ogni sua parte, cosicché gli immobili relitti erano stati intestati ai quattro figli maschi per la nuda proprietà ed alla vedova Li.Pe. per l'usufrutto.
L'attrice conveniva quindi in giudizio dinanzi al Tribunale di Vi.Gi., Br., Lo., e Da.Ca., Ad.Ca., Li.Pe. e Na.Be. chiedendo accertarsi il proprio diritto a conseguire la legittima, stimata con riferimento al tempo di apertura della sucessione, mediante corresponsione di denaro liquido da parte dei quattro fratelli maschi senza il gravame dell'usufrutto in favore della madre ovvero, per il caso opposto, proponendo azione di riduzione delle disposizioni testamentarie; chiedeva altresì accertarsi l'obbligo della collazione da parte dei quattro fratelli, previa eventuale declaratoria della nullità delle donazioni ed inoltre dichiararsi la nullità delle donazioni in denaro effettuate dal "de cuius" in favore di Ad.Ca. e Na.Be., rispettivamente mogli di Gi. e Lo.Ca.
Costituendosi in giudizio i convenuti contestavano tutte le domande proposte, limitandosi a riconoscere all'attrice quanto ritenuto di sua spettanza.
Con sentenza del 14.4.1997 l'adito Tribunale condannava i convenuti Gi., Br., Lo. e Da.Ca., al pagamento in favore di Lu.Ca., quale importo della legittima spettantele, della somma di lire 30.744.444 oltre interessi legali dalla domanda.
A seguito di impugnazione da parte di Lu.Ca. cui resistevano Gi., Br., Lo. e Da.Ca., Ad.Ca., Na.Be. e Li.Pe. mentre Ma.Lu., Ni., Ad. e Me. Ca. restavano contumaci, la Corte di Appello di Venezia con sentenza del 4.2.2002 ha ridotto a lire 30.241.000 il credito dell'appellante oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dalla data di apertura della successione a quella della pronuncia di secondo grado, nonché interessi legali da tale ultima data al saldo.
Il Giudice di Appello, premesso che il debito sorto per effetto della liquidazione in denaro invece che in natura della quota di legittima non è di valore ma di valuta, cosicché esso doveva essere adeguato tramite la rivalutazione monetaria al momento della pronuncia giudiziale che effettua la sua liquidazione, ha determinato il credito in favore di Lu.Ca. nell'importo di lire 30.241.000, tenuto conto tra l'altro della detrazione dalla massa ereditaria di lire 9.062.000 per spese di successione, oltre accessori come sopra indicati.
Per la cassazione di tale sentenza Lu.Ca. ha proposto un ricorso articolato in tre motivi cui Gi., Br., Lo. e Da.Ca., Ad.Ca., Na.Be. e Li.Pe. hanno resistito con controricorso proponendo altresì ricorso incidentale cui Lu.Ca. ha resistito a sua volta con controricorso; Ma.Lu., Ni., Ad. e Me.Ca. non hanno svolto - attività difensiva in questa sede; la ricorrente principale ha successivamente depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.
Venendo quindi all'esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo Lu.Ca., deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 c.c. - 99 - 112 e 324 c.p.c. nonché omessa e/o insufficiente motivazione, censura la sentenza impugnata per avere determinato la decorrenza degli interessi sulla somma liquidata a titolo di legittima dalla pronuncia, non tenendo conto che la diversa statuizione del Giudice di primo grado sul punto, che ne aveva fissato la decorrenza della domanda, era coperta da giudicato, avendo l'esponente con l'atto di appello chiesto la decorrenza degli interessi legali dalla data di apertura della successione e non avendo gli appellati in proposito chiesto la riforma della sentenza di primo grado.
Con il secondo motivo la ricorrente principale, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 734 c.c. nonché vizio di motivazione, assume che erroneamente il Giudice di Appello ha qualificato di valuta il debito relativo alla liquidazione in danaro della quota di legittima; Lu.Ca. rileva come elemento pacifico che nella fattispecie ricorreva l'istituto della donazione disposta dal testatore e che la quota spettante all'esponente risultava costituita interamente da un mero conguaglio in denaro che configurava un debito di valore, essendo la funzione dei conguagli destinata a garantire a ciascuna porzione identico valore, rapportato al valore dei beni in natura; sulla somma così determinata spettano poi gli interessi a decorrere dal momento in cui è sorta l'obbligazione, ovvero nella specie dall'apertura della successione.
Esaminando a tal punto per ragioni di connessione il ricorso incidentale, si osserva che con il primo motivo i ricorrenti incidentali, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 1224 e 1282 c.c. ed omessa e/o insufficiente motivazione, censurano la sentenza impugnata per aver maggiorato la somma spettante a Lu.Ca. a titolo di liquidazione della sua quota di legittima di rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, pur avendo correttamente qualificato tale debito di valuta; invero per i debiti di valuta è esclusa la rivalutazione automatica dell'importo liquidato, essendo soltanto possibile per il creditore allegare un maggior danno rispetto agli interessi ai sensi dell'art. 1224 c.c.; nella fattispecie quindi sulla suddetta somma spettavano soltanto gli interessi legali dalla domanda.
Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 2909 c.c. e 324 c.p.c. nonché omessa e/o insufficiente motivazione, assumono che il Giudice di Appello, nel determinare la decorrenza degli interessi legali sulle somme spettanti a Lu.Ca. a decorrere dalla decisione, ha trascurato di considerare che la statuizione della sentenza di primo grado, che aveva fissato la decorrenza degli interessi legali dalla domanda, era coperta da giudicato, avendo l'appellata Lu.Ca. chiesto la determinazione di tale decorrenza dalla data di apertura della successione ed avendo gli esponenti sul punto chiesto la conferma della decisione del Giudice di Primo grado.
Tutte le enunciate censure, da esaminare contestualmente in quanto connesse, sono infondate.
Il Giudice di Appello ha rilevato che il debito sorto per effetto della liquidazione in denaro, invece che in natura, della quota di legittima non è debito di valore ma di valuta, cosicché esso deve essere adeguato attraverso il riconoscimento della rivalutazione monetaria all'atto della pronuncia giudiziale che provvede alla sua liquidazione.
Orbene la prima affermazione ora riportata non può essere condivisa.
Premesso che nella fattispecie si è pacificamente in presenza di una divisione effettuata dal testatore ai sensi dell'art. 734 c.c. e che Gi.Ca. aveva voluto liquidare in denaro la quota di legittima spettante a Lu.Ca. in ordine ai beni da lui relitti, ne consegue che il conguaglio in denaro cui quest'ultima ha diritto costituisce un debito di valore, esprimendo l'equivalente economico in termini monetari della sua quota sui beni immobili attribuiti agli eredi legittimari di sesso maschile, conformemente all'orientamento consolidato di questa Corte in ordine alla natura di debito di valore del conguaglio dovuto in materia di divisione immobiliare ai condividenti cui non vengono assegnati i beni in natura (vedi ex multis" Cass. 9.5.1996 n. 4369; Cass. 29.1.2001 n. 1245).
Nondimeno deve osservarsi che l'errore di diritto ora evidenziato della sentenza impugnata non ha avuto conseguenza sulla correttezza giuridica del dispositivo, posto che la somma spettante a Lu.Ca. è stata maggiorata della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dalla data di apertura della successione a quella della pronuncia di secondo grado, conformemente all'indirizzo pacifico in giurisprudenza secondo cui per la liquidazione dei debiti di valore si deve tener conto della eventuale svalutazione monetaria intervenuta dal momento della insorgenza della obbligazione a quello della decisione onde consentire di realizzare in termini monetari attuali il diritto del creditore; pertanto nella fattispecie è sufficiente correggere la motivazione della sentenza impugnata nei termini sopra esposti ai sensi dell'art. 384 secondo comma c.p.c.
Deve a tal punto rilevarsi l'infondatezza delle censure rispettivamente sollevate dalle parti in ordine alla diversa decorrenza degli interessi legali determinata dal Giudice di Appello rispetto a quella fissata dalla sentenza di primo grado.
Invero l'accoglimento dell'atto di appello nella parte in cui Lu.Ca. aveva lamentato il mancato riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma liquidata in suo favore ha comportato, nella parte in cui il suo appello è stato accolto, una conseguente nuova determinazione della decorrenza degli interessi legali infatti il Giudice di Appello, nell'applicare sulla somma determinata in favore dell'appellante la rivalutazione monetaria dalla data di apertura della successione a quella della pronuncia, ha evidentemente ritenuto che tale liquidazione in valori monetari attuali soddisfacesse pienamente il diritto vantato dalla Ca., e che pertanto l'ulteriore riconoscimento degli interessi legali per lo stesso periodo non trovasse una giustificazione sul piano logico -giuridico, e pertanto ha disposto la decorrenza degli interessi legali sulla somma rivalutata dalla decisione.
Con il terzo motivo la ricorrente principale, deducendo violazione e falsa applicazione degli articoli 1224 - 1282 c.c. e vizio di motivazione, assume che, pur volendosi condividere l'assunto della sentenza impugnata in ordine alla qualificazione del debito relativo alla liquidazione in denaro della quota di legittima come debito di valuta, resterebbe comunque incontestato il diritto dell'esponente al riconoscimento degli interessi moratori sulla somma capitale dalla data della costituzione in mora, coincidente nella fattispecie con quella della proposizione della domanda giudiziale.
Tale motivo resta assorbito alla luce delle argomentazioni sopra esposte nell'ambito dell'esame degli altri motivi di ricorso formulati dalle parti.
In definitiva entrambi i ricorsi devono essere rigettati; ricorrono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta entrambi e compensa interamente tra le parti le spese di giudizio.