Casa:
Non è ingrata la figlia che sfratta il padre dalla casa che questi le ha donato
Pubblicata il 16/04/2011
Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 31 marzo 2011, n. 7487
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele - Presidente
Dott. PETITTI Stefano - Consigliere
Dott. D'ASCOLA Pasquale - Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto - rel. Consigliere
Dott. CARRATO Aldo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CO. Gi. , rappresentato e difeso, in forza di procura
speciale in calce al ricorso, dagli Avv. Quaregna Piero ed Spitali
Elio, per legge domiciliato nella cancelleria civile della Corte di
cassazione, piazza Cavour, Roma;
- ricorrente -
contro
CO. An. , rappresentata e difesa, in forza di procura
speciale a margine del controricorso, dagli Avv. TASCA Pierluigi e
REBOA Romolo, elettivamente domiciliata nello studio di quest'ultimo
in Roma, via Flaminia, n. 213;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Genova n. 669 del 4
settembre 2004;
Udita, la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 3
marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;
udito l'Avv. Elio Spitali;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. - Nel corso del (OMESSO), Co.Gi. , insieme alla moglie
La. Bo.Ca. , dono' alla figlia An. il danaro
occorrente per l'acquisto di una villa con circostante terreno in
(OMESSO).
Perfezionato l'acquisto, i genitori furono accolti dalla figlia nella
villa, che venne destinata a casa familiare.
2. - Avendo in data (OMESSO) ricevuto formale diffida dalla
figlia a lasciare libera l'abitazione e a traslocare in altro
alloggio, Co.Gi. l'ha convenuta in giudizio, instando
per la revoca della donazione per l'ingiuria grave subita, e
chiedendo il riconoscimento del proprio diritto di comproprieta'
sull'immobile nella misura del 50% e la condanna al risarcimento dei
danni patiti.
Si e' costituita la convenuta Co.An. , resistendo.
Il Tribunale di Sanremo, con sentenza in data 13 marzo 2002, ha
respinto le domande.
3. - La decisione di primo grado e' stata confermata dalla Corte
d'appello di Genova che, con sentenza resa pubblica mediante deposito
in cancelleria il 4 settembre 2004, ha rigettato il gravame del
Co. G. .
3.1. - La Corte territoriale ha escluso la sussistenza degli elementi
costitutivi dell'ingiuria grave, prevista dall'articolo 801 cod. civ.
quale causa di revocazione della donazione, perche' le risultanze
processuali hanno dimostrato che la richiesta di rilascio
dell'immobile derivo' dalla situazione di intollerabile
conflittualita' tra il Co. G. e la moglie La. Bo. (a
propria volta donante, per la quota di meta', del danaro necessario
per l'acquisto dell'immobile), entrambi residenti nello stesso. La
Corte di Genova ha altresi' sottolineato: che, quando la figlia
invio' al padre la lettera con la quale lo invitava a rilasciare
l'immobile, la coniuge aveva gia' iniziato, da alcuni mesi, il
procedimento di separazione personale con addebito; e che in sede di
provvedimenti provvisori, pronunciati all'udienza presidenziale di
separazione tenutasi il (OMESSO), la casa familiare fu
assegnata alla moglie ricorrente.
4. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello il
Co. G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 22 settembre
2005.
L'intimata ha resistito con controricorso.
In prossimita' dell'udienza il ricorrente ha depositato una memoria
illustrativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. - Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione
dell'articolo 360 c.p.c., n.
3), il ricorrente sostiene che, avendo la donataria intimato al
donante di lasciare l'alloggio oggetto della liberalita', gli estremi
dell'ingiuria grave non sarebbero ostacolati dalla valutazione della
sussistenza delle motivazioni che indussero la figlia ad inoltrare la
diffida. La richiesta di allontanamento del padre, privo di adeguati
redditi e di sistemazioni abitative, dalla villa oggetto di donazione
costituirebbe, di per se', ingiuria grave, e non vi sarebbe spazio
per interpretazioni giustificatrici capaci di eliderne il disvalore
morale.
1.1. - Il motivo e' infondato.
L'ingiuria grave richiesta, ex articolo 801 cod. civ., quale
presupposto necessario per la revocabilita' di una donazione per
ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale il suo significato
intrinseco e l'individuazione del bene leso, si distacca, tuttavia,
dalle previsioni degli articoli 594 e 595 cod. pen., e consiste in un
comportamento suscettibile di ledere in modo rilevante il patrimonio
morale del donante ed espressivo di un reale sentimento di avversione
da parte del donatario, tale da ripugnare alla coscienza collettiva
(Cass., Sez. 2, 5 aprile 2005, n. 7033; Cass., Sez. 2, 28 maggio
2008, n. 14093; Cass., Sez. 2, 24 giugno 2008, n. 17188).
Di questo principio ha fatto corretta applicazione la Corte del
merito, quando, con logico e motivato apprezzamento di tutte le
circostanze del caso concreto, ha escluso che ricorrano gli estremi
di detta figura di ingratitudine nel comportamento della figlia
donataria, la quale, di fronte alla sopravvenuta intollerabilita'
della convivenza tra i suoi genitori e nella pendenza del giudizio di
separazione personale con addebito instaurato dalla madre, inviti il
padre, con una lettera formale, a lasciare l'immobile di sua
proprieta', acquistato con il danaro ricevuto dalla liberalita'
paterna e materna, destinato a casa familiare.
Un siffatto comportamento, infatti, e' stato congruamente valutato
dalla Corte d'appello non come manifestazione di un atteggiamento di
disistima delle qualita' morali del padre donante o di mancanza di
rispetto nei suoi confronti, ne' come un affronto animoso
contrastante con il senso di riconoscenza e di solidarieta' che,
secondo la coscienza comune, deve improntare il comportamento della
figlia donataria; bensi' come presa d'atto, da parte di costei, della
frattura tra i suoi genitori, dipendente dalla loro disaffezione e
distacco spirituale, e, quindi, del sopravvenire di una condizione
tale da rendere incompatibile, allo stato, la prosecuzione della
convivenza di entrambi i donanti nell'abitazione acquistata con il
danaro ricevuto in liberalita'.
2. - Il secondo mezzo denuncia omessa ed insufficiente motivazione.
La Corte d'appello avrebbe omesso di considerare tutte le circostanze
del caso concreto, vale a dire: (a) che il Co. G. era privo di
adeguati redditi e di sistemazioni abitative alternative; (b) che la
villa oggetto di donazione, essendo strutturata su piu' piani,
avrebbe consentito allo stesso di continuare a vivere in un'altra ala
della medesima, seppure separatamente dalla moglie; (c) che
l'alloggio della villa occupato dal donante era stato locato a terzi.
2.1. - Il motivo e' inammissibile.
Il ricorrente si limita ad asserire che la sentenza impugnata non
avrebbe colto tutti gli elementi della vicenda, ma, in violazione del
principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non riporta
ne' trascrive il contenuto delle risultanze processuale che la Corte
territoriale avrebbe omesso di valutare o avrebbe male interpretato.
E' evidente, pertanto, che il motivo di ricorso finisce con il
risolversi nella richiesta di una diversa valutazione del merito
della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e
di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del
giudice del merito.
3. - Il ricorso e' rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,
seguono la soccombenza.
4. - Ricorrendo i presupposti di cui al Decreto Legislativo 30 giugno
2003, n. 196, articolo 52, comma 2, (Codice in materia di protezione
dei dati personali), a tutela dei diritti e della dignita' delle
persone coinvolte deve essere disposta, in caso di riproduzione della
presente sentenza in qualsiasi forma, per finalita' di informazione
giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti
di comunicazione elettronica, l'omissione delle indicazioni delle
generalita' e degli altri dati identificativi degli interessati
riportati nella sentenza.
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese
processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in
complessivi euro 1.700,00, di cui euro 1.500,00 per onorari, oltre a
spese generali e ad accessori di legge.