Se nel testamento il de cuius lascia l'abitazione con i mobili in esso contenuti l'erede acquisterà anche i quadri, qualunque ne sia il valore

Se nel testamento il de cuius lascia l'abitazione con i mobili in esso contenuti l'erede acquisterà anche i quadri, qualunque ne sia il valore. Il concetto di beni mobili portato dall'articolo 812 c.c. e' infatti onnicomprensivo, includendo in se', con carattere residuale, tutti i beni che non siano qualificabili come immobili ai sensi del primo e secondo comma dello stesso articolo. Pertanto l'espressione "mobili", riferita ai beni che corredano un'abitazione, non autorizza di per se' ad escludere parte di essi, qualunque ne sia il valore, essendo comprensiva, anche nel lessico comune, di quadri, oggetti e arredi in genereCorte di Cassazione Sezione 2 Civile
Sentenza del 7 settembre 2009, n. 19283



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente

Dott. SCHETTINO Olindo - Consigliere

Dott. MALZONE Ennio - Consigliere

Dott. PICCIALLI Luigi - Consigliere

Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8772/2004 proposto da:

IN. GI. AN. , a mezzo del proprio procuratore speciale Sig. GI. GI. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVTNANA 1, presso lo studio dell'avvocato PECORA Francesco, che l' rappresenta e difende unitamente all'avvocato ANACLERIO FRANCESCO;

- ricorrente -

contro

BA. LU. , CE. DI. CA. RO. , BA. PI. , BA. MA. AN. , BA. AN. ST. , BA. AN. ; quali eredi di BA. EN. , erede di RE. MA. LU.

- intimati per integrazione del contradd. -

e contro

BA. JO. ;

- intimata -

sui. ricorso 11416/2004 proposto da:

BA. JO. , elettivamente domiciliata i n ROMA, VIALE LIEGI 58, presso lo stadio dell'avvocate GRECO FABRIZIO, rappresentata e difesa dall'avvocato SERVI LUIGI FERRUCCIO;

- ricorrente e ric. incid. -

contro

IN. GI. AN. ;

- intimata -

avverso la sentenza n. 530/2003 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 21/02/2003;

udita la relazione della causa rivolta nella pubblica udienza del 25/03/2009 dal Consigliere Dott. D'ASCOLA PASQUALE;

udito l'Avvocato PECORA Francesco, difensore del ricorrente che si riporta agli atti;

udito l'Avvocato SERVI Luigi Ferruccio, Difensore della resistente che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per ricorso principale accoglimento, ricorso incidentale assorbito.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In.An. in Gi. , rappresentata dal procuratore speciale Gi.Gi. , nel 1993 evocava in giudizio, avanti il tribunale di Milano, il pittore Ba.En. , Ba.Jo. e Ra.Ma. Lu. , chiedendo la restituzione delle opere pittoriche, a firma di Ba.En. , denominate "(OMESSO), "(OMESSO), "(OMESSO), "(OMESSO), nonche' della ceramica denominata "(OMESSO). Assumeva di esserne proprietaria quale erede testamentaria dello zio TU.Bi. , vedovo di RA. Li. , zia del pittore.

Nel corso del giudizio di primo grado, il pittore consegnava spontaneamente le opere ancora in suo possesso "(OMESSO)", e veniva dichiarata nei suoi confronti la cessazione della materia del contendere. La domanda veniva respinta dal tribunale il 28 febbraio 2000 e la sentenza veniva confermata dalla corte d'appello di Milano il 21 febbraio 2003. Nelle more decedevano Ra.Ma. Lu. , madre degli altri due convenuti, nonche' lo stesso Ba.En. , chiamato ex lege a succederle. Il ricorso per cassazione veniva notificato dalla In. Gi. a Ba. Jo. il 2 aprile 2004 e, in seguito a rinnovazione disposta da questa Corte con ordinanza del 18 giugno 2008, agli eredi del pittore Ba. , che restavano intimati.

Alle due censure proposte dalla ricorrente, Ba.Jo. resisteva con controricorso e ricorso incidentale relativo alla compensazione delle spese di lite.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la In. lamenta violazione dell'articolo 812 c.c. e vizio di motivazione, lamentando che la Corte ambrosiana abbia escluso che il testamento TU. costituisca valido titolo di acquisto dei quadri. La corte e' pervenuta a tale affermazione, sebbene il testamento destini alla In. l'abitazione del de cuius "con i mobili in esso contenuti", assumendo che le opere Ba. sarebbero "arredi", come tali non compresi tra i "mobili" oggetto del lascito. Per sostenere questa interpretazione, la Corte trae spunto da due elementi: a) il fatto che dai mobili sia stata esclusa, in quanto destinata ad altro nipote, la libreria del corridoio; B) l'esistenza di una lettera del pittore, datata 6 settembre 1983 , nella quale questi faceva riferimento ai quadri regalati dalla mamma alla zia Li. , che la propria sorella Jo. stava "ritirando a nome della mamma".

Fondatamente il ricorso censura questo punto della sentenza: il concetto di beni mobili portato dall'articolo 812 c.c. e' infatti onnicomprensivo, includendo in se', con carattere residuale, tutti i beni che non siano qualificabili come immobili ai sensi del primo e secondo comma dello stesso articolo. Pertanto l'espressione "mobili", riferita ai beni che corredano un'abitazione, non autorizza di per se' ad escludere parte di essi, qualunque ne sia il valore, essendo comprensiva, anche nel lessico comune, di quadri, oggetti e arredi in genere. La diversa ipotesi affacciata dalla Corte territoriale e' quindi smentita sia dal testo normativo, sia dal senso proprio delle parole usate. Incoerente e fallace e' l'argomento desunto dal fatto che dai mobili destinati alla erede sia stata esclusa una libreria: cio' non puo' significare che i beni lasciati alla In. fossero costituiti solo da mobilia e che nella mobilia non siano compresi i quadri. I quadri, invece, costituiscono parte sostanziale dei mobili di una casa, che sono composti da elementi funzionali ed elementi decorativi, la cui integrazione costituisce l'insieme che correda un' abitazione. Ne' conferisce pregio all'interpretazione del testamento, accolta dalla sentenza impugnata, il riferimento a una lettera proveniente da persona diversa dal testatore e scritta dopo la morte del de cuius e prima della pubblicazione del testamento (avvenuta, stando alla sentenza, il 30 settembre).

L'argomento, attaccato nel secondo motivo di ricorso, a proposito della appartenenza dei beni al TU. , e' stato illogicamente riferito dai giudici d'appello alla insolita nozione di mobilia da essi adottata. Esso e' infatti inidoneo a chiarire la volonta' del testatore tramite incerti riferimenti contenuti da altro soggetto, per giunta ignaro del testamento, alla condotta (il ritiro dei quadri) adottata dai congiunti dopo la morte del de cuius.

Viene cosi' meno la prima ratio decidendi della sentenza, che, per espressa affermazione della stessa, sarebbe stata "sufficiente a dirimere la controversia".

La seconda parte della sentenza accoglie la tesi di parte resistente circa l'avvenuta restituzione dei quadri ai Re. - Ba. a causa dell'assenza di un fondato titolo di acquisto della In. . A tal fine i giudici d'appello valorizzano una deposizione testimoniale circa un colloquio avvenuto tra la resistente e la In. , nel corso del quale la Ba. , assistendo allo sgombero dell'appartamento dopo la morte del TU. , avrebbe osservato che quei quadri erano stati dati dal fratello alla zia Li. e che non avevano valore economico ma solo affettivo, ottenendo la risposta del figlio del l'attrice, che avrebbe detto "si, puoi portarli via", cosa eseguita il giorno dopo. Viene inoltre disattesa la tesi della richiesta in via precari a, per esigenze di catalogazione, sulla scorta del gia' avvenuto inserimento in catalogo (OMESSO) e del valore economico attribuito all'epoca ai quadri, valore di cui l'attrice si sarebbe resa conto dieci anni dopo, alla vigilia della instaurazione della lite.

Il secondo motivo censura questa motivazione e ripropone la Lesi della restituzione in via temporanea e precaria, criticando vari punti della decisione e sollecitando nuova valutazione di essi.

Giova chiarire che il disposto dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensi' solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui e' riservato l'apprezzamento dei fatti.

Conseguentemente, alla cassazione della sentenza per vizi di motivazione si puo' giungere solo quando tale vizio emerga dall'esame del ragionamento svolto dal giudice, quale risulta dalla sentenza, che si riveli incompleto, incoerente e illogico, non gia' quando il giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi valutati un valore e un significato difformi dalle aspettative e dalle deduzioni di parte." (Cass. 15805/05; 9243/07).

Inoltre qualora una determinata questione giuridica che implichi accertamenti di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita', al fine di evitare una statuizione di inammissibilita', per novita' della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare "ex actis" la veridicita' di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 7981/07; 22540/06).

Alla luce di quest'ultimo principio sono privi di rilevanza i profili, non emergenti dalla sentenza, sol. levati ai punti 1 e 3 di pag. 16 del ricorso, in cui si rileva rispettivamente: 1) la circostanza che la richiesta di restituzione sia stata svolta dai Re. - Ba. dopo la morte del TU. e non direttamente a quest'ultimo, alla morte della moglie Re.Li. , allorquando egli acquisto' dalla sorella della defunta la quota di proprieta' dell' abitazione in cui risiedeva e in cui erano presenti i quadri. 2) l'avvenuto acquisto per usucapione dei quadri, ex articolo 1161 c.c. in forza del possesso ultradecennale da parte del dante causa del l'attrice.

Colgono invece nel segno i rilievi relativi a due risultanze, riportate dalla sentenza (pag. 3 della motivazione, primo capoverso) e - con ineccepibile puntualita' - dal ricorso (p. 13), che non sono state considerate nel ricostruire la vicenda sia ai fini di stabilire la proprieta' dei beni e loro destinazione in via successoria, sia per comprendere la natura della riconsegna fattane alla convenuta Ba. . Si tratta: a) del passo della lettera del pittore Ba. , datata 6 settembre 1983 (ma come verosimilmente ricostruisce il ricorso scritta il 26 dello stesso mese) in cui si fa riferimento ai quadri come regalati alla povera Li. (moglie del TU. ); b) del la catalogazione delle opere contese, effettuata nel catalogo (OMESSO) con l'indicazione (tranne che per l'opera (OMESSO)) pr. TU. , (OMESSO) (cioe' proprieta' TU. ). La Corte d'appello, che nella seconda parte della sentenza ha preso le mosse dal presupposto dell'insussistenza di un valido riscontro probatorio in ordine alla propri eta' dei beni, avrebbe dovuto considerare questi due elementi, di consistentissimo peso nell'attribuzione della proprieta' proprio al TU. (almeno quale erede della moglie). La portata potenzialmente decisiva di queste risultanze avrebbe dovuto costituire il presupposto per la lettura e l'esame delle risultanze (testimonianza Do. e lungo tempo trascorso dalla riconsegna alla richiesta In. di restituzione), ritenute dal giudice d'appello sufficienti a dare un senso alla spontanea restituzione. Quest'ultima corrispondeva infatti, alla luce delle eventuale riconoscimento della proprieta' TU. , a un ritrasferimento di proprieta', per stabilire il quale, anche e soprattutto dopo la caduta della prima ratio decidendo, era necessario un corredo motivazionale ben piu' approfondito, quantomeno con riferimento al rilievo dato alla deposizione della Do. e allo scarso peso attribuito, per contro, al fatto che due delle opere non fossero rientrate in possesso della Re. o della figlia Jo. , ma proprio del pittore e che questi le avesse restituite all'attrice al sorgere della lite (pag. 18 ricorso).

Tra le risultanze asseritamente malvalutate il ricorso annovera anche: 1) altri passi della lettera del pittore del settembre 2003 (pag 8 e 11); 2) una lettera della signora C. scritta asseritamente in luogo del pittore per rispondere alle sollecitazione della In. (pag. 9); 3) la lettera di risposta (doc. 5 ricorrente)datata 6 luglio 1993 diretta ad In.An. e alle parti degli atti indicati ai successivi punti B) e C) della pag. 15 del ricorso; 4) la deposizione Gi. (pag. 18 del ricorso).

Su queste risultanze, di cui manca riscontro nella sentenza, non e' possibile valutare in questa sede se vi sia stata illogica e incongrua motivazione, giacche' il ricorso, quanto ad esse, e' viziato sotto il profilo dell'autosufficienza. Infatti, il ricorrente che deduce l'omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l'asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l'onere di indicare - mediante l'integrale trascrizione di detti atti nel ricorso - la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell'atto, senza di indagini integrative (Cass. 11886/06; 8960/06; 7610/06).

Da quanto esposto segue l'accoglimento del primo motivo di ricorso e, in parte qua, del secondo, relativo ai vizi di motivazione nei limiti qui rilevati. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame al giudice di merito, individuato in altra Sezione del la Corte d'appello di Milano, che provvedere, attendendosi al principio di diritto sopraenunciato, anche sulle spese di questo giudizio.

In relazione anche a quest'ultima statuizione, il ricorso incidentale, da riunire al principale ex articolo 335 c.p.c., resta assorbito.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il ricorso principale, assorbito l'incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte d'appello di Milano, che provvedere anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita'.

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