Gli atti impugnabili

Approfondimento sugli atti contro i quali è possibile ricorrere.

Il processo tributario viene iniziato dal contribuente, parte ricorrente, mediante un ricorso avverso il provvedimento impugnabile emesso nei suoi confronti da parte resistente (Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate, Ente locale, Agente della riscossione).
Successivamente alla redazione del ricorso il contribuente deve notificare lo stesso a parte resistente, ed effettuare la costituzione in giudizio.


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In base all’articolo 19 del Decreto gli atti contro i quali è possibile ricorrere sono:

- l’avviso di accertamento;

- l’avviso di liquidazione;

- il provvedimento che irroga le sanzioni;

- il ruolo e la cartella di pagamento;

- l’avviso di mora;

- gli atti relativi ad alcune operazioni catastali;

- atti di attribuzione della rendita catastale da parte dell’Agenzia del Territorio; 

- il rifiuto, espresso o tacito, alla restituzione di tributi, sanzioni, interessi o altri accessori non dovuti;

- i provvedimenti che negano la spettanza di agevolazioni nonché i provvedimenti di rigetto delle domande di definizione agevolata dei rapporti tributari;

- ogni altro atto espressamente indicato dalla legge come autonomamente impugnabile.

Aspetti notevoli

1) Non tassatività dell’elenco di cui all’articolo 19 del decreto

La Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 17202 del 23.07.2009, ha statuito che si può ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che contengano una esplicita pretesa tributaria. Di conseguenza nell’elencazione dell’articolo 19 del Decreto va incluso ogni atto che non rappresenti un mero invito bonario preordinato al dialogo preventivo con il contribuente, bensì un vero e proprio atto autoritativo volto a portare a conoscenza del contribuente una pretesa già formata e ben individuata sia nell’an che nel quantum con intimazione di esaudirla sotto pena degli atti esecutivi. In particolare secondo la Cassazione deve essere considerato un atto impositivo autonomamente impugnabile l’avviso di liquidazione Iva, il quale assume la veste giuridica di avviso di rettifica.

Sempre la Cassazione - a Sezioni Unite con sentenza n. 13549 del 24/06/2005 – ha chiarito che il diritto di iscrizione annuale in albi e registri delle Camere di Commercio (cosiddetti diritti camerali) è un tributo; quindi in caso di controversie  la competenza a decidere spetta alle Commissioni Tributarie. Inoltre la Cassazione ha escluso che il dirito camerale abbia la natura di tributo locale, atteso che la natura di tributo locale compete, ex lege, solo ai tributi amministrati dagli enti pubblici territoriali.

2) Impugnabilità dell’atto di diniego dell’autotutela

Si ritiene rilevante segnalare - in tema di atti impugnabili - che la Commissione Tributaria Provinciale di Matera, con sentenza n. 45/2004, ha precisato che i provvedimenti di autotutela – cioè i provvedimenti con i quali la pubblica amministrazione unilateralmente revoca un atto -  possono essere impugnati perché attengono non a un danno ipotetico e futuro, ma sono correlati a un danno effettivo e immediato degli interessi del contribuente.

Anche se non compresi nell’elencazione tassativa ex art. 19 del D. Lgs. n. 546/92 – spiegano i giudici – tali provvedimenti sono impugnabili presso le commissioni tributarie in quanto tale elencazione è tutt’altro che tassativa, dovendosi correlare necessariamente con tutti quei provvedimenti emanati dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 546/92 che “per funzione o per natura” possono e devono assimilarsi a quelli elencati nel predetto art. 19.

Dello stesso parere la Comm. Trib. Prov. di Salerno, sent. n. 275/1/05 del 22/02/2005; TAR Emilia-Romagna, sez. I, ord. n. 114 del 28/01/2005. La stessa Corte di Cassazione, con sentenza a SS.UU., n. 16776 del 10/08/2005, ha confermato questo orientamento.

Peraltro sempre la Corte di Cassazione a Sezioni Unite Civili, con le  sentenze  n. 3698/2009 e n. 7388/2007,  ha ribaltato il precedente orientamento ed ha statuito che, In tema di contenzioso tributario, l'atto con il quale l'Amministrazione manifesti il rifiuto di ritirare, in via di autotutela, un atto impositivo divenuto definitivo, non rientra nella previsione di cui all' art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e non è quindi impugnabile, sia per la discrezionalità da cui l'attività di autotutela è connotata in questo caso, sia perché, altrimenti, si darebbe ingresso ad una inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo.

Pertanto, con riferimento alla possibilità per il contribuente di impugnare l’atto dell’Ufficio di diniego dell’autotutela, la giurisprudenza ha adottato pronunce difformi, e, quindi non sussiste, ad oggi, un orientamento consolidato.  

3) Controversie tra sostituti e sostituiti

la Corte di Cassazione, con la sentenza a SS. UU. n. 23019 del 29/11/2005, è giunta alla conclusione che le controversie tra sostituto e sostituito relative alla ritenute fiscali competono alla commissioni tributarie e non al giudice ordinario.

Più precisamente, secondo la Cassazione, nelle controversie scaturite dal rapporto di sostituzione tributaria tra sostituto d’imposta e sostituito il giudice tributario rappresenta il giudice naturale presso cui instaurare la lite.

4) Aiuti UE

La Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sent. n. 39/09 del 15/06/2005, ha stabilito che il giudice tributario non è competente a decidere sulla legittimità di una cartella di pagamento che contenga l’iscrizione a ruolo di una sanzione amministrativa pecuniaria irrogata con ordinanza-ingiunzione per indebito percepimento di aiuti comunitari.

5) Avviso di pagamento

Secondo la giurisprudenza l’avviso di pagamento – atteso che lo stesso ha la natura di una mera comunicazione bonaria, volta unicamente a favorire lo svolgimento del rapporto tributario, e quindi non ha carattere impositivo - non rientra nel novero  degli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 D. Lgs. n. 546/92.

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