Prassi sul contenzioso (Lettera A)

Circ. n. 291/E-II-3-5011 del 18 dicembre 1996

 II) Prassi sul contenzioso

 
II) A
 
Circ. n. 291/E-II-3-5011 del 18 dicembre 1996
Dir. AA.GG. e cont. trib.
Contenzioso tributario - Nuova disciplina - Modifiche - Innovazioni
introdotte dal D.L. 8 agosto 1996, n. 437 - Istruzioni e chiarimenti
 
    Premessa
 
    Con circolare n. 98/E del 23 aprile sono stati forniti chiarimenti e
opportuni suggerimenti volti ad agevolare e, sostanzialmente, assicurare,
attraverso l'analitica disamina delle disposizioni recate dal D.Lgs. n. 546
del 1992, nel testo risultante dopo le modifiche apportate dal D.L. 15
marzo 1996, n. 123, la puntuale difesa dell'Amministrazione nei giudizi
instaurati dinanzi ai nuovi organi di giurisdizione tributaria.
    Il D.L. 8 agosto 1996, n. 437 (che ha reiterato il D.L. 22 giugno 1996,
n. 329, le cui disposizioni erano contenute nel D.L. 16 maggio 1996,
n. 259, che a sua volta aveva reiterato il succitato D.L. 15 marzo 1996,
n. 123) è stato convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996,
n. 556.
    Quest'ultimo provvedimento ha introdotto diverse disposizioni che
costituiscono rilevanti integrazioni della disciplina del nuovo processo
tributario.
    Si rende, pertanto, necessario impartire istruzioni in ordine alle
innovazioni contenute nel menzionato provvedimento modificativo e, nel
contempo, fornire chiarimenti su taluni aspetti problematici, segnalati
dagli uffici o evidenziati dalla stampa specializzata.
    Con la presente circolare, seguendo la stessa metodologia in precedenza
adottata, si procede al commento degli articoli del D.Lgs. n. 546 del 1992
che richiedono ulteriori chiarimenti interpretativi.
    Si riporta in appendice il testo del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546,
integrato con le menzionate modifiche intervenute.
 
 
    Art. 2
    Oggetto della giurisdizione tributaria
 
    Nell'ambito delle controversie relative alle imposte sui redditi sono
da ricomprendere quelle concernenti il contributo al Servizio sanitario
nazionale (cosiddetta tassa sulla salute), di cui all'art. 31 della L. 28
febbraio 1986, n. 41; ciò in quanto il menzionato contributo, essendo
dichiarato, accertato e riscosso secondo le modalità previste per i
suddetti tributi diretti (cfr. art. 14, comma 2, della L. 30 dicembre 1991,
n. 413) non può essere sottratto alla giurisdizione dell'organo preposto
all'esame delle liti relative ai tributi medesimi.
 
 
    Art. 12
    Assistenza tecnica
 
    È stato chiesto di conoscere il parere della scrivente in ordine ai
requisiti che i funzionari di associazioni di categorie rappresentate nel
Cnel devono possedere per poter esercitare l'assistenza tecnica dinanzi
alle Commissioni tributarie provinciali e regionali.
    In proposito, si precisa che, per quel che riguarda i funzionari delle
predette associazioni, iscritti negli elenchi di cui all'art. 30, comma 3,
del D.P.R. n. 636 del 1972 alla data del 15 gennaio 1993, deve ritenersi
che i medesimi possono prestare assistenza solo nei confronti degli
aderenti all'associazione e sino a che perduri il rapporto organico di
dipendenza con l'associazione stessa, anche se privi di uno specifico
titolo di studio.
    I funzionari, per contro che, alla data del 15 gennaio 1993, non
risultavano ancora iscritti negli elenchi di cui sopra, possono esercitare
parimenti l'assistenza tecnica a favore degli associati, ma solo se in
possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio
o equipollenti o del diploma di ragioneria, nonché della   relativa
abilitazione. Tale facoltà cessa con il venir meno del rapporto di lavoro
con l'associazione medesima. Si ricorda, comunque, che per questa categoria
di funzionari è anche prevista, come presupposto indispensabile per
esercitare il patrocinio alle liti degli associati, l'iscrizione in
appositi elenchi da tenersi presso le direzioni regionali delle entrate.
    Peraltro, come disposto dal comma 2 dell'art. 12 del D.L. 8 agosto
1996, n. 437, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 ottobre 1996, n.
556, fino alla formazione dei predetti elenchi, i soggetti appartenenti a
tale ultima categoria devono, a pena di inammissibilità, attestare, nel
ricorso, il possesso dei requisiti richiesti.
    Per quanto concerne la qualifica di "associata", necessaria perché la
parte possa essere assistita dal dipendente dell'associazione, il requisito
si ritiene esistente sia quando detta qualifica sussista al momento
dell'instaurazione della controversia dinanzi alla Commissione tributaria,
ritenendo irrilevanti le eventuali diverse posizioni   antecedenti   o
successive a tale momento, sia nel momento in cui si instaura una
controversia relativa a un anno d'imposta pregresso durante il quale
esisteva il rapporto di associazione, successivamente risolto per recesso o
per cessazione dell'attività.
    Infine, in base alla chiara formulazione dell'art. 12, l'assistenza
tecnica può essere prestata dai funzionari dell'associazione solo a favore
degli "associati", escludendosi, pertanto, la possibilità che   detta
assistenza venga estesa ad altri soggetti   (esempio   familiari   non
collaboratori dell'impresa familiare).
    In merito, poi, ai dubbi interpretativi cui, come da alcune parti
rappresentato, avrebbe dato adito la non sufficiente esplicitazione della
norma in commento in relazione alla nozione di "impresa", se, cioè, la
stessa debba essere intesa in termini civilistici, ovvero in termini
fiscali, con riferimento, quindi, all'esercizio di attività che producono
redditi d'impresa in base al Capo VI del Tuir,   si   svolgono   le
considerazioni che seguono.
    La formulazione della norma induce a ritenere che il legislatore abbia
voluto riferirsi a un concetto ampio di impresa, intendendosi per tale
quella che produce il relativo reddito ai sensi dell'art. 51 del Tuir,
atteso che il richiamo che la norma stessa opera all'art. 2359 del codice
civile consente di affermare che si debba far riferimento alla nozione di
impresa nella sua accezione non fiscale solo nell'ipotesi in cui al
concetto di impresa sia correlato il menzionato riferimento civilistico
(cioè nel caso delle società controllate).
    Tale interpretazione è stata, peraltro, condivisa dall'ufficio del
coordinamento legislativo con nota n. 3-4303/UCL del 24 luglio 1996.
    È stato inoltre chiesto di conoscere se il curatore fallimentare, quale
professionista appartenente a una delle categorie professionali abilitate
all'assistenza tecnica per effetto dell'art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992,
e, al tempo stesso, quale rappresentante legale del fallito, possa
assistere quest'ultimo in giudizio, alla luce della disposizione recata dal
comma 6 dello stesso art. 12 che permette ai soggetti, in possesso dei
requisiti richiesti per esercitare il patrocinio alle liti, di stare in
giudizio personalmente.
    A tale proposito si ritiene che il curatore fallimentare non possa
assumere anche la veste di difensore tecnico del fallito nelle controversie
dinanzi alle Commissioni tributarie, in virtù del disposto dell'art. 31,
comma 3, del R.D. 16 marzo 1947, n. 267, in base al quale il curatore
fallimentare non può rivestire il ruolo di avvocato o di procuratore nei
giudizi che riguardano il fallimento e dell'art. 25, comma 1, n. 6), del
citato regio decreto che prevede, tra i poteri del giudice delegato, la
nomina degli avvocati e dei   procuratori.   Malgrado   le   menzionate
disposizioni operino un espresso richiamo solo a una precisa categoria
professionale, si ritiene che lo stesso criterio valga anche nei confronti
del curatore fallimentare appartenente alle altre categorie professionali
abilitate all'assistenza tecnica, escludendosi pertanto, in tali ipotesi,
la possibilità che il rappresentante legale del fallito possa anche
difenderlo nel giudizio tributario.
    Diversa, invece, è la situazione relativamente alle controversie
tributarie concernenti il soggetto fallito, già pendenti alla data del 1°
aprile 1996 dinanzi alle preesistenti Commissioni tributarie di primo e
secondo grado.
    Si ricorda infatti che, secondo la disciplina transitoria recata
dall'art. 79, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per le predette
controversie la nomina da parte del ricorrente di un difensore abilitato
non è obbligatoria, bensì può essere discrezionalmente disposta dal
presidente della sezione o dal collegio sulla base di valutazioni di
opportunità.
    Poiché, ai sensi dell'art. 43 del R.D. n. 267 del 1947, è stata
riconosciuta la legitimatio ad processum del curatore fallimentare nelle
controversie relative a rapporti giuridici del fallito, previa,  tuttavia,
l'autorizzazione a stare in giudizio rilasciata dal giudice delegato, ai
sensi dell'art. 31, comma 2, del predetto regio decreto, si ritiene che,
nelle controversie tributarie già pendenti alla data del 1° aprile dinanzi
ai previgenti organi di giustizia tributaria, il fallito possa stare in
giudizio tramite il curatore fallimentare, in veste però solo di suo
rappresentante legale. Pertanto, relativamente a tali liti, qualora non sia
stata disposta l'assistenza tecnica con  provvedimento   del   giudice
tributario, il curatore fallimentare potrà, per conto del fallito, svolgere
tutte le attività processuali connesse al giudizio (esempio produzione di
documenti, presentazione di istanza di trattazione in pubblica udienza,
discussione orale della controversia).
    Altra questione meritevole di approfondimento è quella concernente il
significato da attribuire alla locuzione "valore della lite", in caso di
perdita. In particolare si tratta di stabilire le modalità da seguire in
quest'ipotesi al fine di determinare detto valore e, conseguentemente,
l'eventuale obbligo all'assistenza tecnica. In tal caso il "valore" va
determinato con riferimento all'imposta virtuale o alla maggiore imposta
effettiva relativa alla differenza tra la perdita dichiarata e la minor
perdita accertata dall'ufficio.
    Per quanto riguarda, invece, le controversie concernenti gli atti
relativi alle operazioni catastali indicate nell'art. 2, comma 3, del
D.Lgs. n. 546 del 1992, si ritiene che alle stesse non risulti applicabile
la disposizione riguardante l'esclusione dall'assistenza tecnica, di cui al
comma 5 dell'articolo in commento. Ciò, sia per la particolare natura delle
controversie medesime, sia in considerazione del fatto che per le stesse
non può determinarsi un valore della lite nei termini specificati dalla
disposizione in esame.
 
 
    Art. 13
    Assistenza tecnica gratuita
 
    Alcune Direzioni regionali delle Entrate hanno chiesto chiarimenti  in
ordine all'attività che le stesse sono chiamate a svolgere con riferimento
alla costituzione e composizione delle speciali commissioni preposte
all'assistenza tecnica gratuita.
    Al riguardo si precisa che la competenza in ordine alla costituzione,
presso ciascuna Commissione tributaria provinciale e regionale, delle
speciali commissioni per l'assistenza tecnica gratuita, deve intendersi
affidata esclusivamente ai presidenti di ciascuno dei detti   organi
giurisdizionali.
   Nell'ambito di tale competenza, i giudici di cui sopra procedono alla
designazione dei componenti provenienti dalle rispettive   Commissioni
tributarie (un presidente di sezione e un giudice   tributario)   ed
effettuano, all'inizio di ogni anno, la scelta di tre soggetti designati
dagli ordini professionali e dalla Direzione regionale delle Entrate nella
cui circoscrizione è insediata la Commissione tributaria.
    In assenza di una puntuale previsione normativa in ordine ai criteri da
adottare relativamente ai turni di rotazione tra gli ordini professionali e
la Direzione regionale delle Entrate per l'effettuazione delle anzidette
scelte, si ritiene che l'avvicendamento tra gli stessi possa avvenire sulla
base di una valutazione discrezionale operata dai presidenti di ciascuno
degli organi giurisdizionali in questione. Depone in favore di tale
interpretazione il disposto dell'art. 5 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3282,
e successive modificazioni e integrazioni, che, nel disciplinare in via
generale l'istituto del gratuito patrocinio, conferisce analogo potere al
presidente della Corte di appello.
    Si ritiene, pertanto, che le designazioni di iscritti negli albi o
elenchi di cui al comma 2 dell'art. 12 debbano essere   effettuate
esclusivamente a seguito della scelta - cui consegue la specifica richiesta
di designazione - avanzata dal presidente della Commissione tributaria.
    Va rilevato che la scelta instaura, di fatto, un ordine di precedenza,
intesa, peraltro, solo in via temporanea, tra gli ordini professionali,
stabilendo, conseguentemente, il "turno" di cui alla norma in commento.
    In base al criterio di turnazione adottato, gli ordini scelti il primo
anno saranno esclusi dalla scelta da operarsi nell'anno successivo, e così
di seguito, fino ad esaurimento del turno.
    A turno concluso, per avvenuta scelta alternativa di tutti gli ordini
professionali, nonché delle Direzioni regionali delle Entrate, si tornerà a
operare come dall'inizio, stabilendo, in tal modo, un nuovo turno.
 
 
    Art. 14
    Litisconsorzio e intervento
 
    È stato da più parti posto il problema se, in ipotesi di impugnazione
del ruolo, della cartella di pagamento o dell'avviso di mora, il ricorso
debba essere proposto nei confronti del concessionario della riscossione
e/o dell'ufficio finanziario titolare del tributo, supponendo l'esistenza
di un rapporto di litisconsorzio necessario tra i due citati soggetti.
    Al riguardo è da chiarire che, sotto  il profilo processuale, la
posizione del concessionario della riscossione è ben distinta dalla
posizione dell'ufficio titolare del tributo.
    Pertanto, il ricorso sarà proposto nei confronti dell'ufficio quando
dalla cartella di pagamento si evince che il vizio è riferibile al ruolo
formato dall'ufficio stesso e non all'atto in cui il ruolo viene portato a
conoscenza del contribuente (cartella di pagamento). Parte del processo
sarà, altresì, l'ufficio quando la notifica della cartella di pagamento o
dell'avviso di mora non è stata preceduta dalla notifica dell'avviso di
accertamento o di altro atto impugnabile autonomamente, previsto dalla
legge. Sarà, invece, proposto ricorso nei confronti del concessionario
della riscossione quando la cartella di pagamento o l'avviso di mora sono
affetti da vizi propri, cioè in presenza di irregolarità connesse agli
elementi essenziali prescritti dalla legge per la loro emissione e
compilazione.
    Nei casi in cui vi sia incertezza in ordine alla riferibilità della
violazione al ruolo ovvero alla cartella di pagamento il contribuente potrà
richiamare in giudizio sia l'ufficio tributario che il concessionario della
riscossione dei tributi in base al disposto dell'art. 14, comma 3, del
D.Lgs. n. 546 del 1992.
    Tra le ipotesi di litisconsorzio necessario possono essere ricondotte
quelle rinvenibili nel disposto degli artt. 43-bis e 43-ter del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 602. In particolare, nei predetti   articoli   si
configurano talune ipotesi di responsabilità solidale tra più soggetti
(cedente/cessionario) con la conseguenza che, sul piano processuale, è
possibile ravvisare un'ipotesi di litisconsorzio necessario.
    Analogamente è da ritenere che, per la particolare disciplina delle
dichiarazioni e dei versamenti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto,
prevista per le società controllanti e controllate (cfr. art. 73, comma 3,
del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) sia configurabile, sul   piano
processuale, un'ipotesi di litisconsorzio necessario. Infatti, in base alla
menzionata disposizione, le società controllate rispondono in solido con
l'ente o la società controllante per il pagamento delle imposte risultanti
dalle proprie liquidazioni periodiche o dalle proprie dichiarazioni e non
versate dall'ente o società controllante (cfr. art. 6, comma 2, del D.M. 13
dicembre 1979).
 
 
    Art. 15
    Spese del giudizio
 
    La L. 24 ottobre 1996, n. 556, di conversione del D.L. 8 agosto 1996,
n. 437, ha introdotto nell'articolo in esame la disposizione secondo la
quale nella liquidazione delle spese di giudizio a favore dell'ufficio del
Ministero delle finanze e degli enti locali, se assistiti da funzionari
dell'Amministrazione, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e
procuratori, con la riduzione del 20% degli onorari di avvocato ivi
previsti.
    Sono sorti dubbi in ordine alla necessità di proposizione della domanda
di condanna alle spese ai fini della relativa statuizione.
    La scrivente ritiene, al riguardo, che è sempre necessario formulare
una specifica richiesta di condanna della controparte alle spese di lite.
Tale richiesta verrà formulata dai dipendenti uffici per iscritto nell'atto
di controdeduzioni o nell'atto di appello.
    A tal fine si suggerisce di utilizzare il seguente schema di nota-
spese opportunamente integrato o modificato in relazione alla singola
fattispecie concreta, tenendo presente che per valore della controversia
deve intendersi quello risultante dalla somma dell'imposta, delle sanzioni,
degli interessi e di ogni altro eventuale accessorio. Detta nota dovrà
essere depositata, tenendo presente quanto previsto dall'art. 75 del codice
di procedura civile, disposizioni attuative, entro i termini stabiliti
rispettivamente dai commi 2 e 3 dell'art. 32 del D.Lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546.
 
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Commissione tributaria (provinciale o regionale di ...)
Sezione n. ... Trattazione del ././.
 
    Il sottoscritto direttore dell'ufficio...di...nel processo N.R.G...
pendente innanzi a codesta Commissione tributaria, promosso da..., con
ricorso n. ... o con atto di appello n. ... notificato il ..., presenta la
sottoestesa
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Nota Spese di lite
 
Valore della controversia L. ...
 
A) Giudizio di I grado
 
1.a Onorari di avvocato (ridotti del 20%)
 
- Studio della controversia                    L. ...
- Redazione delle controdeduzioni              L. ...
- Partecipazione all'udienza di discussione
 dell'istanza di sospensione                  L. ...
- Redazione memoria difensiva                  L. ...
- Redazione replica                            L. ...
- Partecipazione all'udienza di trattazione
 non di mero rinvio                           L. ...
- Discussione in pubblica udienza              L. ...
 
Totale 1.a                                     L. ...
 
 
2.a Diritti procuratori
 
- Formazione del fascicolo                     L. ...
- Costituzione in giudizio                     L. ...
- Deposito fascicolo                           L. ...
- Redazione istanza di trattazione in
 pubblica udienza                             L. ...
- Notificazione dell'istanza di trattazione
 in pubblica udienza                          L. ...
- Deposito dell'istanza di trattazione in
 pubblica udienza                             L. ...
- Redazione nota di deposito                   L. ...
- Deposito nota documenti                      L. ...
- Esame scritti difensivi e documenti di
 controparte                                  L. ...
- Esame ordinanze e decreti                    L. ...
- Redazione della nota spese                   L. ...
- Deposito nota spese                          L. ...
 
 
Totale 2.a                                     L. ...
 
 
3.a Spese
 
- Spese generali (10% del totale 1.a+2.a)        L. ...
- Spese documentate (es. spese
 di notificazione):                             L. ...
 (Causale)                                      L. ...
 "                                              L. ...
 "                                              L. ...
 
 
Totale 3.a                                       L. ...
 
Riepilogo onorari, diritti e spese del
giudizio di I grado (Totale 1.a+2.a+3.a)         L. ...
 
 
 
B) Giudizio di II grado
 
1.b Onorari di avvocato (ridotti del 20%)
 
- Studio della controversia                    L. ...
- Redazione dell'atto di appello               L. ...
- Redazione dell'atto di appello incidentale   L. ...
- Redazione delle controdeduzioni              L. ...
- Redazione memoria difensiva                  L. ...
- Redazione replica                            L. ...
- Partecipazione all'udienza di trattazione
 non di mero rinvio                           L. ...
- Discussione in pubblica udienza              L. ...
 
    Totale 1.b                                 L. ...
 
 
2.b Diritti procuratori
 
- Richiesta copia sentenza                     L. ...
- Esame sentenza                               L. ...
- Formazione del fascicolo                     L. ...
- Costituzione in giudizio                     L. ...
- Deposito fascicolo                           L. ...
- Redazione istanza di trattazione
 in pubblica udienza                          L. ...
- Notificazione dell'istanza di
 trattazione in pubblica udienza              L. ...
- Deposito dell'istanza di trattazione
 in pubblica udienza                          L. ...
- Redazione nota di deposito                   L. ...
- Deposito nota documenti                      L. ...
- Esame scritti difensivi e documenti
 di controparte                               L. ...
- Esame ordinanze e decreti                    L. ...
- Redazione della nota spese                   L. ...
- Deposito nota spese                          L. ...
 
Totale 2.b                                     L. ...
 
 
3.b Spese
 
- Spese generali (10% del totale 1.b+2.b)
- Spese documentate (es. spese di
 notificazione):                              L. ...
 (Causale)                                    L. ...
 "                                            L. ...
 "                                            L. ...
 
Totale 3.b                                     L. ...
 
Riepilogo onorari, diritti e spese del
giudizio di II grado (Totale 1.b+2.b+3.b)      L. ...
 
 
Il direttore
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    Per la determinazione degli importi da indicare in corrispondenza delle
singole voci va applicata la tariffa forense deliberata dal Consiglio
nazionale forense in data 12 giugno 1993, adottata con decreto del Ministro
di grazia e giustizia n. 585 del 5 ottobre 1994 e pubblicata sulla G.U.
serie generale n. 247 del 21 ottobre 1994.
    Da detta tariffa, infatti, vanno desunti i criteri generali di
liquidazione (art. 5), il criterio di determinazione del valore della lite
(art. 6), nonché gli onorari dei giudizi di primo e secondo grado (tabella
A, paragrafi III e V), i coefficienti di applicazione (tabella A, paragrafo
VI) e i diritti procuratori (tabella B).
    Inoltre, è appena il caso di ricordare che, ove il processo si dovesse
concludere con la sola celebrazione del giudizio di primo grado, la nota
spesa di lite sarà compilata nella sola parte A, mentre, nell'ipotesi di
espletamento anche del secondo grado del giudizio, la nota spese dovrà
essere redatta sia per la parte A sia per la parte B, atteso che in tali
ultime ipotesi il giudice tributario statuirà sulle spese di lite relative
al doppio grado del giudizio.
    Gli uffici avranno cura di presentare la nota spese di lite anche per i
giudizi già pendenti alla data del 1° aprile 1996 in quanto anche per detti
giudizi si applica la nuova disciplina in tema di condanna alle spese, ma
limitatamente agli atti formati e all'attività processuale svolta a
decorrere dalla predetta data.
 
 
    Art. 16
    Comunicazioni e notificazioni
 
    Sono stati posti quesiti in ordine alla legittimità della notifica del
ricorso in primo grado o in appello presso gli uffici delle avvocature
distrettuali dello Stato, nelle cui circoscrizioni hanno sede gli uffici
del Ministero delle finanze. Al riguardo si precisa che l'anzidetta
notifica deve essere effettuata agli uffici tributari che hanno la
legitimatio ad processum nel giudizio instaurato.
    Solo nelle ipotesi di costituzione in sede d'appello dell'Avvocatura
distrettuale dello Stato, gli atti   dovranno   essere   notificati   a
quest'ultima.
 
 
    Art. 20
    Proposizione del ricorso
 
    Aspetti problematici connessi alla proposizione del ricorso si pongono
con riferimento alla speciale procedura prevista per impugnare il ruolo
formato, ai sensi dell'art. 7 del D.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, dai
Centri di servizio.
    Com'è noto, tale disciplina è contenuta nell'art. 10 del predetto
decreto che dispone la presentazione del ricorso avverso il menzionato
ruolo mediante spedizione dell'originale del ricorso stesso al Centro di
servizio e, decorsi almeno sei mesi e non oltre due anni dalla data di
invio del ricorso in originale, mediante successivo deposito (o spedizione)
di una copia in carta libera del citato ricorso presso la segreteria della
Commissione tributaria competente. Tale deposito (o spedizione) rappresenta
il momento di costituzione del rapporto processuale, a seguito del quale la
segreteria della Commissione tributaria richiede al Centro di servizio
l'originale del ricorso in suo possesso. Il menzionato Centro di servizio
deve provvedere a trasmettere alla segreteria della Commissione tributaria
adita dal contribuente l'originale del ricorso unitamente alle proprie
deduzioni entro il termine di 40 giorni dal ricevimento della detta
richiesta. Nel rispetto dello stesso termine, il Centro di servizio deve
inviare il fascicolo relativo alla controversia all'ufficio distrettuale
delle imposte dirette competente per l'ulteriore attività di rappresentanza
e difesa dinanzi alle Commissioni tributarie.
    La diversità della disciplina appena delineata rispetto a quella
ordinaria attualmente in vigore impone una rilettura delle disposizioni
contenute nell'art. 10 del D.P.R. n. 787 del 1980 in senso logico-
sistematico al fine di rendere compatibili con il nuovo sistema di
costituzione in giudizio previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992.
    Innanzitutto, non si può prescindere dal disposto dell'art. 10 del
menzionato D.Lgs. n. 546 del 1992, il quale prevede che, qualora l'ufficio
che ha emanato l'atto impugnato sia un Centro di servizio, è parte nel
processo tributario l'ufficio delle Entrate del Ministero delle finanze cui
spettano le attribuzioni sul rapporto controverso. Tale precisazione è
necessaria in quanto, non possedendo il Centro di servizio lo status di
parte processuale, gli atti indispensabili per costituirsi in giudizio,
quale parte resistente nel processo, devono essere adottati dal competente
ufficio distrettuale delle imposte dirette.
    Pertanto, ferma restando la validità delle disposizioni contenute nel
comma 1 del menzionato art. 10 del D.P.R. n. 787 del 1980 e della procedura
ivi prevista, si rende necessario effettuare il coordinamento tra le nuove
norme e le precedenti, una volta spirato il termine di sei mesi dalla
proposizione del ricorso, entro il quale il Centro può effettuare la
cosiddetta attività precontenziosa.
    Al riguardo, premesso che il contribuente può costituirsi in giudizio
in un momento imprecisato, purché compreso tra il decorso dei sei mesi e lo
scadere del biennio della proposizione del ricorso, si pone il problema di
come rendere tempestivamente edotti gli uffici finanziari dell'effettiva
data di tale costituzione. Ciò al fine di individuare il momento dal quale
decorre il termine per la   costituzione   in   giudizio   dell'ufficio
finanziario, non previsto dalla normativa speciale dell'art. 10 del D.P.R.
n. 787 del 1980.
    L'ufficio distrettuale delle imposte dirette, che deve provvedere agli
adempimenti necessari alla costituzione in giudizio, viene in realtà a
conoscenza dell'esistenza della controversia solo in un momento successivo
e cioè all'atto della ricezione del fascicolo d'ufficio inviato dal Centro
di servizio.
    Pertanto, è indispensabile che la segreteria   della   Commissione
tributaria provinciale dia notizia in forma ufficiale della data di
avvenuta costituzione in giudizio del ricorrente al Centro di servizio
all'atto della richiesta dell'originale del ricorso presentato a suo tempo.
    La data di ricezione da parte del Centro di servizio della richiesta di
cui sopra, effettuata dalla segreteria della Commissione   tributaria
provinciale (quale risulta dal numero di protocollo di entrata apposto dal
Centro di servizio stesso in caso di consegna diretta o dal timbro postale
di arrivo in caso di spedizione), si ritiene, in assenza di una compiuta
previsione normativa, possa costituire dies a quo, oltreché per la
decorrenza del termine di 40 giorni per la trasmissione degli atti
d'ufficio da parte del Centro di servizio all'ufficio distrettuale delle
imposte dirette, anche per la decorrenza di quello di 60 giorni, previsto
dall'art. 23 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per la costituzione dell'ufficio
medesimo in giudizio.
    Ciò posto, si ravvisa la necessità di richiamare l'attenzione delle
Commissioni tributarie sulla puntuale applicazione dell'art. 30 del D.Lgs.
n. 546 del 1992 in base al quale la trattazione della controversia va
fissata "scaduto in ogni caso il termine per la costituzione delle parti";
pertanto, poiché l'ufficio delle imposte dirette (parte resistente) può
costituirsi, come già detto, nei 60 giorni dalla ricezione della richiesta
di trasmissione dell'originale del ricorso effettuata dalla segreteria
della Commissione tributaria provinciale al Centro di servizio, la predetta
data di trattazione dovrà essere, in ogni caso, successiva al suddetto
periodo temporale.
    Si invitano, inoltre, i Centri di servizio, al fine di assicurare alla
parte resistente un congruo lasso di tempo per effettuare la costituzione
in giudizio, a provvedere tempestivamente all'invio del fascicolo d'ufficio
al competente ufficio distrettuale delle   imposte   dirette   affinché
quest'ultimo possa compiutamente approntare le difese dell'Amministrazione.
    A tal fine il predetto Centro di servizio avrà cura di predisporre e
includere nel fascicolo uno schema di elementi proposti quale ipotesi di
controdeduzioni all'ufficio delle imposte dirette e l'eventuale richiesta
di trattazione in pubblica udienza, ove ritenuta necessaria. L'ufficio
delle imposte dirette, per economia di tempo, qualora dall'esame degli atti
ricevuti ritenga di poter aderire alla proposta di deduzioni avanzata dal
Centro di servizio, provvederà a farla propria e a ottemperare agli
adempimenti imposti dall'art. 23 del citato D.Lgs. n. 546 del 1992; in caso
contrario, lo stesso ufficio delle imposte dirette provvederà direttamente
alla stesura delle controdeduzioni e ai successivi adempimenti.
    Sottolineando ancora una volta l'esiguità del numero dei giorni
disponibili per effettuare la costituzione in giudizio da parte degli
uffici delle imposte dirette (infatti questi ultimi disporrebbero, in
realtà, non di 60 giorni pieni, ma decurtati del tempo necessario al Centro
di servizio per approntare e trasmettere il fascicolo d'ufficio corredato
dagli elementi sopra evidenziati), si invitano gli uffici finanziari a
predisporre i più opportuni moduli organizzativi per far fronte alle
menzionate incombenze.
    Si raccomanda, inoltre, agli uffici di porre la massima attenzione sul
controllo della sussistenza degli elementi di ammissibilità del ricorso
proposto dal contribuente, con particolare riguardo a quello contenuto
nell'art. 18, comma 2, lettera c), del citato D.Lgs. n. 546 del 1992,
concernente l'ufficio del Ministero delle finanze nei cui confronti il
ricorso è proposto. Infatti, qualora il ricorso menzioni quale ufficio
destinatario il Centro di servizio anziché l'ufficio distrettuale delle
imposte dirette territorialmente competente, potrà   essere   sollevata
eccezione di inammissibilità del ricorso stesso a norma del comma 4 del
suddetto art. 18.
    Qualora, a seguito dell'emissione della sentenza di primo grado,
risultino necessarie attività del Centro di servizio (nell'ipotesi, per
esempio, di effettuazione dello sgravio, ai sensi dell'art. 40 del D.P.R.
n. 602 del 1973, degli ammontari iscritti a ruolo e contenuti nella
cartella di pagamento impugnata), l'ufficio delle imposte dirette dovrà
inviare tempestivamente il fascicolo della controversia, contenente la
sentenza della Commissione tributaria provinciale, al Centro di servizio
stesso affinché quest'ultimo possa provvedere al riguardo.
 
 
    Art. 22
    Costituzione in giudizio del ricorrente
 
    Si pone il problema, in sede di costituzione in giudizio, se il
ricorrente debba accludere, alla copia del ricorso consegnato in originale
all'ente impositore, la fotocopia della ricevuta di deposito del ricorso
stesso (come disposto dal comma 1 dell'articolo in commento) ovvero se, a
tal fine, sia sufficiente l'attestazione di ricevuta sulla copia stessa
resa dall'impiegato addetto, secondo quanto previsto dall'art. 16, comma 3,
del D.Lgs. n. 546 del 1992.
    Al riguardo si osserva che sia l'una sia l'altra delle suddette
disposizioni possono soccorrere ai fini di cui trattasi, in quanto entrambe
le modalità ivi previste consentono il raggiungimento dello scopo voluto
dal legislatore; pertanto, la costituzione in giudizio   si   intende
validamente effettuata sia in caso di allegazione della fotocopia della
ricevuta di avvenuto deposito sia in caso di attestazione di ricevuta posta
sulla copia del ricorso.
 
 
    Art. 23
    Costituzione in giudizio della parte resistente
 
    Numerosi uffici finanziari hanno chiesto   di   conoscere   se   la
costituzione in giudizio della parte resistente possa essere effettuata,
oltre che tramite il deposito del fascicolo presso la segreteria della
Commissione, anche mediante l'inoltro della documentazione a mezzo posta.
    Al riguardo si ritiene che, attesa l'esplicita dizione usata dall'art.
23, non è ammissibile usufruire del servizio postale per costituirsi parte
nel processo tributario.
    Infatti, si deve sottolineare la circostanza che il legislatore, nei
casi in cui ha inteso consentire l'utilizzo dell'invio di atti processuali
tramite posta, lo ha previsto espressamente (cfr. art. 16, comma 3, del
D.Lgs. n. 546 del 1992).
    Inoltre, occorre tener presente l'analoga disposizione dettata per il
rito civile dall'art. 165 del codice di procedura civile, che consente la
costituzione in giudizio delle parti solo a mezzo deposito dei documenti
richiesti.
    Si deve ritenere che il direttore dell'ufficio possa delegare, per
l'adempimento delle formalità del deposito, personale appartenente almeno
alla III qualifica funzionale.
 
 
    Art. 25
    Iscrizione del ricorso nel registro generale.
 
Fascicolo d'ufficio del processo e fascicoli di parte
    Circa le spese per il rilascio delle copie, il comma 2 dell'art. 25 del
decreto legislativo in commento esclude il pagamento delle somme dovute
quando trattasi di ufficio tributario.
    A tal proposito occorre precisare che la norma, con  l'espressione
"ufficio tributario", non ha   inteso   riferirsi   solo   agli   uffici
dell'Amministrazione finanziaria, ma anche a quelli di qualunque altro ente
impositore (esempio: comune, provincia e regione).
 
 
    Art. 28
    Reclamo contro i provvedimenti presidenziali
 
    Come è noto, il comma 1 dell'articolo in esame dispone che avverso i
provvedimenti del presidente è ammesso reclamo da notificare alle altre
parti costituite nelle forme di cui all'art. 20, commi 1 e 2, entro il
termine perentorio di 30 giorni dalla loro comunicazione da parte della
segreteria. E' stato da taluni argomentato che, in base al menzionato
dettato normativo, in mancanza di costituzione della parte resistente, sia
preclusa al ricorrente la proposizione di reclamo avverso i provvedimenti
presidenziali. Tale conclusione non appare condivisibile. Infatti è di
tutta evidenza che la mancata costituzione della controparte non può
comportare limitazioni al diritto alla difesa dell'altra parte.
    In tali ipotesi, infatti, l'interessato proporrà reclamo esclusivamente
depositando l'atto presso la segreteria della Commissione tributaria.
    Quanto, infine, al termine entro il quale va presentato il reclamo in
argomento, sempre in considerazione del fatto che la mancata costituzione
di una parte non può limitare il diritto alla difesa dell'altra, si ritiene
che il reclamante possa eseguire il deposito nel termine massimo di 30
giorni dalla comunicazione del provvedimento del presidente a cura della
segreteria. A tale conclusione si perviene sulla base del coordinamento tra
i commi 1 e 2 dell'articolo in commento. Infatti, la prima delle richiamate
disposizioni stabilisce il termine perentorio di   30   giorni   dalla
comunicazione del provvedimento del presidente a cura della segreteria per
la notificazione del reclamo alle altre parti costituite; la seconda,
invece, stabilisce un termine di 15 giorni dall'ultima notificazione per
effettuare il deposito del reclamo stesso.
    Pertanto, poiché la notifica del reclamo alla controparte non può
essere effettuata per mancata costituzione della parte resistente, ne
consegue che il lasso temporale previsto espressamente dal legislatore per
detto adempimento (30 giorni) può essere utilizzato per effettuare la
formalità del deposito.
 
 
    Art. 33
    Trattazione in camera di consiglio
 
    E' sorto il dubbio se la richiesta di discussione della controversia in
pubblica udienza possa essere prodotta, oltre che con istanza separata, con
il ricorso introduttivo del giudizio.
    Al riguardo, si evidenzia che il comma 1 dell'articolo in commento
prevede la possibilità, per la parte che ne abbia interesse, di chiedere la
discussione in pubblica udienza con  apposita istanza da depositare in
segreteria e notificare alle altre parti costituite entro dieci giorni
liberi prima della data di trattazione.
    Atteso che la disposizione in esame stabilisce che l'istanza deve
essere notificata alle "parti costituite" ne consegue che la stessa deve
essere proposta con atto separato rispetto al ricorso introduttivo in un
momento successivo alla costituzione delle parti ai sensi degli artt. 22 e
23 del D.Lgs. n. 546 del 1992.
 
 
    Art. 47
    Sospensione dell'atto impugnato (1)
 
    La L. n. 556 del 1996, nel convertire il D.L. n. 437 del 1996, ha
apportato alcune modifiche alla disciplina della sospensione in via
amministrativa dei ruoli formati per la riscossione dell'imposta sul valore
aggiunto e delle altre imposte indirette.
    In particolare, il cennato provvedimento legislativo ha ripristinato la
norma contenuta nell'art. 11, comma 5, del D.L. 13 maggio 1991, n. 151,
convertito dalla L. 12 luglio 1991, n. 202.
    Pertanto, a parziale modifica di quanto chiarito con la circolare
n. 98/E del 23 aprile 1996, si precisa che è ora possibile chiedere, in via
amministrativa, la sospensione dei ruoli, di cui all'art. 67, commi 1 e 2,
lettera a), del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, emessi ai fini della
riscossione coattiva dell'imposta sul valore aggiunto, dell'imposta di
registro, dell'imposta sulle successioni e donazioni, nonché dell'imposta
sull'incremento di valore degli immobili.
    L'istanza di sospensione va presentata alla Direzione regionale delle
Entrate competente che, sentito l'ufficio titolare del tributo, può
concederla, in tutto o in parte, con provvedimento motivato notificato al
concessionario della riscossione e al contribuente.
    Il beneficio opera fino alla data di pubblicazione della sentenza della
Commissione tributaria provinciale; resta inteso che, ove sopravvenga
fondato pericolo per la riscossione, la sospensione può essere revocata in
qualsiasi momento con provvedimento della Direzione regionale   delle
Entrate.
    Da più parti è stato chiesto se è possibile presentare autonome istanze
di sospensione dell'atto impugnato relativamente ai giudizi già pendenti
alla data del 1° aprile 1996 innanzi alle soppresse Commissioni tributarie
di primo grado, attualmente trasferiti alle   Commissioni   tributarie
provinciali.
    Al riguardo, considerato che unico presupposto   processuale   per
l'instaurazione del procedimento incidentale di sospensione è la regolare
costituzione del giudizio principale cui esso inerisce, si   ritiene
legittima la proposizione della domanda di sospensione dell'atto impugnato
anche se il relativo giudizio di   impugnazione   è   stato   proposto
anteriormente al 1° aprile 1996.
    In tale ipotesi, il ricorrente incardinerà nel giudizio principale il
giudizio   di   sospensione   presentando   alla   Commissione   tributaria
provinciale, presso cui pende il ricorso originario, separata o motivata
istanza, notificata alla controparte e depositata con le stesse modalità e
nelle medesime forme previste dal D.Lgs. n. 546 del 1992 per   le
notificazioni e i depositi dei ricorsi.
    Resta inteso che relativamente a detto procedimento incidentale non si
dovrà ottemperare all'obbligo di assistenza tecnica di cui all'art. 12,
salvo che la Commissione non ne ravvisi la necessità ai sensi dell'art. 79,
comma 2 dello stesso decreto legislativo.
    A tale conclusione si perviene in base al criterio logico- sistematico
di necessario assorbimento del procedimento incidentale nell'alveo del
giudizio principale; pertanto, qualora per quest'ultimo non sia disposta la
regolarizzazione dell'assistenza tecnica, non si ravvisano valide ragioni
per prevederla obbligatoriamente nel giudizio incidentale.
    Inoltre, sono stati sollevati problemi in ordine all'ammissibilità e ai
tempi di proposizione dell'istanza di sospensione con riferimento alle
seguenti ipotesi:
        1) impugnazione dell'avviso di accertamento senza   richiedere
contestualmente, o con atto separato, la sospensione dell'esecuzione
dell'atto;
        2) mancata impugnazione dell'avviso di accertamento e impossibilità
di impugnare il ruolo, in mancanza di vizi propri;
        3) impugnazione dell'avviso   di   accertamento   con   richiesta
contestuale, o con atto separato, di sospensione dell'atto e successivo
rigetto dell'istanza da parte della Commissione tributaria provinciale, che
ha ritenuto insussistente l'irreparabilità del danno in presenza di un
avviso di accertamento.
    Con riferimento alla prima ipotesi si ritiene che il ricorrente possa
richiedere la sospensione dell'esecuzione dell'atto anche in conseguenza
della notifica della cartella di pagamento. Ciò in quanto il comma 1
dell'art. 47 del D.Lgs. n. 546 del 1992, nel disciplinare la proposizione
dell'istanza di sospensione dell'atto rivolta alla Commissione tributaria
provinciale, stabilisce che la stessa può essere presentata, oltre che nel
ricorso, anche con atto separato, senza indicare però un termine per la
proposizione dell'istanza medesima.
    Con riferimento alla seconda ipotesi, si ritiene improponibile la
domanda di sospensione degli effetti dell'iscrizione a ruolo, allorquando
manca il detto giudizio principale di impugnazione del ruolo stesso.
    E, infatti, poiché l'art. 19, comma 1, lettere a) e d), configura
l'avviso di accertamento dei tributi e il ruolo quali atti distinti e
autonomamente impugnabili, occorre che, per innestarvi il relativo giudizio
incidentale di sospensione, siano stati preventivamente costituiti i
rispettivi giudizi principali di impugnazione.
    Per quanto riguarda, infine, l'ipotesi di cui al punto sub 3), si
ritiene che il ricorrente possa proporre alla Commissione tributaria
provinciale una nuova istanza motivata diretta all'adozione da parte della
Commissione stessa del provvedimento cautelare, in forza di quanto disposto
dal comma 1 dell'art. 47 in commento.
    Va infine rilevato che l'esecutività del ruolo può arrestarsi anche per
effetto di un precedente provvedimento di sospensione dell'efficacia
dell'avviso di accertamento del tributo; tale conseguenza si determina
automaticamente e non per sospensione del ruolo stesso disposta dal giudice
tributario.
    Si pone, infine, il problema della sospensione dell'esecuzione della
cartella di pagamento emessa dal Centro di servizio una volta decorsi i sei
mesi dalla presentazione del ricorso al Centro di servizio stesso e dopo
l'avvenuto deposito di un esemplare del ricorso in carta libera presso la
segreteria della Commissione tributaria adita. In tal caso, a parziale
modifica di quanto affermato nella circolare n. 98/E del 23 aprile 1996, si
precisa che il procedimento cautelare potrà svolgersi dinanzi   alla
Commissione tributaria provinciale competente e dello stesso saranno parti
il   ricorrente   e   l'ufficio   distrettuale   delle   imposte    dirette
territorialmente competente. Ciò posto, l'ufficio distrettuale   delle
imposte dirette che, ai sensi dell'art. 47, comma 1, del menzionato D.Lgs.
n. 546 del 1992, costituisce la parte nei cui confronti notificare
l'istanza motivata di sospensione, dovrà provvedere tempestivamente ad
acquisire dal Centro di servizio gli elementi necessari per le valutazioni
da svolgere in relazione al richiesto provvedimento di sospensione.
 
 
    Art. 48
    Conciliazione giudiziale
 
    Alcuni uffici hanno chiesto di conoscere se, in ipotesi di proposta di
conciliazione giudiziale, debba essere richiesto all'Ute il parere di
congruità sui termini economici della proposta stessa, quando il citato
ufficio abbia formulato una relazione di stima dei beni in sede di
accertamento, che si manifesta quantitativamente diversa da quella recata
nella proposta stessa.
    Premesso che, al riguardo, la normativa concernente l'istituto in
argomento non prevede alcun obbligo di richiesta del suddetto parere, si
ritiene opportuno che, nei casi in esame, la proposta di conciliazione
indichi una circostanziata motivazione sugli elementi che hanno indotto una
differente valutazione.
    E' stato chiesto, inoltre, se sia legittimo porre in essere un accordo
conciliativo nei casi in cui il ricorrente accetti l'intero importo della
maggiore imposta accertata al solo fine di beneficiare della conseguente
riduzione delle sanzioni irrogate.
    In proposito, pur ritenendosi che in simili fattispecie la  valutazione
dell'opportunità di conciliare sia da esaminare caso per caso, si evidenzia
che, sotto il profilo della legittimità, nulla osta alla conclusione di un
accordo conciliativo nei termini economici sopraindicati, sempreché vengano
evidenziati i motivi di convenienza in base ai quali si ritiene opportuno
non proseguire la controversia.
    Ancora in tema di conciliazione giudiziale, è stato posto il quesito se
le somme versate dal ricorrente a titolo di iscrizione provvisoria possano
essere computate in diminuzione dalle somme   dovute   a   titolo   di
conciliazione.
    Si ritiene al riguardo che la norma contenuta nel secondo periodo del
comma 3 dell'articolo in esame fa riferimento alle somme effettivamente
dovute, allorquando conferisce al processo verbale il valore di titolo
esecutivo.
    Pertanto, è possibile computare in diminuzione dalle somme dovute,
risultanti dall'accordo conciliativo, quanto eventualmente già versato a
titolo provvisorio.
    Ovviamente, la compensazione incontra il limite posto al comma 7
dell'articolo in commento, secondo il quale la conciliazione non dà luogo
alla restituzione da parte dell'ente impositore, delle somme già versate.
 
 
    Art. 51
    Termini di impugnazione
 
    Circa l'individuazione dei casi in base ai quali l'ufficio che risulti
soccombente ha interesse a notificare la relativa sentenza, ove la
controparte non vi abbia provveduto, si osserva che la parte soccombente
non ha alcun interesse alla notifica della sentenza.
    Dal tenore letterale della norma in esame, infatti, si evince, per via
del richiamo del disposto dell'art. 38, comma 3, che, se nessuna delle
parti provvede alla notificazione, si applica il termine lungo di un anno e
46 giorni per impugnare la sentenza.
    Detto termine decorre dalla data di pubblicazione della sentenza
stessa, vale a dire dal momento del suo deposito in segreteria del testo
integrale originale.
    Pertanto, non avendo la parte soccombente (sia  nell'ipotesi   di
soccombenza parziale che totale) alcun interesse alla notifica della
sentenza ai fini della decorrenza del termine breve, ne consegue che nel
caso di specie, l'ufficio in mancanza di notificazione della sentenza a
cura della parte vittoriosa può proporre la relativa impugnazione nel
cosiddetto termine lungo (art. 327, comma 1, del codice di procedura
civile).
 
 
    Art. 52
    Giudice competente e legittimazione ad appellare
 
    La L. n. 556 del 1996, in sede di conversione del D.L. n. 437 del 1996,
ha reintrodotto il comma 2 dell'art. 52.
    Tale disposizione prevede che gli uffici periferici del dipartimento
delle Entrate e gli uffici del Territorio devono essere previamente
autorizzati alla proposizione dell'appello principale dal responsabile del
servizio del contenzioso rispettivamente alla Direzione regionale delle
Entrate e alla Direzione compartimentale del Territorio.
    A tale proposito, si raccomanda agli uffici periferici di richiedere
tempestivamente la predetta autorizzazione, attese le conseguenze negative
che comporta la sua mancanza. Nell'atto di appello dovranno essere indicati
gli estremi dell'autorizzazione.
    Si ricorda che la menzionata autorizzazione non va richiesta  nel caso
di proposizione di appello incidentale.
    Si rileva, infine, che la disposizione concernente l'autorizzazione
all'impugnativa della direzione competente si rende applicabile dal 26
ottobre 1996, giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della legge di conversione 24 ottobre 1996, n. 556, del D.L. 8
agosto 1996, n. 437, e pertanto il relativo adempimento dovrà essere
osservato con riferimento a tutti gli appelli in relazione ai quali alla
predetta data non sia stata ancora intervenuta la notifica dell'atto alla
controparte.
    A tal fine, per verificare la sussistenza o meno di detto obbligo in
capo agli uffici finanziari, non si farà riferimento alla data di notifica
dell'appello - qualora la stessa sia stata effettuata a decorrere dal 26
ottobre 1996 - bensì a quella di proposizione della predetta impugnazione,
comprovabile sulla base di obiettivi elementi di riscontro in possesso
degli uffici (per esempio, la data di spedizione nel caso di notifica da
effettuare a mezzo del servizio postale).
 
 
    Art. 53
    Forma dell'appello
 
    È stato richiesto se l'ufficio del Ministero delle finanze e l'ente
locale impositore possano notificare l'atto di appello a mezzo di messo
autorizzato dall'Amministrazione finanziaria o di messo comunale, atteso
che l'art. 53, comma 2, richiama esclusivamente l'art. 20, commi 1 e 2, e
non anche l'art. 16, comma 4, del decreto legislativo in commento.
    Circa il quesito posto, si ritiene che l'ufficio del Ministero delle
finanze e l'ente locale impositore possano, anche in sede di appello,
effettuare la relativa notifica a mezzo del messo comunale o di messo
autorizzato dall'Amministrazione finanziaria.
    Infatti, l'art. 53, comma 2, pur richiamando per la proposizione
dell'appello le stesse forme del ricorso in primo grado, non esclude
l'applicabilità della disposizione contenuta nel comma 4 dell'art. 16, in
quanto quest'ultima contiene una mera  individuazione   dei   soggetti
notificatori (messo comunale o messo   autorizzato)   nell'ipotesi   di
notificazioni effettuate dai predetti uffici.
    Occorre chiarire, inoltre, che nelle   ipotesi   di   notificazione
dell'appello a più soggetti destinatari, il termine di 30 giorni per il
deposito dell'atto di appello decorre dalla data   di   effettuazione
dell'ultima notificazione.
 
 
    Art. 72
    Controversie pendenti davanti alle Commissioni tributarie di primo e di
secondo grado
 
    In ordine all'articolo in commento è stato chiesto, in primo luogo,
entro quale termine possono essere impugnate le decisioni delle Commissioni
tributarie di primo grado depositate prima del 1° aprile 1996 e comunicate
da parte delle segreterie delle Commissioni tributarie all'ufficio in un
momento successivo a tale data.
    Sulla questione si ritiene che, considerata l'inefficacia   delle
comunicazioni delle segreterie delle soppresse Commissioni tributarie di
primo grado intervenute dopo l'insediamento dei nuovi organi di giustizia
tributaria, debba attribuirsi rilevanza al momento del deposito delle
decisioni.
    Pertanto, atteso che nella fattispecie in esame alla data del 1° aprile
1996 già pendeva il termine lungo di un anno e 46 giorni per l'impugnazione
della decisione di primo grado, detto termine decorre nuovamente dalla data
del 1° aprile 1996, ai sensi di quanto disposto dall'art. 72, comma 2, del
D.Lgs. n. 546 del 1992.
    Qualora, invece, si tratti di decisione emessa da una Commissione
tributaria di secondo grado, trova applicazione il comma 1 dell'art. 75, ai
sensi del quale continuano ad applicarsi le disposizioni del D.P.R. n. 636
del 1972.
    Ne consegue che la decisione di secondo grado, depositata ante 1°
aprile 1996 e comunicata, a cura della segreteria, dopo tale data, deve
essere impugnata dinanzi alla Commissione tributaria centrale, e non
dinanzi alla Corte di Cassazione,   entro   60   giorni   dall'avvenuta
comunicazione.
    Nell'ipotesi in cui il dispositivo delle decisioni, sia di primo che di
secondo grado, sia stato depositato prima del 1° aprile 1996 e la decisione
sia stata depositata dopo tale data ma entro il 30 maggio 1996, il termine
per proporre il ricorso alla Commissione tributaria regionale decorre dal
deposito della motivazione della decisione e quello per proporre ricorso
alla Commissione a cura della segreteria.
    Infine, nel caso di dispositivo emesso prima del 1° aprile 1996 da una
Commissione tributaria di primo o di secondo grado e di deposito della
relativa decisione dopo il 30 maggio 1996, si ritiene che la decisione
stessa non assuma rilevanza con la conseguenza che il giudizio deve formare
nuovamente oggetto di trattazione da parte della Commissione tributaria
provinciale o regionale territorialmente competente.
    Peraltro, nonostante la palese nullità delle dette decisioni, è
opportuno, in via cautelativa, che gli uffici propongano appello avverso le
medesime, se sfavorevoli all'Amministrazione, dinanzi alla Commissione
tributaria regionale, se trattasi di provvedimento emesso in primo grado, e
dinanzi alla Commissione tributaria centrale se emesso dai giudici di
secondo grado; ciò al fine di ottenere ai sensi dell'art. 354, comma 1, del
codice di procedura civile, la rimessione della causa   al   giudice
competente.
    Si suggerisce, inoltre, di far rilevare, nei modi innanzi esplicitati,
la nullità del provvedimento anche nei casi in cui l'Amministrazione
risulti vittoriosa, in modo da evitare che il contribuente faccia valere il
vizio della sentenza avverso l'iscrizione a ruolo delle somme dovute sulla
base della sentenza medesima.
    Sono state manifestate, altresì, perplessità circa la necessità di
notificare, a cura delle parti, ai sensi dell'art. 38, comma 2, del D.Lgs.
n. 546 del 1992, le decisioni emanate dalle Commissioni tributarie di primo
e di secondo grado, non comunicate dalle segreterie anteriormente al 1°
aprile 1996.
    Al riguardo, si precisa che l'art. 38 citato pone a carico delle parti
un onere - e non un obbligo - di notificare la sentenza alla controparte, e
ciò al solo fine di permettere la proposizione dell'appello avvero la
decisione sfavorevole nel termine di 60 giorni (cosiddetto termine breve).
    Ne consegue che la notifica della sentenza non costituisce   un
presupposto per l'impugnazione della stessa, e che, quindi, l'ufficio che
risulti parte soccombente non ha interesse alcuno  a procedere a detta
notifica.
    Infatti, come già specificato, il termine per impugnare decorre, in
assenza di notifica, dalla data del deposito della sentenza e, nel caso
detto deposito sia intervenuto prima del 1° aprile 1996, decorre nuovamente
da tale giorno.
    Nulla impedisce, peraltro, agli uffici di notificare alla controparte
le sentenze favorevoli all'Amministrazione al fine di far decorrere il
termine breve per la proposizione dell'appello e ottenere subito, qualora
il gravame non sia presentato, il passaggio in giudicato della sentenza.
    Tale principio, che trova   applicazione   generale   nel   processo
tributario, vale anche per le decisioni depositate prima del 1° aprile 1996
e non comunicate entro tale data dalle segreterie delle   soppresse
Commissioni tributarie di primo e di secondo grado, ma notificate da una
delle parti successivamente alla data medesima.
    Da più parti è stato chiesto, altresì, se la parte resistente nel
giudizio d'appello, che abbia presentato le proprie controdeduzioni alla
segreteria della Commissione tributaria entro il 1° aprile 1996, debba
costituirsi ex novo dinanzi ai nuovi organi di giustizia tributaria.
    Al riguardo, si osserva che, sulla base della formulazione dell'art.
72, comma 1, quale risulta dalle successive modificazioni, è previsto, solo
per la parte ricorrente o appellante, che gli atti compiuti in vigenza del
D.P.R. n. 636 del 1972 abbiano valore di costituzione in giudizio dinanzi
alle Commissioni tributarie provinciali e regionali.
    La parte resistente, pertanto, sia in primo grado che in appello, è
tenuta a presentare nuovamente i documenti, ai sensi dell'art. 23 del
D.Lgs. n. 546 del 1992, entro 20 giorni liberi prima della data di
trattazione; ciò, del resto, si evince dal tenore letterale dell'ultimo
periodo del citato comma 1 dell'art. 72 e, d'altronde, appare necessario in
quanto la costituzione in giudizio di cui al citato art. 23 non trova
rispondenza nel previgente dettato normativo.
    Le segreterie delle soppresse Commissioni tributarie di primo e di
secondo grado, infine, hanno chiesto quali adempimenti rientrino ancora
nella loro competenza, ai sensi della normativa transitoria dettata dal
D.Lgs. n. 546 del 1992.
    Sul punto si evidenzia che l'art. 72, al comma 5, dispone espressamente
che le segreterie di cui sopra continuano a funzionare, dopo il 1° aprile
1996, solo al fine di provvedere agli adempimenti previsti dal comma 4,
consistenti nella trasmissione dei fascicoli relativi alle controversie
pendenti alle segreterie delle nuove Commissioni tributarie.
    Da tale disposizione si evince in modo inequivoco l'impossibilità degli
uffici di segreteria di compiere qualsiasi altra attività che non sia
quella ivi prevista.
    In particolare, si deve ritenere soppresso l'obbligo di comunicare alle
parti le decisioni della Commissione tributaria di primo grado.
    Pertanto, la comunicazione del dispositivo della decisione della
Commissione tributaria di primo grado, effettuata dopo la data del 1°
aprile 1996, non produce alcun effetto giuridico.
    Diversa è invece la disciplina relativamente alle decisioni emesse
dalle Commissioni tributarie di secondo   grado.   Infatti,   in   base
all'art. 75, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992, per le controversie per
le quali alla data del 1° aprile 1996 pendono i termini per proporre
ricorso alla Commissione tributaria centrale continuano ad applicarsi le
disposizioni del D.P.R. n. 636 del 1972. In particolare, l'art. 25 del
sopra menzionato D.P.R. n. 636 del 1972, attribuisce, tra l'altro, alla
segreteria della Commissione tributaria di secondo grado, il compito di
comunicare il dispositivo della decisione della Commissione stessa.
 
 
    Art. 76
    Controversie in sede di rinvio
 
    In ordine a detta disposizione è stato chiesto se, nel caso di rinvio
del giudizio da parte della Commissione   tributaria   centrale   alla
Commissione tributaria di secondo grado ai sensi dell'art. 29 del D.P.R. n.
636 del 1972, la parte interessata alla prosecuzione del giudizio debba
procedere alla riassunzione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992.
    La perplessità è determinata dall'impropria formulazione del comma 1
dell'art. 76 in esame, il quale dispone che, se alla data del 1° aprile
1996, a seguito di sentenza della Corte di Cassazione o della Corte
d'appello ovvero della Commissione tributaria centrale, pendono i termini
per la riassunzione del procedimento di rinvio davanti alle Commissioni
tributarie di primo e di secondo grado, detti termini decorrono da tale
data e la riassunzione va fatta davanti alla Commissione tributaria
provinciale o regionale competente.
    Pertanto, si deve ritenere che, atteso che per i giudizi pendenti
dinanzi alla Commissione tributaria centrale continuano ad applicarsi le
disposizioni di cui al D.P.R. n. 636 del 1972, nessun onere di riassunzione
gravi sulle parti. D'altronde, nella nuova normativa   sul   processo
tributario non esiste una norma applicabile, in quanto è prevista solo la
riassunzione a seguito di rinvio da parte della Corte di Cassazione
(art. 63 del D.Lgs. n. 546 del 1992).
 
 
    Art. 77
    Procedimento contenzioso amministrativo davanti all'Intendenza   di
finanza o al Ministero delle finanze
 
    Le controversie concernenti i tributi comunali e locali, ancora
pendenti dinanzi all'Intendenza di finanza o al Ministero delle finanze
alla data di insediamento dei nuovi organi di giustizia tributaria, in base
a quanto dispone l'articolo stesso, continuano a essere decise in sede
amministrativa secondo la   previgente   normativa,   ancorché   abrogata
dall'art. 71.
    I decreti ministeriali di decisione dei ricorsi gerarchici relativi
alle predette controversie sono impugnabili dinanzi alle nuove Commissioni
tributarie (in tali termini si è pronunciato l'ufficio del coordinamento
legislativo con Direttiva n. 3-2431 Ucl del 15 aprile 1996, confermata con
note n. 3-2779 Ucl del 16 maggio 1996 e n. 3-5955 del 14 ottobre 1996).
 
 
    Art. 78
    Controversie già di competenza delle commissioni comunali per i tributi
locali
 
    È stato chiesto di conoscere se tra le controversie di cui all'art. 78
del D.Lgs. n. 546 del 1992   possono   ricomprendersi   anche   quelle
eventualmente pendenti dinanzi alla Commissione tributaria centrale ai
sensi dell'art. 248-bis del R.D. 14 settembre 1931, n. 1175.
    Al riguardo, posto che l'articolo in commento fa riferimento alle
controversie "già di competenza delle commissioni comunali", "qualunque sia
il grado in cui si trovano al momento della sentenza della Corte
Costituzionale 27 luglio 1989, n. 451", si ritiene che la risposta debba
essere affermativa.
    È da rilevare, peraltro, che l'art. 75 del D.Lgs. n. 546 del 1992
prevede, relativamente alle controversie pendenti o per le quali pende il
termine per l'impugnativa alla data di entrata in vigore del decreto stesso
(15 gennaio 1993), la presentazione di apposita istanza di trattazione alla
segreteria della Commissione tributaria centrale.
    A tale proposito, si ricorda che la menzionata disposizione ricomprende
anche le controversie cui fa riferimento la norma in commento. Pertanto, la
mancanza di tale adempimento comporta l'estinzione del giudizio. Consegue
che per ogni singola controversia va verificata, in concreto, l'avvenuta
presentazione dell'istanza de qua innanzi a detto organo.

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