Nel caso di accertamento presso l'abitazione del commercialista serve autorizzazione della Procura della Repubblica

La Suprema Corte, in conformità ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, conferma la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, in riforma della pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso della società contro un avviso di irrogazione sanzioni per infedele dichiarazione, ritenendo illegittima l'acquisizione della documentazione su cui la rettifica si fonda, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 52, in quanto avvenuta presso l'abitazione - studio di un commercialista senza l'autorizzazione del procuratore della Repubblica.

Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 25 marzo 2011, n. 6908



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Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 25 marzo 2011, n. 6908

Svolgimento del processo

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate propongono ricorso per

cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che, in riforma

della pronuncia di primo grado, ha accolto il ricorso della società contro un avviso di irrogazione

sanzioni per infedele dichiarazione, ritenendo illegittima l’acquisizione della documentazione su cui

la rettifica si fonda, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 52, in quanto avvenuta presso l’abitazione -

studio di un commercialista senza l’autorizzazione del procuratore della Repubblica.

La società non si é costituita.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso é ammissibile, ancorché notificato oltre un anno dopo il deposito della sentenza

impugnata, in ragione della sospensione dei termini di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6.

2.- Con l’unico, complesso, motivo i ricorrenti deducono che la censura accolta sarebbe stata

inammissibilmente formulata per la prima volta in appello e che comunque il luogo ove la

documentazione é stata rinvenuta sarebbe stato lo studio del professionista, ove egli - che peraltro

non ha sollevato alcuna obiezione all’ingresso della Finanza - aveva la sola residenza anagrafica ma

non l’abitazione.

2.1.- Sotto il primo profilo il mezzo é inammissibile per difetto di autosufficienza, non essendo

riportato il ricorso introduttivo al fine di dimostrare che la censura accolta dalla CTR non era stata

in quella sede formulata.

2.2.- Sotto il secondo profilo il mezzo é infondato.

La circostanza che nell’immobile ove la perquisizione é stata eseguita il commercialista avesse

"solo la residenza anagrafica", senza in realtà abitarvi, é meramente affermato dai ricorrenti, senza

alcuna prova. Resta il fatto che non é contestato che ivi il commercialista avesse (anche) la

residenza e quindi sussiste la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 2, rilevata dal

giudice tributano.

3.- Il ricorso va perciò rigettato.

Non vi é luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva da parte della società

intimata.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

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