È associazione in partecipazione anche quando il guadagno dell'associato è collegato al fatturato

Nel contratto di associazione in partecipazione, non ostandovi alcuna incompatibilità con tale tipo negoziale, la partecipazione agli utili ed alle perdite da parte dell'associato può tradursi, per quanto attiene ai primi, nella partecipazione ai globali introiti economici dell'impresa o a quelli di singoli affari, sicché sotto tale versante non assume alcun rilievo ai fini qualificatori il riferimento delle parti contrattuali agli utili dell'impresa o viceversa ai ricavi per singoli affari. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 18 febbraio 2009, n. 3894)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Consigliere

Dott. PICONE Pasquale - Consigliere

Dott. D'AGOSTINO Giancarlo - Consigliere

Dott. LA TERZA Maura - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 30079/2005 proposto da:

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI ASCOLI PICENO, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

- ricorrente -

contro

BA. EN. , in proprio e nella qualita' di legale rappresentante della CE. di. Ba. En. e. F. s.r.l.;

- intimato -

sul ricorso 32484/2005 proposto da:

BA. EN. , in proprio e nella qualita' di legale rappresentante della CE. di. Ba. En. e. F. s.r.l., in persona dell'amministratore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell'avvocato CIPRIETTI SABATINO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI ASCOLI PICENO;

- intimato -

avverso la sentenza n. 798/2004 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO, depositata il 11/3/2005 R.G.N. 1555/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/12/2008 dal Consigliere Dott. MAURA LA TERZA;

udito l'Avvocato TETI per delega CIPRIETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale e rigetto dell'incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe indicata il Got del Tribunale di Ascoli Piceno accoglieva l'opposizione proposta da Ba. En. , in proprio e quale legale rappresentante della Ce. , avverso l'ordinanza ingiunzione della Direzione Provinciale del Lavoro di Ascoli Piceno, che gli aveva intimato di pagare euro 47.976,76 a titolo di sanzione amministrativa per violazioni in materia di lavoro. Il Giudice adito rigettava preliminarmente le eccezioni dell'opponente sulla mancata indicazione, nell'ordinanza ingiunzione, sia dell'autorita' a cui ricorrere, sia i termini, entro i quali proporre opposizione. Chiare erano anche le motivazioni dell'ordinanza, che avevano consentito all'opponente di spiegare compiute difese. Ne' il provvedimento era tardivo, giacche' gli accertamenti a cui aveva fatto seguito la ingiunzione si erano protratti fino al 4 febbraio 2002. Nel merito escludeva pero' il Tribunale che dalle deposizione raccolte emergesse, come sosteneva l'Ufficio del Lavoro, l'esistenza di rapporti di natura subordinata, ravvisando invece un rapporto di associazione in partecipazione, giacche' dalle dichiarazioni rese dai lavoratori emergeva sia la volonta', sia la consapevolezza di un legame di tipo associativo. Mancava infatti l'elemento della subordinazione, mentre la partecipazione agli utili e non alle perdite, il rispetto di un orario di lavoro e la garanzia di un guadagno minimo non valevano ad escludere un rapporto di tipo associativo. Inoltre, in giudizio era stata dimostrata sia la regolare presentazione del rendiconto della gestione, sia che il guadagno era collegato al fatturato del negozio, ed anche la mancanza di controllo e di direttive sull'orario e sulla organizzazione dell'attivita'. Concludeva quindi il Giudicante che, limitatamente ai punti vendita di (OMESSO), la opposizione era fondata e l'ordinanza doveva essere annullata. Il Giudice ravvisava l'esistenza di giusti motivi per la compensazione delle spese.

Avverso detta sentenza la Direzione provinciale del Lavoro di Ascoli Piceno propone ricorso con un motivo.

Resiste il Ba. con controricorso, ricorso incidentale e ricorso incidentale condizionato, entrambi con un motivo, illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ex articolo 335 c.p.c..

Con il ricorso principale si denunzia violazione degli articoli 2549, 2552 e 2553 c.c., e difetto di motivazione perche', mentre gli associati in partecipazione partecipano agli utili dell'impresa, nella specie i presunti associati partecipavano invece agli incassi mensili del singolo punto vendita, ossia agli incassi di ciascun negozio nella misura del 15%.

Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato si denunzia omessa motivazione in relazione alla nullita' dell'ordinanza ingiunzione per impossibilita' di individuazione dell'autorita' a cui ricorrere; in relazione alla mancata indicazione, nell'ordinanza ingiunzione, del tempo della commessa violazione; in relazione al fatto che la sanzione di cui all'ordinanza avrebbe potuto essere emessa solo a seguito di giudicato sulla esistenza dei rapporti di lavoro subordinato; in relazione alla tardivita', perche' effettuata oltre i 90 giorni, della notifica dell'ordinanza ingiunzione, giacche' gli accertamenti erano gia' stati effettuati il 19 giugno 2001.

Con il ricorso incidentale ci si duole della compensazione delle spese senza motivazione.

Il ricorso incidentale condizionato, che e' preliminare rispetto a quello principale, non merita accoglimento, giacche' nessuna delle censure vale a modificare la decisione impugnata.

Ed infatti, quanto alla mancata indicazione dell'autorita' cui ricorrere, l'atto ha comunque raggiunto lo scopo, consentendo la proposizione di una rituale opposizione, per quanto riguarda le violazioni asseritamente commesse presso i punti vendita di (OMESSO), sulle quali esclusivamente il giudice ha pronunciato. Ne' determina la nullita' la mancata indicazione del tempo della commessa violazione, giacche' in ogni caso, spetta all'opposto, attore sostanziale nel giudizio, di dimostrare l'esistenza della violazione, e quindi anche della esistenza del rapporto di lavoro subordinato sulla quale l'addebito trova fondamento, senza necessita' di un preliminare giudicato sul punto. Quanto al termine degli accertamenti, ai fini della tempestivita' della notifica, la sentenza impugnata ha affermato che gli stessi si protrassero fino al 4 febbraio 2002.

Il ricorso incidentale condizionato va quindi rigettato.

Il ricorso principale non e' fondato.

1. Va preliminarmente rilevato, come e' stato piu' volte affermato da questa Corte (tra le tante Cass. n. 20002 del 7 ottobre 2004) che l'elemento idoneo a caratterizzare il rapporto di lavoro subordinato e a differenziarlo da altri tipi di rapporto (quali, tra gli altri, l'associazione in partecipazione con apporto di prestazioni lavorative) e' l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, tenendo presente che il potere direttivo non puo' esplicarsi in semplici direttive di carattere generale (compatibili con altri tipi di rapporto), ma deve manifestarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e che il potere organizzativo non puo' esplicarsi in un semplice coordinamento (anch'esso compatibile con altri tipi di rapporto), ma deve manifestarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale. Inoltre, la qualificazione formale del rapporto effettuata dalle parti al momento della conclusione del contratto, pur non essendo decisiva, non e' tuttavia irrilevante e pertanto, qualora a fronte della rivendicata natura subordinata del rapporto venga dedotta e documentalmente provata l'esistenza di un rapporto di associazione in partecipazione, l'accertamento del giudice di merito deve essere molto rigoroso (potendo anche un associato essere assoggettato a direttive e istruzioni nonche' ad un'attivita' di coordinamento latamente organizzativa) e non trascurare nell'indagine aspetti sicuramente riferibili all'uno o all'altro tipo di rapporto quali, per un verso, l'assunzione di un rischio economico e l'approvazione di rendiconti e, per altro verso, l'effettiva e provata soggezione al potere disciplinare del datore di lavoro.

2. Piu' precisamente, per quanto concerne il discrimine tra subordinazione con retribuzione collegata agli utili di impresa e rapporto associativo con apporto di prestazione lavorativa, l'elemento differenziale tra le due fattispecie risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l'apporto della prestazione lavorativa, dovendosi verificare l'autenticita' del rapporto di associazione, che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell'associato al rischio di impresa, dovendo egli partecipare sia agli utili che alle perdite (nello stesso senso Cass. n. 19475 del 19 dicembre 2003).

3. Nella specie le parti hanno qualificato il rapporto, tra loro stesse instaurato, come di associazione in partecipazione caratterizzato nella specie dall'apporto di una prestazione lavorativa da parte degli associati. L'articolo 2549 c.c., infatti prevede che con il contratto di associazione in partecipazione l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o piu' affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. Il sinallagma e' costituito dalla partecipazione agli utili (e quindi al rischio d'impresa, di norma esteso anche alla partecipazione alle perdite) a fronte di un "determinato apporto" dell'associato, che puo' consistere anche nella prestazione lavorativa del medesimo. In tal caso l'associato che offre la propria prestazione lavorativa si inserisce nell'assetto organizzativo aziendale e quindi - essendo la gestione dell'impresa nella disponibilita' dell'associante (articolo 2552 c.c., comma 1) - si sottopone al potere direttivo di quest'ultimo. E' ben possibile allora che l'espletamento della prestazione lavorativa assuma caratteri in tutto simili a quelli della prestazione lavorativa svolta nel contesto di un rapporto di lavoro subordinato. Ed allora l'elemento differenziale tra le due fattispecie risiede essenzialmente nel contesto regolamentare pattizio in cui si inseriscono rispettivamente l'apporto della prestazione lavorativa da parte dell'associato e l'espletamento di analoga prestazione lavorativa da parte di un lavoratore subordinato. Tale accertamento implica necessariamente una valutazione complessiva e comparativa dell'assetto negoziale, quale voluto dalle parti e quale in concreto posto in essere. Ed anzi la possibilita' che l'apporto della prestazione lavorativa dell'associato abbia connotazioni in tutto analoghe a quelle dell'espletamento di una prestazione lavorativa in regime di lavoro subordinato comporta che il fulcro dell'indagine si sposta soprattutto sulla verifica dell'autenticita' del rapporto di associazione.

4. La giurisprudenza di questa Corte, mentre appare consolidata nel ritenere che:

la partecipazione al rischio d'impresa da parte degli associati caratterizza la causa tipica dell'associazione in partecipazione, risulta invece diversamente orientata quanto alla necessita', per configurare la medesima fattispecie legale, dell'associazione in partecipazione, la divisione delle perdite.

Ed infatti mentre la sentenza gia' citata n. 19475 del 2003 afferma che l'associato lavoratore deve partecipare sia agli utili che alle perdite (ex articolo 2554 c.c.), non essendo ammissibile un contratto di mera cointeressenza agli utili di un'impresa senza partecipazione alle perdite, atteso che l'articolo 2554 c.c., cit., che pur in generale lo prevede, richiama invece l'articolo 2102 c.c., quanto alla sola partecipazione agli utili attribuita al prestatore di lavoro, mostrando cosi' di escludere l'ammissibilita' di un tale contratto di mera cointeressenza allorche' l'apporto dell'associato consista in una prestazione lavorativa. Viceversa Cass. n. 24871 dell'8 ottobre 2008 afferma invece che - in tema di distinzione fra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell'impresa - la causa del primo e' ravvisabile nello scambio tra l'apporto dell'associato all'impresa dell'assodante ed il vantaggio economico che quest'ultimo si impegna a corrispondere all'associato medesimo. Non costituiscono elementi caratterizzanti del contratto, invece, sia la partecipazione alle perdite, atteso che l'associato che lavori in un'impresa con risultati negativi comunque e' soggetto in senso lato ad un rischio economico.

Ritiene il Collegio di dare continuita' a questo secondo orientamento.

In primo luogo la divisione delle perdite non viene considerato dalla legge quale elemento imprescindibile per la configurazione della fattispecie, dal momento che l'articolo 2553 c.c., pur prevedendola in via generale, ammette che le parti possano derogarvi, limitando la divisione ai soli utili, il che non fa venir meno il carattere aleatorio del contratto, dal momento che, in caso di mancanza di utili, l'apporto lavorativo dell'associato e' destinato a rimanere senza compenso.

Ne' vi e' possibilita' di confusione con il rapporto in regime di subordinazione, in cui la partecipazione agli utili eventualmente pattuita tra le parti, non puo' considerarsi come integralmente satisfattoria della prestazione lavorativa, nel senso che, in mancanza di utili, il lavoratore avra' pur sempre diritto alla retribuzione congrua e sufficiente ex articolo 36 Cost..

5. Il contrasto si ravvisa nella giurisprudenza di legittimita' anche sotto altro aspetto.

E cioe' se sia idonea a configurare la fattispecie legale la partecipazione non gia' agli utili, ma ai ricavi dell'impresa, questione su cui si incentra il ricorso principale.

Ed infatti, mentre con la sentenza n. 1420 del 4 febbraio 2002 si e' affermato che:

"Nel contratto di associazione in partecipazione, che mira, nel quadro di un rapporto sinallagmatico con elementi di aleatorieta', al perseguimento di finalita' in parte analoghe a quelle dei contratti societari, e' elemento costitutivo essenziale, come si evince chiaramente dall'articolo 2549 c.c., la pattuizione a favore dell'associato di una prestazione correlata agli utili dell'impresa, e non ai ricavi, i quali ultimi rappresentano in se stessi un dato non significativo circa il risultato economico effettivo dell'attivita' dell'impresa. "Viceversa con la gia' citata sentenza 24871/2008 si e' affermato che non costituisce elemento caratterizzante del contratto la circostanza che la partecipazione possa essere commisurata al ricavo dell'impresa anziche' agli utili netti, in quanto l'articolo 2553 c.c., consente alle parti di determinare la quantita' della partecipazione dell'associato agli utili.

Ed ancora con la sentenza n. 9264 del 18 aprile 2007 si e' affermato che "Nel contratto di associazione di cui all'articolo 2549 c.c., non ostandovi alcuna incompatibilita' con il suddetto tipo negoziale, la partecipazione agli utili ed alle perdite da parte dell'associato puo' tradursi, per quanto attiene ai primi, nella partecipazione ai globali introiti economici dell'impresa o a quelli di singoli affari, sicche' sotto tale versante non assume alcun rilievo ai fini qualificatori il riferimento delle parti contrattuali agli utili dell'impresa o viceversa ai ricavi per singoli affari".

Il Collegio condivide l'orientamento da ultimo citato, giacche' essendo le parti libere di determinare la partecipazione economica dell'associato, questa puo' ben essere commisurata ai soli ricavi, perche' anche in tal caso l'associato, da un lato, corre sicuramente il rischio di impresa, e, dall'altro, non viene meno quella omogeneita' di interessi tra le parti contraenti che la contraddistingue e la differenzia dal rapporto di lavoro subordinato, non essendovi dubbio che, anche con la partecipazione, ai ricavi, sussiste pur sempre un diretto coinvolgimento dell'associato nelle fortune dell'impresa.

6. Quindi, una volta verificato che all'assetto contrattuale voluto dalle parti corrispondeva la concreta attuazione di un rapporto di associazione in partecipazione, perche' e' stata dimostrata la prestazione di un regolare rendiconto in relazione al fatturato del negozio, e la mancanza di direttive riguardo all'orario di lavoro e all'organizzazione dell'attivita', il Tribunale ha correttamente valutato, in questa prospettiva del raggiunto convincimento dell'esistenza di un rapporto di associazione in partecipazione tra le parti.

Il ricorso principale deve pertanto essere respinto.

Va respinto anche il ricorso incidentale in ordine alla compensazione delle spese, giacche' i giusti motivi si ravvisano nella complessita' del giudizio atto a distinguere le fattispecie in varie guise similari tra lavoro subordinato e associazione in partecipazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese.

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