E' illecita interposizione di manodopera se il committente ha la gestione del personale

Al fine di verificare la sussistenza dell'illecita interposizione fittizia di manodopera non e' assolutamente sufficiente verificare che l'appalto venga concluso con un soggetto dotato di una propria ed effettiva organizzazione, occorrendo accertare, in primo luogo, se, a termini di contratto, la prestazione lavorativa deve essere resa nell'ambito di un'organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, in quanto finalizzata ad un autonomo risultato produttivo. (Corte di Cassazione Sezione Lavoro Civile, Sentenza del 9 marzo 2009, n. 5648)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente

Dott. STILE Paolo - Consigliere

Dott. BANDINI Gianfranco - Consigliere

Dott. NAPOLETANO Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. BALLETTI Bruno - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 12704/2005 proposto da:

VA. MI. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAVOUR 221, presso lo studio dell'avvocato FABBRINI Fabio, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato SPEDALIERE LEOPOLDO, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

RE. FE. IT. S.P.A., (gia' FE. DE. ST. S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FARAVELLI 22, presso lo studio degli avvocati DE LUCA TAMAJO Raffaele e ABIGNENTE ANGELO, che la rappresentano e difendono giusta mandato a margine del controricorso;

- controricorrente -

e contro

S.O.G.A.F. - SO. GE. AP. FE. S.R.L.;

- intimata -

avverso la sentenza n. 684/2005 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 18/02/2005 R.G.N. 47914/099;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/01/2009 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVI Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo, assorbito l'altro.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Pretore di Napoli in accoglimento della domanda avanzata dal lavoratore in epigrafe dichiarava che tra la SO. srl, di cui il ricorrente era formalmente dipendente, e le Fe. de. St. Spa era intercorsa una illecita interposizione di manodopera e che, pertanto, si era costituito tra l'attore e le Fe. de. St. Spa un rapporto di lavoro subordinato con la qualifica professionale di ausiliario di stazione, con condanna, previa declaratoria della nullita' del licenziamento intimato dalla societa' SO. , delle societa' in solido al pagamento delle differenze retributive. Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 684/05, accogliendo l'appello proposto dalle menzionate societa', rigettava la domanda.

I giudici di appello dopo avere esaminato talune risultanze di causa, quali la stipula con la societa' consortile per la gestione dei servizi ferroviari dell'appalto, dapprima limitato ai servizi di pulizia delle stazioni, degli uffici di stazione, dei treni, servizi igienici, e poi esteso con successivi contratti ai servizi di vigilanza, manovra, pulizia e riscaldamento dei passaggi a livello, i corsi di qualificazione svolti dalle Fe. de. St. per gli addetti ai servizi di vigilanza ai passaggi a livello, l'utilizzo di attrezzature mobili ed immobili di proprieta' delle F.S., l'oggetto dell'appalto,il rischio d'impresa, l'autonomia dell'organizzazione imprenditoriale della societa' SO. ed il coordinamento tra il lavoro svolto dai guardabarriere e l'esercizio del servizio ferroviario il collegamento fra gli addetti al servizio ed il personale della societa' odierna resistente, concludevano per l'insussistenza di una illecita interposizione di manodopera sul rilevo fondante che "i collegamenti con le strutture e i dipendenti delle Fe. de. St. Spa apparivano in realta' limitati a questioni assolutamente tecniche escludendosi del tutto una subordinazione gerarchica" non potendosi individuare "la subordinazione nel potere di verificare eventuali inadempienze e irregolarita' nell'espletamento delle prestazioni a seguito dei controlli da parte degli addetti al Reparto Movimento o da parte di Capi Stazione" essendo tale "controllo unicamente effettuato sui registri e comunicato ad altri uffici al fine di integrare inadempienze del contratto di appalto" e non risultando in contestazione "che tutti gli altri aspetti inerenti la gestione amministrativa del rapporto di lavoro quali i turni di servizio, turni di ferie, permessi, retribuzioni ed adempimenti amministrativi relativi al personale, erano gestiti totalmente dall'impresa appaltatrice".

Avverso tale sentenza il lavoratore in epigrafe ricorreva in cassazione sulla base di due motivi.

Re. Fe. It. Spa resisteva all'impugnazione.

La societa' SO. non svolgeva attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denuncia, con il primo motivo, violazione o falsa applicazione della Legge n. 1369 del 1960, e, con il secondo, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Censura la sentenza impugnata per l'errore di valutazione dei presupposti dell'interposizione vietata di manodopera, essendo emerso che la SO. , impresa interposta, era priva di una propria organizzazione imprenditoriale, giacche' il ricorrente ha potuto espletare la sua prestazione lavorativa solo a seguito di attivita' di controllo, anche di natura sanitaria, formazione ed istruzione organizzata esclusivamente dall'interponente FS Spa unico effettivo destinatario della prestazione lavorativa di fatto svolta a favore delle Fe. de. St. .

Assume, tra l'altro, che la societa' F.S. aveva, impartito le direttive attraverso i vari capistazione delle Fe. de. St. , e aveva svolto con proprio personale il controllo del lavoro prestato e, pertanto il giudice di secondo grado aveva, erroneamente valutando le risultanze di causa, ritenuto la non sussistenza di una interposizione illecita, senza tenere conto, tra l'altro, dei numerosi precedenti giurisprudenziali intervenuti in analoghe fattispecie.

Le censure, che in quanto logicamente collegate vanno trattate congiuntamente, sono fondate.

Ritiene il Collegio, ai fini dello scrutinio della censure in esame, di dar conto, in via pregiudiziale, dell'orientamento di questa Corte che si e' andato consolidando, nei tempi piu' recenti, in ordine proprio al tema dell'appalto endoziendale avente ad oggetto prestazioni lavorative con particolare riferimento ai servizi affidati dalle FF.SS. ad imprese esterne.

Al riguardo va richiamato, preliminarmente, l'indirizzo di questa Corte, di cui da ultimo e' espressione la sentenza n. 16016/07, secondo il quale in caso di impiego di manodopera negli appalti concessi dalle Fe. de. St. successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 210 del 1985, e' da escludere che l'operativita' del generale divieto previsto dalla Legge n. 1369 del 1960, articolo 1, sia stata limitata dalla disciplina speciale e posteriore introdotta dalla citata Legge n. 210 del 1985, articolo 2, lettera i), nella parte in cui ha conferito ampio rilievo alle finalita' di economicita', ed efficienza dell'organizzazione delle Fe. de. St. e alle conseguenti esigenze di elasticita' e flessibilita' nella dislocazione dei servizi e del personale.

Infatti, come condivisibilmente si e' osservato nella citata sentenza, l'esegesi sistematica di tale ultima disposizione depone per l'assenza di qualsiasi limitazione del divieto di interposizione. Invero, consentire alle Fe. di affidare a societa' o enti cui partecipino ovvero ad altre imprese la gestione di particolari settori di attivita' che non ritenga conveniente, per ragioni organizzative, funzionali ed economiche, gestire direttamente, conferma il generale principio della liberta' dell'imprenditore di affidare in appalto tutte le attivita' suscettibili di fornire un autonomo risultato produttivo, senza che sia consentito escludere l'ipotesi in cui l'organizzazione del committente sarebbe in grado di eseguire direttamente la lavorazione. Di conseguenza ritiene il Collegio di ribadire con riferimento proprio alle Fe. de. St. il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (Legge 23 ottobre 1960, n. 1369, articolo 1), in riferimento agli appalti endoaziendali (Cass. 14302/02).

Riaffermato il divieto in parola si tratta di verificare in quali termini secondo questo giudice di legittimita' siffatta interdizione opera o meglio quando s'incorre, in ipotesi di appalto endoziendale, nella violazione della inibizione.

L'esame della elaborazione giudiziale di legittimita' formatasi sul tema in esame consente di cogliere, specie nella produzione piu' vicina,un elemento comune rappresentato sostanzialmente dal rilevo che l'appalto di cui si discute e' illecito tutte le volte in cui non e' l'appaltatore a gestire concretamente il rapporto di lavoro, bensi' l'appaltante.

Infatti secondo Cass. 18281/07 (conforme a Cass. 11120/06, 14996/05) il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro sancito dalla Legge 23 ottobre 1960, n. 1369, articolo 1, opera nel caso in cui l'appalto abbia ad oggetto la messa a disposizione di una prestazione lavorativa, attribuendo all'appaltatore i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto, senza una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo, ed ancora secondo Cass. 16016/07 cit. (conforme a Cass. 14302/02) il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (Legge 23 ottobre 1960, n. 1369, articolo 1), in riferimento agli appalti "endoaziendali", caratterizzati dall'affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attivita', ancorche' strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l'appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all'appaltatore - datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuita' della prestazione) , ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo.

Ne', sempre in base a giurisprudenza di questa Corte, e' necessario, per aversi intermediazione vietata, che l'impresa appaltatrice sia una impresa fittizia, essendo invece sufficiente che la stessa non fornisca una propria organizzazione di mezzi in relazione al particolare servizio appaltato (v., fra le tante, Cass. 5087/98 e 11120/06).

Invero, una volta accertata l'estraneita' dell'appaltatore all'organizzazione e direzione dei prestatori di lavoro nell'esecuzione dell'appalto e' del tutto ultronea qualsiasi questione inerente il rischio economico e l'autonoma organizzazione del medesimo rimanendo, comunque, esclusa da parte dell'appaltatore, per la rilevata estraneita', una reale organizzazione della prestazione stessa finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (Cass. 12363/03).

Tanto premesso rileva il Collegio che la sentenza impugnata, al di la' di affermazioni che appaiono astrattamente in linea con i richiamati principi di diritto, in realta' se ne e' discostata, incorrendo, di conseguenza, anche nei denunciati vizi di motivazione. Infatti, come affermato da questa Corte (Cass. 14302/02) in applicazione di una corretta visione giuridica del fenomeno, non e' assolutamente sufficiente verificare che l'appalto venga concluso con un soggetto dotato di una propria ed effettiva organizzazione, occorrendo accertare, in primo luogo, se, a termini di contratto, la prestazione lavorativa deve essere resa nell'ambito di un'organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, in quanto finalizzata ad un autonomo risultato produttivo; anche in caso di esito positivo di questa indagine, e' altresi' necessario esaminare la concreta esecuzione del contratto e, quindi, l'esistenza anche in fatto dell'autonomia gestionale dell'appaltatore che si esplica nella conduzione aziendale, nella direzione del personale, nella scelta delle modalita' e dei tempi di lavoro.

Nella motivazione della sentenza di appello, di contro, sono valorizzati elementi privi di rilievo dirimente, quali la permanenza dei poteri di gestione amministrativa in capo alla cooperativa, che e', invece, connaturale alle ipotesi di intermediazione vietata, mentre non emerge in cosa consistesse, nella specie, l'autonomia gestionale dell'appaltatore, quale fosse l'attivita' organizzativa svolta nella disposizione del servizio, come si esplicasse la sua attivita' di direzione nei confronti del personale impiegato nell'appalto, in che modo l'appaltatore esperisse autonomamente un complesso di operazioni costituenti un servizio autonomo.

Ne' e' idonea, sotto il profilo logico giuridico, l'argomentazione in base alla quale il giudice di appello ha collocato gli ordini di servizio impartiti dai capistazione delle Fe. de. St. agli addetti alla vigilanza dei passaggi a livello e i controlli sul loro operato, nell'ambito di un coordinamento tecnico e funzionale del servizio assunto dalla societa' appaltatrice, senza distinguere siffatto coordinamento dalla direzione del servizio intesa come ingerenza tecnica nella prestazione lavorativa necessaria ai fini dell'espletamento della vigilanza del passaggio a livello e come assoggettamento degli addetti al controllo da parte del destinatario delle prestazioni delle loro modalita' di svolgimento.

Neppure ha tenuto conto, il giudice di merito, degli argomenti svolti da questa Corte con riferimento ad analoghe fattispecie, ove erano stati valutati identici elementi di fatto (Cfr. fra le altre Cass. 12363/03, Cass. 18098/02, 3196/00, Cass. 14996/05 e 11120/06) L'errore di diritto e le omissioni di indagine che ne sono derivate comportano l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio della causa ad altro giudice, designato nella Corte di appello di Napoli, che, in applicazione dei principi di diritto enunciati, procedera' agli accertamenti di fatto rilevanti per accertare se, nella fattispecie, vi e' stata esecuzione di un lecito appalto di servizi o un'ipotesi di mera fornitura di mano d'opera. Il giudice di rinvio provvedera' anche a regolare le spese del processo di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita', alla Corte di Appello di Napoli.

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