Casa:
E' legittimo il licenziamento dell'addetto alle vendite che abbia sottratto anche merce di poco valore
Pubblicata il 20/05/2009
- Leggi la sentenza integrale -
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAVAGNANI Erminio - Presidente
Dott. BATTIMIELLO Bruno - Consigliere
Dott. CURCURUTO Filippo - Consigliere
Dott. TOFFOLI Saverio - Consigliere
Dott. MAMMONE Giovanni - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZA. PA., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati FURNO' LUIGI (avviso postale Via Pisacane n. 3 - 96016 Lentini) e LUCIO ARCIDIACONO, giusta mandato a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
SM. SpA, gia' SM. SRL in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Do. La., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37, presso lo studio dell'avvocato FURITANO MARCELLO, rappresentata e difesa dall'avvocato FAZZINO VINCENZO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 870/2006 della CORTE D'APPELLO di CATANIA dell'11.11.04, depositata il 15/07/2005;
udito per la controricorrente l'Avvocato Fazzino Vincenzo, che si riporta agli scritti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SALVI GIOVANNI, che conferma le conclusioni scritte.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Za. Pa. si rivolse al Giudice del lavoro di Siracusa impugnando il licenziamento irrogatogli dalla Sm. s.r.l. per aver sottratto merce dai locali del supermercato Ci. di Lentini ove svolgeva mansioni di addetto alla vendita.
Rigettata la domanda, il lavoratore propose appello in punto di mancata affissione del codice disciplinare, di carenza di prova circa la sottrazione della merce e di sproporzione tra comportamento e sanzione irrogata.
Con sentenza 11.11.04 - 15.07.05 la Corte di appello di Catania, rigettava l'appello rilevando che: a) in considerazione del fatto addebitato, costituente illecito penale, non si poneva questione di affissione del codice disciplinare; b) le prove assunte non lasciavano dubbi circa la sottrazione della merce; c) la circostanza che il danno fosse per il datore di modesta entita' non impediva che il comportamento per le sue modalita' e per le mansioni assegnate avesse procurato la cessazione dell'elemento fiduciario nell'ambito del rapporto.
Proponeva ricorso per cassazione lo Za. deducendo due motivi: a) carenza di motivazione circa la sussistenza del comportamento contestato, in ragione dell'apprezzamento dato dalla Corte alle dichiarazioni del lavoratore cosi' come riferite dai testi assunti; c) violazione degli articoli 2106 e 2119 c.c., e della Legge n. 604 del 1966, articolo 3 nonche' carenza di motivazione per l'insufficiente indagine compiuta dal Giudice di merito circa l'elemento determinante del comportamento contestato, ai fini di accertare l'effettiva proporzione della sanzione irrogata.
Si difendeva con controricorso la soc. SM. p.a., subentrata alla Sm. s.r.l..
Ravvisandone i presupposti, il Procuratore generale chiedeva che il ricorso fosse trattato in camera di consiglio ex articolo 375 c.p.c., presentando le conclusioni indicate in epigrafe.
Il ricorso e' stato trattato in data odierna, previa comunicazione ai procuratori costituiti delle conclusioni e dell'avviso di convocazione. La contro ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e' infondato.
Quanto al primo motivo, parte ricorrente, pur deducendo la carenza di motivazione, nella realta' sollecita una riconsiderazione delle prove testimoniali ed un inammissibile riesame nel merito delle risultanze istruttorie, nonostante l'analisi compiuta dal Giudice di merito sia congruamente motivata e logicamente articolata. Il motivo si prospetta, pertanto, inammissibile.
Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che questa Corte ha affermato che "per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento ... occorre valutare da un lato la gravita' dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensita' dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalita' fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare" (Cass. 19.8.03 n. 12161) e che l'accertamento in punto di gravita' e' riservato "all'apprezzamento del Giudice di merito, censurabile in sede di legittimita' solo per vizi di motivazione ovvero, in riferimento alle pattuizioni collettive, per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale" (Cass. 11.3.04 n. 5013 e 7.4.04 n. 6823). Nel caso di specie il Giudice di merito ha proceduto a congrua ed esauriente motivazione in quanto, dopo aver valutato le modalita' del comportamento e posto in risalto l'illecito impossessamento di merce di proprieta' aziendale, ha messo in relazione il comportamento (sottrazione di merce di tenue valore) con le mansioni rivestite dal lavoratore (addetto alle vendite), ponendo altresi' in risalto come proprio per la natura delle mansioni assegnate la circostanza della unicita' della violazione non attenuasse la gravita' del comportamento.
Il ricorso e', dunque, infondato e deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimita', come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in euro 30,00, per esborsi e in euro 1.500,00, per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa.